Chi
ha la pazienza di fare una ricerca in rete immettendo i termini Bersani
D’Alema Monte dei Paschi di Siena e via via l’elenco di banche che sono
saltate negli ultimi anni troverà un discreto numero di collegamenti
(che in parte riportiamo anche noi) ma questo elenco ci pare breve e
inoltre abbiamo notato come il risultato della ricerca (su google) sia
differente se lo facciamo col PC di normale uso piuttosto che su un
tablet usato più raramente. Su quest’ultimo compare un maggior numero
di collegamenti ad articoli in merito.
Con questa premessa pensiamo che gran parte dei problemi dell’MdP
Bersani-D’Alema e Speranza verso Renzi abbia un fortissimo contenuto
proprio sul tema banche e in particolare MPS- Monte dei Paschi di
Siena. E non c’è nemmeno da dubitare che due soggetti in politica dai
tempi di Adamo&Eva come Bersani e D’Alema non stiano dietro quelle
parti di istituzioni che hanno avuto come obiettivi non solo Renzi e
suo padre ma anche la Boschi e Lotti, visto che escono non dalle scuole
delle suore ma da quella dei fratelli coltelli.
Bersani e D’Alema non sono dei polli che lasciano tracce telefonate
appunti: sanno bene come scannare la gallina senza farla starnazzare.
Dietro la frase mantra del fiorentino: «chi ha sbagliato paghi» non
vanno quindi cercati solo i banchieri e tutto il relativo contorno ma
vanno cercati individuati e messi di fronte alle rispettive
responsabilità soprattutto i politici che di quei traffici sono
stati artefici e fruitori di vantaggi elettorali.
Per adesso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche di
Pier Ferdinando Casini ha fatto emergere il gioco degli specchi
commesso dalla coppia del direttore generale della Consob Angelo Apponi
e quella del capo della Vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo
fatto solo di «valutazioni divergenti». Divergenze non di poco conto, a
parere del presidente Casini.
Man mano che verranno esaminati i singoli casi banca dopo banca
«potrebbe accadere» che in commissione arrivino i protagonisti veri dei
casini combinati nelle varie banche e sebbene Casini ne abbia esclusa
la chiamata, non è detto che... .
La questione è che la classe politica italiana ha letto ed
affrontato la crisi del 2008 ragionando cogli schemi secondo i
quali «ha da passà la nuttata» come l’Italia aveva sempre fatto. Col
«ce la siamo sempre sfangata». Mentre parrebbe di capire che il
fiorentino sia arrabbiato con Banca d’Italia anche perchè mentre la
Germania era partita in quarta ed aveva affrontato la crisi delle
proprie banche con largo anticipo immettendo un pacco di miliardi ( i
media scrivono 230 miliardi) almeno cinque anni prima di noi, questo
trallallero trallallala tra Banca d’Italia e Consob non ha consentito
di capire fino in fondo il livello di crisi delle banche e del Paese.
C’è da credere che perfino il bail-in -arrivato in Italia come
pacchetto da adottare- non sarebbe stato com’è se i governi precedenti
avessero avuto consulenze diverse dalla Banca d’Italia.
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Poche truppe però i generali abbondano
di Aldo Cazzullo
C'è un solo problema che la forza nascente alla sinistra del Pd non ha:
la mancanza di leader. Le truppe scarseggiano; i generali abbondano. E
non uno la pensa come l'altro.
A fronte di infinite difficoltà, l'esercito della nuova sinistra ha due
certezze: un'ampia pluralità di posizioni; e una vasta schiera di
condottieri. Ognuno si considera il comandante in capo, nonché
l'ideologo. Peccato che nessuno abbia le stesse idee degli altri.
Ieri, ad esempio, Pisapia ha detto che bisogna fare l'alleanza con il
Pd, e la Boldrini ha risposto che al momento non si può fare l'alleanza
con il Pd. In platea non c'era un delegato che concordasse con il
vicino: chi proponeva l'accordo tecnico, chi l'accordo politico; chi la
desistenza nel Centro Italia, chi l'arrocco al Nord; chi il patto di
ferro, chi la rottura.
Non è in discussione la qualità delle persone: Pisapia ad esempio è
stato un buon sindaco di Milano; la Boldrini è stata molto attaccata
sul web ma è molto amata dal suo popolo, perché spesso è stata l'unica
a dire cose di sinistra. Il punto è la quantità. Pisapia doveva essere
il rassembleur , fino a quando non è sceso in campo il presidente del
Senato Grasso. Ma Bersani non ha mai rinunciato ufficialmente a essere
lui il leader ombra. D'Alema da sempre considera che il posto di
capotavola sia là dove siede lui. Però, se il capo di una forza giovane
dev'essere giovane, allora chi se non Speranza? Poi c'è il portavoce di
Sinistra italiana, Fratoianni, che è pure bello; almeno quanto il
biondo Civati, fondatore di Possibile, la risposta italiana a Podemos
(che però ha il 20%, vale a dire circa 200 volte di più). Ci sarebbe
anche il movimento di Anna Falcone e del professor Montanari, che —
come ha annotato Roberto Bonami sulla Stampa — ha scritto un libro
contro tutte le mostre, tranne le sue. Non manca ovviamente la sinistra
della sinistra: i rifondatori comunisti capeggiati da Acerbo che ha
appena preso il posto dell'ex ministro Ferrero, celebre per aver
manifestato contro il suo governo, quindi contro se stesso. Ieri
all'assemblea di «Diversa», il nuovo nome del movimento di Pisapia, è
stato evocato pure il fantasma di Turigliatto, citato da Carlo Romano,
uomo di Tabacci (esistono). Non possono assentarsi dalla scena, come
sempre nei momenti più belli, i trotzkisti, rappresentati dal mitico
Ferrando.
