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Voltiamola come uno dei tanti incidenti che accadono ho pensato sulle prime. Poi vado a leggere i dettagli della notizia, quelli nascosti nelle cronache locali e scopro che due ragazzi di 21 e 23 anni avevano percorso per la prima volta quella orribile via di roccia e ghiaccio due giorni prima della salita di Francesco con Mara. E’ una via non percorribile nella stagione estiva per via dei sassi che cascano ininterrottamente e ti ammazzerebbero di sicuro. Poi ci sono di mezzo quei due blocchi da superare che o si chioda di brutto (e allora dov’é la bellezza?) oppure bisogna trovare un momento della stagione in cui la combinazione tra ghiaccio e neve ghiacciata ti consentono di superare gli ostacoli usando meno mezzi artificiali possibile e solo come sicurezza. La grandezza della faccenda sta tutto nell’età dei due alpinisti: 21 e 23 anni. Avete letto giusto. Due figure esili, discretamente alti. Due anonimi giovani come se ne incontrano mille dappertutto. Vai sulle loro pagine facebook e ti pare che facciano tutto  con leggerezza. Altro che superficiali. Hanno avuto l’intelligenza il coraggio la capacità di pensarla progettarla percorrerla. Due figure fisicamente del tutto opposte a quelle di Francesco: che per l’allenamento e l’esperienza lo metti nella categoria dei carpentieri. Si può fare il peana che anche oggi ci sono dei bravi giovani che studiano si divertono organizzano e fanno cose egregie. Banalità da oratorio.  Poi ci può aggiungere che la combinazione di uno della Valcavallina con uno della ValleCamonica eccetera eccetera.
Questa  storia mi ha fatto scoprire  degli aspetti  nuovi di una antica passione mai sopita. Uno. Che esiste una associazione che riunisce tutti quelli che anno salito via via le 82 vette classificate «over 4000 mt» delle Alpi e quindi  -leggendo l’elenco- ho rifatto i conti per scoprire che ne avevo salito anch’io almeno la metà prima di smettere l’alpinismo (per cause altre). Ma ai miei tempi non si badava a questi «records»: adesso invece tutto viene misurato così. Purtroppo. Due.  Che oggi ci sono  arrampicatori che vanno su quelle montagne che per noi erano considerate delle «paste frolle». Una di queste appunto é il Concarena per la franosità della sua roccia e i conseguenti pericoli. Per noi non esisteva la salita come fine di se stessa. Mai ci sarebbe passato perla testa di sboronare in una pagina web: noi abbiamo salito quaranta quattromila!. Scalare era meglio che giocare a calcio o tennis. Tornavamo indietro con decine di pezzetti di roccia fiori piante fotografie (con la mitica pellicola Ilford Hp4 400 asa). Non dimenticherò mai il compagno di cordata M. che arrivati in cima al Cervino accese una sigaretta manufatta di amphora particolarmente carica di marianna si deliziava ad inquinare quel cielo. Lui l’aveva toccato due volte.
LA NOTIZIA
Mirko Sbardellati e Mattia Pagliaro (Gauss) di 21 e 23 anni uno bresciano e l'altro bergamasco, uno perito meccanico disegnatore ed operaio l'altro avevano “aperto”  questa via momentaneamente denominata “Gocce di felicità” poche ore prima della sua ripetizione ad opera del quarantenne Francesco Rota Nodari e della sua compagna Mara Babolin. Per quanto redatta nella forma usuale delle descrizioni delle vie il racconto  fatto da chi l'ha percorsa per primi basta ad illustrarne le difficoltà e i pericoli. Francesco aveva deciso di ripeterla subito come seconda cordata assieme a quella che era stata una sua compagna di arrampicata conosciuta nell'associazione www.club4000.it degli alpinisti che avevano già percorso tutti o gran parte dei 4000  delle Alpi. Ce l'aveva fatta ed avevano deciso di discendere ripercorrendo la stesso itinerario  della salita, anche perché la discesa dal Concarena per la c.d. “via normale” vista la grande quantità di neve si presentava più pericolosa e faticosa di una discesa a corda doppia. Magari nel frattempo avrebbero probabilmente applicato anche qualche altro chiodo fisso utile a chi sarebbe salito dopo di loro. Uno di quei chiodi messi per fissare la corda doppia è saltato e Francesco è volato di sotto. Fine.
