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Non ci preoccupa troppo l'iter della nuova legge elettorale almeno finché non sarà approvata dal Senato. Semmai verrà approvata.
L'abbiamo già scritto che è una legge che non ci piace e che «almeno» doveva avere il voto disgiunto: un voto nel collegio ed un altro voto al partito o alla preferenza.
Quindi due schede alla Camera e due schede al Senato. Qui cominciano i casini dal momento che mettendo in mano agli Italiani quattro schede saprebbero fare un bel caos. Per noi si poteva fare benissimo ma la destra in Parlamento non vuole e quindi... non ci sarebbe la maggioranza per approvarla.
Ci fa ridere la polemica dei «nominati». Uno dei difetti di questa legge secondo gli oppositori sarebbe quello che la stragrande maggioranza degli eletti sarebbero scelti dal segretario del partito. E' la scoperta dell'acqua calda. Nemmeno nel PD si fanno le primarie per scegliere chi mettere in lista: che sia lunga o corta sono sempre scelte frutto di accordi intercorrenti nel partito e dell'elettore chissenefrega.  Figurarsi in FI o nella Lega o nei 5S: queste le primarie se le inventano coi bit.
Quindi una polemica del tuto inutile dal momento che se non mi piace il partito A non mi piace nemmeno il candidato Z (cioè l'ultimo della lista).
Poi ci sono altri dettagli su cui non entriamo ma che ci paiono meno  importanti di quelli sottolineati.

La realtà è che i tre gruppi  (PD, 5S, FI+Lega) sono assolutamente bugiardi circa il rispettivo modello elettorale perché nessuno di loro sa cosa potrebbe davvero sortire e quindi occorre cercare in qualche modo di indirizzare o governare l'esito finale. Che non è così facile dal momento che l'elettore se sente puzza di inciucio, ti vota il concorrente. Crediamo che ormai gli elettori «fedeli ad un'idea» siano ridotti ad una minoranza nemmeno consistente. Lo sperano sopratutto Bersani D'Alema Pisapia Speranza in ordine alfabetico.

Il PD però dovrebbe chiedere ai suoi iscritti ed al suo elettorato, nel presentare il programma, di avere un indirizzo netto sulle alleanze del futuro, in modo da legare le mani al fiorentino, ma anche per responsabilizzare gli elettori i quali votano come  meglio credono e poi fingono d'arrabbiarsi se l'esito è un caos spagnolo.
Mai come alle prossime elezioni l'elettore dovrà prendersi le proprie responsabilità.
Altro che votare e lavarsene le mani del «dopo».
Al tempo delle politiche 2013 frequentavo il bar che era stato  sede del PCI e poi la sede del PD. Dopo le elezioni quando il PD ebbe la sua mezza vittoria e il CDX ebbe l'altra mezza vittoria e i 5S il noto e consistente risultato, tutti gli avventori ciarlieri restarono di sasso nello scoprire che i 5S che erano stati votati numerossimi anche dagli ex compagni- non ci stavano a fare l'inciucio col Bersani e nemmeno cogli altri.
Insomma l'inciucio è qualcosa di fisiologico nella gggente. Non per nulla abbiamo  oltre 100 miliardi di evasione fiscale sul reddito ed una ottatina di miliardi  di evasione dei contributi con 96 miliardi di giocate (quelle più o meno verificabili, poi ci sono le altre…).

