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http://www.ilgiornale.it/news/politica/trame-sinistre-dietro-mps-che-hanno-affossato-banca-1285173.html

http://www.liberoquotidiano.it/dossier/politica/1170840/Mps--intreccio-Pd-banca--Bersani--D-Alema--Amato--Bassanini--ecco-tutti-i-protagonisti.html

http://www.repubblica.it/economia/rubriche/affari-in-piazza/2017/02/17/news/mps_d_alema_e_la_vergogna_a_comando-158553426/

http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1811723&codiciTestate=1

http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/mps-finalmente-carte-interrogatori-siena-spuntano-padrini-61877.htm

http://www.ilgiornale.it/news/interni/affari-e-scalate-lobby-siena-che-tiene-i-fili-monte-dei-878378.html

http://www.repubblica.it/politica/2013/01/25/news/mps_monti_il_pd_c_entra_ha_avuto_influenza-51240951/


Chi ha la pazienza di fare una ricerca in rete immettendo i termini Bersani D’Alema Monte dei Paschi di Siena e via via l’elenco di banche che sono saltate negli ultimi anni troverà un discreto numero di collegamenti (che in parte riportiamo anche noi) ma questo elenco ci pare breve e inoltre abbiamo notato come il risultato della ricerca (su google) sia differente se lo facciamo col PC di normale uso piuttosto che su un tablet usato più raramente. Su quest’ultimo compare un maggior numero di collegamenti ad articoli in merito.
Con questa premessa pensiamo che gran parte dei problemi dell’MdP Bersani-D’Alema e Speranza verso Renzi abbia un fortissimo contenuto proprio sul tema banche e in particolare MPS- Monte dei Paschi di Siena. E non c’è nemmeno da dubitare che due soggetti in politica dai tempi di Adamo&Eva come Bersani e D’Alema non stiano dietro quelle parti di istituzioni che hanno avuto come obiettivi non solo Renzi e suo padre ma anche la Boschi e Lotti, visto che escono non dalle scuole delle suore ma da quella dei fratelli coltelli.
Bersani e D’Alema non sono dei polli che lasciano tracce telefonate appunti: sanno bene come scannare la gallina senza farla starnazzare.
Dietro la frase mantra del fiorentino: «chi ha sbagliato paghi» non vanno quindi cercati solo i banchieri e tutto il relativo contorno ma vanno cercati individuati e messi di fronte alle rispettive responsabilità soprattutto i politici che di quei traffici  sono stati artefici e fruitori di vantaggi elettorali.

Per adesso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche di Pier Ferdinando Casini ha fatto emergere il gioco degli specchi commesso dalla coppia del direttore generale della Consob Angelo Apponi e quella del capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo fatto solo di «valutazioni divergenti». Divergenze non di poco conto, a parere del presidente Casini.
Man mano che verranno esaminati i singoli casi banca dopo banca «potrebbe accadere» che in commissione arrivino i protagonisti veri dei casini combinati nelle varie banche e sebbene Casini ne abbia esclusa la chiamata, non è detto che... .

La questione è che la classe politica italiana ha letto ed affrontato  la crisi del 2008 ragionando cogli schemi secondo i quali «ha da passà la nuttata» come l’Italia aveva sempre fatto. Col «ce la siamo sempre sfangata». Mentre parrebbe di capire che il fiorentino sia arrabbiato con Banca d’Italia anche perchè mentre la Germania era partita in quarta ed aveva affrontato la crisi delle proprie banche con largo anticipo immettendo un pacco di miliardi ( i media scrivono 230 miliardi) almeno cinque anni prima di noi, questo trallallero trallallala tra Banca d’Italia e Consob non ha consentito di capire fino in fondo il livello di crisi delle banche e del Paese.
C’è da credere che perfino il bail-in -arrivato in Italia come pacchetto da adottare- non sarebbe stato com’è se i governi precedenti avessero avuto consulenze diverse dalla Banca d’Italia.
Poche truppe però i generali abbondano
di Aldo Cazzullo

