di Elisabetta Forni
È andata via Amalia Signorelli, l'antropologa che «si è inoltrata
nel mondo "altro da noi" nel quale siamo tuttavia immersi e che quasi
mai siamo in grado di comprendere e spiegare: gli immigrati, i
subalterni (gramscianamente intesi) i discriminati nei rapporti di
genere»
Percepire quanto potente sia la "compresenza dei vivi e dei morti" così
ben argomentata da Aldo Capitini rende meno drammatico il nostro
distacco da chi lascia questa terra e con ciò sembra sottrarci la
ricchezza intellettuale, morale, emotiva con la quale ci ha alimentati.
In verità, la nostra vita è costantemente nutrita anche, o forse
soprattutto, da chi "non c'è più"e che facciamo rivivere ogni volta che
ascoltiamo una musica, guardiamo un'opera d'arte, leggiamo un libro
importante avuto in dono – collettivamente- dal suo autore .
Come scienziati sociali, come studiosi di urbanistica e di culture
urbane, siamo debitori ad Amalia Signorelli, che si spenta il 25
ottobre, di un patrimonio veramente importante di conoscenze e di
strumenti metodologici con i quali leggere "l'esserci nel mondo", le
sue trasformazioni, i conflitti sociali e culturali. Del suo maestro,
il grande Ernesto De Martino, ci ha aiutato a capire la statura e a
decifrarne i pensieri e lo stile, facendolo poi suo in modo autonomo e
originale. E' così che ha saputo trasferire le categorie demartiniane
nello studio delle dinamiche “indotte e condizionate dall'esistenza di
uno spazio urbano costruito, dotato di certe capacità di costrizione e
condizionamento dell'agire umano” (in Antropologia urbana,1996:202).
Con la lente speciale del ben noto concetto di "crisi della presenza"
Amalia Signorelli si è inoltrata nel mondo "altro da noi" nel quale
siamo tuttavia immersi e che quasi mai siamo in grado di comprendere e
spiegare: gli immigrati, i subalterni (gramscianamente intesi) i
discriminati nei rapporti di genere.
Tenerissimo il suo gioire di fronte a Concettina, una delle contadine
meridionali incontrate negli anni della sua ricerca antropologica sul
tarantismo, che si rivolse a lei per chiederle di darle “la medicina
per non comprare bambini”, la pillola anticoncezionale, e che Amalia ha
interpretato come l'emergere di un'inedita volontà di un futuro “in cui
l'eros non le fosse precluso dalla paura delle gravidanze a
ripetizione”. E appassionata la sua vicinanza agli abitanti del centro
storico di Pozzuoli "deportati"nel quartiere-ghetto di edilizia
popolare di Monterusciello.
Ma la "comprensione" la vicinanza politica (quel rifiuto dello
sfruttamento, del dominio, dell'alienazione come fatti inevitabili che
hanno fatto di lei una donna coerentemente "di sinistra'") non ha
impedito ad Amalia di ricercare con rigore scientifico le specificità e
i connotati della cultura dei subalterni, della loro concezione dello
spazio e delle loro relazioni con lo spazio, radicalmente e
irrimediabilmente altre rispetto a quelle dei dominanti, a partire dai
professionisti della progettazione urbana e architettonica.
Il suo importante saggio pubblicato sulla rivista "La ricerca
Folklorica"(20, 1989) con l'eloquente titolo Spazio concreto e spazio
astratto. Divario culturale e squilibrio di potere tra pianificatori e
abitanti dei quartieri di edilizia popolare ha dato l'avvio ai
successivi studi e scritti sulle città e sull'immigrazione che ci hanno
proposto fino all'ultimo interpretazioni originali e decisamente
controcorrente, anche rispetto a chi si sente parte della sinistra.
Nell'intervista di Simona Maggiorelli ripubblicata da Left il 25
ottobre, giorno della sua morte, Amalia parla della necessità di
oltrepassare sia lo sterile razionalismo sia il decostruzionismo tutto
emozionale per rintracciare quel filo rosso che collega tutti gli
accadimenti della storia umana. Ma, aggiunge, se quel filo rosso non lo
si riesce a trovare, “bisognerà costruirlo e costruirlo credibile”. Lei
l'ha fatto e ora tocca a noi continuare.
