In
meno di una settimana due donne importanti o molto note hanno reso noto
che stanno combattendo un cancro. La prima notizia viene dalla
supermanager di Facebook, Nicola Mendelsohn, al Corriere : «Il cancro?
È stato difficile dirlo ai miei figli. E ci ho messo un anno prima di
rendere publica la mia malattia.Andrò avanti come ho sempre fatto».Una
delle donne più potenti di Menlo Park al di fuori dagli Stati Uniti è
l'autrice di una lunga lettera al Sunday Times con cui, domenica scorsa
(5 febbraio) , ha annunciato di essere affetta da un linfoma
follicolare. Un tumore del sangue incurabile: il 60 per cento di chi ha
questa malattia sopravvive per più di dieci anni.
All'inizio si domandava se sarebbe morta e pensava ai quattro figli ,
al marito. Aggiunge: «La mia testa mi stava condizionando, dovevo
trovare il modo di governarla. Ce l'ho fatta e sono grata anche per
questo».La malattia e soprattutto il cancro sono ancora molto
stigmatizzati nelle nostre società. Dopo la pubblicazione della mia
lettera, però, molti manager di successo mi hanno contattato per
raccontarmi le esperienze simili alla mia. Se più persone facessero
come me in molti potrebbero trarne giovamento». «Sono entrata nel
gruppo Living with Follicular Lymphoma due mesi dopo la diagnosi. Ci
sono 4 mila persone da 90 Paesi che si danno consigli sulla malattia,
su come affrontare le cure. Chi non ne è affetto non può capire a quale
stadio mi trovi e come si manifesta il problema. «Ti basta far parte di
un gruppo per renderti conto dei benefici: trovi quello che ti
interessa. Ecco perché vogliamo che sempre più persone siano coinvolte
nelle loro comunità di riferimento e trovino supporto dall'interazione
con gli altri».
La bionda conduttrice delle “ Iene”, Nadia Toffa, è tornata a guidare
il programma dopo il malore dello scorso 2 dicembre, accusato nel corso
di un servizio a Trieste. E ieri sera ha raccontato, leggendo alcuni
appunti « come si fa a scuola » , che quel malore era figlio di un
tumore. « Ho avuto un cancro » , ha detto: « In questi due mesi mi sono
curata. Prima ho fatto l'intervento, poi la chemioterapia e la
radioterapia. I medici mi hanno tolto il cento per cento del tumore, ma
poteva esserci ancora una piccola cellula e quindi ho seguito i
consigli del medico e ho fatto le cure previste, ancora chemio e radio
preventiva » . Poi ha spiegato: « Ora è tutto finito, il 6 febbraio ho
terminato la radio e la chemio». Lei ha rivelato: « Non lo sapeva
nessuno. Ho pensato tanto a questo momento... Fra di noi c'è sempre
stata sincerità e quindi voglio condividere quanto successo. Ho
affrontato questa cosa con tutta l'energia che ho, le mie risa mi
servivano per curarmi. Ora sto benissimo. E rispetto a quello che mi è
successo penso non ci sia assolutamente niente di cui vergognarsi,
anzi. Ho solo perso qualche chilo, non mi vergogno neanche del fatto
che sto indossando una parrucca, questi non sono i miei capelli. Non vi
nascondo che ci sono stati momenti difficili. Quando vedi le prime
ciocche di capelli che ti rimangono in mano il momento è molto forte.
A nome dei malati di tumore, Nadia Toffa ha fatto un appello: « Spesso
per rispetto si tende ad avere una certa delicatezza con la persona che
ha avuto un cancro. Invece io vi chiedo normalità: continuate a
prendermi in giro, a fare tutto come se non fosse successo niente
perché senza volerlo potreste farmi del male.
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Nascondere
la malattia come fosse un peccato: accade anche oggi molto più spesso
di quanto non si creda: «l’è mort du mal bröt!». Un tempo lo facevano
perché la malattia «svalutava» l’uomo o la donna come lavoratore e
fattore o fattrice. Non solo verso i «padroni» ma anche nei confronti
delle potenziali mogli e mariti. Lo stesso rispetto alle infermità o ad
un handicap: che si concludeva ammazzando lo sfortunato/a a botte
oppure cristianamente «è successa una disgrazia!». Sotto un treno e
dentro il pozzo.
