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Premesso che:
    nel programma elettorale della lista civica Vivere Curno, nella sezione “Cosa faremo”, al punto “Commercio: promozione dei negozi di vicinato", si fa menzione ad iniziative organizzate dall'Amministrazione con l'Associazione dei Commercianti;
    il Sindaco e/o l'Assessore al Commercio e tutta la Giunta Comunale non hanno, ad oggi, fornito dettagli su come intendano rispettare gli impegni indicati nel programma elettorale nei confronti dei commercianti e dei piccoli artigiani di Curno o, quantomeno, non hanno informato il Consiglio Comunale in merito ad eventuali azioni intraprese dall'Amministrazione Comunale;
Considerato che:
    riteniamo giusto, a fronte dello sviluppo della macro area del centro commerciale di via Fermi, che impoverirà ulteriormente il centro cittadino, l'Amministrazione dimostri con i fatti il proprio impegno nei confronti dei nostri esercenti;
    in un'ottica di limitatezza di budget i comuni, purtroppo, perdono, a volte, interessanti opportunità di sviluppo se non si riesce a creare la giusta sinergia tra pubblico e privato;
    l'Amministrazione Comunale potrebbe mettere a disposizione un fondo di euro 10.000,00 euro annui, con lo scopo di erogare un sostegno economico variabile da 500,00 a 1.000,00 euro, sulla scorta di un preciso regolamento da approvare da parte del Consiglio Comunale, per ogni singola iniziativa organizzata dai commercianti locali finalizzata alla promozione ed alla rivitalizzazione del centro cittadino;
Ritenuto che:
    gli eventi organizzati dagli esercenti di Curno avrebbero un'importante valenza sia sotto l'aspetto del marketing territoriale con la promozione dei singoli pubblici esercizi, sia, soprattutto, sotto l'aspetto dell'aggregazione sociale che potrebbe indurre anche i residenti dei paesi limitrofi a partecipare ad eventi di qualità;
    la copertura finanziaria per l'attuazione della summenzionata proposta sarebbe possibile con la devoluzione, in apposito capitolo creato nel bilancio di previsione, del 10% delle indennità annuali percepite dai componenti dell'attuale Giunta Comunale, cosi da ricavare l'importo annuale di 10.000,00 euro, necessari, peraltro, anche per rivitalizzare il quartiere “dormitorio” della Marigolda;
tutto ciò premesso e considerato si impegna il Consiglio Comunale
1- a costituire nel bilancio di previsione anno 2018 un fondo complessivo di euro 10.000,00 euro annui, con lo scopo di erogare un sostegno economico, variabile da 500,00 a 1.000,00 euro, sulla scorta di un preciso regolamento da approvare da parte del Consiglio Comunale, per ogni singola iniziativa organizzata dai commercianti locali finalizzata alla promozione ed alla rivitalizzazione del centro cittadino;
2- ad esortare i componenti della Giunta Comunale a devolvere il 10% dell'indennità annuale percepita nell'apposito fondo complessivo di euro 10.000,00 euro annuo, finalizzato all'attuazione delle iniziative sopra indicate.
Il capogruppo Locatelli Giovanni
Il consigliere Cavagna Paolo
Il consigliere Bugini Francesca
Sul tema ci siamo già stati col n.509 e 419 ma solo adesso abbiamo in mano il testo originale della mozione presentata dal Centrodestra e dalla Lega a tripla firma (sic!). Preliminamente dobbiamo domandarci: «MA È UNA PRESA PER I FONDELLI? Solo a Curno può accadere che una mozione presentata nella seduta consigliare del 27 settembre 2017 sia pubblicata all’albo pretorio ai 14 novembre 2017 e per di più in forma incompleta. Qualcuno in comune  forse dovrebbe darsi una mossa. Anzi, qualcosa di meglio: prendere la buona abitudine di pubblicare i documenti in sequenza di approvazione ed entro 2-3 settimane.
Poi. Recentemente abbiamo avuto un incontro col segretario comunale (che è donna) per avere delucidazioni tecniche di una delibera. Alla fine dell’incontro l’unica cosa che ho compreso è che sarebbe utile per Curno cambiare segretario comunale: anche se è donna.
Leggendo il testo della mozione di CDX+Lega ci viene da dire che o era una presa per i fondelli della minoranza verso la maggioranza oppure vanno presi per le orecchie e strattonati.
La proposta è divertentissima (o co- glionissima) per due motivi. Il primo perché propone di finanziare una delibera comunale con la paghetta degli assessori: ben 10mila euro (che divisi per il numero e i mesi di ogni anno fanno una pizza al mese con mezza birra).
La seconda ragione del divertimento è che FI+Lega propongono dei «bonus» (Renzi insegna?) per i bottegai nostrani colpiti dalla presenza dei centri commerciali.
Per chi conosce un poco il mercato immobiliare, dare questo bonus ai commercianti significa in realtà regalarlo ai proprietari immobiliari i quali possono affittare i negozi a un prezzo superiore «visto che c’è il bonus». Siccome dei commercianti del centro storico i proprietari del proprio locale sono solo un paio ... il significato della proposta si comprende bene dove vada a parare. Infine: abbiamo già avuto una proposta di delibera (non ricordiamo se sia stata approvata) con la quale il CDX+Lega chiedeva l’abbassamento degli oneri per le costruzioni nel centro storico. Adesso arriva anche questa. Consigliamo a Giovanni Locatelli di prestare attenzione a certe proposte perché si configurano come «leggi ad personam». Va bene che Berlusconi in questo è il «loro» maestro quanto a leggi ad personam, ma nemmeno a Curno abbiamo l’anello al naso.
Esattamente cinquant’anni fa il 17 ottobre 1967 fu approvata la prima legge realmente fedele ai principi costituzionali in materia di sfruttamento minorile. Questa legge ridusse al minimo le categorie dei minori e delle attività non soggette alla sua disciplina, ed estese la tutela anche ai minori impegnati in lavori agricoli o domestici. Successivamente, nel corso degli anni ’90, sono state fatte diverse integrazioni alla legge originaria, giungendo nel 2000 ad una definizione chiara dei confini tra ciò che è sfruttamento e ciò che non lo è.

