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Da Pietro Grasso a Maria Elisabetta Alberti Casellati. Dall’ex procuratore nazionale antimafia all’avvocato che manifestava fuori dal Tribunale di Milano contro il “colpo di stato giudiziario” nei confronti di Berlusconi, Previti e Dell’Utri. Questo è stato il passaggio di consegne alla Presidenza del Senato. Sarebbe questo è il cambiamento in meglio? I parlamentari del Movimento 5 Stelle, che hanno votato compatti per la Casellati, si giustificano con il risultato di aver ricevuto in cambio l’elezione di Roberto Fico come Presidente della Camera. Ma questo non sembra proprio un elemento di cambiamento: sono trattative e scambi tipici da prima Repubblica. Quale sarebbe la novità? Adesso sarà arduo spiegare a chi ha votato il M5S come si possa sostenere Nino Di Matteo e i magistrati del processo sulla trattativa Stato-mafia (in cui sono indagati anche Berlusconi e Dell’Utri) e contemporaneamente votare per la Casellati, che per la magistratura ha usato parole come “barbara ed eversiva”. La coerenza non è più una virtù? Il Presidente del Senato è la seconda carica istituzionale della democrazia italiana, che sostituisce il Presidente della Repubblica quando è all’estero o in caso di infermità (art. 86 Costituzione). Come è possibile che il ruolo di capo dello Stato, che rappresenta l’unità nazionale (art. 87), possa essere occupato da chi proprio in Senato, il 27 novembre 2013, in occasione della votazione sulla decadenza di Berlusconi, ha dichiarato il “lutto della democrazia”? Tutti riconoscono che la principale qualità di un Presidente del Parlamento debba essere l’imparzialità e la correttezza. Come si concilia questa figura istituzionale di equilibrio con una persona che ha sostenuto e che ha difeso a spada tratta tutte le leggi “ad personam”? La Costituzione indica la fedeltà alla Repubblica e l’osservanza delle leggi come un dovere (art. 54), ma se queste sono le premesse c’è da preoccuparsi seriamente. La cosiddetta terza Repubblica, preannunciata con enfasi dal Movimento 5 Stelle, è iniziata sotto i peggiori auspici. Non ci aspettavamo il paradiso, ma nemmeno un patto con il diavolo.
I Curnesi si trovano con un consiglio comunale politicamente delegittimato.  Il paese «bello da vivere» ha voltato le spalle ai facili slogan di stile renziano. Non basta che la giunta Gamba distribuisca regalie a getto continuo per fare galleggiare una realtà con troppe ombre facendo finta che non esistano problemi. Da quelli minuti della pulizia delle strade a quelli della sicurezza avvertita che vine costantemente sottovalutata dalla maggioranza. Oltre alle opacità nelle opere come la nuova Rodari ( prosegue la tempesta di delibere perchè manca sempre qualcosa in un’inutile opera «di regime» che non sarà terminata nemmeno quest’anno!) oppure sulla gara per la manutenzione dei beni pubblici cui hanno partecipato tre sole imprese di cui due del tutto fuori dal contesto. Oppure quella in corso sulla pubblica illuminazione che  risultato stoppata per ignoti motivi.
La sindaca Gamba e il suo entourage simil-fiorentino possono asserire che le elezioni amministrative sono del tutto diverse da quelle politiche, ma i numeri parlano chiaro sia per la Gamba che a Locatelli.
Basta osservare dapprima la differenza tra i votanti delle politiche (Camera) e delle amministrative (Comune) negli ultimi dieci anni.
Politiche 2008:89%
Politiche 2013:84,6%
Politiche 2018: 80%
Comunali 2007:74,2%
Comunali 2012:68,43%
Comunali 2017:57,76%
Già il fatto che alle politiche (Camera) si raggiungano percentuali di votanti che dall'89% scendono all'80% in dieci anni mentre per le amministrative si assiste a un vero e proprio tracollo per cui si passa dal 74% di votanti nel 2007  al 58% del 2017 significa che un 43% di cittadini non trova una risposta politica alle proprie aspettative: e il 43% non sono “numerini”.
Vuol dire che ne destra ne lega ne pd (e associati) riescono a dare una risposta a una larga maggioranza della popolazione.
Quel 43% significano quasi 2700 elettori.

