DOPO 40 ANNI
Ci sono voluti quaranta anni da parte dello stato per costruire questo
orribile monumento alle cinque vittime del 16 marzo 1978 in via Fani.
Quaranta anni!. Un monumento già “sfregiato” dai fascisti mentre era in
costruzione, poche settimane or sono. Franco Gabrielli, classe 1960
frequentava il liceo classico quando accadde quella tragedia. Aveva
diciotto anni e probabilmente partecipava del movimento studentesco del
'77. Sarebbe interessante che raccontasse come venne vissuto da lui e
dalla sua scuola-classe quel momento dell'annuncio. Proprio oggi su
Repubblica un signore di Rovereto ricorda nelle lettere a Corrado
Augias: “a un certo punto, entrò (in aula) trafelata un'insegnante,
Maria Canestrini, per annunciare che Moro era stato rapito. Da buona
parte dell'assemblea partì un applauso. In pochi intervenimmo per far
cessare quella che ritenevamo una meschina buffonata e per riflettere,
invece, su un fatto che tutto era, tranne che un atto di civiltà e
democrazia. Fummo fischiati e apostrofati, come si può immaginare”. Con
pudore avevo raccontato su queste pagine una scena analoga cui avevo
assistito io stesso, stesso giorno e stessa ora a mille chilometri di
distanza dentro il bar di una sezione comunista Grumento in
Basilicata.
Ieri Gabrielli all'inaugurazione ha detto: «Riproporre i terroristi in
asettici studi televisivi come se stessero discettando della verità
rivelata credo sia un oltraggio per tutti noi e soprattutto per chi ha
dato la vita per questo Paese ». Gabrielli non ha specificato a quale
trasmissione si riferisse, ma la sua, nel mondo politico e sui social,
è stata letta come una critica allo speciale in due puntate sul caso
Moro della trasmissione Atlantide, curata da Andrea Purgatori su La7.
Oggi Calabresi direttore di Repubblica si domanda : “é un oltraggio
vedere gli ex brigatisti seduti in uno studio televisivo ricordare cosa
accadde quarant'anni fa in via Fani, come denunciato ieri dal capo
della polizia Franco Gabrielli? Sì, lo è se non vengono ricordate le
loro responsabilità, se si lascia loro il monopolio della verità e se
ci si dimentica di chiamarli con il loro nome: assassini e terroristi.
Non lo è invece se vengono messi di fronte alle loro colpe, alle
contraddizioni della loro narrazione e se le loro dichiarazioni servono
a ricostruire uno dei contesti più tragici della nostra storia. Per
lungo tempo, ad ogni anniversario degli Anni di Piombo, sui giornali e
in televisione a raccontare c'erano soltanto gli ex brigatisti, in
tutte le loro versioni: pentiti, dissociati, nostalgici o irriducibili.
Solo loro, come se esistesse una sola versione della storia.”.
Tendenzialmente sono molto meno politicamente corretto rispetto a
Gabrielli (classe 1960) e Calabresi (classe 1970 e figlio del
commissario Calabresi ucciso a Milano da due militanti di Lotta
Continua) perché da semplice cittadino ho accumulato troppe domande
sugli anni di piombo e sulle stragi italiane che sono sempre senza
risposta. O hanno solo ipotesi o bozze di risposte.