Ci sono passato anch’io -(s)fortunata- mente per una osteomielite dove
hanno fatto più danni i medici che l’infezione...- e ho subito e
sempre raccontato la verità. «Dil mia!» era la raccomandazione delle
simpatiche pie donne che ogni due settimane mi facevano visita
portandomi un sacchettino con 15 caramelle di gusti differenti. I
sacchetti erano preparati tutti uguali dalle mitiche «tabachine» di via
DeAmicis per tutti i curnesi ospiti degli ospedali.
Parlare della propria malattia coi propri cari e con gli altri
sfortunati senza sbrodolare nella commiserazione e nelle centinaia di
ave pater gloria è una sana autoterapia specie se hai a che fare con
persone intelligenti.
La malattia và sfidata. E sopra tutto occorre avere voglia di guarire.
Un tempo di certe malattie morivi di dolore più che del belzebù che ti
aveva invaso. Oggi -almeno a Berga
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Iddio
volle sapere dove fosse Adamo dopo il peccato: Ubi es? Ammirabile
interrogazione! Iddio fa tutte le cose non solo prèscnti, ma future, e
passate ancora: Iddio parla ad Adamo, che gli stà avanti, e pur
l’interroga: Ubi es? Se Adamo non fosse stato in quel disordine, in cui
era, poteva a Dio rispondere: Non lo vedete Voi dove son’io, o Signore?
Io son qui, dove Voi mi vedete. Quella era la rifpo- ftapiù diritta,
ch’egli rènder potcfl'c. Ma quella risposta più diritta, sarebbe stata
ancor la più sciocca; perchè Iddio non dimandava per sapere ciò, che
vedeva, dimandava per insegnar all’Uomo ciò, che il misero non
osservava ancora. Dicono i Crematici , che due sono le specie
d’interrogazione. ... Iddio con quel suo enfatico: Ùbi es vuole dire:
Adamo, cd è possibile, che io passeggi in Paradiso, e tu a me non
corra; che tu mi vegga, e pur ti nasconda; che io sia stato da te
offeso, e pur di te debba cercare ; che tu sei stato da me creato, e
arricchito tanto, e pure da me tu fugga? Quo te deduxerunt peccata tua,
ut fugias Deum tuum rnumy quem antea qarebas? E dove sei ,o misero,
quando con me non sei ?dove fuggi» quando fuggi da me lontano? dove ti
nascondi, quando a me ti naseondi ? Quella fuga , cotesto tuo
nascondiglio molte cose dicon di te: Iste timor culpam fatetur ;
latebra ista pravaricatienem tefstatur ; e pur convinto non confessi
ancora *, c fcoperco ancor ti naseondi? Oh misero, dove sei? non
essendo più dove ti lasciai : Ubi es? Ubi es? Questi erano i senfi
dell’ interrogazione divina, onde a tale interrogazione scioccamente
risposto avrebbe Adamo : Io son qui. Che rispondere adunque doveva il
sorpreso misero Padre» Doveva rispondere: Signore dove io mi trovo non
lo so, perchè non son più in me. Quel che so è che sono molto lontano
da Voi; e da Voi lontano che son io, e dove sono infelice? Quella
era la rispósta migliore, che dar poteva Adamo. Ma quella risposta cif
scopre una compassìonevole qualità del luogo, dove fu trovato
quell’Uomo . Qual fosse quel luogo, nessùn di noi lo fa', ma tutti
sappiamo, che qualunqu’esso fosse, era certamente quello dove sera
ritirato un Fuggitivo in Paradiso. Adamo fuggitivo,Ubi es? Di
tanto Mondo, e Regno, che Iddio ti ha conceduto, qua
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La lettera
L'ex ministro sui migranti
“Lo stop agli sbarchi non ha fermato gli spari di Traini”
Bonino: respingo l'idea che la xenofobia sia un prodotto dell'immigrazione
Emma Bonino
Caro Direttore, “fermare” - si fa per dire- gli sbarchi non ha fermato Traini.