Se leggiamo i giornali e vediamo le troppe trasmissioni TV dove si straparla di politica, ci rendiamo conto che tutta questa ipocrisia dei partiti e dell'elettorato non viene mai raccontata. In nome di un falso «politicamente corretto» non raccontano mai la verità. L'elettore ha sempre ragione anche quando fa l'inciucista professionista e tra i partiti il disonesto è sempre l'altro.
Non abbiamo grande fiducia che il clima migliori da adesso ai prossime 6-8 mesi che ci separano dalle elezioni dal momento che la narrazione della politica segue un copione che è una miscela di falsità e imbrogli.
Lo abbiamo visto col Referendum del 4 dicembre 2016. Ufficialmente si votava per un referendum sulle modifiche costituzionali e una legge elettorale e in realtà i media hanno fatto votare per Renzi Si/Renzi NO.
I media sono stati servi della peggior politica anziché esserne i radrizzatori delle gambe storte.
Sono stati i media che hanno mutato la campagna referendaria da un tema all'altro. Vero che al tempo c'era l'interesse di almeno  7-800 personaggi della casta di garantirsi una  profittevole pensione e quindi non andare alle elezioni anticipate. Vero che i noti padri della patria hanno sempre ritenuto gli elettori  dei bambocci da difendere rispetto al fiorentino che “voleva distruggere la Costituzione più bella del mondo”.
Chissà se un Zagrebelsky riesce a capire che la sua voce arriva mentre la voce della casalinga di Solza non arriva da nessuna parte: ma alla fine lui dispone di una scheda esattamente come la casalinga di Solza.
Lo stesso dicasi per in Berlinguer piuttosto che per un Floris fino alle varie mezze calzette –i due nominati sono tre quarti di calzetta…- che fanno talkshow 24 ore su 24 a costo zero sulle mille tivù italiane.
Nemmeno quella riforma era  un'ottima riforma (costituzionale ed elettorale) ma aveva il pregio di costringere gli Italiani a delle scelte nette e responsabili e chi nel caos avesse fatto il doppo gioco - vedi il caso torinese ed assimilati- si sarebbero tirati in casa la troika piuttosto che il fiorentino.
Demerito dei media e della stampa è andata com'è andata e adesso gli Italiani, nel caso passasse questa legge elettorale, si troverebbero di nuovo  di fronte alla responsabilità non di decidere se cacciare il fiorentino o mettere sulla biga governativa il bamboccione avellinese  dalla paternità fascista, bensì di infilare un pessimo inciucio oppure una deriva elettorale di incerto finale.
tuzionale un pugno di leader è riuscito a mandare all'ammasso tutti, eccetto sé stessi.
   
