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Le inchieste sul leader di Fi

Ruby-ter, mafia, corruzione i processi aperti di Berlusconi
Piero Colaprico

Come prima, più di prima. Il girone dell'inferno giudiziario di Silvio Berlusconi non chiude per elezioni. I suoi sostenitori parlano di «accuse a orologeria». In realtà, più che un orologio, ad Arcore serve un'agenda, e anche bella alta. Mafia: Berlusconi è attualmente indagato a Firenze.
Corruzione in atti giudiziari, per il cosiddetto Ruby-ter: è imputato, o sotto indagine, in quattro città diverse. Corruzione in altri atti giudiziari, richiesta di rinvio a giudizio a Bari. Nel mondo delle carte bollate di chi oggi guida il centrodestra italiano (nonostante sia incandidabile per una condanna per frode fiscale), c'è e si perpetua una costante: aver convinto e convincere i testimoni a non metterlo nei guai nei processi penali. Non gratis, non per simpatia, ma pagandoli. Chi senta ancora il bisogno di comprendere meglio la straordinaria ambiguità politica di Berlusconi, non dovrebbe scordare tre uomini – Marcello Dell'Utri, Cesare Previti, David Mills – e una donna: la giovane ex ballerina Karima El Mahroug, detta Ruby Rubacuori. Questi i quattro casi dell'apocalisse processuale di Berlusconi.
Dell'Utri. Dagli albori del successo, accanto a Berlusconi c'è stato lui: è il capo di Publitalia, la concessionaria di pubblicità, ma anche la cassaforte berlusconiana. Nel 2014 è stato condannato in via definitiva per i suoi rapporti con i mafiosi di Palermo. Scappato all'estero, rintracciato a Beirut, ora in carcere a Rebibbia, malato, riceve dai giudici il costante divieto ad andare agli arresti domiciliari per curarsi.
Importanti uomini di Cosa Nostra, che sarebbero stati in contatto con Dell'Utri, sono i fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo. Vennero arrestati a Milano nel 1994. Giuseppe, intercettato in carcere, ha parlato molto di Berlusconi, dicendo che «quando lui si è ritrovato ad avere... un partito così... nel '94 lui si è ubriacato, perché lui dice ma io non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato... Pigliò le distanze e fatto il traditore...». Secondo alcune intercettazioni in carcere, Graviano, nel parlare delle stragi di mafia del '93, ha lasciato intravedere la figura di un «mediatore», un boss del quartiere Brancaccio: è questo l'obiettivo principale dei sostituti procuratori di Firenze, che, nel riaprire l'inchiesta, non potevano non mandare l'avviso di garanzia a Berlusconi.
Anche Cesare Previti, avvocato romano, accompagna l'ascesa di Berlusconi nell'olimpo degli uomini più ricchi del mondo. Il suo metodo di approccio ai giudici è sintetizzato in una frase: «Daje 'na borzata de soldi».
L'inchiesta, condotta da Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, era costata a Previti una condanna definitiva e a Berlusconi – sentenza 2013 – quasi 500 milioni di risarcimento a Carlo De Benedetti, il concorrente della conquista della Mondadori, danneggiato illegalmente dalle tangenti tra le toghe romane.
David Mills è, dopo Dell'Utri e Previti, la conferma del «sistema». Avvocato inglese, ex marito di una ministra, esperto in conti off shore, era l'organizzatore della galassia delle società di Silvio Berlusconi nei paradisi fiscali. Per favorire il Berlusconi imprenditore nei processi italiani, Mills aveva ricevuto un extra di 600mila dollari. L'attuale procuratore aggiunto Fabio De Pasquale non scopre solo quest'ennesima corruzione, ma anche le tante «scatole cinesi» che permettono all'imputato Berlusconi di accumulare una montagna di denaro nero, mai tassato. È questa la frode all'erario che gli costa la sedia al Senato, l'affidamento alla Sacra famiglia di Cesano Boscone (2014-2015) e l'incandidabilità sino al 2019.
Quest'idea di pagare i testimoni riemerge nitida durante il processo dedicato alle «cene eleganti». Venivano organizzate ad Arcore, a Roma e in Sardegna.
Tra le frequentatrici, una minorenne scappata da una comunità, Ruby, ragazza d'origine marocchina, fatta passare per la nipote del presidente egiziano Mubarak.
Dalle accuse di concussione e prostituzione Berlusconi è stato assolto in cassazione, ma la stessa suprema corte ha stabilito che quelle del «bunga bunga» non fossero serate eleganti, ma porno. Questo significa che quando, nei vari processi, le ospiti ripetevano che non accadeva nulla di «men che commendevole», mentivano.
Sono stati trovati numerosi pagamenti di Berlusconi a loro favore. È corruzione? L'agenda penale, al momento, è questa.
Berlusconi è sotto processo per corruzione in atti giudiziari a Milano, dove il pubblico ministero Tiziana Siciliano (udienza a maggio) ha il fascicolo più corposo per numero di imputati, e a Siena (udienza a novembre). A Roma, tre settimane fa, è stato chiesto il rinvio a giudizio di Berlusconi e del cantante di ristoranti Mariano Apicella. A Torino, si terrà un'udienza davanti al gup quindici giorni dopo le elezioni.
E a Bari, con l'accusa di aver dato soldi a Gianpaolo Tarantini, affinché non dicesse ai magistrati di avergli portato in casa non poche escort, è stato chiesto al gup Anna Rosa De Palo il processo per il politico e per Valter Lavitola, ex direttore dell'Avanti. L'unica garanzia di Berlusconi risiede dunque in una «sua» legge: superati gli ottant'anni, non si va più in carcer

