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A metà settimana il solito «devoto» dei furti in canonica deruba il curato della Marigolda di 110 euro facendo danni materiali agli infissi per qualche migliaio di euro. Settimo furto in 13 anni. Sempre in settimana viene segnalato dai cittadini che alcune strade sono al buio e il portavoce dell’amministrazione risponde «stanno lavorando per voi» e pubblica due foto del trabattello dell’impresa al lavoro. La pioggia in corso fa i suoi danni su un impianto obsoleto e mai seriamente manutenzionato. Sempre in settimana qualcuno ha alleggerito del PC portatile una cliente di una pizzeria di via Dalmine, ragazza piuttosto ingenua ad abbandonare al buio un malloppo così attraente. Ieri c’é stata la mostra mercato per la «solidarietà in piazza» e stanotte qualcuno ha pensato bene di forare le gomme ad alcune auto nella piazza del mercato di lato della chiesa.
L’aspetto che scoccia i curnesi, oltre ai notevoli danni subiti e il tribulare che debbono affrontare è che la «risposta» dell’amministrazione comunale è un antipatica miscela di superficialità, nessuna autocritica, qualche  bugia o dimenticanza e soprattutto una SOLIDA e IMPERTERRITA mancanza di fiducia nei cittadini. Superficiali perchè è vero che si tratta solo di danni materiali ma coll’aria che tira anche una gomma da cambiare non è un bello stare al mondo. Non c’è nemmeno un minimo di autocritica perché sia la giunta Morelli che le due giunte Gamba e Serra  hanno trovato i soldi per spese del tutto inutili (vedi i 150 mila euro buttati per LaMiniera oppure la vasca idromassaggio inutile nella scuola elementare)  per quanto riguarda l’illuminazione del paese in quindici anni si sono limitati a ... cambiare le lampadine rotte. TUTTE ma proprio TUTTE le infrastrutture fondamentali dei beni pubblici  sia   quando ha governato il c.d. centrosinistra che ai tempi del governo di centrodestra leghista negli ultimi vent’anni NON sono mai state ristrutturate e rifatte nemmeno quelle che avevano mezzo secolo di vita. Oltre a questo il 22 febbraio u.s ci doveva essere la seduta  presso la Provincia di Brescia per l’appalto ventennale della manutenzione dell’impianto di illuminazione e fornitura energia. La riunione è saltata e non è riconvocata ma il Comune non ha ritenuto di informare i cittadini del perché del come. Insomma siamo delle pezze da piedi.
Sulla sicurezza poi l’amminis trazione Serra e Gamba hanno buttato il bambino con l’acqua sporca perché nonostante ci sia una servizio wifi e ci siano oltre venti telecamere (ne hanno trovata una «abusiva» anche nel garage comunale ma non hanno mai spiegato come cosa perché....) NON vogliono proprio mettere in rete le immagini. Siccome normalmente accade che se succede qualcosa la telecamera del caso è «spenta per manutenzione» scommettiamo che non ci sono e quelle che ci sono non  funzionano per risparmiare?
La messa a disposizione dei cittadini delle riprese delle zone pubbliche (incredibile che non ce ne sia una sul parcheggio della chiesa!!!) é il mezzo più semplice per scoraggiare i malintenzionati perché sanno che... fatto il danno potrebbero trovarsi di fronte un gruppo di cittadini «armati di nodosi bastoni». Invece nisba. Del resto quando una amministrazione fa dei contratti internet come quelli per la nuova scuola, c’è poco da sperare.

«La rivolta del Meridione È stata bocciataun’intera classe dirigente»

Luciano Fontana,direttore del Corsera

Sulla copertina di «Un paese senza leader» una vignetta di Giannelli: tutti i protagonisti della politica italiana sono stipati in una carrozza dorata trainata da due cavalli bianchi col pennacchio tricolore, sulla botte il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sul tetto Beppe Grillo con un ghigno. Luciano Fontana, direttore del Corriere della Sera, racconta l’Italia orfana di classe dirigente e di leader, appunto. Una sorta di vademecum, andato in stampa prima del voto del 4 marzo scorso, (che sarà presentato domani alle 18.30 alla Feltrinelli di piazza dei Martiri) ma che spiega i tanti perché di una situazione quanto mai complicata.

Direttore Fontana, cominciamo dalla fine.

«È l’ora di fare tanti passi avanti, in una direzione precisa. La responsabilità».

Cosa intende? Chi deve essere responsabile? E in che modo?

