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recupero di uno sciame di api in un giardino di Curno
















































Ocse: "Crescono diseguaglianze tra generazioni. Giovani italiani più poveri e senza lavoro"
Reddito e occupazione in Italia hanno favorito le generazioni più "vecchie". Tra uomini e donne una differenza salariale del 20%.

Non è un quadro a tinte allegre quello che l'Ocse traccia per le giovani generazioni, anche in Italia: saranno messe peggio di quelle che le hanno precedute, almeno dal punto di vista economico e del lavoro. Il rapporto dell'Ocse "Preventing Ageing Unequally", che vuole prevenire l'aumentare delle diseguaglianze con l'invecchiamento, dice che negli ultimi 30 anni il gap tra le vecchie generazioni e i giovani in Italia si è allargato. Il tasso di occupazione, tra il 2000 e il 2016 è cresciuto del 23% tra gli anziani di 55-64 anni, dell'1% tra gli adulti di età media (54-25 anni) ed è crollato dell'11% tra i giovani (18-24 anni).

Non basta: dalla metà degli anni Ottanta il reddito degli anziani tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% più che tra i 30-34enni. Inoltre il tasso di povertà è cresciuto tra i giovani, mentre è calato rapidamente tra gli anziani. Più nel dettaglio il tasso di povertà nei Paesi Ocse è dell'11,4%, contro il 13,9% tra i giovani e il 10,6% tra i 66-75enni.
In Italia, spiega l'Ocse, "le ineguaglianze tra i nati dopo il 1980 sono già maggiori di quelle sperimentate dai loro parenti alla stessa età". E, poiché "le diseguaglianze tendono ad aumentare durante la vita lavorativa, una maggiore disparità tra i giovani di oggi comporterà probabilmente una maggiore diseguaglianza fra i futuri pensionati, tenendo conto del forte legame che esiste tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici".

D'altra parte in Italia l'ineguaglianza salariale nel corso della vita tende a trasformarsi in ineguaglianza previdenziale e questo è in larga parte dovuto alla "mancanza di una forte rete di sicurezza sociale": nei paesi Ocse in media l'85% dell'ineguaglianza salariale si trasforma in ineguaglianza previdenziale, mentre in Italia questo rapporto percentuale "è vicino al 100%". Gran parte della spiegazione di questo fenomeno, secondo l'Ocse, è nella mancanza di una forte rete di sicurezza sociale. Inoltre per l'organizzazione di Parigi in Italia "diverse riforme pensionistiche in passato hanno rafforzato il legame tra ciò che si è guadagnato nel corso della vita lavorativa e i diritti pensionistici. Per questo le ineguaglianze salariali accumulate nel corso della vita lavorativa si sono trasformate in ineguaglianze per i pensionati".Che il problema sia urgente è dato da una semplice constatazione demografica: l'Italia è già uno dei paesi con più anziani nell'area dell'Ocse ma diventerà, nel 2050, il terzo paese con più anziani nel mondo dopo Giappone e Spagna. Allora, infatti, in Italia ci saranno 74 persone over 65 anni per 100 persone un età compresa tra i 20 e i 64 anni rispetto a 38 contro 100 attualmente. Solo il Giappone (78 per 100) e la Spagna (76 per 100) precederanno il Belpaese.

Altra forbice è quella tra i sessi: in Italia le donne percepiscono stipendi più bassi di oltre il 20% rispetto agli uomini. Non solo, sono spesso costrette a lasciare il mondo del lavoro per prendersi cura dei familiari. L'organizzazione di Parigi precisa che le donne percepiscono stipendi che sono di "oltre il 20% più bassi" di quelli degli uomini, e che nel nostro Paese la percentuale di persone oltre i 50 anni (in maggioranza donne) che si prendono cura dei loro cari è del 13%, contro il 5% della Svezia.

A livello generale, l'Organizzazione parigina rileva che in due terzi dei 35 Paesi censiti crescono le ineguaglianze di reddito da una generazione all'altra. Tra le generazioni più giovani le ineguaglianze sono maggiori che tra quelle dei più anziani. In generale, nota l'Ocse, i redditi delle persone sono più alti di quelli della generazione precedente, ma questo non è più vero a partire dai nati a partire dal 1960 che tendono ad essere più poveri e meno tutelati rispetto a quelli nati un decennio prima.
Redditi, Ocse: “Negli ultimi 30 anni quelli degli over 60 cresciuti del 25% in più rispetto a quelli dei 30enni”

Il gap medio nei paesi Ocse nello stesso periodo è stato del 13%. L'organizzazione aggiunge che la povertà relativa in Italia è cresciuta per le generazioni giovani mentre è diminuita per gli anziani. Mentre il tasso di occupazione per la fascia 55-64 anni è salito di 23 punti tra il 2000 e il 2016, per i giovani è diminuito di 11 punti.