Silvio è tornato. E tanti si sono dimenticati chi è. Ecco un libro per rinfrescare la memoria ed evitare di ricascarci

La lista nera dei disastri dei tre governi Berlusconi (1994, 2001-06, 2008-11) è talmente lunga che, da sola, occuperebbe un paio di Treccani. Ma ora Silvio Berlusconi si ripresenta per la settima volta agli elettori travestito da “usato sicuro” capace, europeista e moderato contro gli “incompetenti”, gli “antieuropeisti” e gli “estremisti”, e trova persino a sinistra chi ci casca o almeno finge di cascarci. Eugenio Scalfari ha dichiarato: “Con Berlusconi al governo le cose sono andate più o meno come andavano con gli altri governi”. Quindi è il caso di riepilogare in estrema sintesi l’inventario dei danni che è riuscito a fare ogni volta che ha avuto la ventura di governarci e noi la sventura di essere governati da lui (…).


Vediamo come, negli anni delle vacche grasse, (non) approfittò della congiuntura favorevole. Salvo poi gridare al golpe e al complotto quando, nel 2011, tutti i nodi aggravati dalla crisi mondiale vennero al pettine.

Il decennio nero. Dai dati del Fondo monetario internazionale risulta che, fra il 2001 e il 2011, il nostro Pil reale pro capite, cioè la ricchezza prodotta da ogni singolo italiano tenendo conto dell’inflazione, sia crollato del 3,1%. La peggiore performance di tutta l’Eurozona, visto che nel Vecchio continente in quel periodo solo l’Italia ha avuto il segno “meno”. Nel decennio, 2001-2011, mentre noi precipitavamo, tutti gli altri Paesi crescevano: dai tedeschi (del 12,9%) ai greci, sì persino i greci. Non solo: se nel 2001 la differenza fra il nostro Pil pro capite e quello tedesco era di 1.610 euro, nel 2011 si era quadruplicata a 6.280 euro. Gli italiani in condizioni di povertà assoluta toccavano la cifra record di 3 milioni e mezzo. E l’occupazione cominciava a calare soprattutto fra i giovani, mentre il Cavaliere non trovava di meglio che produrre più precariato con la legge 30 del 2003. In quel decennio nero, Berlusconi ha governato 8 anni su 10.


La finanza pubblica. Nel 2011 l’ultima manovra della coppia B.-Tremonti lascia un’eredità pesante: misure senza copertura per 20 miliardi di euro. Soldi da trovare entro il 30 settembre 2012 con una riforma – neanche abbozzata – delle agevolazioni fiscali. In alternativa, scatteranno i tagli lineari. Il governo Monti si accolla gran parte del prezzo di impopolarità e trova poi, prelevandoli dai ceti più deboli, 13,4 di quei 20 miliardi, mentre il resto si trascinerà sui governi successivi.

