Niente
neri, niente handicappati, niente nomadi, la lista potrebbe essere
lunga, lunghissima, e via via includere tra gli “scarti” chiunque, con
la propria alterità, possa rimettere in discussione l'identità
italiana. È più o meno così che alcuni licei del nostro Paese vantano i
propri pregi e si fanno pubblicità. Quasi tutti gli studenti sono di
«nazionalità italiana» e nessuno è «diversamente abile», recita la
presentazione di un celebre liceo romano. Subito dopo aver ricordato la
propria «fama» e il proprio «prestigio». Come se ci fosse un legame di
causa-effetto tra il colore della pelle e la fama, il prestigio e
l'assenza di handicap — che poi sarebbe interessante capire come viene
valutato il livello di abilità: li si mette tutti in fila, questi
alunni, e li si fa correre, leggere, parlare, mangiare? È più o meno
abile una ragazzina anoressica o bulimica? Spesso sono le più brave
della classe, ma stando al Dsm, il manuale diagnostico dei disturbi
mentali, anche loro, in fondo, dovrebbero essere considerate
diversamente abili, e non ammesse, quindi, in un liceo così
prestigioso. Come se l'apprendimento fosse ostacolato dalle
“differenze”, e la parola d'ordine della contemporaneità fosse
l'esclusione di tutti coloro che potrebbero contaminare la purezza
della stirpe.
Dev'essere lo spirito dei tempi, ormai malato di conformismo, ad aver
ispirato presidi, insegnanti, direttori o chiunque abbia ideato questi
spot per attirare genitori creduloni, e illuderli che il «processo di
apprendimento» possa veramente essere favorito dal “tra di noi”. Anche
se poi, in quel “tra di noi”, rischia di non esserci quasi nessuno, e
chi immagina che il proprio pargolo sia esente da ogni sorta di
handicap di strada da fare per capire l'esistenza ne ha ancora molta.
Non solo, infatti, ognuno di noi è “diversamente abile” rispetto a
chiunque altro: diverso, unico, speciale, sempre e comunque “altro”
rispetto alle aspettative altrui, “altro” pure rispetto a quello che
vorrebbe essere. Ma anche l'apprendimento è favorito dall'incontro con
le differenze: per imparare veramente c'è bisogno di uscire dal “tra di
noi” e aprirsi alle mille sfumature della vita; anche solo perché sono
le differenze che ci insegnano a comporre il puzzle complesso della
realtà, a superare gli ostacoli, a immaginare soluzioni alternative
quando quelle più scontate falliscono.
Certo, molti genitori cercano oggi di rassicurarsi: preferiscono
immaginare che i propri figli crescano al riparo dalle difficoltà e non
si mescolino con gli “altri”. Ma apprendere significa confrontarsi con
le cose vere della vita, e le cose vere della vita, come scriveva Oscar
Wilde, si incontrano. A cominciare dalla scuola, appunto, quando si
incontra un ragazzo nero o una ragazza in sedia a rotelle, un compagno
sordo-cieco o una compagna con disturbi del comportamento alimentare,
tanto nessuno ha tutto e nessuno è tutto. La scuola dell'inclusione
forse non è più di moda. Peccato.
Inutile, però, stupirsi poi del successo popolare del killer di Macerata.
Michela Marzano
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Le
due tragedie di Macerata non sono grandi novità nella provincia
italiana . Provincia e non. Una ragazza giovanissima afflitta da gravi
problemi con la droga (pesante) ricoverata in una comunità scappa per
farsi una dose. Trova qualcuno che la mette in contatto con chi
gliela fornisce e poi succede non si sa bene cosa ma alla fine il corpo
della stessa viene trovato fatto a pezzi in due valigie. Viene
incarcerato un immigrato come autore del delitto ma tuttora non sono
riusciti a capire esattamente se la ragazza sia morta per un'overdose o
fosse ancora viva quando «l'hanno fatta a pezzi». Il che “tecnicamente”
perla giustizia è assai importante. E non riescono nemmeno a
stabilire se l'accusato e il presunto fornitore della dose siano
davvero implicati nella vicenda oppure ne siano in qualche modo solo
testimoni partecipi della tragedia. Scoppiato il caos mediatico ci
troviamo la madre della ragazza che compare in televisione con
dichiarazioni «politicamente corrette» quando il buonsenso dovrebbe
suggerirle di tenersi quanto più defilata possibile visto che quella
ragazza era sua figlia.
Il classico nullafacente che si aggrega ad ogni cretino che lo confermi
nel suo essere uomo fallito, già nella scorta del leghista Salvini,
«decide» di farsi giustizia da solo sparando trenta colpi in
direzione del primo nero che gli capita a tiro mandandone mezza dozzina
all'ospedale. Per vendicarsi –asserisce assai convinto- della morte
della ragazza.
