"Non
possiamo accettare che si dica che la fiducia parlamentare è un atto di
violenza", ha detto Matteo Renzi citando le parole di Pietro Grasso,
presidente del Senato. "Noi non vogliamo un vocabolario da estremisti e
da ultras", ha aggiunto nel suo intervento dal palco di Pietrarsa dove
oggi si chiude la conferenza programmatica del Partito Democratico.
Il Pd rispetta il presidente del Senato e Renzi si dice addolorato per
il suo addio al gruppo democratico, ma non accetta che venga definita
"violenza" la fiducia sulla legge elettorale: "Ho vissuto con grande
dolore il fatto che i presidente del Senato abbia lasciato il gruppo
del Pd - e noi non facciamo polemiche con la seconda carica dello Stato
- ma non possiamo accettare che la fiducia sia un atto di violenza".
Ha aggiunto Renzi: "Non è violenta la fiducia, non è vigliacco chi non
la pensa come te, non è eversiva una mozione parlamentare approvata col
voto del governo. Ridiamo importanza alle parole, come diceva Nanni
Moretti. La violenza è quella di chi proclama inni fascisti, questa è
la violenza, non una mozione parlamentare".
"Non si possono mettere veti sulle realtà che vengono dal centro. E non
possiamo permetterci veti alla nostra sinistra: se qualcuno pensa che
fuori dal Pd sia più facile difendere gli ideali della sinistra,
rispondiamo che senza Pd, fuori dal Pd, non c'è la rivoluzione
socialista ma Di Maio. Se però c'è disponibilità a centro e sinistra di
creare strutture e aprire ragionamento sui contenuti ci siamo. Ma non
rinunciamo alle nostre idee".
Alcuni passaggi finali dell’intervento sono dedicati al M5s, che dà
sempre la colpa a “quelli di prima” anche dove governa ormai da tempo,
come a Roma e Torino: “A Roma sono 500 giorni che governa Virginia
Raggi, eppure la colpa è sempre di quelli di prima. A Torino è sempre
colpa di Fassino: la multa che non hanno pagato è stata colpa di
Fassino? – dice Renzi in relazione alla vicenda del capo di
gabinetto della sindaca Chiara Appendino, dimessosi per aver chiesto
alla partecipata dei trasporti di togliere una multa a un suo amico –
hanno fatto un falso in bilancio, è colpa di Fassino”, aggiunge. Per
poi allargare il discorso al concetto di populismo: “In Italia abbiamo
due populismi diversi, quello di M5S e quello della Lega che ha
attirato a sè il centrodestra di Berlusconi. Lasciate che vi dica –
conclude Renzi – che l’unica forma di risposta al populismo siamo noi,
è il nostro partito. Parlare di vitalizi e banche non è populismo, ma
politica”.
“Puntiamo a governare da soli. Da soli come coalizione, non voglio far
prendere uno stranguglione alla prima fila”, premette ironico Renzi,
per poi mettere sul tavolo una distinzione sostanziale: “Ma più voti
prende il Pd, meno possibilità ci sono di larghe intese”. Eventualità
che negli ultimi mesi il segretario aveva a più riprese negato.
Quanto a Bankitalia, "le istituzioni hanno deciso, noi ieri abbiamo
accolto Gentiloni con un grande abbraccio. Quella vicenda appartiene al
passato. Punto e capo". Tuttavia poi ha sferrato un attacco alla
Vigilianza: "L'unica cosa che abbiamo salvato sono stati i conti
corrente dei cittadini, dei risparmiatori, insistere nel dirlo è
innanzitutto un elemento di libertà personale, un passo personale di
forza. Non abbiamo scheletri nell'armadio, non abbiamo niente da
temere. Ma i commentatori sembrano ignorare l'intreccio perverso che
c'è stato per 15 anni in Italia tra interessi aziendali, editoriali,
dinamiche politiche con la vigilanza bancaria. Dirlo non è populismo ma
è politica"
|
Oggi
(30.10) sapremo (forse...) la data delle primarie PD per la scelta del
candidato alla presidenza della Regione Lombardia. In Lombardia è
possibile votare disgiuntamente per un candidato alla carica di
Presidente della Regione e per una delle altre liste a esso non
collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste.
L'elettore può esprimere nell'apposita riga della scheda un solo voto
di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome del
candidato compreso nella stessa lista. Quindi la preferenza deve essere
scelta appositamente dall’elettore.
Occhio croce il risultato delle eventuali primarie è abbastanza
scontato visto che gli iscritti e gli elettori PD-Renzi saranno in
maggioranza per Gori visto che Pisapia non sarà tra i concorrenti. Gori
non scalda affatto ed avremmo visto molto bene Pisapia come
candidato alla Regione anche perché l’sperienza maturata come sindaco
di Milano meritava questo ruolo. Vero che Pisapia venne eletto nella
XIII e XIV legislatura e quindi ha alle spalle una solida esperienza
parlamentare ma in questo momento pensiamo sia il nome col
maggior prestigio politico personale e governativo spendibile in
Lombardia. Certamente non un sughero pari a Maroni, che fu ministro ed
fa il presidente della regione come fosse «a sua insaputa».