Le tasse. “Meno tasse per tutti” e “Rivoluzione fiscale”. Sono questi gli slogan dominanti di tutte e sette le campagne elettorali berlusconiane. Peccato che poi, una volta al governo, il Cavaliere non sia mai riuscito a rivoluzionare né l’Irpef né tantomeno l’intero sistema tributario. Nel suo secondo governo, l’unico durato l’intera legislatura, la pressione fiscale (cioè l’incidenza delle tasse sul Pil) scende in cinque anni di un paio di decimali, senza che nessuno se ne accorga. Cioè (dati Istat) passa dal 40,1% del 2001 al 39,1 del 2005. Nei tre anni del suo terzo governo, senza una sola misura di austerità per fronteggiare la crisi finanziaria globale, la pressione fiscale aumenta addirittura: dal 41,3 del 2008 al 41,6 del 2011. Altro che “Meno tasse per tutti”: meno tasse solo per gli evasori e i frodatori, beneficati da continui condoni e “scudi fiscali”.


La spesa pubblica. La ragione del mega-flop fiscale è semplice: da quel grande populista che è sempre stato, B. non ha mai voluto ridurre la spesa corrente (come invece ha fatto Prodi), rendendo impossibile qualunque riduzione permanente del carico fiscale. Tra il 1999 e il 2005 (biennio D’Alema-Amato e quinquennio berlusconiano), la spesa per consumi finali della Pubblica amministrazione, dove si annidano i veri sprechi, è salita del 3,3% annuo. E si è fermata solo con il secondo governo Prodi (2006-2008). Vediamo il dettaglio, riassunto di recente da Sergio Rizzo su La Repubblica. La spesa pubblica nel 2001 superava di poco i 600 miliardi, mentre alla fine del 2011 sfiorava gli 800 (797.971), con un aumento monetario del 32,8 per cento e una crescita reale (detratta l’inflazione) dell’8,5: cioè di 62 miliardi. Soldi ben spesi? Vediamo. Di quei 62 miliardi, 57 sono finiti nel capitolo Welfare: per la stragrande maggioranza, pensioni. “Quel capitolo – scrive Rizzo – che assorbiva nel 2001 il 36,1% della spesa pubblica, aveva raggiunto nel 2011 il 40,4%. C’entra di sicuro l’esborso enorme per l’assistenza causato dalla crisi. Ma è incontestabile che la fetta più rilevante di quei 57 miliardi abbia a che fare con l’incremento della spesa previdenziale. Per giunta, mentre il conto per le pensioni saliva in modo inarrestabile, la spesa per l’istruzione si riduceva del 10,2%: 7 miliardi e mezzo reali svaniti. In quei dieci anni si è dunque investito sugli anziani disinteressandosi dei giovani”. Poi ci sono i soldi buttati. Per esempio in spese militari, aumentate del 35,2%, mentre quelle per la cultura scendevano del 31,7.

Debito pubblico. Il sedicente risanatore della finanza pubblica non ha fatto che aumentare vieppiù il debito pubblico: + 539 miliardi, quasi tutti merito suo. Per fortuna, il tanto deprecato euro, nello stesso periodo, faceva scendere gli interessi sui titoli di Stato di quasi 18 miliardi reali.


Sanità. Nel secondo governo Berlusconi il finanziamento al fondo sanitario nazionale esplode dai 71,3 miliardi del 2001 ai 93,2 del 2006 (da allora salirà in 10 anni di soli altri 20 miliardi). Motivo: le esigenze di rigore per l’ingresso nell’euro si sono esaurite e i bassi tassi di interesse consentono di aumentare i fondi alla sanità pubblica (e privata convenzionata, letteralmente scoppiata soprattutto nelle regioni governate dal centrodestra). Ma quella stagione, e ancor di più quella del terzo governo Berlusconi, verranno ricordate per ben altre ragioni: il fallimento del federalismo sanitario (voluto sia dal centrosinistra sia dal centrodestra), che avrebbe dovuto responsabilizzare le Regioni dando loro un budget e precisi standard da rispettare (i Lea: livelli essenziali di assistenza). Invece non funzionerà mai. Anzi – come spiega l’economista Gilberto Turati, specialista di politiche sanitarie dell’Università Cattolica di Roma – sotto Berlusconi si afferma il principio che, “per garantire i Lea, serve almeno la spesa dell’anno precedente, così le regole di fatto incentivano le Regioni a spendere sempre di più”. Così, per ingrassare le clientele e le mafie sanitarie, si taglia selvaggiamente sul sociale. Dal 2008 e al 2011 il fondo per le politiche per la famiglia passa da 346,5 milioni (2008) a 52,5 (2011), quello per le politiche giovanili da 137,4 milioni a 32,9, quello per la non autosufficienza che finanzia l’assistenza ai malati più gravi da 300 milioni a zero.