«Responsabilità di tutte le forze politiche. La situazione è difficile, senza un vincitore, perché non lo è neanche quello che si proclama tale, almeno la prossima partita va giocata nel migliore dei modi. Non rivendicando solo le proprie idee e le priorità, alcune anche velleitarie, bisogna davvero mettersi a disposizione del Paese. E credo che questa riflessione ormai la stiano facendo anche nel Movimento 5 stelle. Anche se per ora di responsabilità non ne vediamo in giro».

Luigi Di Maio è il capo politico del M5 Stelle. Giovane, pomiglianese, anche lei lo descrive come l’artefice di un cambio di rotta del Movimento.

«Il Gentiloni del Movimento. Nasce dentro l’ambiente tradizionale del Movimento 5 Stelle in un sistema in cui la figura del leader viene recisa alla radice, tanto è che si è portavoce. Ha fatto un tentativo di cambiamento già nelle regole e nella definizione delle liste, perché governare è una cosa seria. Devo dire che siamo, però, ancora molto agli inizi e dentro un movimento che è perennemente sull’orlo di una crisi di nervi. Emblematico quello che è successo a Torino con le Olimpiadi, scatta alla fine il riflesso condizionato del movimento che è ancora un contenitore di proteste, desideri e differenze».

Come se lo spiega il successo straordinario nel Mezzogiorno? Quanto la promessa del reddito di cittadinanza ha inciso?

«Ci sono due ragioni fondamentali di questo successo. La prima economico-sociale: la grandissima crisi ha separato completamente due pezzi d’Italia lasciando nel Sud un deserto economico, quasi irrimediabile, l’occupazione per i giovani non è un miraggio, non esiste quasi. E poi il giudizio sulla classe dirigente è diventato pesantissimo. A questo bisogna aggiungere il fatto che gli strumenti tradizionali sono saltati, perché c’è un’evidente riduzione delle spese, che sono sempre servite alla classe meridionale per tamponare la situazione e avere consenso».

Insomma non è semplice protesta ma una vera rivolta?

«Una rivolta contro quella classe dirigente considerata incapace di interpretare la realtà. Il Movimento 5 Stelle è risultato essere la soluzione che ha spazzato via tutto, a destra e a sinistra. In un conflitto tra esclusi contro privilegiati, tra quelli messi da parte contro la casta. Dopodiché la formula che hanno presentato, quella del reddito di cittadinanza, in qualche modo può avere avuto un peso, ma è un pezzo della spiegazione».

Il punto è che non hanno stravinto solo nel proporzionale, ma anche in tutti i collegi uninominali dove c’è uno scontro diretto.

«Perché continua a passare l’idea che in ogni caso sono come noi e il fatto che siano sconosciuti li ha favoriti, perché, si crede, non potranno fare peggio degli altri. Alla fine sarà banale, ma credo che sia la ragione della loro vittoria».

La parabola del Partito democratico renziano è quella di una falena. Rapidissima ascesa, rovinosa caduta.

«È vero. Il Pd ha avuto due fasi. Una in cui in qualche modo ha interpretato le aspirazioni fin qui dette, vince le europee e prosciuga i cinque stelle, ma quella stagione è stata brevissima. Oggi paga l’identificazione con quella classe dirigente locale e di governo bocciata. Nella sua declinazione renziana, ma non è che sia andata meglio agli scissionisti. Il Pd al governo nazionale e nelle regioni è stato incapace di dare risposte e non ha visto, con un racconto ottimistico, le radici profonde dell’esclusione. Siamo ad un passaggio storico che ne mina la sopravvivenza perché il Pd nasceva come il partito radicato nel mondo del lavoro».

Cioè lei pensa che il Pd rischi di scomparire?

«In questo momento la prospettiva è incerta. E sono colpito dal fatto che non ci sia traccia in nessuna discussione di quel che è accaduto e del progetto futuro. Addirittura a Salerno il figlio di De Luca ha festeggiato. Non è stato elaborato nulla, appare come un mondo separato dalla realtà. Berlusconi, quando scese in campo, parlò di una lunga traversata nel deserto. Alla fine per il Pd sarà così, dovrebbe ritrovare il blocco sociale di riferimento, ma ritengo sia difficile e quindi penso che sia a rischio la sua sopravvivenza. È stato sbagliato pensare che alla fine un elettorato ci sarebbe sempre stato. Il voto di appartenenza non esiste più».

Anche Berlusconi ha smesso di fare miracoli e recuperare terreno. Alla fine il sorpasso della Lega c’è stato.

