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l'immagine è di Linda Evangelista fotografata da Steven Meisel 1990




L'opa di Salvini: un centrodestra partito unico a guida leghista

di Claudio Tito

Quello di Salvini non è semplicemente un atto ostile nei confronti di Forza Italia: è una vera e propria Opa. Quale che sia l’esito finale sui candidati, il risultato sarà sempre lo stesso: la trasformazione del centrodestra in un partito unico guidato dal leader leghista.
La notte vissuta dai forzisti a Via del Plebiscito è stata segnata proprio dal dramma di un cambio d’epoca. Dopo lo strappo di Salvini, il Cavaliere si è ritrovato sostanzialmente solo a Palazzo Grazioli. Con lui sono rimasti Ghedini e la Ronzulli.
C’è stata una telefonata tesissima tra Berlusconi e Salvini, conclusa con un sonorissimo click. Il capo di Forza Italia ha sentito anche alcuni esponenti del Pd che, però , si sono dichiarati impossibilitati a trovare una soluzione. Per qualche minuto infatti era tornata l’ipotesi di lanciare il nome della Bonino al senato o Franceschini alla Camera. Idee tramontate nel giro di qualche secondo. Il Carroccio ha dalla sua i numeri: con l’M5S sono maggioranza assoluta.
In Forza Italia la crisi si è trasformata in tormento, è scoppiata una rivolta silenziosa proprio contro il Cavaliere reo di aver gestito male la trattativa. Il fronte interno “filoleghista” si è ripetutamente consultato. Toti in tutte le conversazioni ha chiesto di accelerare l’addio alla leadership di Berlusconi. L’obiettivo è archiviare il Cavaliere e puntare a un partito unico di destra, o al massimo una federazione. Del resto, tutti i parlamentari berlusconiani adesso si pongono un solo interrogativo: “chi ci garantirà il seggio alle prossime elezioni?”. E la risposta è univoca: Salvini e non più l’anziano leader.

Per questo Berlusconi alla fine si è sentito costretto a scendere a patti con l’alleato-nemico. Almeno a provare un’intesa in extremis. Ma accordo o scontro, Salvini ha comunque posto le basi per essere davvero il capo di tutto il centrodestra. Solo la conferma di Romani - ormai fuori dai radar- potrebbe ristabilire una irrealistica leadership berlusconiana.
La sterzata di Salvini infatti si basa sul patto di ferro con Di Maio. I due si sono sentiti al telefono fino a notte fonda. Anzi, è stato il segretario leghista a consigliare ai grillini di formalizzare in anticipo la candidatura di Fraccaro alla Camera. L’obiettivo ormai è il governo e soprattutto una legge elettorale bipolare e con premio di maggioranza che fotografi il nuovo sistema dei partiti.
Il Pd ha provato a inser
CAOS CENTRODESTRA/ Così Salvini ha usato Di Maio per prendersi Forza Italia Per la prima volta da 24 anni, Berlusconi ha subìto le mosse di un alleato. La coalizione però rimane, e può aiutare Salvini ad andare a palazzo Chigi.

Antonio Fanna

I pompieri gettano acqua sul fuoco ma stavolta sbagliano. Nel centrodestra tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non è semplicemente capitato un incidente di percorso durato lo spazio di una notte e ricomposto al mattino con un cambio di nome. La prova di forza del segretario leghista ha segnato una rottura profonda, prima di tutto con il passato. Mai Silvio Berlusconi aveva trovato un alleato in grado di sfidarlo apertamente e metterlo all'angolo. Ci avevano provato Fini, Casini, Alfano, tutti finiti male perché non avevano i voti e gli attributi. Salvini ha entrambi. Per la prima volta nella sua carriera il Cavaliere ha dovuto ragionare, e comportarsi, da numero 2. Da ieri Forza Italia è ufficialmente al traino della Lega e Berlusconi è un Buffon: un fuoriclasse capace ancora di qualche prodezza ma ormai sul viale del tramonto.

Il voto del 4 marzo aveva sancito il sorpasso nei numeri, l'insediamento delle nuove Camere ha segnato il sorpasso della leadership. Il segretario della Lega ha preso in mano la coalizione, ha trattato con i 5 Stelle, ha chiuso l'accordo e ha messo gli alleati davanti al fatto compiuto: prendere o lasciare. Era sempre stato Berlusconi a condurre le danze nei 24 anni dalla discesa in campo. Gli avversari del centrosinistra avevano provato a farlo fuori puntando sui guai giudiziari e il bunga bunga, ma Berlusconi è risorto dalle proprie ceneri. Stavolta è lui quello con le spalle al muro. E con lui la vecchia guardia forzista impersonata da Gianni Letta. Il quale si diceva fosse tornato in auge dopo il mezzo flop di una campagna elettorale gestita da Niccolò Ghedini (e Licia Ronzulli) orientata più alla Lega che a strizzare l'occhio al Pd in vista di larghe intese. Invece l'asse con il Pd, o quel che ne resta, è crollato: l'accordo che prevale è quello con Salvini e l'avvocato padovano è riuscito a piazzare al Senato un'avvocatessa padovana.

