Perché
sceneggiata fosse del tutto completa è mancato solo che i ladri si
facessero il segno della croce prima dell’assalto, com’era invece
accaduto nel caso di una villetta la scorsa settimana. Segnati o meno
erano talmente sicuri del fatto loro che gliene é importato nulla ne
delle telecamere ne dei fumogeni dentro il negozio. Non stupisce
nemmeno che si fossero procurati uno di quegli illuminatori dei
cantieri stradali come mazza, delle pile frontali, di guanti metallici
(visto come manipolavano le lastre di vetro senza incertezze) e di tre
scatole di cartone senza lembi. Stupisce che abbiano gettato gli
occhiali rubati alla rinfusa, con la certezza che non si sarebbero
scassati più di tanti e senza pensare a come saranno smerciati domani
senza contenitori. Magari sulle spiagge d’Italia con tanto di
certezza visto che le montature hanno comunque il marchio e il modello.
Visti i prezzi e l’andamento modaiolo del settore gli occhiali sono
adesso uno dei beni rapinabili e meglio vendibili e - va detto senza
timori- questi furti sono stimolati proprio da quei «bravi» cittadini
in mutande colorate che a Rimini (ma anche sulle piazze padane)
oppure a Ostia oppure sul Tirreno calabrese o in Sardegna
compreranno «ho fatto un affare...guarda che è marchiato XYZ»
quell’occhiale che aveva mirato in primavera nei negozi ma non
l’aveva comprato perché troppo caro mentre adesso «l’ho pagato 80
euro, pensa che ladri i negozi». Perché poi oltre a incolpare il
sindaco di non fare la guardia alle botteghe svuotate, invece di non
acquistare dai ladri veri, si da del ladro al negoziante... derubato.
Che è la versione nostrana (non solo bergamasca ma italiana) per cui le
grandi masse vanno a manifestare contro lo spostamento della propria
fabbrica all’Est o in Bangladesh tutti vestiti di calzini mutande
magliette braghe camicia pullover e cellulare.... fatti altrove
dell’Europa.
Poi c’è un altro aspetto in queste vicende che viene badato solo dalle
forze dell’ordine piuttosto che dai cittadini. Spesso questi non sono
furti casuali ma su commissione per evitare un fallimento. Il negozio
vende poco, fa una bella assicurazione, magari chi gli ha fornito
la merce gli procura anche gli svaligiatori e il negoziante non
fallisce mentre chi gli ha venduto la merce rientra almeno del
materiale. Detta in maniera semplificata e -ovviamente- non riferita al
caso curnese. Queste cose me le raccontava già mezzo secolo or sono un
bancario che da certi affidamenti inaffidabili sapeva come
uscirne.
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Dopo
vent’anni di problemi migratori verso l’Europa con l’Italia a
funzionare da ponte da sud verso nord ed ovest ecco scodellato
l’ennesimo casus belli, con la Francia che ci molla una sberla e ci da
dell’ignorante in malafede. Con l’Italia che mail alla mano la vorrebbe
smentire. Guarda caso tutto succede proprio nel giorno in cui Macron -
En Marche prima parla di “valori incompatibili” tra il suo partito e i
5Stelle 2019 e nega contatti per una alleanza a Strasburgo. E’ il turno
di Europe En Marche, anche se in serata il partito del presidente
francese si spacca e in modo del tutto irrituale ritira la nota che
aveva allontanato i Cinquestelle. Lasciando un barlume di speranza a
Luigi Di Maio, che in Europa cerca famiglia, ovvero una forza politica
alla quale affiliarsi in vista delle europee del 2019. Ma l’obiettivo
per l’aspirante premier M5S non è facile. Le prospettive di Macron sono
diverse, e guardano al Pd. Al progetto lavora da un anno Sandro Gozi,
in costante contatto con Parigi e con una strategia pronta per chiudere
l’alleanza entro le europee: « Sono convinto che la prospettiva del Pd
sia l’alleanza con Europe En Marche e auspico comprenda tutto il Pse,
altrimenti i socialisti si ritroveranno ad essere il terzo o quarto
gruppo a Strasburgo dietro a popolari e populisti». Il "senatore
semplice di Scandicci" ha in mente una svolta. Vuole andare oltre il
Pd, confida in queste ore Matteo Renzi. Ridisegnarne la collocazione
europea, riscriverne i contenuti. Succhiare linfa vitale al progetto
continentale di Emmanuel Macron, muovendo passi decisi verso "En
Marche". L'ambizione, assicura, è quella di spingere l'intero Pse a
sposare quel progetto con le Europee del 2019. Con una certezza: il
Partito democratico, comunque vada, sarà della partita. Il primo
segnale arriverà durante l'assemblea nazionale del 21 o 22 aprile, ma
tutto diventerà via via più chiaro nei mesi successivi. Per tagliare
questo traguardo, però, Renzi ha bisogno di tempo. E possibilmente di
un esecutivo populista che tenga "lontani" i dem da ogni tentazione di
governo.Che c’è di meglio per mettere in crisi il rapporto di
Macron con Renzi e il suo più che probabile successore Gentiloni che un
bel problema sul tema migranti?. No: Bardonecchia non è accaduta
apposta ma è accaduto nel momento opportuno e quindi da sfruttare
fino in fondo nel momento in cui in Italia non c’è un governo. Poi
ovviamente scatta il riflesso pavloviano per cui tutti difendono i
sacri confini patri dai galletti francesi mentre gli italiani pensano
alla scampagnata post pasquale e contorni vari.