La solita Italia che anziché vergognarsi davanti alla tragedia si
divide tra l'ignavia e chi sostiene l'assassino contro i due presunti
assassini.
Sopra tutto brilla la latitanza politica delle istituzioni. Un sindaco
piddino evidentemente non all'altezza ne politicamente ne culturalmente
ne umanamente della tragedia pensa e ordina il coprifuoco
vietando tutte le manifestazioni. Il ministro dell'interno vola in
città per presiedere il comitato per l'ordine pubblico ma dimentica di
andare a trovare i feriti in ospedale. «Rimedierà» alla figuraccia
delle istituzioni il ministro della giustizia con parecchi giorni di
ritardo.
Vero che Macerata (42mila abitanti...) non è Amatrice e nemmeno il Gran
Sasso e tanto meno Rigopiano dove vanno in ferie o a sciare i
«romani» e forse la casta non sapeva nemmeno esistesse. Macerata: chi?.
Come: Pioltello chi?.
Macerata è l'Italia normale, quella che non compare mai nei talk show,
quella che spaccia il buonismo televisivo come il «buon italiano» noto
dappertutto. Quella che va a messa la domenica mattina col visone e poi
si schiera per «onore a Luca Traini». Quella che aveva già buttato le
chiavi della galera per Oshegale e il pusher nigeriano indagato
per la cessione di eroina alla 18enne. Una diciottenne che non compare
mai con lo zainetto della scuola o dietro un banco a lavorare ma in
pose da starletta provinciale alla ricerca di un ingaggio dove esibisce
il tanto o poco che madre natura le ha dato. E sua madre anziché
prenderla a schiaffi…. recita la propria parte di buonismo coglione in
tivù.
Quest'Italia consegnerà il 4 marzo il proprio destino a chi ha crea
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Un
grave errore. Non c'è altro modo di commentare la richiesta del sindaco
di Macerata di sospendere ogni manifestazione in città dopo il grave
episodio di terrorismo fascista che ha colpito la città.
Non basta il buon proposito del primo cittadino - «difendere la
comunità dalle tensioni» - a scongiurare l'esito nefasto di questa
moratoria: la piazza sarà proibita sia ai democratici convocati
dall'Anpi per reagire allo stragismo razzista sia ai quei movimenti
neofascisti che stanno cercando di spacciare Luca Traini per un modello
civile di patriottismo. Una equiparazione di fatto dei democratici
antirazzisti e di Casapound, Forza nuova e tutto il ciarpame
fascio-leghista che vuole trasformare Macerata nella sua maleodorante
trincea.
Immaginate se Parigi, all'indomani della strage di Charlie Hebdo o del
Bataclan avesse vietato di scendere in piazza alla politica e alla
società civile per questioni di ordine pubblico o, peggio, solo per
garantirsi di poter fare altrettanto con un eventuale presidio di
integralisti
islamici o di simpatizzanti del jihad.
Questa presa di posizione del sindaco - che ha costretto l'Anpi a
sconvocare la manifestazione di sabato - assume una sua perversa logica
solo alla luce del tentativo in atto di rimuovere la matrice terrorista
e fascista dell'azione di Traini. Tentativo colpevolmente legittimato
dalla timidezza di buona parte dell'arco politico, a cominciare dal
principale partito della sinistra (con qualche lodevole eccezione:
Graziano Delrio ha spiegato a Repubblica come non sia tollerabile la
rinuncia a puntare il dito sulla recrudescenza neofascista). La destra
persegue l'obiettivo per tornaconto ideologico - Traini è un “pazzo” ma
il suo gesto va inquadratonell'esasperazione anti-migranti. La
sinistra, invece, per resa elettorale - nella convinzione che sia
perdente dal punto di vista del consenso ingaggiare una battaglia sul
razzismo alimentato dalle teorie dell'«invasione straniera» e della
«sostituzione etnica».
Tutto nasce da un'altro folle nesso logico, anch'esso sodganato da un
senso comune tanto dilagante quanto inaccettabile, cioè legare l'atroce
crimine ai danni di una ragazza italiana all'azione di Traini, come si
trattasse di un'atto di “giustizia”, sbagliato ma mosso da intenzioni
se non giustificabili comunque comprensibili. Altra contraddizione
evidente. I Salvini deprecano che ci siano islamici che giustificano le
stragi dell'Isis in nome delle stragi di bimbi in Siria o delle bombe
americane, però poi concedono di fatto a Traini la medesima attenuante.
E in questa pericolosa confusione Macerata chiude la piazza a chi
vorrebbe riportare il dibattito pubblico, compreso quello sulla
gestione della immigrazione, nel suo recinto naturale. Che sarebbe
quello dell'antifascismo, dell'antirazzismo e, in una parola, della
Costituzione.