C'è un solo problema che la forza nascente alla sinistra del Pd non ha: la mancanza di leader. Le truppe scarseggiano; i generali abbondano. E non uno la pensa come l'altro.
A fronte di infinite difficoltà, l'esercito della nuova sinistra ha due certezze: un'ampia pluralità di posizioni; e una vasta schiera di condottieri. Ognuno si considera il comandante in capo, nonché l'ideologo. Peccato che nessuno abbia le stesse idee degli altri.
Ieri, ad esempio, Pisapia ha detto che bisogna fare l'alleanza con il Pd, e la Boldrini ha risposto che al momento non si può fare l'alleanza con il Pd. In platea non c'era un delegato che concordasse con il vicino: chi proponeva l'accordo tecnico, chi l'accordo politico; chi la desistenza nel Centro Italia, chi l'arrocco al Nord; chi il patto di ferro, chi la rottura.
Non è in discussione la qualità delle persone: Pisapia ad esempio è stato un buon sindaco di Milano; la Boldrini è stata molto attaccata sul web ma è molto amata dal suo popolo, perché spesso è stata l'unica a dire cose di sinistra. Il punto è la quantità. Pisapia doveva essere il rassembleur , fino a quando non è sceso in campo il presidente del Senato Grasso. Ma Bersani non ha mai rinunciato ufficialmente a essere lui il leader ombra. D'Alema da sempre considera che il posto di capotavola sia là dove siede lui. Però, se il capo di una forza giovane dev'essere giovane, allora chi se non Speranza? Poi c'è il portavoce di Sinistra italiana, Fratoianni, che è pure bello; almeno quanto il biondo Civati, fondatore di Possibile, la risposta italiana a Podemos (che però ha il 20%, vale a dire circa 200 volte di più). Ci sarebbe anche il movimento di Anna Falcone e del professor Montanari, che — come ha annotato Roberto Bonami sulla Stampa — ha scritto un libro contro tutte le mostre, tranne le sue. Non manca ovviamente la sinistra della sinistra: i rifondatori comunisti capeggiati da Acerbo che ha appena preso il posto dell'ex ministro Ferrero, celebre per aver manifestato contro il suo governo, quindi contro se stesso. Ieri all'assemblea di «Diversa», il nuovo nome del movimento di Pisapia, è stato evocato pure il fantasma di Turigliatto, citato da Carlo Romano, uomo di Tabacci (esistono). Non possono assentarsi dalla scena, come sempre nei momenti più belli, i trotzkisti, rappresentati dal mitico Ferrando.
Disuniti su tutto, i numerosi leader sono uniti su un punto: detestano Renzi, le sue politiche, talora la sua persona. Con diverse sfumature — Pisapia ha votato sì al referendum, quasi tutti gli altri erano per il no —, ma con l'idea che il segretario stia affondando il Partito democratico, da cui è cominciata la fuga: il prossimo potrebbe essere Cuperlo, che ha un piede al Nazareno e l'altro ormai altrove.
Renzi di fatto è un centrista, almeno su temi fondamentali come economia e lavoro. Anzi, secondo i suoi odiatori è proprio di destra. È normale quindi che alla sua sinistra nasca un nuovo partito. Uno però. Non centomila.
La situazione è ulteriormente complicata dal proliferare di correnti dentro il Partito democratico. Orlando ed Emiliano sono usciti allo scoperto con le primarie. Ma il più potente tra i capi interni resta Franceschini. Una corrente non si nega a nessuno, neppure a Damiano; come la qualifica di padre nobile, in attesa nell'affollata riserva della Repubblica.