Disuniti su tutto, i numerosi leader sono uniti su un punto: detestano
Renzi, le sue politiche, talora la sua persona. Con diverse sfumature —
Pisapia ha votato sì al referendum, quasi tutti gli altri erano per il
no —, ma con l'idea che il segretario stia affondando il Partito
democratico, da cui è cominciata la fuga: il prossimo potrebbe essere
Cuperlo, che ha un piede al Nazareno e l'altro ormai altrove.
Renzi di fatto è un centrista, almeno su temi fondamentali come
economia e lavoro. Anzi, secondo i suoi odiatori è proprio di destra. È
normale quindi che alla sua sinistra nasca un nuovo partito. Uno però.
Non centomila.
La situazione è ulteriormente complicata dal proliferare di correnti
dentro il Partito democratico. Orlando ed Emiliano sono usciti allo
scoperto con le primarie. Ma il più potente tra i capi interni resta
Franceschini. Una corrente non si nega a nessuno, neppure a Damiano;
come la qualifica di padre nobile, in attesa nell'affollata riserva
della Repubblica.
Non è mica finita qui. C'è tutta una galassia di listarelle e leaderini
indecisi tra il progetto di Pisapia, l'alleanza con il Pd, la lista
europeista della Bonino e la tentazione di presentarsi per proprio
conto: i radicali di Magi, i socialisti di Nencini, i verdi di Bonelli
e altri che certo stiamo dimenticando. Libertà e Giustizia di Sandra
Bonsanti che fine ha fatto? Vogliamo proprio escludere una zampata di
Vendola? Un canto del cigno di Bertinotti? Una resurrezione di
Occhetto, ieri acclamato alla fiera della Microeditoria di Chiari
(Brescia)?
Sarebbe anche uno spettacolo bello e variopinto. Il problema è che i
mille coriandoli in cui si è frammentata la sinistra rischiano di
essere dispersi dal vento. Che in tutto il mondo, Europa e Italia compr
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LA
NOTIZIA. Nella prima settimana di novembre Bergamo è stata al centro
del Festival Città Impresa così presentato dalle gazzette locali:
«nato 10 anni fa come manifestazione che mette in relazione il mondo
delle imprese con i territori, il Festival Città Impresa sceglie come
sede della propria edizione autunnale Bergamo, una delle grandi
città-simbolo della manifattura italiana e uno dei territori a più
forte vocazione industriale del Paese. Protagonisti di questa
manifestazione saranno soprattutto i giovani, ma anche imprenditori,
manager, professionisti, che si incontrano in una tre giorni che
invaderà i centri storici delle città, per discutere e riflettere sulle
prospettive economiche, sociali e culturali delle imprese nel loro
complesso e dei territori, cercando di metterne a fuoco limiti e
potenzialità, affrontando sia i temi di stringenti attualità che di
prospettiva».
Nel frattempo s’è tenuto anche il convegno su «Industria 4.0, il piano
nazionale varato dal Governo allo scopo di incrementare l’innovazione
tecnologica del sistema industriale italiano, cambia nome. Da oggi
comincia Impresa 4.0 (Enterprise 4.0) che vuole, a partire proprio dal
nome, segnare l’inizio di una nuova fase.
Con Impresa 4.0 il raggio d’azione diventa più ampio, passando dalla
manifattura in senso stretto all’evoluzione verso i servizi e dando
inizio a “un nuovo capitolo caratterizzato da un perimetro più ampio
dove saranno protagonisti le competenze e il lavoro”. Questo è il tema
cardine dell’incontro, organizzato da Neosperience Lab che si terrà
giovedì 9 novembre presso il Parco Scientifico e Tecnologico Kilometro
Rosso. Il nuovo nome indicherà anche una più forte attenzione verso la
microeco- nomia. Il nuovo punto focale della fase due sarà il credito
d’imposta per la formazione 4.0 che, con la nuova legge di Bilancio,
sarà a disposizione delle imprese che effettueranno una spesa
incrementale in formazione».
Domani i giornali ci racconteranno che la GdF ha scoperto in
Valcavallina dei laboratori famigliari di italiani e stranieri dove
tolgono le sbavature delle guarnizioni a 4 euro l’ora. Oppure che nelle
campagne a sudest dell’Oriocenter ci sono società che coltivano e
commerciano insalate di quarta gamma fondate da ex sindacalisti
impieganti lavoratori in nero.
La visita del Presidente del Consiglio Gentiloni alla Freni Brembo
nella sede del Khilometro Rosso di Stezzano s’è tenuta Sabato come
ciliegina sui convegni e sarà certamente ricordata -lo si
vede al minuto 2,54 del filmato su Bg news- per un gesto elegantissimo
sollevamento delle braghe sia per l’atteggiamento di evidente «cosa ci
faccio io qui?».
LA DOMANDA. Fatto questo quadretto abbiamo osservato le foto e i
filmati della visita di gentiloni alla Brembo ed abbiamo trovato la
sindachessa leghista di Stezzano (quella che fa celebrare i matrimoni
gay negli sgabuzzini al riparo da occhi indiscreti) e il sindaco di
Bergamo. Mancavano la sindaca di Curno Gamba nonchè la sindaca emerita
Serra.
Sgarbo istituzionale o semplice dimenticanza?
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