Uno dei temi dominanti la prossima campagna elettorale (nazionale) sarà
l’evocazione degli inciuci possibili post elettorali. Renzi ha promesso
(debolmente...) che quanti più voti andranno al PD tanto minori saranno
le occasioni d’inciucio. Il sogno dell’autosufficenza col 40%: hai
voglia. Ma non ha precisato «inciucio con chi?» dal momento che finora
tutti escludono tutti. Per chi la vuol bere. Il problema resta
principalmente interno ai 5S che ospiterà una grande parte di
elettorato orientato alla coalizione col PD ma anche una consistente
parte orientata verso la Lega e il centrodestra. Purtroppo anche
all’interno del PD -Renzi quasi sicuramente primo tra tutti- non
disdegna una coalizione col centrodestra di Berlusconi .
Comunque questi sono tutti ragionamenti di nessuna concretezza dal
momento che l’unica cosa che i partiti possono fare é -dopo la
pubblicazione dei programmi- dire agli elettori che coalizione
intenderebbero costruire. Figurarsi!
Il fatto è che le eventuali coalizioni non si fanno coi sondaggi, bensì
dopo le elezioni e quindi siamo di nuovo... nella palcia. Voto al buio
con la certezza del 51% che con Gori la Regione ce la sogniamo.
|
Pisapia a fianco di Gori Scontro tra Pd e Mdp sulla data delle primarie
di Andrea Senesi
L'ex sindaco: i gazebo non sono un dogma. Domani la decisione
Giuliano Pisapia abbraccia Giorgio Gori, indicandolo di fatto come il
candidato giusto per la sfida a Roberto Maroni. Ma la consacrazione
dell'ex sindaco non basterà forse a risparmiare al centrosinistra il
rito delle primarie: il responso finale è atteso domani dall'ennesimo
vertice di coalizione. «Spero in un'alleanza ampia e aperta di
centrosinistra che possa cambiare la Lombardia e portare un contributo
per cambiare il Paese. Che ci siano le primarie o no non è un problema,
il problema è partire», ha detto ieri Pisapia tenendo a battesimo
l'iniziativa di Campo Progressista per lanciare la campagna elettorale
in vista delle Regionali 2018: «Ho sempre detto che le primarie non
sono un dogma, se qualcuno le chiede è giusto farle con dei paletti ben
precisi per un centrosinistra ampio, aperto al civismo,
all'associazionismo, a tutte quelle realtà che vogliono cambiare
verso». Campo Progressista, in ogni caso, «sosterrà Gori o il candidato
che uscirà dalle primarie». «Siamo ancora una volta a disposizione».
Il «problema» sono i «cugini» di Mdp che correranno insieme alle altre
sigle della sinistra più pura per le Politiche e vorrebbero invece
sperimentare l'alleanza col Pd su scala regionale. Come giustificare
davanti a elettori e simpatizzanti questo equilibrismo? Richiedendo le
primarie, ovvio, unico strumento che permetterebbe di rimanere nel
centrosinistra almeno nella corsa per il Pirellone.
I bersaniani non hanno però (ancora) un candidato competitivo, dopo il
«no, grazie» firmato dall'ex segretario milanese dei Ds, Roberto
Cornelli. «Se vogliamo fare le primarie, dobbiamo darci una mossa»,
l'avvertimento lanciato ieri da Giorgio Gori, candidato ormai in piena
campagna elettorale. «Io ho già dato la mia disponibilità a farle, se
saranno fissate ci sarò sicuramente, ma la data ultima è il 3 dicembre,
perché tutti capiscono che dopo è Natale e non c'è il clima giusto per
portare la gente a esprimersi».
La replica a nome degli ex pd è affidata a Carlo Porcari: «Questa
forzatura sui tempi non ci piace. Non accettiamo diktat sulle date. Il
3 dicembre sarebbe presto, meglio il 17». In lizza per sfidare Gori nei
gazebo col simbolo di Mdp rimangono l'europarlamentare Antonio Panzeri,
la deputata Eleonora Cimbro e, più sullo sfondo, Onorio Rosati, ex
segretario della Camera del Lavoro di Milano. Cornelli, s'è detto, s'è
invece sfilato e la sua presenza, ieri, sul palco dell'iniziativa
«arancione» conferma la decisione: «Chiunque sarà candidato del centro
sinistra avrà il mio voto e quello di tanti se si impegnerà da subito
su tre questioni fondamentali: sanità, ambiente, diritti».
Tornando a Gori, il sindaco di Bergamo, a margine della convention del
movimento di Pisapia, è tornato a parlare degli esiti del referendum
autonomista: «Se l'Anci mi indicherà tra i sindaci parte della
delegazione, andrò con Maroni a Roma con piacere. Spero però di poter
condividere ciò che lui porterà a Roma perché mi sembra che abbiano
caricato un po' le richieste con argomenti presi dalla loro propaganda
rispetto a quello che è possibile e ragionevole pensare di portare a
casa».
|