In concreto la legge 17 ottobre 1967, n. 977 stabilisce che:

1) I bambini di età inferiore a 15 anni non possono svolgere nessuna attività lavorativa, fanno eccezione soltanto iniziative di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario e nel settore dello spettacolo;

2) I minorenni di età compresa tra i 15 e i 18 anni non possono svolgere lavori che arresterebbero il loro pieno sviluppo fisico: non devono essere esposti a rumori sopra gli 87 db e non devono venire a contatto con sostanze dannose, non possono lavorare in luoghi dove si utilizzano arnesi taglienti, devono evitare di usare saldatrici, non possono compiere lavori che includono l’utilizzo di martelli pneumatici, pistole fissachiodi, strumenti vibranti e apparecchi di sollevamento meccanici, non devono svolgere lavori su navi in costruzione, nelle gallerie o utilizzando forni ad elevate temperature e infine devono evitare di eseguire lavori all’interno di cantieri edili per rischio crolli;

3) Prima di essere avviato al lavoro il minorenne deve essere sottoposto ad una visita medica preventiva.

Il 7 ottobre scorso viene diffusa la notizia di un diciasettenne di La Spezia che si è fratturato la tibia guidando un muletto: come si è arrivati a questo? Facciamo un passo indietro.
È il 13 Luglio 2015 quando viene approvata la “Buona Scuola”, ovvero la riforma dell’istruzione voluta dal Governo Renzi. Uno dei provvedimenti principali contenuti in questo testo è la così detta “Alternanza scuola-lavoro”. La norma prevede l’obbligo per gli studenti del triennio delle scuole superiori di alternare alla formazione scolastica dalle 200 alle 400 ore (200 per i Licei e 400 per gli Istituti Professionali) di lavoro in aziende, imprese, enti, istituzioni e ordini professionali.

L’Alternanza deve configurarsi (come spiegato dalla legge) come progetto formativo e non come rapporto di lavoro. Il concetto base esposto dal provvedimento sembra superficialmente lodevole, ma andando ad osservare i dettagli si può facilmente capire il mostro legislativo creato da questa riforma. Innanzitutto andiamo ad osservare i soggetti aderenti: a fianco di istituzioni culturali e sportive troviamo le più disparate realtà aziendali; da Mcdonald’s a Zara fino a Fico Eataly World, il nuovo giocattolo di Oscar Farinetti.
La linea di demarcazione tra formazione e lavoro a costo zero è inesistente. Oltre a questo non vengono rispettate le norme citate poc’anzi in merito alle visite mediche preventive per i minorenni che si accingono a lavorare e il divieto di effettuare lavori pericolosi, o più in generale non inerenti la formazione degli studenti. Quella che si va configurando è una nuova forma di sfruttamento minorile, reintrodotta vigliaccamente per mezzo di una riforma mal scritta e allo stesso tempo mal digerita da tutto l’impianto scolastico.

Tornando alla vicenda del ragazzo di La Spezia possiamo dire che la sua esperienza è purtroppo una tra le tante. Quella che poteva essere un’occasione di formazione al di fuori delle mura scolastiche si è trasformata in una delle forme più subdole di sfruttamento. Questo fenomeno ricorda molto da vicino le pratiche industriali della seconda metà dell’Ottocento, che vedevano a lavoro molti minorenni perché costavano meno di un terzo del salario di un adulto, con il benestare delle famiglie, che pur di racimolare qualche soldo in più nella miseria, erano disposte a far lavorare i propri figli sin da piccoli.

