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strati verticali di dolomia sul sentiero al monte Canto a Zogno

per il 25 aprile

Curno: un prete nella guerra

 

don Mario Frizzi, curato a Curno nella seconda guerra mondiale.

nato a Calcinate, 12 agosto 1911 - morto  a Stezzano, 21 luglio 1989. Ordinato il 22 maggio 1937. Curato dal novembre 1943.

Leggendo la documentazione del suo fascicolo personale, si intuisce che questo sacerdote aveva una personalità vivace, insofferente della tranquilla vita pastorale. Nell’ottobre 1943 presentò domanda come cappellano militare, ma invece di essere inviato a seguire il nuovo esercito repubblicano fascista, fu mandato come curato a Curno, dove il suo superiore era don Tullio Duelli (1873 - 1948), che fino ad allora era riuscito a condurre tranquillamente la sua parrocchia, in felice armonia con le autorità fasciste. Il fitto carteggio che l’anziano par­roco intrattenne durante gli anni successivi con la Curia ebbe sempre per oggetto l’arditezza e imprudenza del curato, che ascoltava sfrontatamente nello studio, che aveva le finestre sul sagrato, Radio Londra con alcuni noti antifascisti locali; che si sospettava aiutasse i partigiani di Gl e si era rifiutato anche di presenziare al trasporto funebre di un soldato repubblicano. Verso la fine del 1944 si era oramai diffusa la sua nomea di ribelle, tanto che, nonostante avesse il permesso per circolare durante il coprifuoco, preferiva evitarlo perché aveva saputo che i soldati locali, che lo avevano rifiutato come confessore, avevano ricevuto l’ordine di sparargli se lo avessero incrociato di notte. Nei giorni dell’insurrezione don Frizzi si mise a capo del comitato locale di Liberazione, come amaramente scrisse don Buelli al vicario vescovile:

“Ieri mattina il Capo dei Partigiani ha qui disarmato i soldati repubblicani e avendo saputo che qui il più temuto degli antifascisti era D. Mario gli si raccomandò per costituire il primo nucleo del nuovo partito. Egli accettò con entusiasmo: e quasi tutta la giornata l’ha passata coi Partigiani in municipio, i quali tennero anche una seduta in casa di Don Mario, li ho visti io. E lui che ha steso l’elenco dei nuovi adepti di Curno: si distribuì tosto la divisa socialista, il folard rosso. Vedendo a capo un prete, tutti correvano a iscriversi, anche uomini e giovani di Azione catt. - Non pensa il poveretto che ri­ceverà ben presto il calcio dell’asino. [...] Egli ora ha in mano ogni potere.498

Il comandante dei partigiani che presidiavano il paese era Gianni Artifoni, che nelle sue memorie ricorda come nei giorni immediatamente precedenti l’insurrezione gli si pre­sentò il curato, offrendosi di collaborare e proponendogli uomini validi per l’imminente liberazione499. L’ebbrezza del comando (in quei giorni don Frizzi svolse anche le mansioni di vicesindaco: appariva anche nell’aspetto esterno un assolutista ed un despota inavvicinabile, faceva tutto lui, degli altri se ne rideva500), l’inesperienza e l’entusiasmo di quei giorni spinsero però il curato a fidarsi di persone sbagliate501 e a permettere atti eccessivi. Fu accusato di avere dato ordine, quando era in municipio, di svuotare del grano la casa della contessa Albani e di spogliare anche il suo palazzo di Mozzo, però poi riuscì a far restituire parte della refurtiva. L’anziano parroco del paese tempestò la Curia di lettere per chiedere provvedimenti riguar­do al comportamento del suo curato, che gli avvelenò gli ultimi anni di vita. Don Frizzi dimostrò anche nel dopoguerra il suo carattere anticonformista, replicando con modalità non propriamente sacerdotali a chi lo accusava pubblicamente di ruberie,

In pieno municipio, accusato di ladro dal capo del Part. Comunista certo Sala, venuto da Mapello, gli diede una tale pugna, che ne portò il segno per venti giorni, [e poi] si dichiarò disposto di dare a quel tal Sala un altro pugno sull’altra guancia.502

E appoggiando in paese la nascita del Partito d’azione e non della formazione politica catto­lica. Più avanti, nel 1947, entrerà a fare parte, insieme ai comunisti locali, dell’ambigua Ar­mata italiana di liberazione503, sfilando per il paese sotto le loro bandiere, mentre il sempre più disperato don Buelli scriveva in Curia chiedendo chiarimenti e appoggio.504