«Per alcuni aspetti la crisi di Berlusconi è ancora più grave. Dentro Forza Italia è davvero la fine del mondo. Probabilmente è il risultato più sorprendente che determinerà le conseguenze più pesanti. Il problema serio è che una forza di destra nazionalista come la Lega di Salvini difficilmente potrà rappresentare i conservatori italiani».

Ma tutti questi voti in uscita dove finiranno?

«In un recente editoriale ho parlato di alba di un nuovo bipolarismo, molto diverso da quello che accade in Europa, perché abbiamo dinanzi a noi due forze populiste. Il punto è che le forze che si collocano in un’area europeista e progressista dovrebbero saper recuperare un proprio elettorato. In questo momento il massimo che vedo all’orizzonte è una legislatura dove i vincitori abbiano un minimo di consapevolezza e non facciano troppi danni. Tanto di più non mi aspetto».

Lei scrive: “Diciamocelo con franchezza: anche se all’orizzonte spuntasse un leader sarebbe subito neutralizzato da un sistema politico e istituzionale che sembra confezionato” per non far emergere nessuno. Pensa che sia indispensabile una nuova legge elettorale?

«Penso che sia un punto importante. Indispensabili sono le misure per l’economia e per il Sud, la legge elettorale è importante ma deve essere meditata. Quando un cittadino va a votare non lo fa solo per essere rappresentato, ma anche perché vorrebbe incaricare un governo, quindi a questo punto trovo utile un maggioritario a doppio turno. L’instabilità è dannosa per il Paese e per la democrazia».

A patto che ci sia una classe dirigente all’altezza.

«Non solo politica. Essere classe dirigente è avere visione del Paese, competenza e capacità di farla vivere come progetto positivo. Vale per chi fa politica, per chi amministra e per chi guida aziende. Visione e progetto. Francamente in questo momento non ne vedo».

Tutti temi cari anche al professore Giuseppe Galasso, che verrà ricordato (anche da lei) proprio domani.

«Galasso in tutti i suoi ultimi interventi sul Corriere del Mezzogiorno, sia nella rubrica sia negli editoriali, aveva compreso che la rimozione della questione meridionale dall’agenda politica stava creando le condizioni perché ci fosse per la prima volta un’unificazione del voto. Di quello, cioé, che lo stesso Galasso chiamava il voto a dispetto, visto come elemento preoccupante. L’ennesima dimostrazione della sua capacità di analisi politica, di impegno civile e del saper essere storico profondo e intellettuale impegnato».

"Mio figlio è un assassino, non mi vedrà mai più": parlano i genitori dei minorenni killer di Piscinola"Mio figlio è un assassino, non mi vedrà mai più": parlano i genitori dei minorenni killer di Piscinola
(ansa)
'Repubblica' ha incontrato i familiari dei tre ragazzi arrestati per l'omicidio della guardia giurata. Un doloroso viaggio casa per casa tra familiari e amici. Storie agghiaccianti di vite bruciate nei rioni popolari della periferia di Napoli. Il figlio del vigilante: "I genitori sono complici"

Conchita Sannino / La Repubblica

Sesto piano di un edificio popolare a Piscinola. La signora si chiama E., ci accoglie in cucina con i sandali e una vestaglia rosa, sta cucinando, ha solo 45 anni.
È la madre di uno dei tre ragazzi - un 15enne, due 16enni - che hanno ucciso a bastonate una guardia giurata, Francesco Della Corte, 51 anni, per rubargli la pistola mentre chiudeva il cancello della metropolitana di Piscinola-Scampia. La volevano vendere per ricavare 5-600 euro. Della Corte rantolava, dopo i colpi. "Pensavamo che russasse". No, stava morendo. Gli assassini sono stati arrestati tutti e tre. E Repubblica - casa dopo casa, famiglia dopo famiglia - ha ricostruito le loro vite bruciate attraverso il racconto dei familiari.
La signora E. è provata. "Ho detto a mio figlio che ora non mi vedrà più. Io non ci volevo credere che avevano fatto una cosa così assurda. Anche se lui ha guardato solamente, perché io non ci credo che lui ha colpito, ma deve pagare il suo reato. Non ha voluto studiare, lo stavo mandando in Germania a lavorare. Era l'unico modo per salvarsi".