La differenza rispetto a quell’epoca è che oggi i minorenni non vengono pagati, costano alle imprese nulla rispetto a un qualunque salario di un lavoratore normalmente assunto e le famiglie non hanno più voce in capitolo, perché questa “alternativa” è un obbligo imposto dalla legge. Non sorprende quindi vedere Mcdonald’s sfruttare 10.000 ragazzi, quando in tutta Italia da lavoro a 20.000 dipendenti, o peggio ancora la nuova invenzione di Oscar Farinetti (stranamente molto amico di Matteo Renzi) Fico Eataly World, che conterà circa 20.000 studenti per oltre 300.000 ore di alternanza, numeri che fanno presagire una sostituzione di manodopera pagata, in cambio di uno sfruttamento minorile a costo zero.
La mia prima esperienza lavorativa «sotto padrone» (allora si diceva così) avvenne all’età di 17 anni nel 1964. Vista la scuola che frequentavo venni mandato a fare il ragazzo di studio da un ingegnere agrario che progettava e dirigeva i lavori della strada da Cambrembo al Passo S. Marco. La strada era costruita con un finanziamento del Piano Verde n.1nell’intento di creare un collegamento per i trattori tra Capovalle e le varie malghe che c’erano sul monte. A Capovalle c’era soltanto una piccola costruzione adibita dall’Oratorio dell’Immacolata come rifugio con accanto una antica chiesetta dei pastori.
Per fare una strada occorre un progetto e un computo metrico. Il progetto della strada era stato fatto «spannometricamente» a seguito di diversi sopralluoghi e fotografie e partendo non da un rilievo bensì da una carta IGM in scala 1:25.000 del 1954. Poi la Comunità Montana aveva chiesto al ministero dell’Agricoltura un finanziamento ed era arrivato il primo pacchettino di milioni.
Non aveva alcun senso fare  dei rilievi precisi in quanto al di sotto del prato-pascolo chissà cosa c’era e quindi ogni previsione era del tutto inutile. Inimmaginabili nemmeno dei sondaggi. Morale della favola  si stava un paio di giorni sul posto a tracciare coi picchetti più o meno il tracciato (che doveva collegare innanzitutto le varie stalle esistenti sui pascoli) e poi via coi lavori.  Con questo modo di operare avevano maggior sagacia degli attuali progettisti delle c.d. «grandi opere».
L’opera era affidata a un giovane pacherista di Olmo con l’indicazione di seguire sommariamente il tracciato picchettato e scavare metà a monte e scaricare lo scavo a valle creando una sezione acconcia. Naturalmente un criterio del genere generava dei problemi nelle pendenze stradali in quanto  i pastori non gradivano affatto che si invadessero i loro prati pascoli ma volevano che le relative baite fossero ben servite. Il pacherista essendo del posto conosceva tutti i pastori e quindi sapeva che fare al meglio.
Il mio primo compito era di stabilire coi padroni dei terreni le correzioni del tracciato e di resistere quando il tracciato aveva pendenze  eccessive. Di pomeriggio il mio compito era di rilevare le sezioni degli scavi fatti dal pacherista, ai fini della fatturazione dei lavori. Ogni tre giorni si provvedeva al rilievo con lo strumento dei lavori eseguito finendo così di «costruire» a posteriori il progetto reale della strada.
Fatto tutto questo bisognava tornare in studio , disegnare il rilievo ed approntare il computo metrico e fare i calcoli dei lavori da pagare. Qui si ponevano dei problemi perché (anche con ) le calcolatrici elettromeccaniche del tempo la moltiplicazione di due numeri con due decimali generava un numero con quattro decimali ma ... alla fine, la quantità di lavori eseguiti doveva essere «sempre» perfettamente coincidente con la cifra davvero disponibile. Allora veniva in soccorso la nostra creatività - il lavoro prevedeva anche un corso di tale natura...- ragion per cui i conteggi venivano adeguatamente aggiustati per  evitare che quei rompi... del Ministero dell’Agricoltura creassero problemi nella liquidazione dei lavori.
L’aspetto interessante della vicenda erano molteplici. Queste strade non servivano per le stalle ma per creare sviluppo turistico. Non giravano tangenti tanto ciascun operatore si prendeva la propria fetta di torta benedetta da collaudatori altrettanto golosi di fette di torta. Gli appalti si facevano seguendo il «corretto» obbligo per cui ciascuna impresa lavorava in casa propria e non andava a rubare il lavoro in casa altrui.
Purtroppo qualche volta i conteggi sballavano rispetto alle cifre disponibili e allora avevo la disposizione di passare tutto il problema all’ingegnere titolare. Cioè: io che stavo sul cantiere dovevo fare le cose per bene e poi in studio il grande capo coll’impresa facevano quadrare i conti. Eh che tempi quando c’era la DC e Sonzogni ...
La strada l’abbiamo fatta in tre anni e tranne il primo chilometro dalla pendenza ancora adesso del tutto assurda, il resto ha dimostrato che era stata eseguita benissimo: non è mai franata. Che paiolo!.