Barbara Curtarelli

































































Il patto elaborato dagli esperti M5S
Un Contratto per tutti i gusti

Sebastiano Messina

Il miracolo forse no, ma la magia è riuscita. Sei cattedratici, una studiosa del Koalitionsvertrag e sette “ esperti indipendenti”, capitanati dal professor Giacinto della Cananea hanno finalmente consegnato all'aspirante premier Luigi Di Maio il loro contratto-tipo che può essere firmato indifferentemente dal reggente del Pd o dal leader della Lega. E già questo va senz'altro considerato un capolavoro di illusionismo politico. Ma il numero più spettacolare del pool di studiosi a cinque stelle, una magia che lascia a bocca aperta, è di sicuro il dissolvimento del reddito di cittadinanza: un gioco di prestigio di fronte al quale la sparizione contemporanea di tredici spettatori che il mago Copperfield metteva in scena a Las Vegas diventa improvvisamente robetta da dilettanti.
Provate voi stessi a cercare queste tre parole — “ reddito di cittadinanza” — nelle 28 pagine che il Comitato Scientifico pentastellato ha solennemente consegnato al capo politico del Movimento. Non le troverete. Sono bastate due riunioni del comitato per farle evaporare. Al loro posto troverete formule passepartout scritte in burocratese stretto. Come “politiche attive di sostegno al reddito”. Oppure “iniziative volte a contrastare la povertà”.
Parole che nel contratto-tipo con i nomi in bianco assumono persino la forma fumosissima di una dichiarazione di buoni propositi: “Le parti condividono la necessità di associare il sostegno al reddito alla promozione dell'attivazione, di ripensare le politiche attive del lavoro in vista di una migliore qualificazione del capitale umano e della facilitazione dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro”. La sintassi sarà pure zoppicante, ma leggendo queste frasi si vede chiaramente in controluce lo sforzo delle illustri meningi nel trovare una parafrasi così neutra e così insapore da poter essere firmata senza difficoltà sia da Matteo Salvini che da Maurizio Martina.
Perché quando la scienza e la sapienza si applicano su quella materia scivolosa e mutevole chiamata politica possono venire alla luce scoperte stupefacenti. La più importante è così clamorosa che il professor Giacinto della Cananea non resiste al desiderio di comunicarla a Di Maio — “ Caro Luigi...” — già nella prima delle 28 pagine. Dopo aver messo a confronto i programmi elettorali di M5S, Pd e Lega, così come aveva chiesto l'impaziente candidato premier, l'illustre giurista comunica infatti che il comitato “è giunto alla conclusione che in alcuni casi esistono significative convergenze”, mentre “ in altri casi le divergenze sono molto accentuate, se non radicali”. Una realtà sorprendente che — diciamo la verità — nessuno avrebbe mai immaginato. Ora però sappiamo che i tre partiti non troverebbero un'intesa nemmeno sulla pena per lo stupro, eppure dopo aver pazientemente messo a confronto i quattro programmi (quello del Pd, quello della Lega e i due del Movimento 5 Stelle: quello prima e quello dopo le elezioni) gli autorevoli professori hanno trovato i punti in comune, e li hanno esposti in una tavola sinottica. Dalla quale si scopre che grillini, dem e leghisti saranno pure in totale disaccordo sulle pensioni, sull'Europa, sulla giustizia e sulle alleanze internazionali, ma sono pronti a combattere alcune battaglie fondamentali. Quali? “ Contrastare il bullismo”, per esempio. O “ combattere la discriminazione uomo- donna”. Ma anche “ difendere il made in Italy” e “ sostenere la green economy”. Se poi aggiungiamo la speranza nella pace nel mondo, si capisce che la convergenza è davvero a portata di mano.
E infatti il Comitato Scientifico ha già stilato il contratto, con due righe per le firme: la prima sarà quella di Di Maio, la seconda si vedrà. In attesa di sapere il nome dell'altro contraente, il documento annuncia con gioiosa solennità che “questo accordo segna una svolta” e, passando bruscamente a un lessico notarile, precisa che “le parti hanno deciso di stipulare un accordo allo scopo di dare un governo forte per il cambiamento dell'Italia”.
Seguono dieci capitoli che chiunque, ma proprio chiunque, potrebbe sottoscrivere dalla prima all'ultima parola. Chi non è d'accordo, per dire, sul “salario minimo per legge”? Chi non vuole “rimuovere gli squilibri territoriali”? Chi si oppone al “miglioramento dell'offerta di giustizia”? Chi non desidera “garantire sicurezza e legalità”? Chi rifiuta la “tutela del paesaggio”? Chi è contrario a “un fisco più trasparente”? Chi contesta la “lotta a sprechi e corruzione”? Nessuno, ovviamente. Dunque davvero un accordo è vicino, poi si vedrà con chi.
E se qualcosa non dovesse funzionare? I professori ingaggiati da Di Maio hanno pensato anche a questo. Una volta firmato il contratto, i due partiti nomineranno dieci gruppi di lavoro, dieci comitati, che seguiranno l'applicazione di ciascun punto. E al primo screzio entrerà in azione l'arbitro, un Comitato di Conciliazione che nel giro di dieci giorni suggerirà la soluzione.
