1968, quando la laurea era un tesoro e gli emigranti spedivano in patria 5 miliardi.
Solo un quarto delle famiglie possedeva sia la tv sia la lavatrice sia
l'auto: il 23% non aveva nessuna delle tre. La lavastoviglie, poi, era
un'aspirazione alla portata di meno del 3% della popolazione. In
compenso per comprarsi una 500 nuova bastavano cinque stipendi. E chi
aveva proseguito gli studi dopo le superiori guadagnava più del doppio
della media
di Chiara Brusini | 14 ottobre 2017
Gli italiani erano 53 milioni e sognavano la Nuova 500 e la tv Urania
con il tubo catodico, ovviamente in bianco e nero. I nostri emigranti
spedivano ogni anno in patria l’equivalente di 5,6 miliardi di euro,
più o meno pari alle rimesse che oggi gli immigrati in Italia inviano
nei Paesi di provenienza. I laureati guadagnavano più del doppio della
media. E solo un quarto delle famiglie possedeva sia la tv sia la
lavatrice sia l’auto: il 23% non aveva nessuna delle tre. La
lavastoviglie, poi, era un’aspirazione alla portata di meno del 3%
della popolazione. Correva l’anno 1968.
Per capire come stavano gli italiani torna utile una delle prime
indagini su risparmio e struttura della ricchezza dei residenti,
pubblicata l’anno dopo dalla Banca d’Italia guidata allora da Guido
Carli. Il reddito medio di un nucleo familiare, rilevavano gli analisti
di via Nazionale, era di 1,6 milioni di lire all’anno. Ma i pochi che
avevano proseguito gli studi dopo le superiori arrivavano a prendere in
media 2,5 milioni (contro le 600mila lire degli analfabeti). E’
l’equivalente di 35mila euro attuali. Ai laureati di oggi va molto
peggio: il reddito medio è di 17.500 euro annui.
Nonostante le differenze legate al titolo di studio, l’Italia del ’68
era ancora un Paese con un tasso di disuguaglianza molto basso. Le
famiglie che ricadevano nei primi tre decili – in soldoni le più povere
– percepivano il 35% del reddito totale. Nel 2014, per fare un
confronto, quella quota è scesa all’11,7%. Il 37,4% delle uscite
mensili del resto era destinato all’acquisto di alimentari: oggi la
percentuale si ferma al 17,7%. In compenso gli elettrodomestici erano
un lusso: solo un quarto della popolazione aveva l’aspirapolvere e meno
del 40% possedeva la lavatrice. Le percentuali salivano rispettivamente
al 68 e all’85% tra chi aveva redditi oltre i 3,5 milioni di lire. Ma
anche nelle case di questi Paperoni la lavastoviglie era una comodità
poco diffusa: ce l’avevano solo 3 su 10.
L’auto, in compenso, stava diventando un bene di massa. Nella Penisola
ne circolavano solo 9,2 milioni, contro i 38 milioni di oggi, e i
listini di casa Fiat consentivano a quasi tutti i lavoratori di
metterne una in garage. A un under 30 bastavano cinque stipendi per
comprarsi una 500 nuova. Se era laureato, quattro erano più che
sufficienti. Oggi, stando ai dati Istat, la famiglia di un 35enne deve
metterne da parte quasi sette per portare a casa una Nuova Fiat 500 a
benzina, modello base.
La passione degli italiani per il mattone, poi, era già scoppiata ma
stava iniziando solo da pochi anni a mostrare i propri effetti: le
famiglie con casa di proprietà erano il 49% del totale contro il 41,7%
del 1961. Oggi la quota è del 78%. Tuttavia, ricordava Bankitalia, “i
movimenti interni di popolazione, sia in senso verticale (Sud-Nord) che
orizzontale (campagna-città), interessando in prevalenza gruppi di
famiglie a basso reddito, si accompagnano nei primi anni
dell’insediamento a un’elevata diffusione della locazione”. L’affitto
era comunque ben più abbordabile di oggi: in media la pigione ammontava
al 14% del reddito. Oggi, sempre secondo via Nazionale, l’incidenza è
del 23%. Che cosa succedeva nei tanti appartamenti di studenti
trasformati in “comuni” è un’altra storia.
