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Ascoltando una banale chiacchierata tra mamme impegnate per una colazione presso un bar del paese  si vengono a sapere delle informazioni che chiediamo di verificare e ci danno l’indirizzo della pagina facebook dello «Spazio gioco Ludobaby Curno» gestito dalla coop Città del Sole (per conto del Comune di Curno). Al curriculum della consigliera Paola Bellezza delegata alla «cultura e pari opportunità» leggiamo che è dipendente da questa coop dal 2013 con l’incarico (tra l’altro) di «Consulente per Spazio Autismo Ponte San Pietro».  Già sorgono interrogativi nei cittadini nel sapere che a Curno hanno messo in piedi uno spazio autismo (6 partecipanti) proprio nella vecchia Rodari come se i Curnesi non fossero ancora cascati dalla pianta. Nella pagina facebook dello spazio Ludobaby si vedono le due immagini qui riprodotte e c’è da restare di sasso dal momento che «abituare» (speriamo non «educare»...) i bambini piccoli a sprecare riso e pasta di pane per giocare  non ci pare proprio »politicamente corretto». Oltretutto ci hanno insegnato che i bambini piccoli non vanno fatti giocare con oggetti che possono essere ingoiati come appunto il riso.
Abituare poi dei bambini a sprecare due alimenti fondamentali come il riso (crediamo sia l’alimento più diffuso nel mondo) e la pasta di pane non è proprio il caso nemmeno nel «paese in cui è bello vivere perché sono ci  mille supermercati». Poi si legge nel bilancio sociale del comune che questo ha una spesa-investimento  contro lo spreco alimentare che sembra funzionare bene. In genere noi prendiamo certe iniziative della giunta Serra&Gamba come riflessi di chi fa le cose tanto per stare alla pari, poi si verifica che i bambini  vengono fatti giocare col riso e la pasta di pane (che poi saranno buttati, ovviamente). Signore mie
Stamattina abbiamo trovato anche l'endorsement di Bombassei / Freni Brembo per la Bonino. Va bene che ammiriamo la Freni Brembo e la Bonino (un po' meno) ma é troppo. Nessuno ci ha chiesto chi candidare nonostante il PD si sia beccato un centone di euro di tesseramento. Ci hanno messo in un nuovo collegio elettorale di cui ci  importa zero. Non conosciamo nessun candidato e nessuno è venuto a presentarsi in una assemblea.
Sostanzialmente dopo un NO al referendum dell'anno scorso e le due sentenze della corte costituzionale noi italiani siamo in gabbia. Anzi: la corte costituzionale ha consegnato ai partiti (mica per nulla l'hanno nominata loro...) di decidere il destino degli italiani alla faccia dei loro intendimenti. Per la corte valgono solo i numeri bruti dei risultati elettorali ampiamente proporzionali e quindi consegna alla politica la decisione di cosa somministrare al popolo bove. La corte costituzionale della Repubblica Italiana è composta di quindici giudici, nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrative: più politica di così si muore.
Se il Pd scendesse sotto il 22 per cento o addirittura il 20 si parlerebbe di disfatta e la resa dei conti sarebbe inevitabile. Tra il 22 e il 25 Renzi, pur deluso, avrebbe la possibilità di arroccarsi senza fare passi indietro. Sopra il 25, per come si sono messe le cose, suonerebbe l'inno della vittoria. Non è proprio così. Gli ultimi sondaggi prima dello stop davano il PD sotto il 22%. Una percentuale al di sotto della 'soglia Bersani', ovvero sotto il 25% che il partito conquistò nel 2013. Gli hanno tuittato contro di brutto.
Il ragionamento di Renzi è perfettamente comprensibile perché sta nella sua logica bottegaia. Così come il referendum col 60% di NO(e il 40% di SI)   non è stata secondo il fiorentino tutto sommato una sconfitta c'è da scommettere che il cinque marzo sommerà i voti del PD e quelli di LeU commentando che la sinistra  è cresciuta rispetto al risultato 2013 di Bersani. Vedremo comunque il 5 marzo.
Nel PD ci sono dei movimenti. Penso inutili. Veltroni che parla un linguaggio comune con Gentiloni e non fa niente per nascondere più di un distinguo rispetto al segretario. Per esempio nel sottolineare che con un Parlamento paralizzato è meglio tornare a votare piuttosto che imbarcarsi in un ipotetico governo a mezzadria con Berlusconi. Aggiungendo però che prima si deve correggere la legge elettorale.