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Contro la disoccupazione bisogna investire in conoscenze
di Floro Ernesto Caroleo
e Francesco Pastore
Chi vuole esaltare la capacità del mercato di determinare bassi tassi
di disoccupazione mostra come questi si riscontrino proprio nei paesi
campioni del liberismo come Hong Kong, Singapore, Australia, Cile. Noi
pensiamo, invece, che si possa raccontare un'altra storia. Senza andare
a scomodare paesi lontani (per distanza e istituzioni) da noi possiamo
prendere ad esempio il Trentino Alto Adige. La Regione ha il più alto
tasso di occupazione, il più basso tasso di disoccupazione d'Europa e
un'elevata crescita economica. Questo risultato è dovuto alle politiche
di incentivazione dell'innovazione, favorendo la nascita di università,
centri di ricerca, laboratori e aziende a tecnologia avanzata e in
particolare della green economy.
Possiamo pensare a una politica di investimenti a livello nazionale che
serva a migliorare la qualità dell'offerta di lavoro? Per rispondere si
consideri che in Italia la probabilità che un laureato sia occupato è
quasi due volte e mezzo maggiore di chi ha la licenza media.
Addirittura, stando ai dati Istat, al Sud la probabilità che una donna
laureata sia occupata è quasi sei volte maggiore. L'istruzione, quindi,
paga in termini di maggiore probabilità di occupazione. Esiste allora
una strada percorribile per affrontare il problema: investire in
capitale umano.
Il rendimento economico dell'investimento in conoscenza, sia per gli
individui che per la collettività, è indubbio. I rendimenti di tali
investimenti sono più alti di quelli in infrastrutture, e possono
giocare un ruolo chiave per lo sviluppo delle regioni meridionali. A
ciò si aggiunge che gli incentivi finanziari agli investimenti in
istruzione, e le spese pubbliche connesse, nel lungo periodo hanno la
capacità di autofinanziarsi.
Non si tratta solo di obiettivi quantitativi, è necessario anche
puntare sugli aspetti qualitativi. Se si dovesse, per esempio,
discutere di investimenti in istruzione universitaria si potrebbero
prendere in considerazione due problematiche. Lo scopo del cosiddetto
processo di Bologna (organizzazione del ciclo universitario in tre
anni+ due), oltre che abbreviare i tempi di conseguimento del titolo di
studio e ridurre gli abbandoni, era anche di coniugare la preparazione
metodologica-culturale con una formazione fortemente
professionalizzante al fine di dare la possibilità allo studente di
inserirsi immediatamente nel mondo del lavoro.
A distanza di più di 15 anni, non sembra che questo aspetto della
riforma sia stato ancora raggiunto. Una serie di fattori ha trasformato
una riforma importante e ben congegnata in un boomerang, a causa di
un'applicazione sconclusionata: mancanza di percorsi pienamente
professionalizzanti al triennio, duplicazione dei programmi fra
triennio e biennio, mancato riconoscimento del triennio ai fini
dell'accesso al lavoro. Lo stesso corpo docente non sembra aver
compreso a pieno come i vari cicli (triennale, biennale, master,
dottorato ecc.) debbano essere strutturati al fine di raggiungere un
miglior collegamento con il mercato del lavoro in ciascun di essi. In
sostanza, si ragiona ancora come se l'istruzione universitaria debba
essere a ciclo unico.
Se quindi si volesse investire nel sistema universitario sarebbe utile
programmare corsi di studio professionalizzanti, ovvero volti a fornire
competenze professionali immediatamente spendibili nel mercato del
lavoro. In questo modo si potrebbe raggiungerebbe l'obiettivo di
abbreviare i tempi per la laurea con un indubbio beneficio in termini
di costi economici e sociali.
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Il
30 ottobre viene pubblicato all’albo pretorio del comune questa
delibera «senza» il testo della medesima. La pubblicazione verrà tolta
il 14 novembre. L’argomento é «delicato» in quanto attiene alla
pubblicazione del giornale del comune (dal titolo ipocrita come la
maggioranza) e siccome la «produzione» amministrativa e politica di
questi primi mesi della giunta Gamba non risulta essere stata copiosa,
c’è da attendersi l’ennesima delibera per finanziare qualche amico.
Tutto formalmente regolare tranne il fatto che la pubblicazione (Curno
in comune) sia del tutto inutile e l’impaginazione (se ricalca
quella precedente) piuttosto modesta. Tipo word processor by microsoft.
Peraltro non si comprende cosa debbano publicare visto che il sito del
Comune è una desolazione; quello di Vivere Curno un cimitero fermo da
qualche mese e la pagina facebook pure.
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Un
patto straordinario per il lavoro destinato ai giovani e alle donne,
l'azzeramento delle liste d'attesa nella sanità, l'impegno per cure
odontoiatriche gratuite per tutti i bambini e infine la promessa di
rendere sicuri i treni e le stazioni dei pendolari.