Berlusconi ha dovuto piegarsi a fare buon viso a cattiva sorte, presentando l'elezione della Casellati come un successo suo. Davanti al bivio se forzare la mano e restare fuori dall'accordo o fare un passo indietro di compromesso, ha scelto la seconda strada. Mai farsi tagliare fuori: vecchia regola sempre valida (soprattutto per un imprenditore come lui) che probabilmente il Cavaliere seguirà anche quando si tratterà di formare il governo. Gli assenti hanno sempre torto, come ha dimostrato l'irrilevanza del Pd in tutta questa fase. Il vecchio Silvio ha conservato un suo potere di veto, ha ottenuto che i 5 Stelle cambiassero candidato alla Camera, che Fraccaro (fedelissimo di Di Maio) cedesse il posto a Fico (vecchia guardia grillina); ma, al di là del nome, Di Maio è riuscito comunque a piazzare un suo deputato sulla terza poltrona della Repubblica prendendosi i voti del Caimano senza trattare direttamente con lui. E ha confinato in un ruolo istituzionale, lontano dal movimento, uno dei leader dell'ala dura e pura.

Dietro il cambio di leadership, a cascata, nel centrodestra seguirà ora uno spostamento verso il vincitore. I tempi di questa salita azzurra sul carro leghista dipenderanno molto da come Salvini interpreterà il suo ruolo: più alleggerirà i toni estremisti, pur restando fedele al programma, più accorcerà i tempi verso il partito unico forzaleghista. E la prova di forza nel centrodestra rafforza le possibilità di Salvini verso un incarico di governo. Non è ancora detto che si vada a un accordo con i 5 Stelle, la partita è apertissima; tuttavia il leader leghista ha stretto un rapporto di fiducia personale con Di Maio ed è riuscito a tenere unita la coalizione. È dunque da qui, dalla coalizione, che Sergio Mattarella dovrebbe cominciare nell'aprire le consultazioni. Che potrebbero essere avviate già prima di Pasqua, visto che i neopresidenti si sono recati al Quirinale subito ieri pomeriggio e in serata Paolo Gentiloni ha rassegnato le dimissioni.
IL COMMENTO. Le cronache politiche hanno assunto negli ultimi anni uno stile calcistico che tiene conto  e stra-commenta il risultato della partita del giorno piuttosto che della vittoria finale in campionato.
Quindi in questo momento il PD è ormai dato per spacciato per colpa del «maledetto» fiorentino che manovra i suoi scherani in direzione e in Parlamento mentre i grandi giornalisti scommettono sommessamente sulla sua (del PD) imminente scomparsa, intanto cominciano a cantare pure ad alta voce il deprofundis per Forza Italia senza avvedersi che alla Camera a Fico-5S su 487 ne sono arrivati SOLO 422 segnale che una sessantina hanno votato scheda bianca e potrebbero essere appunto più o meno quelle di FI (che conta 56 deputati).
Quasi sicuro che la realtà sia assai diversa dalle semplificazioni giornalistiche, tranne nel particolare che per tutti la legislatura deve durare  non un solo annetto ma almeno cinque anni. Vedremo cosa accadrà -prestissimo-quando Fico presenterà qualcosa per la riduzione dei privilegi e vitalizi ai parlamentari. Poi entro 15 giorni c’è da presentare il Documento di economia e finanza (DEF). Questo va presentato da parte del governo, alle camere entro il 10 aprile.
Oltre i contenuti politici delle quattro formazioni: 5S, PD, Lega, FI c’è un aspetto da non sottovalutare. Di fronte a noi c’è l’imponente novità rappresentata dal Movimento 5 Stelle da un lato e dalla leadership di Matteo Salvini dall’altro. Per ragioni diversi queste due esperienze sono pienamente coerenti con il tempo in cui viviamo, perché sono figlie della politica contemporanea, fatta di web e leadership assoluta. Sono cioè soggetti totalmente refrattari ad ogni forma di intermediazione organizzativa o partitica, sono spavaldi ed aggressivi, non guardano al centro come luogo politico d’elezione, picchiano duro dalla mattina alla sera negando alla “mediazione” quel senso ultimo dell’agire politico: sono insomma perfetti per quello che oggi il pubblico chiede.