Veltroni si scordi sia una nuova legge elettorale sia che si vada a votare di nuovo entro il 2018. Con tutti i debiti che hanno fatto gli eletti  e con la prospettiva di cinque anni di lauto stipendio con la possibilità di transitare da gruppo a gruppo, gli eletti “inciuceranno” di brutto per di non far finire anticipatamente e –peggio!- addirittura subito la legislatura. Pentastellati per primi. Centrodestra e leghisti secondi (visto che a elezioni fatte la magistratura gli sequestrerà anche i nuovi conti).
Intanto non andremo a votare per evitare che «loro» usino il «nostro» voto a «loro» piacimento. E speriamo che a votare ci vada meno dei 50% degli elettori. Poi discuteremo.
Esiste un legame strettissimo tra la nullità di una classe dirigente e il rialzarsi della tensione etnica. Quando i reggitori non sanno dare risposte alla gente, le offrono nemici. Funziona sempre, perché l'uomo nero da detestare abita in ciascuno di noi. I media lo sanno, e ci campano. I social figurarsi. Accusare il “ forestiero” impedisce di pensare ai nemici interni e assolve la comunità “ autoctona” dall'obbligo morale di interrogarsi sui propri errori. È così da secoli. La dissoluzione della Jugoslavia insegna. Dopo aver saccheggiato il paese, la dirigenza post-comunista, per non pagare il conto, ha scagliato serbi contro croati e quel che segue. Ammazzatevi tra voi, pezzi di imbecilli.
Che c'entra la Jugoslavia? C'entra eccome. È stata il primo segno di una malattia che oggi sta contagiando l'Unione europea e si chiama balcanizzazione. Che significa: trasferimento sul piano etnico di una tensione politica e sociale che altrimenti spazzerebbe via i responsabili della crisi, i ladri e i loro cortigiani. Lo sta facendo Erdogan, evocando nemici a destra e a manca. Lo ha fatto Trump per spuntarla alle elezioni. Lo ha fatto Theresa May che ora non sa come gestire il risultato — Brexit — di un voto da cui non pensava di uscire vittoriosa. Lo fanno i Catalani chiedendo di separarsi da Madrid. Gli vanno dietro i populisti austriaci pianificando reticolati al Brennero. Per non parlare dei belgi di lingua olandese e francese che si guardano a muso duro sotto le vetrate del palazzo dell'Ue a Bruxelles. Impotenza, mascherata di patriottismo.
Viviamo un momento drammaticamente complesso segnato dal tema immigrazione. Ne siamo sommersi e non sappiamo come gestirla. Non lo sanno nemmeno quelli che l'hanno messa in moto per avere lavoratori a basso costo. Volevano manodopera, e invece gli hanno mandato degli uomini. Non era previsto. Uomini che fanno figli e cercano la felicità. E allora ecco la pensata: trasformare l'immigrato in parafulmine, per farla franca. Farne un tema elettorale, semplificare la complessità, depistare la tensione su altri obiettivi, speculare sul naturale spaesamento e le nostalgie identitarie dei più deboli in una società globale che emargina ed esclude. Chi fomenta odio razziale, con o senza il rosario, non si limita a evocare tragici fantasmi di ieri, ma è anche complice dei ladri che costringono i nostri figli a emigrare. Li copre. Con la pressione etnica aiuta i caporali ad abbassare il costo del lavoro e l'economia illegale a campare di schiavi nei campi di pomodori. È così ovvio, benedetto Iddio. Ma allora perché i cosiddetti democratici, salvo poche eccezioni, non ne parlano? Per paura dei sondaggi? Per non andare contro il senso comune di una minoranza urlante?
Un giorno, presto o tardi, vi sarà imputato di avere taciuto. Perché anche dalla vostra pusillanimità discende l'osceno silenzio che nei treni e sugli autobus avvolge e lascia impunito chi, in questa vigilia elettorale, tuona contro l'uomo nero. È questo silenzio che ferisce e offende, più ancora del razzismo. Eppure sarebbe così facile svelare il trucco; dire che, un secolo fa, dicevano di noi italiani in America le stesse cose che oggi noi diciamo dei forestieri in Italia. E cioè che fanno troppi figli, rubano il lavoro alla gente, portano criminalità e malattie. Per mio nonno è stato così, a otto anni ha attraversato l'oceano da solo, per fame. Minore non accompagnato. Varrebbe la pena ricordarlo. Anche perché sono le stesse cose che, forse, altri Paesi diranno, domani, dei nostri figli.
Paolo Rumiz