Stefano Cappellini
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Nella
campagna elettorale delle comunali 2017 le due sindache Serra e Gamba
sostenevano a proposito della mancata finitura del lavori della biblioteca che
ai tempi della giunta Gandolfi (assessore ai LLPP Fassi ) che questa potesse utilizzare i fondi
extra fiscal compact per finire quell’opera. Rispondeva l’allora sindaco
Gandolfi che non era possibile mentre il suo assessore asseriva in una
intervista che i lavori non s’erano potuti concludere perché mancava della
documentazione non presentata dall’imprese esecutrice. L’allora sindaco
Gandolfi promise in un consiglio comunale che avrebbe compiuto le necessarie
verifiche per dimostrare la sua ragione, ma non c’è mai stata traccia dei
risultati di quelle verifiche. Stante la nostra assenza dal paese in quel
periodo nel 2017 abbiamo recuperato i bilanci consuntivi ed abbiamo chiesto
certificazione alla ragioneria comunale della disponibilità dei 400 mila euro
necessari a finire i lavori. La certificazione non è mai pervenuta da
quell’ufficio. Inutilmente abbiamo chiesto, abbiamo subito ritardi ma MAI
nessun certificato con tanto di firma è mai uscito dalla ragioneria del comune.
Ci siamo rivolti anche alla neo segretaria comunale (neo nel senso che NON era
segretario comunale ai tempi del Gandolfi) segnalandole i documenti ufficiali
del comune (presenti nell’archivio informatico del medesimo: quindi
accessibili….) per avere quella
certificazione ma –oltre a farci arrabbiare parecchio per la sua sfuggente
risposta- nessuna certificazione è mai stata consegnata.
Del
mese scorso una variazione di bilancio e del DUP sulla base di una lettera
spedita dalla neo dirigente dell’UUTT alla neo dirigente della ragioneria
comunale in cui comunica l’incasso da parte del comune della somma di 355mila
euro per il nuovo edificio industriale della FreniBrembo.
Chiediamo
alla neo dirigente dell’UUTT una
spiegazione tecnica perché a quest’opera è stata applicato il metodo di
conteggio come dalla sua lettera alla ragioneria mentre qualcosa di analogo non
è accaduto coll’intervento sul c.d. “parcheggio zebra”.
Incontriamo
la dirigente dell’UUTT a distanza di ore
dalla spedizione della nostra mail
e (primo) ci rendiamo conto che non l’ha
nemmeno letta (le mail non si leggono almeno UNA volta al giorno?) e dapprima
tergiversa asserendo che la spiegazione la deve dare la ragioneria poi
quando dopo diciotto spiegazioni
comprende che le chiediamo una motivazione tecnica del perché l’UUTT ha
adottato un metodo di calcolo da una
parte ed un altro dall’altra parte, questa risponde che –essendo non autrice
del calcolo di una parte- provvederà a controllare il tutto per dare adeguata
risposta. In attesa che almeno si ricordi di guardare le mail ogni giorno.
Siamo
francamente scocciati dal comportamento degli
uffici del comune di Curno sia in ordine
al “disordine” nella pubblicazione delle delibere che costringe –per il
comodo della burocrazia e dell’amministrazione- ad un lavoro certosino di
registrazione di quanto “visto&letto” dal momento che non essendo
pubblicate in ordine, ne possono sfuggire anche di assai importanti.
Poi
siamo scocciati che gli uffici attuino –vedi ragioneria e uutt- quest’opera di
depistaggio finte incomprensioni, auto sottrazione di responsabilità che non
consente quel diritto al controllo dei contenuti e legittimità delle
deliberazioni assunte.
E
siamo anche scocciati nel verificare come –vedi p.e.e UUTT- in un periodo in
cui non c’è attività edilizia privata in gran spolvero, non ci sono opere
pubbliche in esecuzione, la manutenzione dei beni comunali è stata appaltata
all’esterno (e non è detto che brilli dopo mezzo secolo di trascuratezza…) in
quegli uffici ci sia un reggimento di personale che non si sa cosa combini. In
sovrappiù dall’inizio 2018 ne sono arrivati altri due e non si sa bene a fare
cosa visto che non hanno (quasi) nulla da fare mentre il paese non si presenta
propriamente bene tra marciapiedi perennemente lordati da cacche canine, strade
al buio (precisiamo: di notte altrimenti salta fuori il genietto che lo precisa
per conto suo: siamo a questo punto!), cestini della monnezza che non vengono
mai lavati e igienizzati e giardini … che è meglio non aggettivare.
Come
non ci ha convinto il modo con cui si è pervenuti al progetto di manutenzione
dei beni comunali, alla successiva gara ed alla scelta del vincitore. Che fa il
paio con prossimo progetto e gara per l’illuminazione pubblica. Poi ci vogliono
dare a bere che mentre la manutenzione dei “beni comunali” è un “progetto dei
LLPP” la manutenzione e il mantenimento dell’illuminazione pubblica sarebbe un
“progetto ecologico”.
In una
parola: proprio non vogliono essere verificati.
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