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Jousef  Koudelka














































"Non possiamo accettare che si dica che la fiducia parlamentare è un atto di violenza", ha detto Matteo Renzi citando le parole di Pietro Grasso, presidente del Senato. "Noi non vogliamo un vocabolario da estremisti e da ultras", ha aggiunto nel suo intervento dal palco di Pietrarsa dove oggi si chiude la conferenza programmatica del Partito Democratico.

Il Pd rispetta il presidente del Senato e Renzi si dice addolorato per il suo addio al gruppo democratico, ma non accetta che venga definita "violenza" la fiducia sulla legge elettorale: "Ho vissuto con grande dolore il fatto che i presidente del Senato abbia lasciato il gruppo del Pd - e noi non facciamo polemiche con la seconda carica dello Stato - ma non possiamo accettare che la fiducia sia un atto di violenza".

Ha aggiunto Renzi: "Non è violenta la fiducia, non è vigliacco chi non la pensa come te, non è eversiva una mozione parlamentare approvata col voto del governo. Ridiamo importanza alle parole, come diceva Nanni Moretti. La violenza è quella di chi proclama inni fascisti, questa è la violenza, non una mozione parlamentare".

"Non si possono mettere veti sulle realtà che vengono dal centro. E non possiamo permetterci veti alla nostra sinistra: se qualcuno pensa che fuori dal Pd sia più facile difendere gli ideali della sinistra, rispondiamo che senza Pd, fuori dal Pd, non c'è la rivoluzione socialista ma Di Maio. Se però c'è disponibilità a centro e sinistra di creare strutture e aprire ragionamento sui contenuti ci siamo. Ma non rinunciamo alle nostre idee".

Alcuni passaggi finali dell’intervento sono dedicati al M5s, che dà sempre la colpa a “quelli di prima” anche dove governa ormai da tempo, come a Roma e Torino: “A Roma sono 500 giorni che governa Virginia Raggi, eppure la colpa è sempre di quelli di prima. A Torino è sempre colpa di Fassino: la multa che non hanno pagato è stata colpa di Fassino?  – dice Renzi in relazione alla vicenda del capo di gabinetto della sindaca Chiara Appendino, dimessosi per aver chiesto alla partecipata dei trasporti di togliere una multa a un suo amico – hanno fatto un falso in bilancio, è colpa di Fassino”, aggiunge. Per poi allargare il discorso al concetto di populismo: “In Italia abbiamo due populismi diversi, quello di M5S e quello della Lega che ha attirato a sè il centrodestra di Berlusconi. Lasciate che vi dica – conclude Renzi – che l’unica forma di risposta al populismo siamo noi, è il nostro partito. Parlare di vitalizi e banche non è populismo, ma politica”.

“Puntiamo a governare da soli. Da soli come coalizione, non voglio far prendere uno stranguglione alla prima fila”, premette ironico Renzi, per poi mettere sul tavolo una distinzione sostanziale: “Ma più voti prende il Pd, meno possibilità ci sono di larghe intese”. Eventualità che negli ultimi mesi il segretario aveva a più riprese negato.

Quanto a Bankitalia, "le istituzioni hanno deciso, noi ieri abbiamo accolto Gentiloni con un grande abbraccio. Quella vicenda appartiene al passato. Punto e capo". Tuttavia poi ha sferrato un attacco alla Vigilianza: "L'unica cosa che abbiamo salvato sono stati i conti corrente dei cittadini, dei risparmiatori, insistere nel dirlo è innanzitutto un elemento di libertà personale, un passo personale di forza. Non abbiamo scheletri nell'armadio, non abbiamo niente da temere. Ma i commentatori sembrano ignorare l'intreccio perverso che c'è stato per 15 anni in Italia tra interessi aziendali, editoriali, dinamiche politiche con la vigilanza bancaria. Dirlo non è populismo ma è politica"
Oggi (30.10) sapremo (forse...) la data delle primarie PD per la scelta del candidato alla presidenza della Regione Lombardia. In Lombardia è possibile votare disgiuntamente per un candidato alla carica di Presidente della Regione e per una delle altre liste a esso non collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. L'elettore può esprimere nell'apposita riga della scheda un solo voto di preferenza, scrivendo il cognome ovvero il nome ed il cognome del candidato compreso nella stessa lista. Quindi la preferenza deve essere scelta appositamente dall’elettore.
Occhio croce il risultato delle eventuali primarie è abbastanza scontato visto che gli iscritti e gli elettori PD-Renzi saranno in maggioranza per Gori visto che Pisapia non sarà tra i concorrenti. Gori non scalda affatto ed avremmo visto molto  bene Pisapia come candidato alla Regione anche perché l’sperienza maturata come sindaco di Milano meritava questo ruolo. Vero che Pisapia venne eletto nella XIII e XIV legislatura e quindi ha alle spalle una solida esperienza parlamentare ma in questo momento pensiamo sia il nome  col maggior prestigio politico personale e governativo spendibile in Lombardia. Certamente non un sughero pari a Maroni, che fu ministro ed fa il presidente della regione come fosse «a sua insaputa».

