C'È
un clima di rinnovato ottimismo intorno all'economia italiana. La
crescita si rafforza, la disoccupazione scende, e anche la quantità di
crediti deteriorati che grava sulle banche è vistosamente in calo. A
mancare è però la consapevolezza di cosa sia opportuno fare quando
l'economia è in ripresa: questo è il momento giusto per mettere mano
alle nostre debolezze, dal debito pubblico ai bilanci degli istituti di
credito. Gran parte della nostra classe dirigente, invece, preferirebbe
rimandare ancora una volta la soluzione dei problemi.
(...)
Quali che siano le cause di questa nuova fase di crescita, è comunque
evidente che gran parte del ceto politico italiano non ne abbia
compreso a fondo le implicazioni. L'idea che balena tra pezzi di Pd,
Forza Italia e Movimento 5 Stelle è che la fase che si sta aprendo
potrà permettere alla politica di ritornare a spendere dopo anni in cui
si è dovuto tirare la cinghia.
(...)
L'elemento portante della manovra è il desiderio di proseguire su un
percorso che dovrebbe portare il debito pubblico a stabilizzarsi prima
e a scendere poi. Si tratta dell'unica scelta razionale: la proposta di
Renzi di incrementare l'indebitamento al 2,9% del Pil, ad esempio,
dimostra una totale ignoranza della teoria economica, anche di stampo
keynesiano. Debito e deficit devono scendere durante la ripresa in modo
da poter permettere politiche di bilancio espansive in una recessione.
Ancora più preoccupante è l'atteggiamento che l'Italia continua ad avere nei confronti della regolamentazione bancaria.
La Banca centrale europea intende giustamente approfittare della
ripresa per costringere le banche a un atteggiamento più prudente
nell'emissione del credito.
Questo vuol dire mettere da parte maggiori accantonamenti per quei prestiti che sono o dovessero risultare inesigibili.
Il Fondo Monetario ha sposato le misure proposte fino ad ora dalla Bce,
mentre i politici italiani si sono schierati come un sol uomo contro,
neanche fossero una lobby che agisce per conto delle banche.
Il giudizio dei nostri tecnici è stato sorprendentemente negativo, con
il ministro Padoan che ha espresso alcune perplessità a riguardo. Per
fortuna, il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco si è
dimostrato recentemente più aperto alle proposte di Francoforte.
C'è da augurarsi che questa non sia stata soltanto una apertura
formale, ma una presa di consapevolezza del fatto che sia proprio ora
il momento giusto per rafforzare la stabilità dell
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Mettiamo
in fondo pagina l’intero articolo di Ferdinando Giuliano ma mentre ne
condividiamo il il ragionamento di principio non ne condividiamo le
indicazioni pratiche. Giuliano avverte le forze politiche che
presumibilmente domani saranno in maggioranza a non usare la (piccola)
crescita in corso di come la fase che si sta aprendo possa permettere
alla politica di ritornare a spendere dopo anni in cui si è dovuto
tirare la cinghia. Meglio di no dice Giuliano che contesta gran
parte del contenuto della manovra economica 2018 fatta «a
debito».
Giuliano ha ragione quando consiglia di non sfruttare male
l’occasione ma sbaglia quando non prende in considerazione i tre
principali difetti italiani: l’evasione fiscale e contributiva,
l’economia sommersa e l’elusione.
Il governo che volesse e fosse in grado di togliere dall’Italia
questi tre bubboni ridurrebbe di un quarto il debito pubblico del
Paese e quindi si troverebbe disponibile una somma sui 20
miliardi.
Insomma non ci sarebbe bisogno della manovra 2018 che potrebbe essere
tutta rivolta agli investimenti ed alla riduzione del cuneo fiscale.
La seconda bacchettata che Giuliano mena ai nostri politici riguarda la
loro refrattarietà ad applicare l’idea della BCE di costringere
le banche ad accantonare maggiori risorse per coprire quei prestiti che
sono o dovrebbero essere inesigibili.
