LA
NOTIZIA DA L’ECO. Sono due i laboratori controllati dalla Guardia di
Finanza di Treviglio, uno dedicato alla confezione in serie di
abbigliamento, l’altro alla fabbricazione di calzature, entrambi nel
comune di Fontanella e gestiti da persone di origine cinese. Edifici
dalle finestre completamente oscurate e totalmente prive di vie di
areazione quelli in cui hanno fatto accesso i finanzieri,
congiuntamente a personale della Polizia Locale di Fontanella,
scoprendo 20 lavoratori, tutti cinesi, intenti al confezionamento di
capi di vestiario e alla lavorazione di scarpe, attività non dichiarate
al Comune. Rinvenuti numerosi banchi di lavoro in serie, un totale di
45 macchine, circondati da cumuli di materiale in disordine, fili
elettrici volanti. All’interno dei locali sono state ricavate
abusivamente 10 stanze da letto, con a disposizione servizi igienici
dotati di una sola doccia, anch’essi in cattivo stato di manutenzione e
pulizia. I controlli hanno permesso di individuare 3 clandestini, di
cui uno trovato intento al lavoro, 2 lavoratori completamente in nero,
4 dipendenti che hanno dichiarato ai finanzieri di aver lavorato in
nero prima di essere regolarizzati e 7 lavoratori assunti
irregolarmente.
Per uno dei due titolari dei laboratori è scattata la denuncia per
l’impiego di manodopera clandestina, mentre è ancora al vaglio la
posizione dell’altro titolare del laboratorio dove sono stati trovati
gli altri due clandestini, tutti segnalati alla Questura di Bergamo per
l’avvio della procedura di espulsione dal territorio nazionale.
I militari della Compagnia della Guardia di Finanza di Treviglio hanno
inoltrato all’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Bergamo proposta
di sospensione dell’attività imprenditoriale, a fronte del numero di
lavoratori in nero scoperti. A carico dei titolari delle aziende, per
ciascun lavoratore in nero e irregolare, verrà irrogata la maxi
sanzione da un minimo di 1.500 euro ad un massimo di 9.000 euro, a
seconda del periodo di impiego in nero. Contestualmente, i finanzieri
hanno anche avviato mirati controlli fiscali, in quanto le due ditte
non risultano aver regolarmente presentato le dichiarazioni, né versato
le imposte.
Alle operazioni ha partecipato personale dell’ATS Bergamo, degli Uffici
Sanità Pubblica e Prevenzione Sicurezza negli Ambienti di Lavoro, i
quali hanno rilevato plurime violazioni in materia di igiene e
sicurezza. Il servizio svolto mette in luce l’attenzione della Guardia
di Finanza nei confronti del fenomeno del lavoro “nero” che, da un
lato, lede i diritti dei lavoratori, privati della dovuta tutela
assistenziale e previdenziale, dall’altro determina sia situazioni di
concorrenza sleale, a discapito degli imprenditori che operano nella
legalità, sia un grave danno alle casse erariali.
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a Cassa depositi e prestiti pronta all’ingresso in Tim: nel capitale con una quota fino al 5%
Il dossier sulla compagnia telefonica (centrale per le comunicazioni in
Italia) arriva oggi sul tavolo del braccio finanziario del ministero
dell’Economia
di Giovanni Stringa/Corriere della Sera
Il dossier Tim arriva oggi sul tavolo del consiglio della Cassa
depositi e prestiti, braccio finanziario del ministero dell’Economia. È
un dossier centrale per le comunicazioni in Italia. L’orientamento
sarebbe quello di rilevare fino al 5% del capitale della società che al
momento vede come primo socio, con il 24%, la francese Vivendi di
Vincent Bolloré.
Da molto tempo si discute se la Cassa possa avere ruolo nella rete, ma
in realtà questo intervento, secondo fonti vicine al dossier,
servirebbe a tutelare il sistema Italia. Nella strategia di Cdp il
presidente del Consiglio del governo uscente Paolo Gentiloni con i
ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda (in rappresentanza del
Tesoro, azionista con l’82,77%) risultano allineati al presidente
dell’Acri Giuseppe Guzzetti (le fondazioni bancarie sono al 15,93%) e
ogni mossa sembrerebbe verificata anche con le principali forze del
panorama politico.
Si apre così un altro «fronte» per Vivendi, già minacciata dal fondo
attivista americano Elliott, che secondo le ultime indiscrezioni
avrebbe arrotondato la propria quota portandola in «zona 10%». È uno
scenario in grande movimento. La discesa in campo di Cdp, che avviene
in chiave anti francese, potrebbe affiancarsi alla strategia di
Elliott. Intanto incombono ben due assemblee del gruppo telefonico, il
24 aprile e il 4 maggio. Quest’ultima, con all’ordine del giorno il
rinnovo del consiglio, è stata confermata ieri dalla stessa Tim, che ha
ricordato ai soci interessati il termine del 9 aprile per la
presentazione delle liste di candidati per la nomina del board.
