A
distanza di poche ore c’è la notizia che tre cardiologi dell’ospedale
di Seriate lasciano la struttura pubblica per accasarsi in uno privato
il gruppo San Donato. .
Sempre nella stessa settimana viene concluso il «closing» per cui la Clinica Castelli passa in proprietà di Humanitas Gavazzeni.
Scrive il Corriere che « La cardiologia del Bolognini per crescere
aveva bisogno della copertura del reparto di cardiochirurgia del Papa
Giovanni di Bergamo. Mettere in rete i due ospedali avrebbe dato vita a
un polo d'eccellenza europeo e quindi mondiale. Invece no. Un obiettivo
gigantesco è stato immolato sull'altare della micragna. A fronte di in
terventi tra i più remunerativi, il Papa Giovanni ha invocato carenze
di organico e aumento dei costi. Foglie di fico, dicono le malelingue,
per coprire beghe di cortile» E mentre la politica è alle prese con le
elezioni, mentre il presidente Maroni annuncia il gran rifiuto e litiga
col suo segretario, che fa la politica? A quanto pare ha l'elettro
cardiogramma piatto: la Regione non è intervenuta per portare pace e
risorse a Seriate e Bergamo. Anzi: non ha neppure visto.
Chiude la settimana con la simpatica notizia sapere che tra
Mi-BG-BS sono riusciti a mettere in piedi una frode fiscale da 1364
milioncini ma non sappiamo i nomi (tranne i due registi). Ne abbiamo
letti qualcuno sul Corriere ed uno su L’Eco. Mentre noi ci arrabattiamo
coi due centesimi degli inutili sacchetti per la frutta (che si rompono
subito) questi qui avevano messo in piedi un’industria di carta che
produceva non pochi profitti anche nel periodo più nero della crisi del
settore edilizio.
Con la «sommetta» della frode fiscale si potevano potenziare le due
cardiologie pubbliche fino all’ottimale del momento ma -e questo
è ulteriormente sconsolante- forse tra dieci anni di quei 1363 milioni
«lo stato» porterà a casa meno delle parcelle degli avvocati delle
cause.
Ecco perché la
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Università, cancellare le rette non elimina il classismo
La proposta di Grasso di cancellare le tasse ha acceso la polemica. I
numeri di Almalaurea però dicono che i veri problemi per gli studenti
sono altri: dalla carenza di borse di studio alla scarsa mobilità.
Samuele Cafasso *
Per il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda, tagliare le
tasse a tutti gli studenti universitari è «una proposta trumpiana».
Guri Schwarz, professore associato di Storia contemporanea
all'Università di Genova, ha scritto sul suo profilo Facebook: «Volete
fare qualcosa di sinistra? Lasciate stare le tasse universitarie, che
sono progressive, investite in residenze per fuorisede e garantite
borse di studio per tutti gli aventi diritto». Raffaele Alberto
Ventura, saggista, autore di La classe disagiata (Minimum Fax), ha
bollato l'iniziativa come «una tassa sui poveri».
La fotografia di Almalaurea.
Il primo grande colpo a effetto della campagna di Liberi e Uguali
lanciato domenica 7 gennaio dal presidente del Senato e leader del
movimento Pietro Grasso ha suscitato insomma più di una perplessità.
Alcuni dati sulla popolazione universitaria italiana tratti dal sito
del ministero dell'Istruzione e dell'Università e dall'ultima indagine
AlmaLaurea permettono di individuare alcune evidenti criticità.
Il 29,3% dei laureati ha almeno un genitore laureato.
Il primo dato da cui partire è la reale esistenza di un problema di
classismo dell'università italiana. Come nota l'ultimo rapporto di
Almalaurea, «la percentuale dei laureati, pari al 13% nella popolazione
maschile italiana di età compresa fra i 45 e i 64 anni, raggiunge il
21% fra i padri dei laureati; il confronto fra la popolazione femminile
e le madri dei laureati porta ad analoghi risultati. In altre parole,
la probabilità di proseguire gli studi dopo la scuola dell’obbligo fino
a completare gli studi universitari è fortemente influenzata dal
contesto socioculturale di origine».
Una questione di classe.
In particolare, il 56,4% dei laureati 2016 in Medicina/Medicina e
odontoiatria ha almeno un genitore laureato, percentuale che si abbassa
al 37,8 nel campo giuridico e poi, a scendere, tutti gli altri, per una
media del 29,3% tra tutti i corsi di laurea. Il classismo, come era
facile immaginare, è più evidente nei corsi di laurea che richiedono
più anni di studio. Se guardiamo, anziché ai titoli di studio, alla
classe sociale, scopriamo che il 42,6% dei laureati in Medicina del
2016 ha genitori di classe elevata (liberi professionisti, dirigenti,
imprenditori con più di 15 dipendenti), il 30,5% dei laureati nel
settore giuridico, il 27,7% in Architettura. Per una media nazionale
del 22,2%.
Le esenzioni già attive.