Scuola, università e grandi opere. Le “riforme” berlusconiane dell’istruzione pubblica, targate Letizia Moratti (2003) e Maria Stella Gelmini (2008), improntate a una filosofia “privatistico-confindustriale”, suscitano ostilità quasi unanimi di insegnanti, studenti e famiglie, senza risolvere i problemi principali del settore, anzi aggravandoli. Il terzo governo Berlusconi, poi, completa l’opera tagliando il fondo per il finanziamento ordinario dell’Università dai 7,4 miliardi del 2008 ai 6,9 del 2011. Tornerà sopra i 7 miliardi soltanto nel 2014.


Quanto invece alle inutili opere faraoniche, l’asso nella manica di Berlusconi, la Legge obiettivo, si è rivelata un disastro epocale per il bilancio pubblico. Avrebbe dovuto velocizzare la realizzazione delle infrastrutture garantendo prezzi certi? Ebbene, a fine 2011 risultavano ultimati appena il 10% dei lavori previsti, con i costi ovunque esplosi. Senza contare alcuni regalini maleodoranti tipo quelli gentilmente offerti dalla vicenda della corruzione al Mose di Venezia. Omaggi che, secondo uno studio del governo Monti, avrebbero fatto salire la spesa per gli appalti pubblici perfino del 40%.

Immigrazione. Il Berlusconi che oggi tuona contro l’immigrazione sparando cifre a casaccio (“È una bomba sociale: 630 mila clandestini”), è lo stesso che nel 2011 deliberò la partecipazione dell’Italia alla guerra in Libia contro il suo amico e compare Gheddafi, cedendo alle pressioni di Obama, Sarkozy e Napolitano, con il conseguente aumento esponenziale degli sbarchi. Ma non solo: porta la sua firma, oltreché i voti di FI, An e Lega Nord, la più grande sanatoria di immigrati “clandestini” o irregolari (circa 800 mila domande, di cui 694.224 accolte, nel solo 2002, in concomitanza con l’approvazione della legge Bossi-Fini). Nel 2003 è il governo Berlusconi a sottoscrivere senza batter ciglio la Convenzione europea detta “Dublino II”: chi sbarca in Italia resta in Italia. Nel 2009 il terzo governo B., sempre con i voti della Lega, vara una seconda mega-sanatoria di immigrati irregolari (294.744 domande accolte).

Le leggi vergogna. Che faceva Berlusconi mentre l’Italia andava in malora? Si occupava dei fatti suoi, con un’attenzione e una competenza davvero degni di miglior causa. Per scongiurare i due pericoli che nel 1993 l’avevano portato a creare Forza Italia: il fallimento delle sue aziende e la galera. Con una raffica di leggi vergogna da brivido. Noi qui riassumeremo soltanto le 60 che hanno portato vantaggi a lui, ai suoi cari, ai suoi amici (e amici degli amici mafiosi), ai suoi coimputati e alle sue aziende. Nei quattro settori chiave della giustizia, del fisco, della televisione e degli affari. Tutte leggi mai previste dai programmi elettorali di Forza Italia, o della Casa delle Libertà, o del Popolo delle Libertà, dunque mai votate dai cittadinI.
Il Fatto Quotidiano.


