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La giunta Gori deve possedere dei poteri sovrannaturali: lo si apprende vistando la Piazza Carrara recentemente rimessa a nuovo. La giunta Gori ha deciso che in Piazza Carrara non pioverà (mai) più. Nella piazza non sono previste caditoie per la raccolta delle acque piovane. L’acqua piovana che dovesse scorrere abbondante da  via san Tomaso e dalla Noca nonché vasto catino che è la piazza trova pochisime caditoie -meno di  cinque- e così i negozi e le cantine di via san Tomaso bassa meglio che si preparino alle prossime alluvioni. Dopo Longuelo toccherà alla via sanTomaso ?.

Con una spesa di 800 mila euro è stata sistemata la pavimentazione della piazza antistante la Carrara e la Gamec. Un risultato positivo per i pedoni rispetto allo stato squinternato ed omicida di prima. Non è comunque un gran risultato nel complesso e i problemi si vedono a occhio nudo.
Il progetto è di un gruppo di giovani architetti rappresentati da Andrea Borghi (classe 1988, di Montespertoli – Firenze) con una soluzione semplice ed elegante.Il disegno della pavimentazione costituisce – secondo i progettisti – un collegamento tra i poli di attrazione: accademia Carrara e Gamec.
“L’operazione che si intende effettuare consiste nel “campire” l’area della piazza con una pavimentazione caratterizzata da una fitta trama di fughe orientate secondo la direttrice Pinacoteca-Gamec, sovrapponendola alle linee della trama generata dalle tracce storiche dell’originale isolato. Tale pavimentazione conferirà alla piazza una forte unitarietà; permetterà di interrompere dove occorre il verde, le panchine e gli altri segni trasversali, per avere dei flussi diagonali verso le principali emergenze architettoniche e verso i nuovi poli di attrazione (totem informativi, pannelli interattivi, attrezzature di tipo multimediale, …); stabilirà un legame finora inesistente tra la Pinacoteca e la Gamec grazie alla delicata quanto presente direzionalità della pavimentazione”.

Il risultato è comodo (per chi deve passare a piedi) e del tutto banale nella sostanza e nei colori.
Oltre a dimenticare le caditoie, oltre a dimenticare che le aiuole vanno chiuse con le giuste cornici altrimenti quando piove l’acqua trascina la terra sulla pavimentazione, oltre a mantenere delle alberature che saranno pure originali ma siccome sono state maltrattate e dimenticate dalla nascita adesso «fanno letteralmente pietà» il risultato finale è appunto «banale» nel senso che chi la percorre non ci trova niente che un mix di pavimentazione che dice nulla.
Le panchine non le hanno messe in piano: così se stai seduto caschi addosso a quello più in basso. La piazza fa  perfetto pendant con la miseria della facciata della Gamec che non si comprende sia un fabbricato abbandonato, una stalla sui pascoli delle valli o qualcosa d’altro. Letteralmente orribile e visibilmente residuale il verde.
La giunta Gori ha scelto giustamente interventi minimali ma con 800mila euro si poteva avere un risultato decisamente migliore e con minori difetti.
Nella vicenda Boschi emerge un aspetto che non ci pare abbia avuto la giusta attenzione: com'è stato possibile che una persona anziana e (forse) nemmeno diplomata  com'è Boschi senior (già presidente della Coldiretti e di Confcooperative aretine: quindi di ottima scuola) sia diventato vicepresidente (per nove mesi) di Banca Etruria ( solo dopo che la figlia era diventata ministro…)?  Ci si spiegherà che il voto capitario nelle banche popolari non prevede particolari livelli scolastici tranne il saper leggere e scrivere ed essere presidenti giusti delle associazioni  imprenditoriali (filo)democristiane giuste.
Il secondo aspetto di cui non si deve parlare è che non ci vuole molto a prevedere che «meglio uno asino che uno attento» quando si vuole girare la situazione a proprio vantaggio.
Terzo aspetto. Sarebbe interessante sapere a quanto ammontavano gli NPL di Banca Etruria al momento dell'ingresso di Renzi senior nel CdA della banca e a quanto ammontavano nove mesi dopo quando la banca è stata  commissariata e quindi il Renzi senior è stato sloggiato. Purtroppo non lo sapremo mai: ma viste le date, ormai i fondi dalla banca non ne uscivano più.