Il fatto che si arrivi dopo 40 anni ad inaugurare l'orrendo monumento
alle cinque vittime ed al vicino giardino “martiri di via Fani”
avrà ben qualche significato per le istituzioni che erano ieri in quel
luogo. Non si sono chiesti Gabrielli (polizia) Nistri (carabinieri) e
Mattarella come e perché ci sono voluti 40 anni per arrivare a questo
modesto risultato materiale ed altrettanto modesto approdo? Ci sarà
bene una ragione se sui quotidiani nazionali non appare una immagine
del giardino dei martiri (ci sono i ragazzi delle scuole ma non
c'è il giardino…) così come nascono mille domande e perplessità
leggendo di Mattarella che –dopo quaranta anni!- dice a Sandro Leonardi
dice di aver conosciuto personalmente suo padre, quando accompagnava
Moro a Palermo e lui andava a incontrarlo insieme al fratello Piersanti
Mattarella, il presidente della Regione Sicilia discepolo politico
dello statista sequestrato e assassinato dalle Brigate rosse, ucciso
dalla mafia due anni dopo Moro, nel gennaio 1980. A Giovanni Ricci,
invece, Mattarella dice: «Mi ricordo di lei»; si videro la prima volta
il 16 marzo di tre anni fa, trentasettesimo anniversario, quando il
presidente salito al Quirinale da poche settimane venne in via Fani per
una cerimonia meno solenne di questa, quasi privata, quando
l'attenzione dell'opinione pubblica scarseggiava e i morti di via Fani
erano semplicemente «la scorta di Moro». Dopo quaranta anni si ricorda
dei figli dei cinque uccisi.
Sia il discorso di Gabrielli e di Nistri che quello di Calabresi
come il ricordo di Mattarella (ma nel medesimo tono che ne sono e
saranno altri mille) arrivano quando scorono i sottotitoli finali della
storia. I media, esaurito il filone scandalistico delle interviste
esclusive ai terroristi, hanno scoperto le vittime e lo Stato deve
adeguarsi. Oppure –magari?- sono trascorsi sufficienti anni perché mai
più nessuno dei responsabili possa parlare o possa essere chiamato a
rispondere. Tutti mondati. Liberi tutti. Gabrielli, Nistri e Mattarella
non scordino mai quell'applauso di cui abbiamo parlato
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LA STORIA TANTO AL CHILO
Il custode delLa Latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga, un
abduano di origini sardAgnole con ascendenze garibaldine dalla
ValCamonica, uno che ha fatto il classico dai preti annusando le
puzzette che aveva disseminato Antonio Gransci oltre all'avere appreso
analisi matematica uno e due dalla mitica Ajroldi Vasconi ha la buona
abitudine di pescare dentro youtube pubblicando dei filmati nella sua
latrina. Una buona azione: così chi defeca può dilettarsi e scaricarsi
meglio.
Ovviamente i filmati
sono pro domo sua peccato che non abbia ancora compreso che un filmato
può essere montato-smontato da chi lo pubblica e spesso chi ne è
ripreso nemmeno lo sa di essere immortalato. Oppure lo sa e
vuole spacciare una certa idea. Recentemente il custode delLa
Latrina ha pubblicato un filmato di Camilleri. Nel primo
(https://youtu.be/2NdMT5WO6Jc) a un certo punto l'A.C. dichiara che in
Sicilia quando ci fu il voto per l'annessione al regno del Piemonte
votarono 500mila per l'annessione e solo una settantina contro.
Il problema è che –ISTAT- la Sicilia aveva a quel tempo 2,480 milioni
di abitanti (censimento 1861) ed anche dimezzando la popolazione (le
femmine non votano) quei 500mila restano sempre una larga minoranza.
Poiché il voto era per censo, ne furono escluse le classi sociali più
povere: i braccianti per esempio. Camilleri prosegue raccontando
che successivamente nel giro di meno di 40 anni –quindi 1861-1900-
viene proclamato per tre volte lo stato d'assedio per le insistenti e
pesanti ribellioni dei siciliani e quindi viene mandato un esercito
“fucilatore”. Tra le cause determinati queste ribellioni da parte
dei contadini Camilleri annovera la “leva obbligatoria” introdotto
dallo stato unitario mentre col governo borbonico la leva
obbligatoria non esisteva. L'andare soldato, prosegue Camilleri, coi
Borboni era volontario.