Con 74 over 65 ogni 100 abitanti tra i 20 e i 64 anni, nel 2050l'Italia sarà il terzo Paese mediamente più anziano tra i 35 membri dell'Ocse, dopo Giappone (78 a 100) e Spagna (76 a 100). Lo rileva l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel report Prevenire la disuguaglianza dell'invecchiamento. In cui si sottolinea anche che negli ultimi 30 anni i redditi degli italiani che hanno tra i 60 e i 64 anni sono cresciuti in media del 25% in più rispetto alla fascia di età tra i 30 e i 34 anni. Il gap medio nei paesi Ocse nello stesso periodo è stato del 13%. Non solo:    lapovertà relativain Italia è cresciuta per le generazioni giovanimentre è diminuita per gli anziani. Mentre il tasso di occupazione per la fascia 55-64 anni è salito di 23 punti tra il 2000 e il 2016 per i giovani è diminuito di 11 punti.
La disuguaglianza tra gli italiani nati negli anni Ottanta rispetto alla situazione della generazione più anziana è più alta rispetto a quella dei loro genitori e nonni quando erano nella loro fascia di età. Poiché la disuguaglianza tende a crescere durante la vita lavorativa, la situazione nella quale si trovano i giovani oggi si trasformerà in disuguaglianza al momento del pensionamento, dato il forte nesso tra guadagni durante la vita attiva e l'importo della pensione. In un Paese anziano come l'Italia, tuttavia, la differenza nell'aspettativa di vita tra chi ha livelli bassi e alti di educazione è la più bassa tra i paesi industrializzati: quattro anni in meno per gli uomini meno istruiti se si guarda all'aspettativa a 25 anni (7,5 la media Ocse) e due (3,5 la media Ocse) a 65 anni.
La raccomandazione, quindi, è quella di agire subito, in modo da ottenere “risparmi sostanziali a livello di spesa pubblica”. Dal punto di vista delle differenze di reddito, educazione, benesseree salute, secondo l'Ocse “un approccio completo per l'Italia potrebbe iniziare dal fornire servizi per l'infanzia economici e di buona qualità, migliorando al contempo le possibilità di educazione per i bambini provenienti da gruppi socio-economicamente svantaggiati”, in modo tra l'altro da consentire alle donne di partecipare di più al mercato del lavoro. Quindi occorrerebbe assicurare “una transizione semplice dalla scuola al lavoro”, “limitare l'impatto della perdita del posto e combattere la disoccupazione di lungo termine, fornendo inoltre la possibilità agli adulti di accedere a opportunità di formazione di qualità“. Per finire, occorrerebbe sfruttare il fatto che in Italia “i lavoratori anziani sono molto più in salute che in altre nazioni” estendendo le loro vite lavorative, di modo che possano arrivare ad assicurarsi “un reddito adeguato durante il pensionamento”. Passaggio, quest'ultimo, che comporta comunque una ovvia premessa: “Dovrebbero esserci posti di lavoro disponibili per assorbire la maggiore offerta”.
di F. Q. | 18 ottobre 2017
La questione Visco- Banca d’Italia - Vigilanza ci pare però molto più profonda. Probabi lmente la Banca d’Italia ha seguito/eseguito abbastanza burocraticamente i controlli sulle banche ma  il suo errore di fondo dal 2000 fino alla prima crisi del 2008, è stato quello che ha creato la grande massa di NpL (non performing loans: debiti senza garanzie) , è di non avere attuato una fortissima «moral suasion» verso le banche in ordine alla concessione di finanziamenti (poi finiti male).
Non solo quelli clientelari e fuorilegge di cui abbiamo avuto ampia informazione e sui quali spesso abbiamo fatto risate amare. La Banca d’Italia vedeva e sapeva la quantità enorme di finanziamenti che le concedevano al settore edilizia e ai settori ad essa collegati. La Banca d’Italia doveva sapere che non si poteva finanziare il mercato immobiliare per un ampliamento dell'ordine del +20, +30%. Nessuna nazione al mondo ha mai potuto aumentare in pochi anni – quella durata degli affidamenti nel settore e collegati- la propria popolazione del +20 +30%.
Se oggi il mercato immobiliare mette sul mercato una sovra offerta di quella grandezza, è evidente che troppo credito è stato concesso senza garanzia e toccava in primis alla Banca d’Italia e a cascata alle banche maggiori  indicare e decidere che almeno dal 2005 i mutui e i prestiti immobiliari si potevano fare SOLO agli acquirenti finali.
I quali poi sono stati travolti anch’essi, in piccola parte per fortuna, dalla crisi prima innestata.
In buona sostanza l'errore della Banca d’Italia è stato quello di secondare la politica che spingeva verso la bolla immobiliare che poi, con la crisi complessiva è stata quella che ha mandato in default molte banche e banchette.
Non senza contare i lautissimi premi concessi dalla banche a dirigenti e giù in via scalare per la vendita di mutui e prestiti  decisamente in eccesso.
Poi tutta l'evoluzione delle crisi bancarie negli ultimi 5-7 anni è stata letteralmente penosa proprio perché la Banca d’Italia non ha usato l'accetta sotto il peso delle interferenze politiche che ne limitavano ancora l'azione esattamente come prima ne  sotto silenziavano l’azione.