di Chiara Brusini | 14 ottobre 2017
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CITAZIONE.L'evento
gastronomico dell'annogli chef di east lombardy ospitano le eccellenze
del gusto.In occasione del g7 dell’agricoltura, Bergamo ospita il
meglio della cucina nazionale ad «Astino nel gusto». Quattro giorni di
eventi e degustazioni in cui l’eccel lenza locale, rappresentata dagli
chef, dalle cantine e dai produttori di East Lombardy, accoglierà
l’eccellenza italiana con grandi ospiti d’onore: oltre 100 star del
gusto in 3 giorni. dal 13 al 15 ottobre partecipa all’evento
gastronomico dell’anno nell'ex monastero di Astino, location d’incanto
immersa nella Valle della Biodiversità di Bergamo, a un passo da
Milano. tappe gourmand e cooking show d’autore con Carlo Cracco, Heinz
Beck, Antonino Cannavacciuolo, Antonia Klugmann, Davide Oldani ed
Enrico e Roberto Cerea sono solo un assaggio di «Astino nel gusto»… da
venerdì 13 a domenica 15 ottobre, le sorprese si moltiplicano ad
«Astino nel gusto»!
Ogni giorno una nuova imperdibile esperienza: immergiti nel gusto delle
25 isole gastronomiche presenti e assaggia i piatti più famosi di 4
chef East Lombardy, 4 chef stellati, 1 guest chef, 1 pizzeria, 1
panificio e 2 pasticcerie d’autore, insieme alle eccellenze di 4
produttori locali e 8 cantine del territorio. E non è tutto! a ogni
evento potrai assistere ai cooking show live dei nostri guest chef
nella saletta dedicata fino a esaurimento posti- o grazie ai grandi
schermi posizionati per l’occasione nel monastero. e a fine cooking
show, preparati a gustare il loro piatto! tutti i partecipanti
all’evento, infatti, potranno assaggiare i piatti dei guest chef
andando a trovarli nella loro isola gastronomica!
Prenotazione obbligatoria, 55 euro in prevendita e 70 al botteghino;
entrata a soli 20 euro per i bambini dai 4 a 12 anni. Sono i prezzi
“popolari” per l’ingresso a uno dei grandi eventi di “Astino nel
Gusto”.
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Francamente
cosa c’entri una baracconata come «Astino nel gusto» (già il titolo fa
ca**re) col G7 agricoltura lo sanno e l’hanno compreso solo gli
organizzatori (già vedere com’erano organizzate e messe le cucine
faceva venire i brividi, considerando le regole normalmente
imposte ai ristoranti stabili) ma siccome ‘sto Astino bisogna lanciarlo
in qualche modo altrimenti s’affloscia appena smettono di suonare i
media ecco la trovata.
Orribile. Cucine sparse nei campi, baraccamenti mobili dappertutto che
se li facesse un contadino sui colli finirebbe diretto in Piazza Dante.
Del resto basta ascoltare e vedere la regina di «East Lombardy»
(Regione Europea della Gastronomia 2017) per capire che l’università di
provenienza è «la prova del cuoco» oppure la simpaticissima Silvia T.
Montagnosi.
Non fa nulla se i coltivatori e gli allevatori fanno la fame per la
modestia dei prezzi con cui sono comepnsati i prodotti mentre alle loro
spalle ci campano in mille e si arricchiscono in altri mille, questo
«Astino nel gusto» ne è l’ennesima prova. esattamente come il
proclamare le Mura di bergamo quali «Patriminio dell’Umanità» non serve
a migliorarne la conservazione e la fruizione ma serve solo ai bottegai
ed albergatori della città per attrarre turisti e fare i soldi. facendo
finta di non sapere- fonti GdF 2016- che uno scontrino su tre bviene
omesso o è fasullo.Che volete di più? Un amaro Lucano!.
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Nella
questione Visco sto col quella parte del PD che ha presentato in aula
alla Camera una mozione che punta a non rinnovare l'incarico del
governatore di Bankitalia Ignazio Visco, il cui mandato scadrà a fine
ottobre. Si impone dunque la linea del segretario Matteo Renzi, che da
tempo lavora alla successione del governatore dopo gli scandali bancari
dei mesi scorsi. La mozione ha creato scompiglio e sconcerto non solo
in via Nazionale. Sembra che il premier Gentiloni ne fosse all'oscuro.