Uno dei temi dominanti la prossima campagna elettorale (nazionale) sarà l’evocazione degli inciuci possibili post elettorali. Renzi ha promesso (debolmente...) che quanti più voti andranno al PD tanto minori saranno le occasioni d’inciucio. Il sogno dell’autosufficenza col 40%: hai voglia. Ma non ha precisato «inciucio con chi?» dal momento che finora tutti escludono tutti. Per chi la vuol bere. Il problema resta principalmente interno ai 5S che ospiterà una grande parte di elettorato orientato alla coalizione col PD ma anche una consistente parte orientata verso la Lega e il centrodestra. Purtroppo anche all’interno del PD -Renzi quasi sicuramente primo tra tutti- non disdegna una coalizione col centrodestra di Berlusconi .
Comunque questi sono tutti ragionamenti di nessuna concretezza dal momento che l’unica cosa che i partiti possono fare é -dopo la pubblicazione dei programmi- dire agli elettori che coalizione intenderebbero costruire. Figurarsi!
Il fatto è che le eventuali coalizioni non si fanno coi sondaggi, bensì dopo le elezioni e quindi siamo di nuovo... nella palcia. Voto al buio con la certezza del 51% che con Gori la Regione ce la sogniamo.
Pisapia a fianco di Gori Scontro tra Pd e Mdp sulla data delle primarie
di Andrea Senesi
L'ex sindaco: i gazebo non sono un dogma. Domani la decisione

Giuliano Pisapia abbraccia Giorgio Gori, indicandolo di fatto come il candidato giusto per la sfida a Roberto Maroni. Ma la consacrazione dell'ex sindaco non basterà forse a risparmiare al centrosinistra il rito delle primarie: il responso finale è atteso domani dall'ennesimo vertice di coalizione. «Spero in un'alleanza ampia e aperta di centrosinistra che possa cambiare la Lombardia e portare un contributo per cambiare il Paese. Che ci siano le primarie o no non è un problema, il problema è partire», ha detto ieri Pisapia tenendo a battesimo l'iniziativa di Campo Progressista per lanciare la campagna elettorale in vista delle Regionali 2018: «Ho sempre detto che le primarie non sono un dogma, se qualcuno le chiede è giusto farle con dei paletti ben precisi per un centrosinistra ampio, aperto al civismo, all'associazionismo, a tutte quelle realtà che vogliono cambiare verso». Campo Progressista, in ogni caso, «sosterrà Gori o il candidato che uscirà dalle primarie». «Siamo ancora una volta a disposizione».
Il «problema» sono i «cugini» di Mdp che correranno insieme alle altre sigle della sinistra più pura per le Politiche e vorrebbero invece sperimentare l'alleanza col Pd su scala regionale. Come giustificare davanti a elettori e simpatizzanti questo equilibrismo? Richiedendo le primarie, ovvio, unico strumento che permetterebbe di rimanere nel centrosinistra almeno nella corsa per il Pirellone.
I bersaniani non hanno però (ancora) un candidato competitivo, dopo il «no, grazie» firmato dall'ex segretario milanese dei Ds, Roberto Cornelli. «Se vogliamo fare le primarie, dobbiamo darci una mossa», l'avvertimento lanciato ieri da Giorgio Gori, candidato ormai in piena campagna elettorale. «Io ho già dato la mia disponibilità a farle, se saranno fissate ci sarò sicuramente, ma la data ultima è il 3 dicembre, perché tutti capiscono che dopo è Natale e non c'è il clima giusto per portare la gente a esprimersi».
La replica a nome degli ex pd è affidata a Carlo Porcari: «Questa forzatura sui tempi non ci piace. Non accettiamo diktat sulle date. Il 3 dicembre sarebbe presto, meglio il 17». In lizza per sfidare Gori nei gazebo col simbolo di Mdp rimangono l'europarlamentare Antonio Panzeri, la deputata Eleonora Cimbro e, più sullo sfondo, Onorio Rosati, ex segretario della Camera del Lavoro di Milano. Cornelli, s'è detto, s'è invece sfilato e la sua presenza, ieri, sul palco dell'iniziativa «arancione» conferma la decisione: «Chiunque sarà candidato del centro sinistra avrà il mio voto e quello di tanti se si impegnerà da subito su tre questioni fondamentali: sanità, ambiente, diritti».
Tornando a Gori, il sindaco di Bergamo, a margine della convention del movimento di Pisapia, è tornato a parlare degli esiti del referendum autonomista: «Se l'Anci mi indicherà tra i sindaci parte della delegazione, andrò con Maroni a Roma con piacere. Spero però di poter condividere ciò che lui porterà a Roma perché mi sembra che abbiano caricato un po' le richieste con argomenti presi dalla loro propaganda rispetto a quello che è possibile e ragionevole pensare di portare a casa».