Noi prigionieri delle chimere
Corrado Augias

Caro Augias, sa che mi succede? Non ho più voglia di partecipare al dibattito pubblico. Risento — in negativo — del panorama politico che ci attornia, delle delusioni patite, del comportamento della “ sinistra” che si ritiene tale e favorisce la destra ( e quale destra). Storicamente niente di nuovo a cominciare dal congresso di Livorno per proseguire con il Fronte Popolare post bellico, per finire a Bertinotti e ora a D'Alema, a Grasso e alla povera Boldrini — dico povera per gli attacchi personali inverecondi e infondati. Perfino Prodi ha sbagliato: si è deciso tardi.
D'altronde senza utopie non si vive e ognuno ha la sua, nell'attuale sgangherata campagna elettorale come Diogene “ ho cercato l'uomo”, costretto dalle circostanze però, perché in politica occorre cercare l'Idea e non il demiurgo, ma come si fa a trovare l'Idea quando viene presentata come demiurgica? L'unica strada è affidarsi a chi abbia già dato prova del suo fare, tenendo conto di abbandonare al suo destino chi ha dato prova di non saper fare. Non chiedo una fantasticata utopica perfezione, mi accontenterei di qualche buon risultato.
— Giovanni Moschini — g. moschini@ yahoo. It

