I
Siciliani faranno un solido auto-cappotto anche stavolta. C’è da
scommetterci vista la loro eccellente capacità di farsi del
bene. Probabilmente il sistema elettorale siciliano con
qualche aggiustamento sarebbe applicabile anche a livello del
Parlamento italiano. Consente infatti il voto disgiunto; i collegi sono
provinciali (a livello nazionale si potrebbero unire o dividere secondo
le dimensioni); il numero dei candidati di ogni listino
provinciale varia in base alla popolazione (massimo 16 in Sicilia
ma per il Parlamento bisognerebbe dimezzarle).
Sorvoliamo sullo scrutinio che inizierà solo di lunedì alle otto:
giusto garantire il sonno riposante anche alle schede votate. Non
discutiamo nemmeno sul «chi decide chi» mettere in lista visto che è
dappertutto il solito bagno di sangue tra fratelli coltelli nei
partiti.
Trattandosi di voto disgiunto il candidato presidente eletto riceve 'in
dote' sette seggi, che vanno ai candidati inclusi nel suo listino, che
gli possono servire per raggiungere una maggioranza. Ma la legge
elettorale non garantisce che il presidente la ottenga. La soglia è 29
deputati eletti nella parte proporzionale, a cui si aggiungerebbero i 7
del listino per avere i 36 seggi che sono la maggioranza. Stavolta il
consiglio regionale avrà solo 70 seggi ( piuttosto che i 90 precedenti).
In caso contrario il presidente - che risulta eletto comunque e con
mandato diretto - dovrà trovare alleanze a sostegno della sua
maggioranza.
Un deputato (i consiglieri regionali siciliani si sono auto denominati
così...) oggi guadagna circa 8.300 netti a fronte dei vecchi 11.780
netti. Sono spariti vari bonus extra mentre solo per i presidenti di
commissione, dello stesso Parlamento e della Regione è previsto un
gettone lordo di 2.700 euro che comunque prima valeva quasi il doppio.
Le elezioni siciliane sono una quindi lotteria per vincere un lavoro a
tempo determinato che ti fa riscuotere più di quel che prende Trump.
La Sicilia è tecnicamente fallita. «Dovrebbe portare i libri in
tribunale — dice Pietrangelo Buttafuoco —. Le elezioni non servono a
conquistare un potere che non c'è. Sono un concorso per assegnare posti
pubblici».Gli sprechi sono tali che a un certo punto la Regione stabilì
di potersi permettere un'orca marina vera, comprata e messa a pensione
nei mari del Nord — «non si ha idea di quanto costi allevare un'orca»
sorride Buttafuoco — in attesa di essere portata al parco marino di
Sciacca, che non si è mai fatto.
Se i siciliani che abitano case abusive, fanno lavori precari, campano
di sussidi, sono complici o non hanno scelta. «Ribellatevi, sono
cent'anni che vi prendono in giro! — grida Grillo in piazza —. Dovreste
essere i più ricchi d'Italia e invece siete i più poveri. Avete tutto,
l'arte i vulcani le spiagge, e non avete nulla». In effetti a loro
importa poco. A Grillo la Sicilia porta bene, qui ha avuto la prima
affermazione, il 18% alle scorse regionali. Il grillino che tallona
Musumeci nei sondaggi, Giancarlo Cancelleri, come molti candidati
Cinque Stelle è quasi trasparente: l'elettore ha l'impressione di
votare per se stesso. Geometra, ha cominciato come magazziniere, non ha
un'esperienza amministrativa ma in compenso ha mandato in Parlamento la
sorella Azzurra.
Una sorella parlamentare è «utilities» anche per chi voterà... il
fratello geometra senza professione. Ma il disastro complessivo è tale
che molti siciliani guardano ai 5 Stelle come a un grimaldello per far
saltare la macchina di debiti della Regione, e liberare le energie
della comunità. Cappotto insomma.
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Ragazzi che magnata i prossimi cinque anni!.
Finita la tornata elettorale i seggi sono stati guardati a vista per
tutta la notte dopo la chiusura delle urne alle 22 di ieri. Polizia,
Carabinieri e finanzieri hanno controllato le urne contenenti le schede
elettorali degli oltre due milioni su 4,5 milioni di siciliani andati
ieri al voto. Perchè il primo dato certo di questa consultazione è
quello dell'affluenza, ancora in lieve calo rispetto alle precedenti
regionali e con riesce a raggiungere la metà del corpo elettorale. Il
dato si è infatti fermato al 46,76 per cento (2.179.474 elettori su
4.661.111), in leggero calo rispetto a cinque anni fa, quando fu del
47,41. A Messina l'affluenza più alta con il 51,69%. Poi Catania con il
51,58%, Siracusa 47,55%, Ragusa 47,48%, Palermo 46,4%, Agrigento 39,6%,
Caltanissetta 39,83%. In coda Enna con il 37,68%.
Le proiezioni di Piepoli e Noto per la RAI e La7 – alle h.14,00
su una copertura del 48% - vedono il candidato del centrodestra
Nello Musumeci in testa con il 38% delle preferenze, mentre la
coalizione che lo sostiene è al 37,4%.
Seguono l'esponente del M5S Giancarlo Cancelleri al 36% (28,2) .
Fabrizio Micari è al 18%, mentre la coalizione che lo sostiene è al 26,6%.
Claudio Fava è al 7% e la sua lista, i Cento Passi per la Sicilia, al 6,9%.
Le liste Secondo la proiezione sulle liste basata su un campione del 49%, il Movimento 5 Stelle è al 28,2%.