Ma il dolore dei genitori comprensibilmente non basta per chi ha visto morire il proprio padre, massacrato senza alcuna ragione. "Per me sono complici degli assassini, sia chi esprime solidarietà sui social con i minorenni arrestati sia i loro genitori che li hanno lasciati alle 3 di notte andare in giro aggredendo un uomo buono che faceva il suo lavoro". Così dice all'agenzia Ansa Giuseppe Della Corte, 25 anni, figlio del vigilante. "Vogliamo giustizia, fino in fondo. Gli assassini devono marcire in galera", chiede Giuseppe Della Corte.
La signora E. mostra dal pc un ticket: "Qui c'è il biglietto telematico: giovedì mio figlio doveva partire. Per pochi giorni si è distrutto la vita". Il ragazzo indagato ha un fratello gemello, alto e sottile, che ora sembra sotto shock: "Non avevo capito niente, non si è confidato. Lui usciva con gli amici, io ormai stavo solo con la mia fidanzata".
Di giorno se ne stavano a letto. Di notte in strada. Fino alla più vicina "cornetteria". Segni particolari: nessuno. Così L., K. e C. sarebbero diventati assassini per noia. Massacratori di un inerme vigilante solo per sete di soldi e potere. Storia di tre ragazzi nati e bruciati a Piscinola. Fino agli arresti di un dirigente vecchio sbirro, Bruno Mandato. Ecco le loro vite, viste dall'interno.
Il più "piccolo", per l'impianto accusatorio, è anche il più spietato e sicuro: L., 15 anni compiuti a dicembre. Sarebbe stato lui a ideare il piano, il primo a colpire. Genitori separati da quattro anni, ma è il padre, G., con la faccia a metà tra desolazione e assenza, a raccontare a Repubblica come si perde un figlio "senza poter far niente", praticamente senza accorgersene.
La madre di L., A., è invece ancora "in Germania, stava aiutando un altro figlio, oggi manovale all'esterno, a fare il trasloco". "Che devo dire? - comincia suo padre - Mi dispiace tanto per quel pover'uomo morto. Lo vedo poco mio figlio, da quando la madre se ne andò con un altro, continuo a vivere nel mio scantinato, però mio figlio L. stava con la mia ex moglie a casa della zia materna, dove però stanno bene, non gli manca niente. In questi giorni, stava così normale e tranquillo che mi ha chiesto i soldi per comprare le fedine d'oro per lui e la fidanzata, e gli ho dato pure 300 euro, io che mi sono sempre arrangiato". Occhi di un genitore impotente: "Un figlio viene come vuole lui, come le piante, crescono storte o dritte e tu non ci puoi fare niente".
L. ha una denuncia a 12 anni per un'aggressione, il fratello aveva precedenti per droga. A pochi metri, ecco l'edificio dove L. vive con la zia E. Lei, madre di 3 figli, apre la porta, ti mostra la stanza confortevole, con televisore a schermo piatto a muro, dove dormiva il ragazzo. "Mio nipote l'ho sempre visto come un bravo ragazzo. Gli ho comprato almeno un paio di iPhone, tutti distrutti. La mattina dormiva, la sera usciva. Io gli dissi: Uè basta, devi andare a lavorare. E pareva convinto, aveva deciso di fare il panettiere"
Anche K. ha genitori separati, quattro fratelli - due dei quali all'estero, operai in Germania anche loro. Suo padre fa il parcheggiatore abusivo, economicamente assente, la madre - in precarie condizioni di salute - sopravvive "facendo pulizie ovunque, dagli uffici ai ristoranti". Sesto piano, stesso edificio popolare. La signora si chiama E. "Ho detto a mio figlio che ora non mi vedrà più". Il ragazzo indagato ha un fratello gemello, alto e sottile, che ora sembra sotto shock: "Non avevo capito niente, non si è confidato. Lui usciva con gli amici, io ormai stavo solo con la mia fidanzata".
Il padre di C., imbianchino, alle 6 del mattino ha lasciato il cantiere per precipitarsi in Questura, quasi in lacrime, con gli abiti sporchi di lavoro. "Veramente mio figlio ha fatto questo?". Eppure C. aveva un sogno e un talento: fare il calciatore. Giocava con l'associazione "Brothers" di Chiaiano, fucina di promettenti atleti. "Stava per avere un contratto con una squadra della B", racconta la famiglia. Peccato che, a leggere il suo profilo Fb, non era mai stato un mite.
In un post inneggia a Totò Riina: "Certe cose prima si fanno e poi si dicono... R.I.P Zio Totò". E ancora, a dicembre: "Un leone non si preoccupa del parere delle pecore". Più recentemente: "Se non giochi col fuoco morirai di freddo". Eppure C. sarebbe stato, dei tre, il meno violento. Ha raccontato agli inquirenti che lui "guardava e basta". Guardava mentre gli altri uccidevano, e bruci