Anche in questo caso il ragionamento sarebbe condivisibile ma prima di
(accantonare altri capitali) varrebbe la pena di creare le condizioni
perché le banche siano più attente professionali e prudenti nella
concessione dei crediti. Vale a dire rincorressero meno il profitto
immediato badando alle trimestrali piuttosto che al periodo medio lungo.
Se invece ci si limita a rafforzare con capitali propri gli eventuali
«incidenti» di percorso si avalla l’attività di rider e di
distribuzione poco controllata (detto altrimenti: clientelismo) così
come è avvenuto finora e quindi non solo si evitano i crac che abbiamo
subito in tutta l’UE ma addirittura ci addossiamo una sorta di
assicurazioneinammissibile per gran parte delle operazioni che hanno
fallito. Per esempio il folle progetto di MPS di acquistare a prezzi
esosi Antonveneta non sarebbe stato evitato-scongiurato. Il problema
non è-era solo quello di non infliggere perdite agli azionisti e
correntisti ma quello di non sottrarre crediti ad altre imprese
spendendo malaccortamente (speriamo solo... »malaccortamente») per un
acquisto assurdo.
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Chi
voglia conoscere quanto prevedeva il piano delle opere pubbliche
2016-2019 adottato l’anno scorso dalla giunta Serra può leggere il
numero 263 del presente blog.
L’impressione è che il Comune stia messo male quanto a entrate per
operazioni edificatorie e ci sono due esempi che lo dimostrano. Come
mai non partono i lavori per la palestra della nuova Rodari? Come mai
non partono i lavori per finire la biblioteca&auditorium?
Silenzio dalla sindaca Gamba.
Silenzio dai suoi assessori.
Silenzio dall’azionista di maggioranza il PD della lista Vivere Curno.
Non si vedono ne si leggono volantini delle opposizioni.
Siccome sono in troppi a stare silenziosi parliamo di «silenzio assordante».
Quello che doveva essere il «centrino» che sostituiva l’»ecomostro»
sull’ex parcheggio Zebra si sta mostrando come un bel malloppone e i
410mila euro che ne dovevano sortire per essere investiti per finire i
lavori alla biblioteca & auditorium ancora non si vedono iniziare e
nemmeno si leggono delibere in merito all’approvazione del progetto.
Invece il centrino verrà aperto probabilmente per le tredicesime 2017.
Vale un giudizio di inserimento architettonico ed urbanistico? E’
l’ora di licenziare chi concepisce questa pianificazione. Alla
nostra amministrazione ed ai suoi politici ed ai suoi tecnici non passa
per la crapa l’idea che attorno a una «banale rotonda» che segna
l’ingresso al paese sia necessario anche... stabilire le quote dei
fabbricati altrimenti pare di stare in mezzo all’Irma. Semmai arrivino
a capire le cose perché davvero abbiamo qualche dubbio.
Sulla palestra della scuola elementare nel programma 2016-2019 era
inserita una cifra di 1,125 milioni di euro che in quello 2018-2020
sono diventati 970mila. Restano sempre i 410mila euro per la
parziale ristrutturazione della ex scuola elementare di via De Amicis e
i 542mila euro per l’inutile rotonda sulla via Lecco all’altezza del
mobilificio.
Compaiono invece 300mila euro per le piste ciclabili e 250mila euro per la sede delLe Muse .
Qualche assessore bisognerebbe mandarlo sotto processo (;-)) perché
piste ciclabili finora eseguite a Curno sono sostanzialmente
inutilizzate e/o inutilizzabilili.