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Tutto
è bene quel che finisce bene e stavolta è andata fortunatamente bene.
Le due versioni. Sono circa le 19 di venerdì quando i doganieri
entrano nel locale. Secondo la versione del ministro Darmanin, gli
agenti “in uniforme” della brigata ferroviaria di Modane hanno
individuato a bordo di un treno Tgv Parigi-Milano, un passeggero, di
nazionalità nigeriana e residente in Italia, “sospettato di trasportare
stupefacenti“. In base al codice doganale, gli agenti “gli hanno
chiesto se acconsentisse a un test delle urine per individuare
eventuali stupefacenti. L’uomo ha accettato per iscritto”.Per
realizzare questi controlli “in condizioni di rispetto della persona”,
gli agenti hanno atteso che il treno arrivasse a Bardonecchia “per
utilizzare il locale della stazione che è a loro disposizione”, in base
a un “accordo Italia-Francia del 1990 sulla cooperazione
transfrontaliera”. I doganieri, sempre secondo la ricostruzione dei
francesi, hanno quindi chiesto e ottenuto di poter usare il bagno dello
stesso locale. “Il controllo è poi risultato negativo. I poliziotti
francesi potevano utilizzare “il locale della stazione che è a loro
disposizione“, in base a un “accordo Italia-Francia del 1990 sulla
cooperazione transfrontaliera”. Questo quanto sostiene Parigi riguardo
ai controlli effettuati su un migrante dai loro agenti nel locale di
Bardonecchia usato dalla ong Rainbow4Africa. Una versione, quella
fornita dal ministro francese dei Conti pubblici, Gérald Darmanin, che
sia la Farnesina che il Viminale, ritengono “non soddisfacente e
inesatta” per un semplice motivo: i francesi sapevano che i locali
della stazione dove è avvenuto il blitz non erano nelle loro
disponibilità e che dunque non potevano utilizzarli per controlli e
attività. A dimostrarlo c’è una mail di un funzionario della Dogana
francese scritta il 13 marzo scorso a Rfi nella quale lamenta proprio
l’impossibilità da parte degli agenti francesi di potere usare la sala
di Bardonecchia “perché occupata da altra gente”. Quindi, il Viminale
sta valutando l’opportunità di sospendere le incursioni all’interno di
tutto il territorio italiano da parte del personale delle forze di
polizia e dei doganieri francesi.
La nota della Farnesina – Ma, secondo la Farnesina, i poliziotti
francesi in realtà sapevano di non poter entrare. “Il Direttore
Generale Buccino – si legge in una nota del ministero – ha mostrato
all’ambasciatore Masset lo scambio di comunicazioni intervenuto nel
corrente mese tra Ferrovie dello Stato italiane e Dogane francesi, da
cui emerge chiaramente come queste ultime fossero al corrente che i
locali della stazione di Bardonecchia, precedentemente accessibili ai
loro agenti, non lo siano più, essendo adesso occupati da una
organizzazione non governativa a scopo umanitario”. “Peraltro –
continua la nota – proprio per discutere insieme della questione, i due
Paesi avevano deciso di incontrarsi presso la Prefettura di Torino il
prossimo 16 aprile a livello tecnico”.
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