A quanto pare, Assogestioni avrebbe rifiutato l’offerta di Elliott per
la presentazione di una lista unitaria. Sul tema della rete
l’amministratore delegato di Tim, Amos Genish, è intervenuto ieri in
un’intervista al quotidiano francese «Les Echos»: è un «imperativo» che
Tim «controlli la sua rete. Dove gli operatori non hanno seguito questa
strategia (ci sono esempi negli Usa, in Australia, o in Nuova
Zelanda...) ciò ha creato rischi inutili per una resa molto debole o
nulla», ha detto il manager. Lo stesso Genish, in merito all’intesa tra
Mediaset e Sky, ha invocato l’intervento dell’Antitrust: «Non è
nell’interesse degli italiani che ci sia meno concorrenza nel mercato
della pay tv. Se necessario, chiederemo dei rimedi». E proprio
l’Autorità garante della Concorrenza e del mercato avrebbe inviato ieri
due lettere, una a Mediaset e l’altra a Sky Italia, chiedendo
chiarimenti sull’intesa appena siglata sui contenuti, con le risposte
attese entro una settimana. Ma non ci sono solo le telecomunicazioni
sul tavolo del board di oggi di Cdp. All’ordine del giorno anche il
rinnovo delle nomine in Saipem, in una strategia che risulta concordata
con l’Eni: la Cassa depositi e il Cane a sei zampe hanno in mano,
insieme, il 43% del gruppo di servizi petroliferi. Tra l’altro, si
avvicina anche il rinnovo dei vertici della stessa Cdp, a cui fanno
capo quote in una lunga lista di aziende (e fondi), dal mercato delle
poste a quello dei finanziamenti, del mattone e della già citata
energia. Solo per citare alcuni esempi.
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CINA
fai-da-te nella primavera 2018. Omettiamo la parte tragica di questo
fai-da-te: i morti sul lavoro e i quattro ammazzamenti per regolamenti
di conti vari nella Bassa e a cavallo col territorio bresciano. Dunque
si è scoperto che a Fontanella, bassa bergamasca, dei cinesi aveva
preso in affitto due capannoni per istallare due laboratori conterzisti
di terza quarto quinto sub appalto di griffe italiane. Una
cinesata in piena regola come già ci sono nel pratese (Prato,
Toscana) dove vita quotidiana e lavoro sono tutt’uno anche se il datore
di lavoro non c’entra nulla. Anzi: probabilmente c’entra anche in
quello perché forse certe gravidanze improvvide o sgradite... Negli
articoli di L’Eco e del Corriere c’è scritto che i laboratori
fossero privi di finestre ma dalle foto proprio non appare e quindi
chissà come stanno le cose. L’unica cosa certa è non c’è bisogno che
cercare un produttore cinese in Cina per una griffe (o più griffe?)
italiane ma adesso la Cina s’è istallata da noi. Sarebbe
interessante sapere quante ore lavoravano queste operaie e quanto era
il loro salario. Adesso non abbiano più ne lavoro ne salario ne
abitazione.
TIM TELECOM FIBRA & ITALIANITA’.
Tra grandi e piccole pare che siano un centinaio le aziende che
istallano la fibra ottica. In Italia (però) la connessione avviene in
realtà nelle modalità FTTS (fiber-to-the-street) o FTTC
(fiber-to-the-cabinet): il collegamento in fibra arriva solo alla
cabina stradale o al distributore del quartiere, quindi comunque a una
distanza in media di almeno 200 metri dall’abitazione da servire. Il
fatto che un percorso così lungo avvenga attraverso il normale doppino
di rame finisce per abbassare moltissimo la velocità di trasmissione
effettiva. Ovviamente noi italiani siccome siamo furbi siamo al massimo
FTTS o FTTC e quindi ricevere il segnale a 1000Mb/sec resterà un sogno
per i cittadini che non abitano nei grandi centri. Tutto il problema di
TIM-Telecom sta nel fatto che i cavi di rame che ancora collegano le
cabine stradali alle case ed alle abitazioni sono valutate dalla
proprietà 30 miliardi mentre dal resto del mondo quel valore è
dimezzato. Un conto è mettere a bilancio 30 (miliardi) ed altro conto
metterne a bilancio 15, per una spa Tim-Telecom (con oltre 33 miliardi
di debito lordo a fronte di oltre 25. «Frenare» quindi il collegamento
della fibra FTTH (cioè fin dentro casa) significa conservare ancora il
valore del cavo di rame esistente: che non è piccola cosa per gli
sfortunati azionisti della società. Arrivare con la fibra fino alla
presa della TV o del PC casalinghi vuol dire mettere a disposizione
della clientela una quantità di offerta sterminata e quindi «a monte»
mentre si dibatte (a valle) la questione del controllo TIM-Telecom sono
in corso le mille manovre per organizzarsi ed accaparrarsi il controllo
di chi produce e di chi commercia il prodotto da vendere in rete ad
altissima velocità e soprattutto capacità. Per esempio La Scala
ha deciso di mettere in vendita le riprese degli spettacoli in 4K e
quindi non bastano dei televisori e dei proiettori di un certo livello
ma occorrono anche linee ad alta capacità di trasmissione. Idem per le
multisale e per lo sport (calcio già in 4k).
Diciamo che per una più sicura «neutralità della rete» è utile (e
necessario) che vi sia un gestore (delle varie reti in fibra) unico con
una forte componente proprietaria pubblica per garantire eguaglianza di
trattamento alla clientela.
L’ultima considerazione riguarda la distribuzione dei prodotti tra
clienti via telefoni cellulari e clienti domestici (su TV o PC). Ormai
il consumo maggiore resta discretamente appannaggio dei cellulari ma se
il sistema di completa in maniera ed a costi accettabili, non è che i
due mercati, oltre a crescere, non restino alla fine equilibrati. In
buona sostanza la fibra come l’acqua l’energia elettrica e il metano
debbono viaggiare su reti a controllo pubblico con proprietà ad
azionariato diffuso.
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