Un accordo. Un contratto. Un governo. Sarebbe uno scenario fantastico ( « Meraviglioso » , direbbe Beppe Grillo) se non fosse che fa venire in mente un vecchio aforisma: “Un camme
tino è una classica storia italiana. Un vastissimo territorio in posizione molto delicata, piena zeppa di vincoli e con l'unico pregio –appunto!- di quei vincoli, non potendo essere “sviluppato” dai proprietari privati viene sbolognato ad una ente pubblico che per comprarlo vende altri beni pubblici. Che cosa si intendesse per sviluppo pensiamo al pre-2008. Ente pubblico in quanto i suoi beni appartengono a tutti i bergamaschi e sono gestiti in comunione dagli enti pubblici e dalla chiesa. Mentre quel bene quando era in mano ai privati era sostanzialmente abbandonato (i fabbricati erano in via di crollo o addirittura crollati e saccheggiati) e i terreni coltivati secondo la mala pratica della monocoltura, quando diventa finalmente pubblico, ecco che saltano fuori i fondi dei vari enti per rimetterlo in sesto cogliendo trasversalmente l'occasione di EXPO 2015 con un argomento che ad Astino ci stava come le rane nel deserto. Ci si mette anche il Comune di Bergamo che decide di scaricare nella Valle di Astino le fogne comunali delle sovrastanti vie Torni Marieni Allegrezza Lavanderio. Ignota anche la condizione della Roggia Curna nella parte coperta del Golf Club (che molti  abitanti sostengon sia del tutto “tappata” per i crolli succedutisi negli anni) che in quegli anni sta subendo un'asta e che poi finirà indovinate in mano al megapalazzinario bergamsco patron dell'Atalanta  e il ristorante in mano al capogruppo della lista Gori in comune. Non contenti di un restauro fatto sull'unghia nonostante la professionalità dell'impresa, rudere era e rudere resta anche perché nessuna sa bene cosa farne. Viene inventato di sana pianta un rassemblement di coltivazioni del tutto cervellotiche – dal luppolo (mai visto in zona se non come infestante dei boschetti) alle pesche (mai cresciute bene per l'eccessiva acidità e 7umidità del terreno)  nonché –non poteva mancare il tocco scolastico ma in termini “politicamente corretti” della Valle della Biodiversità”. Succhiato un bel malloppo di milioni al povero ente pubblico  ed alla Regione bisogna inventare qualche destinazione e il convento viene del tutto privatizzato. Privatizzato si, ma con  grande comodo degli utilizzatori i quali non lo prendono in affitto ma lo prendo a stagioni. Una adeguata campagna dei media locali lancia nelle scuole e nella popolazione la meraviglia astinese e la gestione parla di affluenze con numeri stratosferici. Di cui tutti dubitano. Ma Giove pluvio sta in guardia e provvede alle sue maledizioni. Ovvio che dare colpa a Giove pluvio per le inondazioni di Longuelo è più comodo di mettere  sotto inchiesta tutti quelli che hanno trasformato un terreno sostanzialmente tornato in condizioni seminaturali a condizioni di agricoltura iper-intensiva. Da una situazione in cui la quantità di energia versata sul territorio era solo quella del sole e un po' di quella minerale per le modeste coltivazioni di mais ed erba a processi di lavorazioni con mezzi potentissimi e pesantissimi e con consumi energetici  elevatissimi. Il quadro ambientale della Valle di Astino, col disegno di farne una valorizzazione turistica ambientale col denaro pubblico ma sfruttato solo dai privati, ne esce sconvolto e incolpare Giove pluvio delle alluvioni di Longuelo piuttosto che privati e pubblico che prima non hanno mantenuto il territorio e poi l'hanno grandemente danneggiato (sotto il profilo ecologico ambientale) è una giustificazione  disonesta e infantile. Spacciabile solo dai media di regime che plaudono ad ogni occasione per servire il potere politico e gli interessi di turno. “ovviamente” accaduta l'alluvione ecco che viene scodellata la “soluzione” che trovate illustrata nell'articolo del Correre. Soluzione “ovviamente” pagata coi soldi di tutti i cittadini. Se le tre vasche fossero realizzate del tutto sarebbero necessari non meno di dieci milioni di euro (quindi in cascata immaginate cosa significano dieci milioni di appalti…). Intanto tutti gli scienziati del momento fingono di non sapere capire prevedere cosa significhi –dal punto di vista ambientale e climatico- creare in una valle così piccola e assolutamente NON ventilata tre laghi grandi 30-40mila metri quadrati che potrebbero restare colmi d'acqua anche per qualche settimana. La zona diverrebbe invivibile oltre alla sottrazione degli spazi ad un potenziale uso pubblico. Poi resta sempre il problema dell'accesso dei curiosi e visitatori alla zona: basti pensare che per la ristrutturazione della via Astino nel tratto  basso sarebbe necessario almeno 1,5 milioni. E i parcheggi che non esistono ne a Longuelo ne vicino?.
In conclusione la valle di Astino in mano a queste classi dirigenti “politicamente corrette” è diventata un sistema per privatizzare il pubblico che rende e far pagare a tutti i cittadini quello che non rende o crea solo danni.