Francesco, nato a Scanzorosciate adesso viveva a Verona, 41 anni, era un alpinista esperto, molto conosciuto per aver completato la salita di tutti gli 82 quattromila delle Alpi. L'anno scorso con Tarcisio Bellò e Mara Babolin aveva aperto una nuova via su un 6000 inviolato in Pakistan, che avevano battezzato Jinnah Peak, in ricordo di Muhammad Ali Jinnah, primo presidente del Pakistan indipendente nel 1947. Francesco lascia la moglie Marta e i loro due meravigliosi bambini Emma e Pietro. Ingegnere Ambientale, indirizzo Difesa del suolo. Laureato nel 2002 presso il Politecnico di Milano. Ricercatore nel campo del Telerilevamento (analisi di immagini da satellite) per lo studio dell'ambiente. Dal 2002 al 2008 ha lavorato presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), ditte private e presso il Politecnico (dipartimento di Idrologia) in progetti finanziati dalla Comunità Europea o dalle Agenzie Spaziali Italiana ed Europea sullo studio delle variazioni glaciali alpine e della copertura nivale in modelli idrologici. Si è occupato di analisi dell'urbanizzato (Urban Heat Island e aggiornamenti catastali) sempre utilizzando immagini di sensori da satellite o aviostrasportati . In tale contesto ha approfondito le tematiche del Global Warming e ha effettuato numerose campagne di rilievo sul campo con l'uso di strumentazione specifica a bordo di elicottero. Dal 2002 ad oggi collaborazione nello Staff organizzativo e segreteria della Conferenza Nazionale ASITA (Federazione delle Associazioni Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali): coordinamento e gestione dell'allestimento espositivo. Dal 2008 lavora al Politecnico di Milano (dipartimento di Rilevamento) come ricercatore in un progetto di consulenza per ENI S.p.A. finalizzato alla ricerca e la prospezione petrolifera tramite tecni
LA DESCRIZIONE DELLA VIA
Una linea, un sogno. 2000 metri da Ono san Pietro alla cima Bacchetta nella sua complessa e spettacolare parete est. Un articolato e infernale avvicinamento senza traccia, guadagnato dopo sopralluoghi. Una ravanata tra morene di fango e massi instabili, pietraie coperte da neve, ontani pronti a trascinarti negli inferi bianchi permette di raggiungere la seconda parte dell'avvicinamento che vanta ben 1100 metri di dislivello. Si accede al canalone che con pendenze di 45 e 50 gradi costanti per 500 metri di dislivello porta al conoide di attacco della via, a circa 1600 metri di quota. L'ingresso si presenta con due grossi massi incastrati (15 m ciascuno) tra pareti liscissime. Per superarli occorre che il cono di neve raggiunga almeno metà del masso superiore, azzerando almeno 20 metri di roccia spiovente. Tra un masso e l'altro una grotta che se raggiungibile permette di far sicura con clessidra e vite da ghiaccio nelle stalattiti interne. Il passaggio nelle condizioni trovate si aggira su M4, ma con ghiaccio marcio e salito quasi totalmente in dry su pessimi agganci (V in roccia). Superatolo, la via prosegue mai sotto i 55 gradi, anzi spesso sopra i 60 e con vari brevi muri di 80 gradi porta alla strettoia della goulotte, scavata sempre nella rigola di scarico della valanga. Si tratta di 20 metri di passaggio, di cui 15 a 80 gradi e gli ultimi 5 metri trattasi di cascata di ghiaccio a 90 gradi, poco proteggibile ai lati. Va affrontata ancora di notte, visto che anche con temperature di molto sottozero al primo sole cuoce tutto e si rivela per ciò che è, l'ennesimo masso incastrato con 20 metri di vuoto sottostante. Il ghiaccio qui forma solo una crosta da spindrift, e cede al passaggio se le condizioni non sono perfette. Il canale ritorna su pendenze accettabili di 60 gradi, per poi affrontare una fascia di misto fino a M4, e con un altro breve tratto di 70 gradi si giunge alla sella, dove il nostro canale muore per ricomparire a destra della suddetta sella, dove si immette in un canalone. Qui la parte meno ripida della salita, 50 gradi per un centinaio di metri, tratto da raggiungere all'alba. Proseguendo le pendenze tornano a salire, fin verso i 70 gradi dell'uscita. Ora il tratto più pericoloso della salita, l'imbuto sommitale tra Torre Golem e Corna Rossa è convoglio di enormi valanghe da lastroni e cornici alte anche 7/8 metri. Consigliabile uscire direttamente sulla corna Rossa a 2463 metri di quota, e assicurarsi con precedenti sopralluoghi con binocolo che questa parte abbia svalangato per bene. Tramite cresta sudest la cui uscita resta nel cuore pieno di lacrime di gioia, si arriva alla cima della Bacchetta dall'anticima sudest. Occhio sempre alle cornici molto spioventi. Discesa dalla non banale via normale, e dopo molta strizza per valanghe ovunque nei canali di fronte e a fianco, e dopo 21 ore di viaggio, siamo a Sommaprada, distrutti nel giorno più bello della mia vita.