Renzi ha avuto  la capacità di comprendere che la crisi del 2008 spazzava via ogni metodo di governo consociativo  attraverso il quale maggioranza e opposizione si sostenevano con una schiacciatina d'occhio e via.
Uomini della destra come della sinistra che avevano mandato allo sbaraglio banche importanti nel Veneto Emilia Marche Toscana non potevano e non possono più avere voce in capitolo e nella politica.
Renzi è stato in tal senso troppo poco rottamatore e le voci che oggi si levano in difesa di Visco appartengono a un mondo che non ha più nessuna legittimazione.
Troviamo assolutamente ipocrite e fasulle le lamentazioni di troppi della «casta» (che va dai politici grandi e piccoli fino a molti giornalisti e imprenditori pieni di debiti) circa la sberla di Renzi a Visco ed alla Banca d’Italia. Hanno capito che il prossimo potrebbe chiederci di rientrare alla svelta dal fido e dai prestiti. Oltre alla difficoltà di ottenerne altri per finanziarsi la prossima
L'anzianità comporta un gran numero di conoscenze, simpatiche o meno. Nelle settimane scorse chiacchierando attorno a un tavolo da 55euro prenotazione on line di un ristorante -non saprei quanto stellato piuttosto che improvvisato- li ero in compagnia  di una notaia che lavora per la maggiore banca italiana che segue le imprese e ovviamente si è parlato di acciacchi personali, politici, di banche e NpL. Nell'occasione ho saputo che questa banca ha finanziato la costruzione di un «centrino» commerciale di una azienda tedesca destinato alla vendita di prodotti per l'igiene domestica. Alla mia osservazione che in quel comune  di «centrini» simili ce n'erano già un paio oltre a quanto già inserito dei vari centri commerciali, la notaia  mi ha spiegato –per quel che aveva compreso-  che il finanziamento era stato dato al costruttore sulla base di un contratto d'affitto al nuovo operatore italo-tedesco oltre le garanzie di legge. Cioè di carta.
In buona sostanza mi raccontava, confermando il mio sospetto, come le banche non abbiano appreso la lezione e continuino a badare a quanto mettono nel cassetto a fine giornata settimana mese trimestre senza badare ad una prospettiva che sia di medio lungo periodo. Le azioni di quella banca valevano 5 euro a fine 2008 e  oggi valgono 2,9 euro.
Ho fatto notare che non è assolutamente certo che l'apertura di un nuovo centrino commerciale comporti il suo successo mi ha risposto che gli obiettivi della banca sono quelli di vendere prestiti con le garanzie previste dalla legge.
Alla direzione della banca non gli passa nemmeno per la testa che finanziando l'iniziativa questa genera in cascata -vista l'enorme densità della tipologia offerta già presente- tutta una serie di difficoltà che saranno a carico non solo della stessa banca ma anche delle banche concorrenti che hanno finanziato prima analoghe iniziative.
Non gli importa nulla. La trimestrale conta più del futuro prossimo e remoto.
Via e-mail abbiamo chiesto alla sindaca Gamba ed al consigliere delegato alla «comunicazione e trasparenza» Battaglia notizia circa i tempi di attivazione della trasmissione on line delle sedute del consiglio comunale dopo avere appreso in segreteria che era necessario approvare il relativo «regolamento». Questo perché il Comune ha speso una cifra superiore ai 20mila euro per la video registrazione delle sedute e dopo sei sette otto mesi non c’è nulla di pronto. La sindaca  ha risposto che «hanno già predisposto la bozza del regolamento». Il bravo M. Battaglia deve avere sudato le classiche sette camicie per una operazione di ricerca in rete e di copia-incolla previo sostituzione del nome del comune «copiato» con «Curno». La sindaco ci scrive che le trasmissioni «potrebbero iniziare -costi permettendo- dal prossimo anno ma non necessariamente per tutti i consigli comunali». Non si comprende la ragione per cui ci sia distinzione  tra consiglio SI e consiglio NO dal momento che -al di la delle eventuali sedute segrete per legge- quello che avviene nella sala consigliare DOVREBBE essere disponibile in rete  sempre. Dai matrimoni alle sedute delle commissioni.
Nella mail avevamo fatto notare che c’era una eccessiva lentezza nella pubblicazione delle delibere e delle determinazioni degli uffici e la sindaca ha risposto che «il ritardo è determinato da un iter procedurale abbastanza lento» e che stanno «valutando di informatizzare alcuni passaggi che dovrebbero rendere più snello il procedimento (almeno per quanto riguarda la raccolta delle firme)».
Il comune ha speso una piccola fortuna per allestire la videoregistrazione delle sedute consigliari quando con una cifra pari ad un terzo della spesa effettuata  era possibile avere anche una fornitura migliore ma adesso pare che non siano nemmeno trasmissibili in diretta senza altre spese di hardwhare.
Insomma: quello che un ragazzo di 16 anni con 300 euro è in grado di realizzare dalla sua cameretta nel comune di Curno diventa un affare  di stato. Nel 2017 non hanno nemmeno in funzione la firma digitale delle delibere?.
Abbiamo l’impressione che -dalla pulizia e manutenzione del paese alla burocrazia ed alla trasparenza- questa maggioranza stia piuttosto dormicchiando.