La reazione dell'etablissement è stata corale: ci sono soggetti in
questo Paese che non si possono ne criticare ne mandare a casa.
La pressione intorno a Palazzo Koch è montata negli ultimi mesi, quando
le molte crisi bancarie italiane sono venute al pettine. Nella prima
versione della mozione del Partito democratico che ha di fatto
sfiduciato Visco, poi sfumata per intercessione del governo, si leggeva
infatti che le "ripetute situazioni di crisi o dissesto (...) avrebbero
potuto essere mitigate (...) da una più incisiva e tempestiva attività
di prevenzione e gestione delle crisi bancarie e di esercizio dei
correlati poteri sanzionatori". Questa di fatto l'accusa di fondo,
valida per tutte gli scandali bancari. In una sorta di auto- difesa
preventiva, Visco aveva inserito (a braccio) un passaggio sul ruolo
della Vigilanza nelle crisi bancarie e una risposta implicita alle
critiche già nel corso delle sue considerazioni finali della scorsa
primavera. "La Banca d'Italia", ha detto in quell'occasione, "negli
ultimi anni è stata criticata anche in maniera aspra, siamo stati
accusati di non aver capito cosa accadeva o di essere intervenuti
troppo tardi. Non sta a me giudicare, posso solo dire che l'impegno del
direttorio è stato massimo". E ancora, rimarcava: "Non c'è stata piena
consapevolezza anche al livello politico" dei rischi derivanti dalle
norme sul bail in e della vendita, che era "del tutto legittima"
secondo le norme, delle obbligazioni subordinate delle quattro banche
finite in risoluzione. In poche parole, la politica non aveva capito
che con il coinvolgimento degli obbligazionisti le crisi delle banche
sarebbero usciti dai salotti della finanza per entrare in quelli della
gente comune.
Fuori dubbio che tutti quelli che hanno investito in quelle
obbligazioni non era ne sprovveduti ne ingenui: sapevano benissimo che
al maggior rendimento corrisponde un maggiore rischio.
La questione però è molto più profonda. Probabi lmente la BdI ha
seguito abbastanza burocraticamente i controlli sulle banche ma
il suo errore di fondo dal 2000 fino alla prima crisi del 2008, quello
che ha creato la grande massa di NpL, è di non avere attuato una moral
suasion verso le banche in ordine ai finanziamenti (poi finiti male).
Non solo quelli clientelari e fuorilegge di cui abbiamo avuto ampia
informazione. La BdI vedeva e sapeva la quantità enorme di
finanziamenti che le banche concedevano al settore edilizia e ai
settori a quella collegati. La BdI doveva sapere che non si poteva
finanziare il mercato immobiliare per un ampliamento dell'ordi ne del
+20-30%. Nessuna nazione al mondo ha mai potuto aumentare in pochi anni
– la durata degli affidamenti nel settore e collegati- la propria
popolazione del +20-30%.
Se oggi il mercato immobiliare pone sul mercato una sovra offerta
di quella grandezza, è evidente che troppo credito è stato concesso
senza garanzia e toccava in primis alla BdI e a cascata alle banche
maggiori indicare e decidere che almeno dal 2005 i mutui e i
prestiti immobiliari si potevano fare SOLO agli acquirenti finali.
In buona sostanza l'errore della BdI è stato quello di secondare la
politica che spingeva verso la bolla immobiliare che poi, con la crisi
complessiva è stata quella che ha mandato in default molte banche e
banchette.
Poi tutta l'evoluzione delle crisi bancarie negli ultimi 5-7 anni è
stata letteralmente penosa proprio perché la BdI non ha usato l'accetta
sotto il peso delle interferenze politiche che ne limitavano ancora
l'azione.
Renzi ha avuto la capacità di comprendere che la crisi del 2008
spazzava via ogni metodo di governo consociativo attraverso il
quale maggioranza e opposizione si sostenevano con una schiacciatina
d'occhio e via.
Non c'era più trippa per gatti, per usare una battuta.
Uomini della destra come della sinistra che avevano mandato allo
sbaraglio banche importanti nel Veneto, Emilia, Marche Toscana non
potevano e non possono più avere voce in capitolo e nella politica.
Renzi è stato in tal senso troppo poco rottamatore e le voci che oggi
si levano in difesa di Visco appartengono a un mondo che non ha più
nessuna legittimazione culturale e politica.
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