La leva obbligatoria
arriva senza preavviso e questo viene preso dai siciliani per
quello che è: un togliere per quattro anni delle braccia che
possono lavorare, metterle in condizione di potere morire in guerra,
vale a dire la leva obbligatoria viene presa dai siciliani come una
tassa. Camilleri conclude come lo stare insieme di popolazioni
provenienti da terre diverse con lingue ed abitudine differenti sia
stato il lievito per la formazione della nazione italiana.
Io non voglio fare
l'esame di storia a Camilleri perché non ho fatto il classico però la
storia va raccontata con un minimo di ratio.
Primo. Il
problema è che –ISTAT- la Sicilia aveva a quel tempo 2,480 milioni di
abitanti (censimento 1861) ed anche dimezzando la popolazione (le
femmine non votarono) quei 500mila restano sempre una larga minoranza.
Poiché il voto era per censo, ne furono escluse le classi sociali più
povere: i braccianti per esempio.
Quindi quel numero non
fu un successo come vuol far credere Camilleri ma indica perfettamente
come quella parte di popolazione che poteva votare per censo non aveva
alcuna relazione coi braccianti che poi si rivolteranno contro.
Ovvio che mafiosi nobiltà ceto medio clero votassero in massa per
i nuovi padroni e quindi quel mezzo milione di voti, magari con
un quarto o la metà abusivi, apparissero consistenti. E la
dimostrazione che la lettura del problema così come la presenta
Camilleri è errata la si rileva quando lo stesso parla delle tre
ribellioni dei braccianti contro la leva obbligatoria.
Indubbiamente i poveri si spaventavano davanti alla chiamata alle armi
di un congiunto visto che le guerre al momento erano “cose
normali” e quindi oltre ad avere allevato un figlio, poteva succedere
che gli restituissero (forse) un cadavere morto per le guerre di
espansione dei Savoia.
Ma se per le famiglie il problema era il morto, quel morto era assai
più importante per i padroni che perdevano, con la leva
obbligatoria dei giovani, migliaia di lavoratori a costo (quasi)
zero. Perché al tempo non esisteva l'impresa agricola famigliare ma col
latifondo erano tutti lavoratori a giornata. Coniugando questo problema
con un irrigidimento per la riscossione della tassa sul macinato, era
evidente che c'erano tutti i prodromi per la ribellione che
vedeva uniti gli interessi sia del padronato che dei braccianti.
Perché poi la tassa sul macinato non era evasa dai braccianti o dai
contadini, ma dai padroni dei mulini, cioè dagli stessi latifondisti. I
quali la tassa sul macinato la facevano pagare da chi comprava la
farina o ritirava la farina del proprio grano dal mulino, ma non la
restituivano allo stato.
Nel filmato “la Mossa del Cavallo” lo sfortunato ragioniere genovese
piemontese romagnolo mandato dai Savoia a rimettere ordine nella
riscossione viene accidentalmente coinvolto nell'ammazzamento del
pretone mentre scopre e vigila sulla presenza di un mulino mai
accertato. Un “mulino mobile” che funziona solo di notte.
Nel filmato non si comprende bene (o si comprende fin troppo?) come la
presenza del pretone nei pressi del mulino mobile dove viene ammazzato
(da uno che è stato mafiosamente spogliato di ogni bene) sia casuale o
meno ( potrebbe anche essere che il mulino fosse del pretone…).
Resta il fatto che la storia così come la racconta Camilleri nel
filmato non sta in piedi. Poi siccome trattasi di filmati della rete,
non sapremo mai se sia stato montato ad hoc oppure se davvero Camilleri
la pensi in maniera così macroscopicamente errata.