Non è mica finita qui. C'è tutta una galassia di listarelle e leaderini indecisi tra il progetto di Pisapia, l'alleanza con il Pd, la lista europeista della Bonino e la tentazione di presentarsi per proprio conto: i radicali di Magi, i socialisti di Nencini, i verdi di Bonelli e altri che certo stiamo dimenticando. Libertà e Giustizia di Sandra Bonsanti che fine ha fatto? Vogliamo proprio escludere una zampata di Vendola? Un canto del cigno di Bertinotti? Una resurrezione di Occhetto, ieri acclamato alla fiera della Microeditoria di Chiari (Brescia)?
Sarebbe anche uno spettacolo bello e variopinto. Il problema è che i mille coriandoli in cui si è frammentata la sinistra rischiano di essere dispersi dal vento. Che in tutto il mondo, Europa e Italia compr
LA NOTIZIA. Nella prima settimana di novembre Bergamo è stata al centro del Festival Città Impresa così presentato dalle gazzette locali:  «nato 10 anni fa come manifestazione che mette in relazione il mondo delle imprese con i territori, il Festival Città Impresa sceglie come sede della propria edizione autunnale Bergamo, una delle grandi città-simbolo della manifattura italiana e uno dei territori a più forte vocazione industriale del Paese. Protagonisti di questa manifestazione saranno soprattutto i giovani, ma anche imprenditori, manager, professionisti, che si incontrano in una tre giorni che invaderà i centri storici delle città, per discutere e riflettere sulle prospettive economiche, sociali e culturali delle imprese nel loro complesso e dei territori, cercando di metterne a fuoco limiti e potenzialità, affrontando sia i temi di stringenti attualità che di prospettiva».
Nel frattempo s’è tenuto anche il convegno su «Industria 4.0, il piano nazionale varato dal Governo allo scopo di incrementare l’innovazione tecnologica del sistema industriale italiano, cambia nome. Da oggi comincia Impresa 4.0 (Enterprise 4.0) che vuole, a partire proprio dal nome, segnare l’inizio di una nuova fase.
Con Impresa 4.0 il raggio d’azione diventa più ampio, passando dalla manifattura in senso stretto all’evoluzione verso i servizi e dando inizio a “un nuovo capitolo caratterizzato da un perimetro più ampio dove saranno protagonisti le competenze e il lavoro”. Questo è il tema cardine dell’incontro, organizzato da Neosperience Lab che si terrà giovedì 9 novembre presso il Parco Scientifico e Tecnologico Kilometro Rosso. Il nuovo nome indicherà anche una più forte attenzione verso la microeco- nomia. Il nuovo punto focale della fase due sarà il credito d’imposta per la formazione 4.0 che, con la nuova legge di Bilancio, sarà a disposizione delle imprese che effettueranno una spesa incrementale in formazione».
Domani i giornali ci racconteranno che la GdF ha scoperto  in Valcavallina dei laboratori famigliari di italiani e stranieri dove tolgono le sbavature delle guarnizioni a 4 euro l’ora. Oppure che nelle campagne a sudest dell’Oriocenter ci sono società che coltivano e commerciano insalate di quarta gamma fondate da ex sindacalisti  impieganti lavoratori in nero.
La visita del Presidente del Consiglio Gentiloni alla Freni Brembo nella sede del Khilometro Rosso di Stezzano s’è tenuta Sabato come ciliegina sui convegni   e sarà certamente ricordata -lo si vede al minuto 2,54 del filmato su Bg news- per un gesto elegantissimo sollevamento delle braghe sia per l’atteggiamento di evidente «cosa ci faccio io qui?».
LA DOMANDA. Fatto questo quadretto abbiamo osservato le foto e i filmati della visita di gentiloni alla Brembo ed abbiamo trovato la sindachessa leghista di Stezzano (quella che fa celebrare i matrimoni gay negli sgabuzzini al riparo da occhi indiscreti) e il sindaco di Bergamo. Mancavano la sindaca di Curno Gamba nonchè la sindaca emerita Serra.
Sgarbo istituzionale o semplice dimenticanza?