L'opa di Salvini: un centrodestra partito unico a guida leghista
di Claudio Tito
Quello di Salvini non è semplicemente un atto ostile nei confronti di
Forza Italia: è una vera e propria Opa. Quale che sia l’esito finale
sui candidati, il risultato sarà sempre lo stesso: la trasformazione
del centrodestra in un partito unico guidato dal leader leghista.
La notte vissuta dai forzisti a Via del Plebiscito è stata segnata
proprio dal dramma di un cambio d’epoca. Dopo lo strappo di Salvini, il
Cavaliere si è ritrovato sostanzialmente solo a Palazzo Grazioli. Con
lui sono rimasti Ghedini e la Ronzulli.
C’è stata una telefonata tesissima tra Berlusconi e Salvini, conclusa
con un sonorissimo click. Il capo di Forza Italia ha sentito anche
alcuni esponenti del Pd che, però , si sono dichiarati impossibilitati
a trovare una soluzione. Per qualche minuto infatti era tornata
l’ipotesi di lanciare il nome della Bonino al senato o Franceschini
alla Camera. Idee tramontate nel giro di qualche secondo. Il Carroccio
ha dalla sua i numeri: con l’M5S sono maggioranza assoluta.
In Forza Italia la crisi si è trasformata in tormento, è scoppiata una
rivolta silenziosa proprio contro il Cavaliere reo di aver gestito male
la trattativa. Il fronte interno “filoleghista” si è ripetutamente
consultato. Toti in tutte le conversazioni ha chiesto di accelerare
l’addio alla leadership di Berlusconi. L’obiettivo è archiviare il
Cavaliere e puntare a un partito unico di destra, o al massimo una
federazione. Del resto, tutti i parlamentari berlusconiani adesso si
pongono un solo interrogativo: “chi ci garantirà il seggio alle
prossime elezioni?”. E la risposta è univoca: Salvini e non più
l’anziano leader.
Per questo Berlusconi alla fine si è sentito costretto a scendere a
patti con l’alleato-nemico. Almeno a provare un’intesa in extremis. Ma
accordo o scontro, Salvini ha comunque posto le basi per essere davvero
il capo di tutto il centrodestra. Solo la conferma di Romani - ormai
fuori dai radar- potrebbe ristabilire una irrealistica leadership
berlusconiana.
La sterzata di Salvini infatti si basa sul patto di ferro con Di Maio.
I due si sono sentiti al telefono fino a notte fonda. Anzi, è stato il
segretario leghista a consigliare ai grillini di formalizzare in
anticipo la candidatura di Fraccaro alla Camera. L’obiettivo ormai è il
governo e soprattutto una legge elettorale bipolare e con premio di
maggioranza che fotografi il nuovo sistema dei partiti.
Il Pd ha provato a inser
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CAOS
CENTRODESTRA/ Così Salvini ha usato Di Maio per prendersi Forza Italia
Per la prima volta da 24 anni, Berlusconi ha subìto le mosse di un
alleato. La coalizione però rimane, e può aiutare Salvini ad andare a
palazzo Chigi.
Antonio Fanna
I pompieri gettano acqua sul fuoco ma stavolta sbagliano. Nel
centrodestra tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non è semplicemente
capitato un incidente di percorso durato lo spazio di una notte e
ricomposto al mattino con un cambio di nome. La prova di forza del
segretario leghista ha segnato una rottura profonda, prima di tutto con
il passato. Mai Silvio Berlusconi aveva trovato un alleato in grado di
sfidarlo apertamente e metterlo all'angolo. Ci avevano provato Fini,
Casini, Alfano, tutti finiti male perché non avevano i voti e gli
attributi. Salvini ha entrambi. Per la prima volta nella sua carriera
il Cavaliere ha dovuto ragionare, e comportarsi, da numero 2. Da ieri
Forza Italia è ufficialmente al traino della Lega e Berlusconi è un
Buffon: un fuoriclasse capace ancora di qualche prodezza ma ormai sul
viale del tramonto.
Il voto del 4 marzo aveva sancito il sorpasso nei numeri,
l'insediamento delle nuove Camere ha segnato il sorpasso della
leadership. Il segretario della Lega ha preso in mano la coalizione, ha
trattato con i 5 Stelle, ha chiuso l'accordo e ha messo gli alleati
davanti al fatto compiuto: prendere o lasciare. Era sempre stato
Berlusconi a condurre le danze nei 24 anni dalla discesa in campo. Gli
avversari del centrosinistra avevano provato a farlo fuori puntando sui
guai giudiziari e il bunga bunga, ma Berlusconi è risorto dalle proprie
ceneri. Stavolta è lui quello con le spalle al muro. E con lui la
vecchia guardia forzista impersonata da Gianni Letta. Il quale si
diceva fosse tornato in auge dopo il mezzo flop di una campagna
elettorale gestita da Niccolò Ghedini (e Licia Ronzulli) orientata più
alla Lega che a strizzare l'occhio al Pd in vista di larghe intese.
