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Michele Serra

[Poche or sono è arrivato in Italia estradato dal Portogallo il Maurizio Tramonte di 65 anni, che è stato condannato lo scorso 20 giugno all’ergastolo come responsabile della strage di Brescia che il 28 maggio 1974 causò con l’esplosione di una bomba otto vittime e centinaia di feriti.]

 
Dal 1967 al 1977 in Italia ci sono stati almeno otto tentativi di colpo di Stato, almeno venti attentati alle linee ferroviarie e a luoghi pubblici con l'obiettivo di creare paura e di instaurare una nuova forma di governo. Non hanno mai vinto, ma non hanno mai perso veramente… Un gruppo di orientamento nazista metteva bombe, raccoglieva finanziamenti, si assicurava coperture, tutto sotto l'efficiente organizzazione dell'ufficio Affari riservati del ministero dell'Interno, i cui dirigenti peraltro erano agenti segreti con grande curriculum, e a suo tempo erano stati, anche loro, mussoliniani e hitleriani… Il questore di Milano in carica nel 1969 (l'anno di piazza Fontana, ndr) era stato l'aguzzino del carcere per antifascisti di Ventotene».
Sono parole di Enrico Deaglio, dall'introduzione a Patria, un libro che entusiasma per la potenza del giornalismo e sconforta per l'inutilità del giornalismo. Le consegno alla vostra riflessione nel giorno in cui il fascista Tramonte, condannato per la bomba di piazza della Loggia insieme al fascista Maggi, viene estradato in Italia, 43 anni dopo quella carneficina di innocenti (tra le tante). Nel giorno in cui Rep. it ci informa che quasi nessuno degli studenti universitari di oggi sa qualcosa di preciso su piazza Fontana, e molti pensano sia stata opera delle Brigate rosse. Nel giorno in cui, come negli altri giorni, fascisti di vario calibro fanno normalmente politica, forti della memoria ormai cancellata: sulle stragi nere, sull'odio per la democrazia, sulla storia repu
Chi abbia voglia e tempo può cercare in rete il discorso della  ministra Boschi in risposta alla mozione di sfiducia presentata contro di lei nel 2015. In quell'intervista si viene a sapere che la medesima ministra possedeva 1557 azioni di Banca Etruria, suo padre 7550, sua madre2013, un fratello  1847 e un altro fratello ben 347. Totale 13.314 che valevano prima dell'azzera mento pochi centesimi meno di un euro cadauna. A seguito della decisione del governo Renzi quelle azioni valgono zero.
Vero che  il conflitto di interessi comincia anche con un centesimo di euro (che sarebbe  la monetina di valore minore in circolazione) ma onestà e buonsenso dicono che più che gli euro (13mila…)semmai valeva il voto capitario nelle assemblee dal momento che nelle banche popolari puoi avere mille azioni ma disponi sempre e solo di un voto.
Se poi ascoltiamo il candidato PdC Di Maio oppure il suo successore DiBattista oltre a tutta la schiera che corre dai redattori de Il fatto fino a Saviano passando per Bersani-D'Alema-Speranza,  toni e contenuti fanno apparire il conflitto di interessi della Boschi come se Marchionne fosse ministro al posto di Calenda.
Ieri sera da Floris su La 7 monsignor Bersani ha sibilato che le affermazioni di  Renzi circa l'acquisto da parte di Monte dei Paschi di Antonveneta e Banca 121 (del Salento, terra di D'Alema): “Io non contavo, forse D'Alema contava più di me. Ma se Renzi ha qualcosa da dire lo dica, non lasci messaggi che lasciano punti interrogativi. Nel 2013 ci fu una campagna a freddo verso di me sul Monte dei Paschi, con allusioni che ci costarono voti, alludendo a cose che si sono rivelate fuffa. Dunque ora Renzi dica le cose chiaramente, lasciamo stare i messaggi mafiosi“.
Monsignor Bersani ha memoria corta. Era una caratteristica del Monte dei Paschi. Comprare a scatola chiusa, senza due diligence, a cifre fuori dal normale. E se lo dovrebbe ricordare anche Massimo D'Alema quando pubblicamente sostiene di vergognarsi del fatto che il suo partito non abbia permesso che vengano divulgati i nomi dei debitori insolventi della banca. "Le risorse per l'occupazio ne giovanile sono 15 volte più basse di quelle usate per ricapitalizzare Mps. Il Parlamento ha votato per non pubblicare le liste dei debitori, ricchi signori che non hanno restituito i soldi. Anche il mio partito, di cui ho la tessera in tasca, ha votato. Provo un sentimento di vergogna".
 In realtà più che rovesciare le responsabilità del disastro Mps solo sui chi non ha onorato i crediti (sicuramente colpevoli), D'Alema dovrebbe ricordare anche come i dirigenti della banca da sempre vicini al Pd abbiamo distrutto con acquisizioni dissennate il patrimonio della banca.
 