La delegittimazione di questo consiglio, all'alba della primavera 2018 la si legge negli esiti elettorali delle due formazioni  di base che hanno retto gli ultimi 30-40 anni della politica nazionale e comunale.

Lega e FI che nel 2008 mettevano assieme (Camera) 2825 voti (53,7%) combinando i 1343 della Lega coi 1482 di FI arrivano dieci anni dopo con la Lega a 1388 voti, FI con 536 voti (la Meloni con 198). Insomma un maxi tracollo di FI e di conseguenza una totale delegittimazione dell'attuale capogruppo forzista della minoranza consigliare: Locatelli.
Nel 2008 il PD prese 1523 voti a DiPietro 334 per un totale di 1857 (alla Camera).
Nel 2018 PD e associati prendono1291 voti.

Nelle Amministrative del 2007:
Gandolfi: 2.211(FI+Lega+)
Morelli: 1.974 (CSX)
Pendezza: 177 (Lega extra)
Colombo: 85 (neofascista)
Nelle Amministrative del 2012:
Serra: 1.889
Gandolfi:879
Corti:776
Consolandi: 454
Nelle Amministrative del 2018:
Gamba: 1.711
Locatelli:1.381
Carrara: 405.

Dato per scontato che gli eletti in comune non mollino l’osso azzannato a giugno 2017 forse é il caso che il PD cominci a rendersi conto di stare in mano a delle persone che  hanno scale di valori e problemi del tutti differenti da quelli della popolazione che per il 43% ha deciso di non curarsene.
Per esempio il comune non sa quanti siano gli anziani che avrebbero bisogno di una cura speciale. L’idea di creare una piccola equipe specializzata che vada a intervistare  tutti gli anziani partendo dai grandi anziani via via verso i sessantenni non gli appartiene: stanno aspettando che arrivi una  onlus-coop che gli  scodelli la proposta e con la quale patteggiare lo scambio politico.
L’idea di alleggerire (da un lato)  l’attuale piano del diritto allo studio che s’è ridotto ad essere un  mero incentivo consumistico (cinque quadernoni in prima elementare...?!?!)e un  incentivo all’occupazione degli insegnanti (chissà dotati di quanta arte e parte...)  e dall’altro lato a migliorarlo  verso chi frequenta certe scuole e certe università proprio non gli appartiene. Da quando è stato inventato è rimasto tale quale.
L’idea di un paese che abbia un giardino che sia definibile tale (e non uno schifo patentato) proprio non gli appartiene.
Un paese che ha al suo interno la maggiore area pubblica di tutta la provincia che non sa nemmeno che farne. In trent’anni non ci ha speso un soldo e un’idea  perché non l’hanno partorita loro e perché di loro ha messo gli occhi su certi volumi della zona.
L’edilizia residenziale del paese spicca per la sua bruttezza nel contesto provinciale per non far perdere valore alle villone extralusso ed extralarge dell’assessore nel comune confinante
Alla FreniBrembo hanno mandato una salatissima fattura degli oneri per l’ampliamento dello stabilimento, che hanno cercato in ogni modo do frenare-fermare mentre invece per il centrino commerciale del parcheggio zebra sono stati gentili e generosi.
MediaWord decide di chiudere la sede di Curno e spostarla in maniera da costringere molti addetti ad autolicenziarsi ma vigliacco iddio se hai letto un comunicato di solidarietà a quei lavoratori firmato dalla giunta Gamba o dal consiglio comunale.
Potremmo continuare con via Roma oppure via Lecco oppure il Brembo oppure il c.d. «Orto Bortanico» che da perfetti menefreghisti si sono fatti scippare. Oppure la roggia Curna. Oppure la scarsa o nulla manutenzione dei beni pubblici. oppure la regalia delle canne del metano all’A2A.
In compenso abbiamo La Miniera o il cacatoio per cani o la vasca per l’idromassaggio alle elementari: PERFETTA sintesi del modo di ragjonare renzian piddino. Se appartiene alla casta sei a posto. Se non ti spelli le mani ad applaudire le donne dell’amministrazione stai fresco.