Poiché il signor Moschini, nonostante la dichiarata “ stanchezza” si richiama al “ saper fare”, ho chiesto a un collega esperto di attività parlamentari l'elenco dei provvedimenti approvati nel corso della XVII legislatura in materia di diritti civili. Dopo le elezioni del febbraio 2013 si sono succeduti tre governi di centrosinistra a guida Pd: Enrico Letta 2013- 14; Matteo Renzi 2014- 16; Paolo Gentiloni 2016-18. Ed ecco l'elenco: divorzio breve; diritti civili; diritti dei detenuti; cyberbullismo; contrasto al razzismo; reato di tortura; reato di femminicidio; tutela delle donne vittime di violenza; reato di stalking; tutela degli orfani di femminicidio; legge sul “Dopo di noi”; tutela dei migranti minori non accompagnati; disciplina del Terzo settore; divieto delle “dimissioni in bianco”; risorse a tutela delle persone non autosufficienti; caporalato; fine vita o testamento biologico. Manca un titolo che sarebbe stato utile e positivo poter aggiungere, cioè la legge sullo Ius soli. Manca un po' per paura della paura che il provvedimento, dopo un iniziale favore, ispirava, un po' per l'oggettiva mancanza dei voti necessari alla sua approvazione. Se vivessimo in anni meno confusi e tremebondi potremmo dire che questo elenco — ma non ci sono stati solo i diritti civili — caratterizza una nutrita stagione di riforme paragonabile a quella degli anni Settanta quando vennero approvati il divorzio e l'aborto, oltre a numerose altre leggi. Cito solo quella fondamentale del Servizio sanitario nazionale. Poiché gli anni in cui viviamo sono quelli che sono e gli effetti della lunga crisi ancora affliggono molti italiani, prevalgono nel panorama del quinquennio da una parte alcuni reali disagi, dall'altra un diffuso sentimento di “stanchezza”. Il risultato potrebbe essere cedere alla tentazione d'inseguire sogni e chimere, promesse fondate sul vuoto. Tra ottanta ore (circa) il responso.
La risposta di Augias al lettore segnala drammaticamente la distanza che esiste tra gran parte del Paese reale e le sue elite e -sopratutto-la distanza tra il modo di concepire il futuro del Paese del renzismo rispetto alle attese della popolazione minuta.
Tutti i problemi risolti (faticosamente) dai governo Letta  Renzi Gentiloni importano a delle minoranze ridottissime di italiani e fanno molto clamore sui media. Fregano zero alla assoluta maggioranza. Nemmeno i vari «buoni merenda» che il trio ha distribuito hanno suscitato grande entusiasmo perché c’è di peggio che venire bollato-sentirti bollato- come uno zero da un ISEE  appunto da bonus.
La gente, specie i giovani, vogliono potere gestire la propria vita piuttosto che dovere attendere un bonus. Vogliono andare a scuola o lavorare e rendersi autonomi anziché sopravvivere tra nulla, salari da fame, essere costretti a una vita amorosa randagia trascinandosi da un letto all’altro senza mai avere una casa propria.
Per la maggioranza dei cittadini normali e poveri quelle «conquiste civili» che anche Augias sbandiera come risultati dei governi Letta Renzi Gentiloni importano zero perché da sempre  la gente normale comune povera ha chiesto solo tre cose: lavoro, la scuola per i figli, le cure e le medicine per tutti.
Alla gente comune bastano queste tre cose e poi per il resto si arrangia benissimo: sicuramente meglio di come sa fare la scuola , di come sanno fare la sanità publica e privata, di come sanno fare i Comuni.
Pure sull’art.18 non è che proprio tutti i lavoratori studenti o pensionati pensi sia stato un errore abolirlo anche se adesso ormai, con l’UE, le fabbriche vanno dove ricevono sostanziosi finanziamenti e dove pagano la manodpera la metà che nei primi 7 paesi europei.
Alla gente comune frega pochissimo il «dopo di noi”; la tutela dei migranti minori non accompagnati; la disciplina del Terzo settore; il divieto delle “dimissioni in bianco”; le (poche) risorse a tutela delle persone non autosufficienti; il combattere il caporalato; il fine vita o il testamento biologico.
Quello che importa alla popolazione minuta è la certezza che oggi un’azienda italiana può chiudere e licenziare tutti per aprire quasi gratis per  3-4 lustri uno stabilimento in Serbia o Ungheria o Polonia o Romania. Anche perché dei compressori embraco per i frigo importa zero visto che semmai di frigo ce n’è bisogno dappertutto meno che in Italia.  Per esempio.
Insomma la scala dei valori e delle necessità tra chi sta nel mondo piddino o del renzismo e quelli che stanno nella palta (volevo usare un altro termine ) non è la stessa e se privilegi la prima e dimentichi la seconda, s
L’assessore Zenoni è lanciatissimo e assente il sindaco Gori ne ha combinata un’altra delle sue. Scrive il Corriere che «le tre offerte che erano arrivate al Comune di Bergamo sono state giudicate ammissibili. Così tre aziende bergamasche riceveranno da Palazzo Frizzoni 15 mila euro ciascuna per comprare veicoli elettrici da usare per il carico e scarico nelle Ztl. A beneficiare del bando saranno Prospect Società Cooperativa, Cor-Market Srl e Pronto Pizza Srl». All’asssessore non è passato per la testa che con sole tre proposte, forse era meglio soprassedere visto che per esempio anche i carabinieri si sono dotati di veicolo elettrico (noi vediamo quello di città alta) ed anche le poste fanno la raccolta con tale tipo di veicolo. Sempre in città alta e sui colli invece sono perennemente presenti tre mega furgoni per le consegne ad ogni ora del giorno che potrebbero essere elettrici: e siccome sono di società grandissime, semmai possono spostare quelli a gasolio extra e fare viaggiare modelli elettrici. Ci pare che quei tre-quattro furgoncioni facciano un numero di viaggi assai superiore alle poche consegne delle tre ditte vincitrici.
Il bando -scrive il Corriere- era stato lanciato qualche mese fa: 56 mila euro in tutto per aiutare gli operatori ad acquistare mezzi elettrici. «Ne vengono impegnati 45 mila — dice l'assessore alla Mobilità Stefano Zenoni — ed è un ulteriore passo concreto (dopo la revisione degli orari nel centro storico) verso la costruzione di una mobilità elettrica e sostenibile per la consegna delle merci in città. Il Comune contribuisce così all'acquisto coprendo al massimo il 50% delle spese».
«Questi nuovi veicoli elettrici — dice Zenoni — serviranno anche a noi amministratori per monitorare la loro funzionalità, dal momento che i vincitori forniranno al Comune indicazioni statistiche che saranno molto interessanti per valutare future iniziative sul tema».. Città bassa a parte che incorpora un vasto numero di attività di interesse provinciale, è il caso che Zenoni si ponga (finalmente!) due problemi. Primo Impedire definitivamente l’accesso in certe vie di città alta a qualsiasi tipo di mezzo, compresi i residenti e i vigili, polizia perché la quantità di pedoni presente rende la convivenza coi veicoli assai pericolosa. Secondo istallare in città alta delle rastrelliere per le bici e delle panchine per i pedoni. Due temi che non paiono proprio tra gli obiettivi  di Zenoni, sicuramente sgraditi al goriano Amaddeo.