Quarto aspetto di cui se ne è parlato di sfuggita. Non è un caso che le due banche -Banca Etruria e Banca  Popolare di Vicenza che da qualche parte si pensava di maritare- siano le due banche delle due principali provincie dei distretti orafi italiani  con tutto quello che c'è buono e meno buono nei territori più ricchi. La Popolare di Vicenza fece l'offerta perché aveva due vantaggi: «Pop Vicenza era già presente in Toscana attraverso Cariprato e con Etruria e quindi sarebbe diventata il secondo istituto in Toscana dopo Mps. I numeri dicono così ma la «politica delle banche» dice che quella fu “un'aggressione” dei vicentini sugli aretini per mettere le mani sui loro affari.
Nel momento in cui da qualche parte si immagina questo  matrimonio la situazione delle due banche è catastrofica (ma non si dice...) ma non è difficile immaginare che oltre il settore dell'edilizia (presente in tutti i crediti deteriorati  bancari europei) in queste due si aggiunga la formidabile crisi del settore «oro» collegata alla crisi economica internazionale.
Non è difficile immaginare che il settore «oro» aretino davanti all'idea di vedere finire nelle mani vicentine la propria banca di riferimento, si sia messo in altissimo allarme e abbiano levato le difese. Tutte quelle possibili: per esempio nominare uno scaltro Boschi senior divenuto nel frattempo padre di una ministra come amministratore  bancario di cui sapeva poco o nulla (tranne l'essere stato dalla parte dei riceventi). Purtroppo la ministra Boschi non si rese conto dell'opportunità che, per evitare ogni sospetto velenoso di un conflitto di interessi in questi tempi di populismo e demagogia, uno dei due, il padre o la figlia, rinunciasse all'istante al proprio incarico. Non fu invocata appunto l'opportunità per spingere all'addio Josefa Idem e Maurizio Lupi e Federica Guidi, per citare solo gli ultimi casi?.
Scontato che ANCHE la politica, quindi la Boschi in primis, si siano resi conto che quella non era l'unione tra due banche (stroncate piuttosto che azzoppate) ma che veniva meno anche quella autonomia imprenditoriale che -giusta o meno che fosse- Arezzo rivendicava in un settore nel quale era sempre stata concorrente dei vicentini. Non è errato immaginare che tutti – di destra di centro e di sinistra- i parlamentari toscani si siano mossi  attorno a questa vicenda.
Ha rivelato la Boschi in un'intervista a Tommaso Ciriaco: «Mi sono limitata a rappresentare le preoccupazioni mie e del territorio aretino rispetto alla prospettiva di una aggregazione con la Popolare di Vicenza per il futuro del settore orafo».
Ma come? Insediandosi come ministro non aveva giurato “di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione». «Interesse esclusivo della Nazione», non di Arezzo, degli orafi aretini e del pascolo elettorale aretino. E gli interessi di Vicenza, degli orafi vicentini e del territorio vicentino? Venivano dopo? A prescindere dal diritto di Arezzo e degli orafi aretini di difendere i «propri» interessi e a prescindere dalla piega che stavano per prendere i destini della Popolare di Vicenza (lo scandalo sarebbe esploso in tutta la sua gravità l'anno dopo) con che squadra giocava Maria Elena Boschi: la squadra dell'Italia o della sua bottega aretina?

Consoli, l'ex ad di Veneto Banca sentito in Commissione Banche riferisce (il 15.12)  ha ricordato che il sottosegretario Boschi l'ha incontrata a Laterina, a casa del padre Pier Luigi, nel corso di un incontro riservato tra i vertici di Veneto Banca e Popolare Etruria volto a capire se era possibile fare fronte comune, magari trovando una sponda nel governo, contro le richieste di Banca d'Italia che nel novembre del 2013 aveva intimato a entrambi gli istituti di trovare al più presto un partner di elevato standing. Partner che nel caso di Etruria, ma anche di Veneto Banca, risultava essere la Popolare di Vicenza. Vale giusto la pena sottolineare che l'incontro si è tenuto nella primavera 2014, intorno a Pasqua, quando Maria Elena Boschi già ricopriva la carica di ministro e in quella stessa primavera – sempre da ministro – interloquiva con Vegas riferendogli le sue preoccupazioni sulla possibile acquisizione di Banca Etruria da parte della banca di Zonin.