Da processare perché se spendi o fai spendere soldi pubblici per opere
che -proprio per la loro dispersione e segmentazione sul territorio-
sono sostanzialmente inutili e restano li inutilizzate per anni -
pensiamo a quelle attorno alla Esselunga oppure alla vicina rotonda:
avete mai visto le signore che escono con le borsone della spesa appese
alla bicicletta che caracollano in bici?. Avete presente la pista
«al di sotto» della via Donizetti che non viene mai percorsa da anima
viva in quanto se piove funziona da collettore oppure se fa appena
scuro pare una trappola per maniaci?. E quanti cittadini vedete a piedi
i in bici sull’»autostra da» ciclabile lungo via Marconi? Provate a
stare li dalle 7 alle 9 del mattino e contare quante mamme e
babbi e bambini passano dai Briaschi e dalle Alene verso le scuole o il
centro. Meno delle dita delle mani di un falegname. Il buonsenso
suggerisce di tracciare e finire i tratti che mettano in sicurezza il
passaggio e siano davvero utili a chi vuole andare in bici. Uno si
aspetta una pista Merena Marigolda Crocette Longuelo ecc. Se la trovate
segnalatecela.
In compenso pare abbia molte potenzialità di essere eseguita la
pista ciclabile verso l’ospedale: anche le vedremo squadroni di parenti
dei degenti che vanno-vengono in bicicletta coi borsoni pieni di
biancheria di ricambio ed altri oggetto d’uso dei malati. Gli Alpini si
doteranno di barelle ciclate stile prima guerra mondidale per
recapitare gli infartuati al Papa Giovanni direttamente dal paese: mica
paglia! Pare che verrà denominata «Via dell’Amore» e a buon intenditor
poche parole.
Insomma: le piste ciclabili a Curno servono a foraggiare progettisti e imprese piuttosto che all’utilità pubblica.
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Senza
offesa per gli sfortunati abitanti di Raqqa dov’è stata ripresa la
fontana della foto. Ecco cosa manca a Curno: una fontana siffatta. Da
collocarsi in piazza della chiesa visto che detta piazza, con le
macerie sgombrate, è appunto simile ad una piazza bombardata. Una
fontana significativa perché celebra - con una cogoma che versa il
caffè- celebra i bar della piazza della Chiesa e di Largo Vittoria. La
fontana di Raqqa è circondata dalle macerie della guerra. Per la nostra
provvederanno con un po’ di carriolate di rutto come già avviene nella
zona.
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I numeri non perdonano, benché calcolati senz'altro per difetto nei dati ufficiali.
Dalla sera del crollo del Muro di Berlino la Bulgaria ha perso il 21%
della popolazione, l'Ungheria circa il dieci per cento, la Lituania il
24%, la Lettonia un terzo degli abitanti e l'Estonia oltre un sesto.
Lungo la dorsale che corre dal Mar Baltico all'Adriatico oggi insistono
sette milioni di persone in meno rispetto al giorno del 1991 in cui
Boris Eltsin sancì la disintegrazione dell'Unione Sovietica.
Il motivo di questo collasso demografico suona familiare anche in
Italia e nei Paesi mediterranei, dopo le recessioni degli ultimi anni.
L'Europa di mezzo, un territorio di poco più di cento milioni di
abitanti, ha visto emigrare verso le regioni ricche della Ue oltre 20
milioni dei suoi figli.
Il Fmi stima che fino al 2012 quasi la metà di questi migranti si sia
recata in Germania e circa un decimo in Italia, ma da allora la prima è
diventata più ambita e la seconda sempre meno.
In gran parte sono partiti da Est giovani e spesso laureati, secondo le stime del Fmi.
Nel quarto di secolo iniziato nel 1990 solo dai Paesi in transizione di
maggior successo — Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia e
Slovenia — sono emigrati verso le economie avanzate 7 milioni di
lavoratori. Dal fianco sud-orientale dell'Unione — Bulgaria, Romania,
Croazia -—se ne è andato oltre il 15% della popolazione.
Nazioni come la stessa Bulgaria o le orgogliose Repubbliche baltiche,
quelle che per prime sfidarono Mosca, oggi si dibattono in una crisi
non più solo demografica.