Dopo l'investitura ufficiale arrivata lunedì dalla direzione regionale
del Pd, Giorgio Gori si concentra sul programma e sulla campagna
elettorale: sabato 18 novembre è in agenda la prima convention di
lancio della candidatura all'audito rium di largo Mahler e sul palco
potrebbero salire, tra i tanti, Beppe Sala, Emma Bonino e Giuliano
Pisapia. Intanto la squadra del sindaco di Bergamo è al lavoro.
Archiviata l'ipotesi delle primarie invernali, il confronto con i
«ribelli» di Mdp si giocherà, nelle prossime settimane e nei prossimi
mesi, intorno al programma elettorale che la coalizione di
centrosinistra saprà mettere sul tavolo. Un programma che, anche per
questo, Gori vorrebbe il più «riformista e avanzato» possibile. «Solo
con una piena e buona occupazione si può sperare di assestare un colpo
importante alle diseguaglianze in Lombardia», si legge nella bozza in
elaborazione. Si parla di giovani Neet , quelli che non studiano né
lavorano, e di occupazione femminile. La ricetta per adeguarci al resto
d'Europa? «Abbattere i fattori che allontanano la donna dal mondo del
lavoro, potenziando i servizi per l'infanzia e gli asili nido,
occupandoci dell'assi stenza degli anziani non autosufficienti anche
attraverso progetti di residenzialità leggera, servizi diurni e
incrementando l'assistenza domiciliare».
Capitolo sanità.
«Serve, come hanno fatto con successo altre Regioni a partire
dall'Emilia-Romagna, un piano straordinario di azzeramento delle liste
di attesa, a garanzia del diritto di esigibilità delle prestazioni
sanitarie per i cittadini». Sempre in tema di salute, il fattore
sorriso: «Oggi il 90 per cento della popolazione ricorre per
l'odontoiatria al mercato privato e la conseguenza è che i cittadini,
se non hanno la possibilità economica, non si curano i denti. Noi da
subito garantiremo cure odontoiatriche gratuite per tutti i bambini
fino al sesto anno di età, integrando ciò che è già previsto dai Lea
nazionali, perché solo partendo così presto si può diffondere la
cultura della prevenzione». E infine, il capitolo della sicurezza, con
un'angolatura dedicata alla vita dei pendolari. Il candidato del
centrosinistra promette «investimenti mirati sull'accessibilità di
treni e stazioni con più personale dedicato, più tecnologia ed accordi
con imprese ed associazioni culturali». Obiettivo? «Le stazioni devono
tornare ad essere luoghi di aggregazione riempiendosi di funzioni e
servizi».
Da candidato (governatore) da nemmeno mezza giornata, Gori deve però
guardarsi dalla primissima richiesta di dimissioni (da sindaco).
«Bergamo ha bisogno di un primo cittadino realmente interessato a
lavorare per la città e concentrato sui problemi dei bergamaschi, non
sulla sua personale carriera politica. Lui non può usare la sua
poltrona come salvagente», attacca il consigliere regionale del
Movimento Cinque Stelle Dario Violi. Richiesta identica arriva dal
segretario lombardo della Lega Nord Paolo Grimoldi: «Gori si dimetta
subito da sindaco, si concentri solo sulla sua campagna elettorale per
la Regione e lasci amministrare la città a chi ha veramente a cuore gli
interessi di Bergamo e non quelli di carriera personale». Il
centrodestra tappezzerà nei prossimi giorni la città di manifesti
contro il sindaco «traditore dei bergamaschi». Ma Gori non si dimetterà
a breve. La legge gli assegna novanta giorni di tempo dalla eventuale
elezione al Pirellone (come semplice consigliere o come governatore, si
vedrà) per scegliere cosa fare. Il sindaco di Bergamo attenderà quindi
quel termine. «Esattamente — fanno notare dal suo entourage — come
tutti i sindaci eletti in Regione in questi anni».
Da segnalare infine la delusione di Fabio Pizzul, consigliere regionale
del Pd che non ha mai nascosto l'ambizione di correre alle primarie ora
cancellate. «Continuo a credere che sarebbero servite. E sarebbero
state utili soprattutto per Gori e se celebrate per tempo (appena dopo
l'estate, per esempio)», ha ribadito ieri Pizzul: «I partiti, con il Pd
nel ruolo di guida che gli compete nel centrosinistra, hanno scelto
legittimamente un'altra strada e ne prendo atto. Ora sosterrò Giorgio
senza alcuna riserva; conta il risultato finale e non le partite
personali».
Andre
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