Qualcosa del genere succede anche col filmato in cui appare uno degli
amorazzi del custode delLa Latrina di Nusquamia (l'altro amorazzo
sarebbe l'on. Boldrini) https://youtu.be/uA5sISpd1Jg
In cui appare simpaticamente il Diego Fusaro stavolta coi capelli che
paiono la coda di un pastore bergamasco dopo una battaglia col lupo e
una barbetta malamente diserbata. Il nostro parte con una affermazione
solenne:non vi è più di tanto di che meravigliarsi se assistiamo che in
una società dove tutto diventa merce anche gli esseri umani –i migranti
in questo caso- figurino come merci, come merci che vengono deportate
in occidente per essere sfruttati illimitatamente senza diritti
per un verso e come merci, una volta pervenute in occidente,
complici queste cooperative che spesse volte fanno tristi affari sui
migranti, utilizzandoli come altrettanto oggetti per fare denaro perché
non dimentichiamo che la famosa polemica dei denari che vengono
erogati a vantaggio dei migranti, mica vanno ai migranti. Solo una
minima parte finisce ai migranti. L'altra parte viene utilizzata per
tristi lucri… (…) Il problema in realtà è di chi utilizza
l'immigrazione di massa come strumento (a) per utilizzare nuovi schiavi
(b) per abbassare i costi della forza lavoro e peggiorare le condizioni
degli schiavi nostrani, degli schiavi a basso costo. Sono i signori
della mondializzazione capitalistica, coloro i quali si giovano dei
processi di immigrazione di massa, basterebbe leggere un libro come
Furore di Steinbeck. Come funziona l'immigrazione di massa? Attirando,
sradicando i popoli, costringendoli a convenire in un unico posto e poi
tra maschi disperati si giocano abbassando i costi della manodopera.
La conduttrice domanda chi costringe a queste migrazione e il Fusaro
risponde: “i signori della mondializzazione, i grandi agenti del
sistema bancocratico globale, quelli che finanziano le ONG per
deportare esseri umani in occidente da sfruttare senza riserve…”. Ecc.
ecc.
Quando si parla di fake news, questo ne è un esempio perfetto perché
mescola un insieme di balle cercando di costruire con un linguaggio
assai forbito e molto ricco di avverbi ed aggettivi una verità che é
una balla.
Dunque la guerra in Libia o in Siria oppure quelle in Iraq e Afganistan
sarebbero create dai grandi agenti del sistema bancocratico globale,
quelli che finanziano le ONG per deportare esseri umani in occidente da
sfruttare senza riserve. Dunque il land grabbing non c'entrerebbe
nulla. Dunque gli interessi minerari della Francia in Niger o
dell'Italia (e di un'altra dozzina di staterelli) nel Mediterraneo
pure. Dunque il riscaldamento globale servirebbe a creare popolazione
per raccogliere i pomodori del Salento a 10 euro al giorno.
Il ragionamento del Fusaro sembra uno di quei volantini
anti-imperialisti che venivano prodotti nelle occupazioni scolastiche
di venti trenta quaranta anni or sono quando i ragazzi si informavano
su Lotta Continua o Servire il popolo senza avere mai letto e studiato
nulla.
C'è del metodo in questa maniera di esporre la storia e i fatti
mescolando confondendo diffondendo una serie di informazioni che non
trovano riscontro nei libri di storia, nella geografia, nella
statistica. E così un Camilleri racconta una storia della Sicilia che
non ha alcun rapporto con la verità storica, confonde e mescola ragioni
e torti ed alla fine non sai mai se i Borboni fossero meglio dei Savoia
oppure degli Arabi. Non sai mai se le migrazioni –che sono l'unico
carattere comune di tutti i popoli cioè di tutti gli animali a sangue
caldo della terra- siano qualcosa di proprio in quanto animali a
sangue caldo e col cervello grosso oppure se ci esistano “i signori
della mondializzazione, i grandi agenti del sistema bancocratico
globale, quelli che finanziano le ONG per deportare esseri umani in
occidente da sfruttare senza riserve” che muovono decidono governano.
Il bello è che , anzi: il tragico è che- ci sia qualcuno che presta ascolto e propala queste balle.
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