È fiscale, perché diventa impossibile finanziare le pensioni quando si perde un terzo della forza-lavoro.
Ed è esistenziale, perché una certa opinione pubblica vede il proprio
popolo minacciato di estinzione in un'Unione Europea di quasi mezzo
miliardo di persone.
Persino nel Patto di Varsavia sembrava impensabile.
Per questo fra gli anziani e i meno ambiziosi che restano indietro, il
richiamo dei nazionalisti suona sempre più seducente. La regressione
democratica dell'Europa centro-orientale ha qui le sue radici.
Non può essere un caso se, da Budapest, Orbán ha lanciato una campagna
per impedire ai giovani medici di emigrare e realizzare così all'estero
i benefici dell'educazione ricevuta in Ungheria.
Fatta così è una carica contro i mulini a vento, anche se quel flusso
di laureati è davvero un sussidio dai poveri ai ricchi: ai contribuenti
ungheresi formare un laureato costa circa 100 mila euro, secondo l'Ocse
di Parigi, ma l'investimento frutterà in Germania o in Svezia.
Proprio l'enorme differenza nei redditi nella Ue e la promessa tradita
di una convergenza fra Est e Ovest hanno dominato le elezioni a Praga.
La molla delle migrazioni del resto è in quella forbice che ha smesso di chiudersi.
Un operaio della Volkswagen-Skoda in Repubblica Ceca costa un terzo che
in Germania ed è quasi altrettanto produttivo, ma il costo della vita a
Praga è ben più di un terzo di quello di Stoccarda.
Parte della mancata convergenza dei salari si spiega proprio con
l'emorragia migratoria che — stima l'Fmi — ha tolto all'Europa di mezzo
sette punti di reddito e dunque finisce per alimentare se stessa.
E con il fatto che a Est le grandi imprese e le banche che fissano i
salari sono in gran parte di proprietà estera e cercano proprio il
basso costo.
In fondo la magia del mercato avrebbe dovuto riequilibrare l'Europa e invece, lasciata a se stessa, alimenta l
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Non
eravamo in presenza di una «invasione» di «nigher» dalla Libia? Non
solo. Invece scopriamo che l’UE a 19 sta svuotando della meglio
gioventù gli altri 9 esattamente come giovani e adulti benformati
scappano dall’Italia verso altre terre UE.
E scopriamo (c’era davvero da scoprirlo?) che nei paesi come Repubblica
Ceca, Slovacchia, Ungheria, Polonia e Slovenia ,Bulgaria, Romania,
Croazia i salari sono talmente bassi che all’UE insieme mancano sette
punti di reddito e quindi restiamo tutti più poveri. Non solo: i salari
sono assai più bassi che nel resto dell’UE ma il costo della vita non
lo è altrettanto. Ragion per cui chi può scappare deve scappare
anche per non patire la fame e la miseria.
Ovviamente chi resta, esattamente come succede nelle regioni più povere e
più vecchie anche dell’UE a 19, avendo come prospettiva la povertà se
non la miseria si sposta elettoralmente verso quei partiti di estrema
destra quando non filonazisti. Oppure come accadrà alle prossime
elezioni siciliane ci sarà uno spostamento in massa verso un unico
partito che farà il «cappotto» elettorale salvo tra cinque anni
ribaltare la situazione...senza però cavarci nulla di meglio.
Quindi è la costruzione capitalistica dell’UE che genera e riproduce il
successo dei movimenti di destra, i quali pescano non tra le forze
lavoro ma tra anziani pensionati disoccupati senza qualifica. Siccome
quello status quo è conveniente per le industrie che delocalizzano
evidente che contribuiscano al successo dei partiti di destra in quanto
garanti dello status quo e quindi dei profitti dentro l’UE a 28 e nel
resto (magari anche imbrogliando sull’inqui namento delle proprie
auto...).
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