L'Italia, anche grazie all'efficienza dei suoi apparati di sicurezza,
ha fino ad oggi evitato attentati di cani sciolti jihadisti, ma ha
registrato un primo atto terroristico xenofobo che non ha prodotto una
carneficina solo per errore di “mira” da parte dello sparatore. Il
terrorista non è venuto fuori da un centro islamico, ma da una sezione
di un partito rappresentato in Parlamento.
Io respingo l'idea che la xenofobia sia un prodotto dell'immigrazione.
Continuare a perseverare in questo errore di analisi significa
scivolare verso la giustificazione del pregiudizio.
“Ci sono troppi stranieri, la gente è stanca…”, afferma qualcuno. È
come sostenere che l'antisemitismo sia un prodotto dell'ebraismo. Che
la rabbia dei carnefici sia colpa delle vittime. È storicamente vero il
contrario.
L'ebreo, come lo straniero, sono proiezioni di un odio che è culturale
e ideologico, non meramente psicologico. La xenofobia è un prodotto del
nazionalismo, non dell'immigrazione e offre dei capri espiatori alla
rabbia popolare. L'etnonazionalismo di Salvini, antieuropeo e xenofobo,
è una ideologia potente, non nuova nell'Europa di ieri e di oggi, che
fomenta e cavalca l'inquietudine; non è un prodotto dell'inquietudine.
È empiricamente dimostrato. La xenofobia è più forte nelle aree del
Paese in cui ci sono meno stranieri, non di più. Questo non vale solo
in Italia. Pensiamo alla Germania nella quale Afd spopola nelle aree
dell'Est, più povere ma anche culturalmente desertificate da decenni di
dominazione sovietica, non a Berlino o nelle metropoli multietniche
dell'ex Germania federale. Dove ci sono più stranieri c'è meno
xenofobia! Vale per l'Italia, per tutti i Paesi europei, e pure per gli
Stati Uniti.
Nella Parigi devastata dal terrorismo islamista e piena di stranieri da
tutto il mondo, italiani compresi, Marine Le Pen ha raccolto le
briciole e ha stravinto Emmanuel Macron.
Ancora, guardiamo a cosa sta avvenendo a Est, per esempio ai rigurgiti
antisemiti oggi in Ungheria e Polonia, in quest'ultimo caso coincidenti
anche con una vera e propria rimozione delle responsabilità polacche
nella persecuzione degli ebrei. Da dove arriva questo antisemitismo?
C'è un'invasione di ebrei a Varsavia o Cracovia? No, di tutta evidenza!
La percezione dell'insicurezza dipende anche dal modo in cui le classi
dirigenti trattano questa percezione, come la fronteggiano, come se ne
fanno carico. Io vorrei che sull'immigrazione si facesse come sui
vaccini. Quando la “percezione” dell'opinione pubblica è diventata
irrazionale, la reazione è stata spiegare, in maniera martellante, gli
errori che c'erano dietro a questa percezione. Se si lascia l'opinione
pubblica in preda al delirio tutto viene travolto. Perché non si fa lo
stesso sull'immigrazione? Nel 2016 in Italia c'è stato il massimo degli
sbarchi e il minimo degli omicidi dal 1992, femminicidi compresi.
Questo dovrebbe dire il Ministro dell'interno a Macerata a quanti
legano sbarchi e sicurezza, in primo luogo. Questa verità.
Come il governo dice la verità sui vaccini e sostiene che quanti li accusavano di causare l'autismo sono degli impostori.
L'immigrazione ha una motivazione demografica e economica, non
“politica”. Non esiste un Grande Vecchio che manovra per realizzare
quello che gli xenofobi chiamano “sostituzione dei popoli”. Nel 1950
l'Africa aveva meno della metà degli abitanti dell'Europa. Nel 2050 ne
avrà il triplo. Sappiamo perfettamente che la demografia europea è
destinata a cambiare e che milioni di europei nei prossimi anni saranno
di origine africana. Restituiamo al mittente la grottesca caricatura
del “vogliono fare entrare tutti” e rispondiamo con progetti pragmatici
che integrino in un'unica politica sicurezza, mobilità umana e
integrazione. La scommessa è riuscire a assicurare la continuità del
nostro modello civile, politico e economico: ma è una scommessa che,
per quanto difficile, non si può vincere “contro” gli stranieri che
abitano e abiteranno sul
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