Come abbiamo più volte scritto le banche italiane sono finite nel burrone non solo per una generale crisi economica ma soprattutto per due motivi molto casalinghi. Il primo deriva dalla somministrazione molto domestica e addomesticata del credito ai «soliti giri» che nelle banche popolari erano molto più sacrestie che altrove. Il secondo è che le banche hanno somministrato credito sulla base di orientamenti politici ben precisi per secondare le politiche dei governi. Per dare questi indirizzi o suggerimenti non occorrono convegni documenti lettere: basta la parola scambiata casualmente chissà come dove quando. Non è pensabile  per esempio che le banche non avessero compreso che un Paese con una sovraofferta edilizia  assurdamente superiore al reale fabbisogno  (che potrebbe comportare un aumento della popolazione del 20-25%, evento impossibile...) quello fosse un settore «ancora» finanziabile ancorchè formalmente garantito (spesso in maniera scorretta: ti do il prestito o il mutuo se comperi le mie azioni....).
«Il Pd si occupa di politica e non di banche», disse Bersani nel 2013 per ripararsi dal ciclone, proprio mentre D'Alema sulla Stampa rivendicava che «noi, e per noi intendo il Pd senese, abbiamo cambiato da un anno i vertici di Mps». Esattamente come ora Renzi ricorda di aver commissariato Etruria con il suo governo, mentre Boschi rammenta volta per volta i suoi colloqui «istituzionali».
Le banche sono insomma l'alfa e l'omega di un partito che sulle banche prima si è scontrato e poi si è diviso. Un tempo, quando non era contemplata la scissione, gli eretici si limitavano a denunciare il loro accantonamento. «Consorte e D'Alema fecero pressioni perché Mps si alleasse con Unipol nella scalata alla Bnl», rivelò a Panorama Bassanini: «Chi difese l'autonomia dell'istituto, come me e Amato, venne emarginato». Più tardi Renzi — in segno di sfida — sarebbe partito dalla Leopolda e giunto fino a Siena per concludere la campagna delle primarie. Quella volta perse da Bersani, ma dell'ultimo comizio a volte evoca con gusto la frase di un compagno che gli disse: «Matteo, te tu sulla banca hai ragione. Eppoi con Massimo si perde sempre».
Con «Massimo» e la «ditta» voleva regolare i conti dopo la separazione, e incurante dei consigli delle massime cariche dello Stato decise di farlo con la Commissione d'inchiesta (appunto) sulle banche, convinto così di poter mostrare al Paese «la trave» Mps.
Che poi i 200 miliardi di crediti deteriorati che hanno in pancia le banche italiane riducano tutto il problema nella Pop Vicentina e in Banca Etruria e nell'agitarsi di un ministro per questi, solo dei politici di incapaci o furfanti ( o entrami gli aspetti...) la possono girare in questo modo.
 Invece in Commissione a risaltare è stata la «pagliuzza» Etruria. Una sorta di eterogenesi dei fini, alla quale Renzi l'altra sera su La7 ha provato a ribellarsi: «In questi anni ci sono state ruberie a tutti i livelli. Penso alle banche comprate a sei miliardi e rivendute a nove, mi riferisco a Mps e Antonveneta. Penso a scandali clamorosi come l'acquisizione di Banca 121 sempre da parte dei soliti toscani. E si parla solo di Etruria».
Bisogna domandare a chi ha governato l'Italia almeno dal 1998-2000 in avanti come mai la «politica» non abbia vigilato sulla somministrazione del credito e quanto abbia fatto finta di nulla su tutto quello che non è ancora emerso.
Cioè la politica ha dato le dritte alle banche facendole ben capire e poi  ci sono stati quelli che le hanno “bene” amministrate