Ma questo problema si può risolvere con la cancellazione delle tasse
universitarie? Questo è molto dubbio. Intanto perché già con le attuali
regole la platea di chi non paga le tasse universitarie è notevolmente
ampia. Secondo un'indagine del Sole 24 Ore di novembre, a fronte di 1,6
milioni di iscritti all'Università pubblica in Italia, sono state
presentate oltre 543 mila dichiarazioni Isee attestanti una posizione
al di sotto dei 15 mila euro che garantisce in moltissimi atenei
l'esenzione dai pagamenti. La soglia dettata per legge nello Student
Act del 2017 è appena più bassa, 13 mila euro. Pagamenti inferiori, ma
comunque contenuti, per le fasce di reddito meno abbienti ma oltre i 15
mila euro.
Studenti Universitari
In Italia si contano 1,6 milioni di universitari.
Esistono però altri tappi e vincoli, magari meno evidenti, che limitano
nei fatti il diritto allo studio. Basta guardare, per esempio, gli
ultimi dati sulle borse di studio a favore degli studenti più
meritevoli: nel 2015-2016 – dati certificati dal ministero – ne sono
state concesse 131.240 a fronte di 140.114 idonei: rimane un 6,7% di
studenti non coperti, a fronte comunque di numeri non altissimi (gli
studenti in tutta Italia sono 1,6 milioni). L'altro tema è la questione
della mobilità: a fronte di oltre 63 mila domande di alloggio, sono
stati assegnati 33.339 posti nel 2015-2016, di cui 24.694 a borsisti.
Le domande per contributi alloggio sono state 2.896, solo 1.917 quelle
soddisfatte.
Se la mobilità è un privilegio.
Il risultato è che il 73% dei laureati in Italia ha concluso gli studi
vicino a casa, nella stessa provincia o al massimo in una limitrofa.
Nei fatti, se guardiamo alla qualità degli studi e non al semplice
pezzo di carta, questo è un fortissimo limite italiano, perché
significa impedire ai più svantaggiati economicamente di cercare per sé
l'Ateneo che meglio risponde alle proprie esigenze di formazione.
E l'indagine Almalaurea, in effetti, conferma. «A “cogliere
l’opportunità” di spostarsi verso contesti territoriali più dinamici»,
scrivono i ricercatori, «sono i ragazzi che hanno un background
socio-culturale più elevato: il 35% di chi ha compiuto migrazioni di
lungo raggio ha almeno un genitore laureato, contro il 30% di chi
studia nella stessa provincia del diploma».
*:Samuele Cafasso ha studiato comunicazione e giornalismo
all’Università Iulm di Milano e oggi vive a Genova, la città in cui è
cresciuto e d
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PD-LeU: é finita come «doveva» finire
Vero che da adesso a fine gennaio di cambiamenti ne sono-saranno
possibili, ma penso sia finita «come doveva finire». L'ala «comunista»
della sinistra italiana non poteva, non può, non potrà mai sopportare
che il segretario PD sia un ex democristiano. Avrà sempre una goccia di
sangue impuro.
Figuriamoci Gori, col quel pedigree che più impuro non si può e per di
più uno che viene da Bergamo, notoriamente cattolica leghista razzista
impura per sua stessa natura.
Poi c'entrano ambizioni personali oramai finite. Gente che aveva
studiato da ministro o da presidente del consiglio per decenni e
decenni –un nome a caso: Bersani- e si trova in Parlamento una pletora
di ragazzotti – suoi figli anagraficamente- fatta da ignoranti in tutti
i sensi: ignoranti della politica, della grammatica, della storia,
della geografia, dell'economia, della Costituzione coi quali “deve”
fare i conti mentre lui era cresciuto alla scuola in cui i figli
obbedivano ed aspettavano che i padri schiattassero prima di
farsi avanti.
Dove non capivi mai quanto contasse la cooptazione piuttosto che la democrazia. O entrambe.
Giovanotti senza arte ne parte che trovi nel PD come in LeU o nella
Lega – Salvini docet!- per non dire del pentastellati. Non si può
mancare di notare come si fanno ancora avanti vecchi (Grasso…) o
vecchissimi (Berlusconi…) quando hanno appena appena congedato un
giovanissimo Napolitano.
Roba che in fabbrica o in ufficio non ti terrebbero nemmeno come portinaio o alle poste.
Osservate la foto del quintetto Fratoianni Fassina Grasso Civati
Speranza: quattro giovinotti e il nonno. Pensate al pranzo Berlusconi
Salvini Meloni. Pensate alla foto con Bersani D'Alema Epifani
Bassolino. Speranze svanite, speranze ancora accese e in tutti una gran
fame di potere e la rabbia di un DiMaio potenzialmente premier domani.
Non siamo fans di Gori e la sua giunta di suorine compunte che
spesso combinano casini con Zenoni davanti a tutti col bandierone... ma
di Rosati non sappiamo nemmeno chi sia anche se leggiamo abbastanza le
cronache regionali. Già: Rosati chi?!
Mentre continuiamo a curare la nostra tenda piantata abbastanza lontana
da una lama coppia LeU- PD ormai all'odio reciproco con troppa gente
che mira solo al cadreghino e relativo stipendio, aspettiamo in trepida
attesa quel che abbiamo già scritto: che LeU riesca a riportare nelle
urne quei «democratici» che dappertutto in Italia hanno disertato le
urne e il voto al PD. Magari pure a Bergamo o Milano o Brescia o
Sondrio c'è qualche elettore PD che ricorda le «manine» dalemiane e
bersaniane sulle vicende di MPS e quindi mica credono molto ad un
Grasso , ad uno Speranza piuttosto che un Fratoianni, un Fassina, un
Civati.
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