E la prima fu proprio l'acquisto di Banca 121, la banca del Salento, nel cuore della Puglia, regno politico di D'Alema, pagata 2.500 miliardi, offrendo ben 300 milioni in più della concorrente Sanpaolo Imi, che ancora ringrazia. Un'offerta lampo chiusa in un paio di giorni che rivelò presto le truffe legate ai prodotti My way e For you, azzardate scommesse finanziarie spacciate per piani previdenziali. E a guidare Banca 121 c'era Vincenzo De Bustis, noto per i suoi rapporti di amicizia con D'Alema e diventato poi amministratore delegato dello stesso Monte de Paschi. La banca senese  invece era guidata da Divo Gronchi. L'ultima acquisizione folle, non serve dirlo, è stata quella di Antonveneta, pagata circa 9 miliardi di euro. Basta fare una ric4erca in rete isnerendo Bersani, D'Alema Monte Paschi, Dagospia e si trova un ghiacciante articolo sulle mani del due Bersani&D'Alema nella vicenda del fallimento di MpS.
Se la fuffa e i messaggi mafiosi evocati da Bersani sono quelli cui é affondato MpS, uno come Bersani meglio rinchiuderlo che lasciarlo in giro per l'Italia.
Semmai quello di Bersani è un messaggio mafioso nel senso che :se mi lasciavate al comando non sarebbe successo quello che…”

Andrea Greco scrive oggi su Repubblica: ”Ad Arezzo, dopo un trentennio di piccole aggregazioni sotto l'egida di Elio Faralli, massone e mentore dei proprietari terrieri d'impronta contadina, era partita una contesa con i poteri cattolici imperniati sull'ex Dc Giuseppe Fornasari.
Proprio lo scontro portò ad aumentare i crediti verso l'immobiliare, e a ingraziarsi i consiglieri introducendo in cda uomini nuovi e forestieri: dal 2009, con “il golpe bianco”, il bandolo passò a Fornasari, con la maggioranza di 13 consiglieri che in breve si indebiteranno con la stessa banca per 185 milioni (compresi i cinque sindaci atti ai controlli), con 198 fidi incagliati o in sofferenza. Già nel 2012 la banca dovette accantonare un miliardo; nel 2013 l'ispezio ne di Bankitalia rilevò il «degrado irreversibile», e a dicembre Visco impose ai vertici di trovare «un partner adeguato» e sparire. Nel 2014, mentre la banca nominava consulenti che trovassero partner, puntò in parallelo sulla carta Boschi. Il padre Pier Luigi, in cda nel 2011 in rappresentanza delle coop, da maggio 2014 è vicepresidente. «Una figura di non grande visibilità in città – racconta un ex banchiere Etruria che lo ha conosciuto – ma il successo travolgente della figlia fece sperare in possibili aiuti». Tre mesi prima “Meb” aveva giurato come ministra del governo Renzi.
I mille giorni dell'esecutivo renziano sono stati costellati dalle crisi bancarie - ben dieci -, anche se non certo per responsabilità soggettive. Ma è un fatto che, sottotraccia, le difficoltà di Etruria hanno mosso e fatto muovere, in modo più e meno opportuno, ministri, autorità e operatori. Il tentativo con Unicredit è fra tanti”.
Ma si può tracciare una linea tra chi –dei politici- si è occupato della questione entro confini istituzionali e solo nel suo ruolo di rappresentante di interessi comuni di un territorio - pare questo il caso del ministro Graziano Del Rio - e chi a questo ruolo aggiunge l'interesse privato che deriva ad esempio dall'avere un parente nel consiglio di una di quelle banche.
Il fatto è che toccava al presidente Casini della Commissione Banche riportare tempi e modi della discussione nei limiti delle giuste grandezze economiche e politiche. Vogliamo mettere la dimensione economica e politica di MontePaschi rispetto a Banca Etruria?.
Difendere Boschi? No. La Boschi doveva dire se non ordinare a suo padre di uscire dal consiglio di Banca Etruria.
Ma complessivamente tornano evidenti quelli che sono stati i fattori principali di crisi delle banche (1) l'avere assecondato la politica governativa che ha generato la bolla edilizia: se il mattone tira, tira tutta l'Italia (2) CdA non all'altezza del governo delle banche  rispetto a quanto accadeva nel mondo della finanza (3) la mancanza  di indirizzi nell'impiego del credito da parte della Banca d'Italia e dei governi (4) la crisi economica internazionale.
Troppo facile asserire oggi che la crisi internazionale ha fato crollare anche i castelli nazionali. Erano due ubriachi che si reggevano spalla a spalla mentre i cittadini si godevano i benefici degli oneri di urbanizzazione che gli enti locali incassavano da cui sarebbe nata la bolla edili