Lucia Annunziata

Legislatura anomala, votata sotto i colpi di una totale rivolta contro il sistema, tra vaffa lanciati come pietre e rottamazioni imbracciate come clava; continuata nel segno dell'evaporazione delle frontiere (fra idee e partiti) e dell'assottigliarsi delle regole; insomma la XVII legislatura della Repubblica italiana che ha avuto inizio venerdì 15 marzo 2013 è finita oggi, coerentemente con il suo inizio: con un'ennesima lacerazione.
La legge elettorale è stata approvata nelle battute finali con ricorso alla fiducia. Il voto è avvenuto alla vigilia del decennale del Pd, festeggiato senza (fra gli altri) Romano Prodi, che è stato presidente del Comitato nazionale per il Partito democratico, e poi presidente dell'Assemblea costituente nazionale del partito.
Divina dissonanza, o meravigliosa coincidenza: in fondo la battaglia intorno e dentro il Pd è stata la storia che ha percorso tutta la legislatura, e il suo cambio di pelle è stato davvero il segnale di un cambiamento dei tempi.
L'approvazione di una legge elettorale in queste circostanze prepara una campagna elettorale avvelenata. Ci sono pochi dubbi infatti che, qualunque sia il giudizio che si vuol dare di questa mossa – e il mio è negativo – il ricorso alla fiducia per l'approvazione delle leggi elettorali è un evento eccezionale, avvenuto solo quattro volte nella storia repubblicana. Due di queste quattro sono avvenute in questa legislatura: un altro indicatore, se ce n'era bisogno, che questa è stata una legislatura fra le più instabili.
È in questa identità malata del Parlamento, nell'estrema crisi di questa istituzione, che va cercata oggi l'origine e la ragione del passo finale di queste ore.
Intanto, dal 2013, abbiamo contato tre premier non eletti: Letta, Renzi , Gentiloni – più Bersani che ha vinto il voto ma non ha avuto incarico.
Uno scollamento fra voto e rappresentanza potremmo dire di tripla potenza. Distanza poi riflessa dal collasso anche della stabilità parlamentare, a causa di un numero di cambi di casacca senza precedenti. Al Senato i cambi sono arrivati a 231, portati a termine da 136 senatori – cioè il 42,50% dell'Aula. Alla Camera i cambi di gruppo a oggi sono 297, e hanno coinvolto 203 deputati, cioè il 32,22%. I due rami hanno totalizzato 528 cambi di gruppo da inizio legislatura, con 339 parlamentari transfughi: il 35,68% del totale. Un continuo tremore di poltrone, anticipazione e segno a sua volta di un cambio di identità dei partiti stessi.
Le entrate e uscite dalle varie case politiche raccontano infatti molto bene il cambiamento di pelle dei partiti.
Alla Camera, i gruppi che registrano un saldo ingressi-uscite positivo sono il Misto (+20) con 85 parlamentari "conquistati" e 65 "persi" e Alternativa popolare (+27) con 38 nuovi ingressi e 11 uscite. Record negativo a Forza Italia (-46) con 52 perdite contro 6 ingressi. Non va meglio neppure per M5S e Pd, che perdono rispettivamente 21 e 33 deputati. Stessi trend al Senato, dove è FI a perdere più senatori (53) ed è il gruppo Misto a guadagnarne di più (46). E tuttavia questi stessi trend sono suscettibili a ulteriori cambiamenti: si segnala infatti in corso una nuova tendenza al ritorno verso Forza Italia, ora che il partito è tornato un player nazionale.
Non sorprende che per governare una tale confusa identità collettiva, la fiducia sia stata usata in maniera muscolare: 98 volte dai 3 governi.
Invocata per ben il 51% delle leggi dal governo Gentiloni: incluso il voto per il Rosatellum, vi ha fatto ricorso 22 volte. Il precedente esecutivo Renzi ha usato 66 voti di fiducia, cioè per il 26% delle leggi approvate. Letta ha usato la fiducia 10 volte, per il 27% delle leggi passate.
Tutti questi numeri portano a una conclusione ovvia: la fiducia sulla legge elettorale che chiude la porta su questa legislatura è una scelta che è quasi un'abitudine. Frutto degli sconquassi, e delle forzature, degli assalti e della delegittimazione del Parlamento. È una scelta che svela la fragilità che ha percorso l'intero assetto di questo ultimo quinquennio politico – una storia di questo periodo molto diversa dalle retoriche ufficiali.
Ma non solo di questo si tratta. La fretta di approvare la legge nasce da una fragilità ma ha uno scopo chiaro: aggirare questa incertezza per affermare un meccanismo di autodifesa degli assetti di sistema.
Il Rosatellum infatti conferma la solita dote che tutte le ultime leggi elettorali hanno conferito ai leader politici: quella di designare, attraverso i nominati, un nuovo Parlamento a propria immagine e somiglianza. In altre parole, grazie alla fiducia, in fretta e in sicurezza, si sono garantiti la sopravvivenza Renzi, Salvini, Berlusconi, Verdini, Alfano – mentre al macero andranno tutti gli altri.
In sintesi, alla sua fine, la legislatura XVII può dire di aver ottenuto il collasso del sistema – ma non dei capi di questo sistema stesso, che, con una discutibile manovra istituzionale sono riusciti a mandare all'ammasso tutti, eccetto sé stessi.
Ci sarebbe un modo — poco usato ma molto utile — di (ri)disegnare la mappa dei flussi migratori degli ultimi anni. E cioè immaginare che le persone che si spostano lo fanno (anche, se non soprattutto) per cercare il cibo che non trovano nel proprio Paese. Così, per esempio, i tanti arrivi di nigeriani in Italia (14.500 tra gennaio e giugno, secondo Frontex) si potrebbero spiegare con la crisi idrica dello Stato africano, che a cascata ha causato instabilità politica e problemi sanitari. Lo stesso si potrebbe dire per il Bangladesh: 8.200 cittadini hanno raggiunto le nostre coste anche per sfuggire al dramma dell'acqua potabile, disponibile solo per il 40 per cento della popolazione.
E poi i cereali, la siccità... ricordarsi che uno dei principali motivi per cui le persone si muovono è l'accesso alle risorse alimentari sarà una delle sfide dell'ottavo «Forum internazionale su alimentazione e nutrizione», il meeting che il Barilla Center for Food & Nutrition (Bcfn) organizza all'Hangar Bicocca di Milano il 4 e 5 dicembre prossimi. Insieme a MacroGeo, società di ricerche geopolitiche, infatti, la Fondazione Bcfn presenterà il primo studio su migrazione e cibo: «Un aumento dell'un per cento dell'insicurezza alimentare costringe il due per cento della popolazione a migrare — ha riassunto il presidente di MacroGeo Lucio Caracciolo durante l'anticipazione dei temi del Forum che si è tenuta ieri. «In un mondo in cui due miliardi di persone sono obese e 815 milioni sono mal nutrite è chiaro che bisogna rivedere i modelli alimentari», ha detto il vicepresidente Bcfn Luca Virginio. Un'ipotesi su cui ragionare sarà l'uso delle rimesse dei migranti, che valgono molto più degli aiuti ai Paesi poveri e che potrebbero essere spese per rilanciare le coltivazioni locali. Inoltre bisogna valutare l'impatto delle diverse culture alimentari nei Paesi d'accoglienza: l'integrazione passa anche dalla comprensione delle abitudini altrui, a tavola. A dicembre, poi, verrà presentato il nuovo «Food sustainability index», la classifica che ordina i Paesi a seconda della capacità di evitare sprechi, di coltivare in modo sostenibile e di bilanciare obesità e malnutrizione: l'edizione 2017 includerà nove nuovi Stati, tutti del Mediterraneo. Un'altra novità sarà il premio giornalistico «Food Sustainability Media Award». Gli ospiti? Carlo Petrini, che si confronterà con Guido Barilla, Bob Geldof e l'economista Jeffrey Sachs. Nel frattempo in Italia c'è da preoccuparsi per gli under 18: secondo l'index 2016 uno su 4 è in sovrappeso.