Invece l'asse con il Pd, o quel che ne resta, è crollato: l'accordo che
prevale è quello con Salvini e l'avvocato padovano è riuscito a
piazzare al Senato un'avvocatessa padovana.
Berlusconi ha dovuto piegarsi a fare buon viso a cattiva sorte,
presentando l'elezione della Casellati come un successo suo. Davanti al
bivio se forzare la mano e restare fuori dall'accordo o fare un passo
indietro di compromesso, ha scelto la seconda strada. Mai farsi
tagliare fuori: vecchia regola sempre valida (soprattutto per un
imprenditore come lui) che probabilmente il Cavaliere seguirà anche
quando si tratterà di formare il governo. Gli assenti hanno sempre
torto, come ha dimostrato l'irrilevanza del Pd in tutta questa fase. Il
vecchio Silvio ha conservato un suo potere di veto, ha ottenuto che i 5
Stelle cambiassero candidato alla Camera, che Fraccaro (fedelissimo di
Di Maio) cedesse il posto a Fico (vecchia guardia grillina); ma, al di
là del nome, Di Maio è riuscito comunque a piazzare un suo deputato
sulla terza poltrona della Repubblica prendendosi i voti del Caimano
senza trattare direttamente con lui. E ha confinato in un ruolo
istituzionale, lontano dal movimento, uno dei leader dell'ala dura e
pura.
Dietro il cambio di leadership, a cascata, nel centrodestra seguirà ora
uno spostamento verso il vincitore. I tempi di questa salita azzurra
sul carro leghista dipenderanno molto da come Salvini interpreterà il
suo ruolo: più alleggerirà i toni estremisti, pur restando fedele al
programma, più accorcerà i tempi verso il partito unico forzaleghista.
E la prova di forza nel centrodestra rafforza le possibilità di Salvini
verso un incarico di governo. Non è ancora detto che si vada a un
accordo con i 5 Stelle, la partita è apertissima; tuttavia il leader
leghista ha stretto un rapporto di fiducia personale con Di Maio ed è
riuscito a tenere unita la coalizione. È dunque da qui, dalla
coalizione, che Sergio Mattarella dovrebbe cominciare nell'aprire le
consultazioni. Che potrebbero essere avviate già prima di Pasqua, visto
che i neopresidenti si sono recati al Quirinale subito ieri pomeriggio
e in serata Paolo Gentiloni ha rassegnato le dimissioni.
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IL
COMMENTO. Le cronache politiche hanno assunto negli ultimi anni uno
stile calcistico che tiene conto e stra-commenta il risultato
della partita del giorno piuttosto che della vittoria finale in
campionato.
Quindi in questo momento il PD è ormai dato per spacciato per colpa del
«maledetto» fiorentino che manovra i suoi scherani in direzione e in
Parlamento mentre i grandi giornalisti scommettono sommessamente sulla
sua (del PD) imminente scomparsa, intanto cominciano a cantare pure ad
alta voce il deprofundis per Forza Italia senza avvedersi che alla
Camera a Fico-5S su 487 ne sono arrivati SOLO 422 segnale che una
sessantina hanno votato scheda bianca e potrebbero essere appunto più o
meno quelle di FI (che conta 56 deputati).
Quasi sicuro che la realtà sia assai diversa dalle semplificazioni
giornalistiche, tranne nel particolare che per tutti la legislatura
deve durare non un solo annetto ma almeno cinque anni. Vedremo
cosa accadrà -prestissimo-quando Fico presenterà qualcosa per la
riduzione dei privilegi e vitalizi ai parlamentari. Poi entro 15 giorni
c’è da presentare il Documento di economia e finanza (DEF). Questo va
presentato da parte del governo, alle camere entro il 10 aprile.
Oltre i contenuti politici delle quattro formazioni: 5S, PD, Lega, FI
c’è un aspetto da non sottovalutare. Di fronte a noi c’è l’imponente
novità rappresentata dal Movimento 5 Stelle da un lato e dalla
leadership di Matteo Salvini dall’altro. Per ragioni diversi queste due
esperienze sono pienamente coerenti con il tempo in cui viviamo, perché
sono figlie della politica contemporanea, fatta di web e leadership
assoluta. Sono cioè soggetti totalmente refrattari ad ogni forma di
intermediazione organizzativa o partitica, sono spavaldi ed aggressivi,
non guardano al centro come luogo politico d’elezione, picchiano duro
dalla mattina alla sera negando alla “mediazione” quel senso ultimo
dell’agire politico: sono insomma perfetti per quello che oggi il
pubblico chiede.
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