Per Forza Italia 13,1%
FI-Noi con Salvini 7,0 %,
Udc 7,0.
Quanto alla lista che sostiene Fabrizio Micari il Pd sarebbe a 10,9%.
La lista che sostiene Claudio Fava, I cento Passi per la Sicilia, è al 6,9%.
Domani gli istituti daranno meglio le tracce degli spostamenti dei voti
tra le liste e i candidati ma di primo acchito si legge che il
candidato piddino Micari è al 18%, mentre la coalizione che lo sostiene
è al 26,6%. Invece il 5S Cancelleri al 36% mentre il
partito becca solo il 28,2%.
Siccome dentro il centrodestra (38%-37,4%)e l’estrema sinistra
chiamiamolo così Fava (7%-6,9%) le differenze tra candidato e lista
sono modestissime, ci pare di poter leggere un forte e nettissimo
spostamento di voti presidenziali dall’area piddina ai pentastellati.
Questo rivela un macroscopico errore sia nella scelta del candidato che
nella scelta della coalizione e, se vogliamo ghignare o piangere
meglio, vediamo come l’UDC abbia preso un 7% esattamente come... Fava.
E il pelato Alfano sta al 4,3%. Auguri che gli crescano voti e capelli
altrimenti non entra in consiglio.
Si è parlato di tutto: autonomia regionale, tasse, lavoro, immigrati
asiatici ed africani, burocrazia, opere pubbliche, ambiente, mafia. Ma
non si è parlato del dramma del Sud. Più esattamente: qualcuno
all'inizio ha annunciato un piano per il rilancio del Mezzogiorno, ma
nessuno alla fine ha elaborato ed illustrato un progetto di sviluppo,
insieme economico, civile e sociale. Eppure il Sud, in testa la
Sicilia, è la parte più povera e più sofferente dell'Italia, quella che
ha subìto il colpo più duro della Grande crisi economica internazionale
cominciata nel 2008, la più grave dopo quella causata dalla Seconda
guerra mondiale.
Come arriva la Sicilia e il Meridione a queste elezioni? Messa male.
Il Mezzogiorno è stato devastato. È ripartita l'emigrazione di massa
conosciuta alla fine del 1800 e nella prima metà del 1900. Dal 2008 al
2015 più di 380.000 meridionali si sono trasferiti, secondo
l'Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro, dalle regioni del
Sud a quelle del Centro-Nord. E oltre 500.000 italiani, in gran parte
del Mezzogiorno, hanno varcato le Alpi per andare a lavorare, in
particolare, in Germania, Regno Unito e Francia. Partono tutti:
soprattutto i giovani e i lavoratori più qualificati.
La fragile struttura produttiva del Mezzogiorno ha subìto un colpo
micidiale. Hanno chiuso molte grandi fabbriche come la Fiat di Termini
Imerese e tante piccole e medie aziende manifatturiere e dei servizi.
Perfino l'Ilva di Taranto, il più grande centro siderurgico d'Europa un
tempo dell'Iri e poi privatizzato, ha rischiato di chiudere i battenti
per ragioni ambientali e tecnologiche ed ora la sua salvezza è legata
ad una multinazionale che ha annunciato un taglio all'occupazione e
alla produzione.
La Sicilia, cinque milioni di abitanti, una delle più importanti
regioni italiane e del Mezzogiorno, potrebbe avere un ruolo trainante
nel rilancio del Sud. È una delle cinque regioni a statuto speciale con
un'ampia autonomia decisionale su tutte le materie più importanti. La
Sicilia, ponte di cultura tra l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa,
avrebbe tutte le carte da giocare in campi come l'industria digitale,
il turismo, la cultura, la ricerca, l'ambiente. Invece niente, dalla
campagna elettorale non è emerso alcun disegno di sviluppo per l'isola
e per il Mezzogiorno.
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Bugiardo
e imbroglioncello come al solito. Esserci ma far finta di non. Metterci
lo zampino (e magari riscuotere anche li una parcella senza esporsi
troppo: manovrare nella palcia come fanno appunto i custodi delLe
Latrine). Oltre a far finta di non capire le più elementari dinamiche
(anche) della micro politica curnese (quando l'hanno cacciato
facendo finta di non cacciarlo ma proibendogli di continuare a fare il
giornaletto comunale) adesso scodella una paginetta in cui cerca di far
passare o far credere che la Biblioteca di Alzano Lombardo organizzi
delle serate di lettura e commento dell'Utopia di Tommaso Moro. Peccato
che l'iniziativa non sia contemplata nel programma della
biblioteca e che l'accesso al “corso” avvenga previa iscrizione
ad un indirizzo privato del custode delLa Latrina di Nusquamia.
L'avevamo invitato o sfidato ad organizzare tale poderoso corso
presso la biblioteca di Curno (i comuni danno in uso le sale, anche
gratuitamente, per le iniziative di associazioni e singoli) ma invece
ha preferito -forse per pararsi dei pomodori o delle plocade?- ha
preferito ritirarsi in quel di Alzano Lombardo comune retto da una
maggioranza Lega Nord, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Alleanza
Nazionale.
Peccato egregio custode delLa Latrina di Nusquamia che lei abbia
privato i cittadini di Curno di cotanta iniziativa culturale. Ci
avrebbe finalmente insegnato che ai fini di una discussione proficua,
l'ambiente non è competitivo, la discussione è aperta, la
“determinazione” non è una virtù.
Ciapela!.
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