Alessandra Dal Monte
Astino: «la scuola per chef grazie agli espropri della Brebemi»

«I fondi per il recupero di Astino? Tutti dalla Brebemi». Parola della Mia. La nuova vita dell'ex monastero , come scuola d'eccellenza per chef e gestori d'alberghi, si regge sugli investimenti della Fondazione: 12 milioni già erogati finora, altri 15,7 entro la fine della riqualificazione. «I soldi provenienti dalle espropriazioni di terreni per la Brebemi e l'alta velocità — spiega Giuseppe Epinati della Mia — sono finiti direttamente su Astino. Non faremo salti nel buio, li investiremo solo quando avremo in mano il contratto per la scuola». 

Fin qui la notizia dal Corriere  edizione di Bergamo.
Ovviamente c’era già in circolazione la notizia che i fondi  ottenuti per gli espropri dei terreni MIA nella Bassa per il passaggio di quegli autentici crimini ambientali che sono la BREBEMI e l’Alta Capacità fossero stati utilizzati ad Astino. Adesso c’è il cazzotto finale allo stomaco: «la scuola per chef grazie agli espropri della Brebemi».
I beni della MIA non sono esclusivi degli abitanti della città di Bergamo ma sono di tutti i Bergamaschi. Già i restauri del Convento di Astino servono sostanzialmente ad alcuni ristoratori per le loro attività e dall’altro canto al Comune come alla Provincia ed alla MIA possono stare contenti che ci siano imprenditori che  rischiano l’avventura imprenditoriale sul posto. Tutt’altro che sicura.
Adesso c’è la (quasi) certezza che nella cascina di fronte al convento verrà creata una scuola di cucina di alto livello. Ci pare un grossolano errore determinata dalla moda del momento e da tutto un mondo locale che gira e trae profitto da un’idea di «food» del tutto inconsistente.
Astino è un buco in fondo a un sacco e già tutte le modifiche applicate alla zona sono concausa degli allagamenti del quartiere di Longuelo. Concausa soprattutto per un allacciamento fognario del comune e del cambiamento delle coltivazioni in atto nella zona.
In bergamasca ci sono almeno due dozzine di ville abbandonate che fino a qualche anno or sono venivano utilizzate per «matrimoni» e adesso -siccome quella moda costosa è tramontata- restano inutilizzate. Quasi tutte hanno una accessibilità e una  localizzazione migliore di Astino e quindi se proprio occorre una «scuola per schef» la possono realizzare le  rispettive associazioni e scuole, senza utilizzare i soldi di tutti i bergamaschi.
Oltre tutto da Bergamaschi abbiamo dovuto sopportare una progettazione criminale -che ha distrutto inutilmente un sacco di aree agricole senza alcuna necessità e motivo ma solo per insipienza progettuale- delle due opere da cui derivano i fondi e adesso vengono sprecati per interessi privati.