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(Quella che segue é una sintesi dell’articolo)

Il partito democratico compie (quasi) dieci anni. Il 14 ottobre del 2007 si svolgevano, infatti, le primarie per l'elezione dell'Assemblea costituente. E del segretario. Le primarie rappresentano, dunque, il “rito fondativo” del Pd, per citare la formula coniata da Arturo Parisi. Insieme a Prodi, il sostenitore più determinato — e determinante — del passaggio dall'Ulivo dei partiti al partito dell'Ulivo. Un soggetto politico unitario del centrosinistra (senza trattino) capace di aggregare i principali partiti che avevano accompagnato la storia della Prima Repubblica: Dc e Pci. Per allargarne i confini. Da allora, molto tempo è passato e molte cose sono cambiate. Mi limito a indicarne due. La “scissione” recente delle componenti — e di alcuni leader — di sinistra, che ne ha mutato l'identità originaria. E la progressiva personalizzazione, che ha segnato il passaggio da Pd a PdR.

C'È però un aspetto, meno dibattuto, che vale la pena di analizzare. E’ venuta a mancare una capacità di  agire da “spina dorsale di un sistema malato”, come ha scritto di recente, su queste pagine, Ezio Mauro.

È invecchiato, soprattutto negli ultimi anni. Come si vede nelle tabelle allegate.

Se ci limitiamo alle due ultime consultazioni, l'evoluzione appare evidente. I votanti più giovani (16-34 anni) scendono dal 19%, nel 2013, al 15% nel 2017. Ma, soprattutto, nelle Primarie, è la quota di elettori “anziani” (65 anni e oltre) a crescere in misura rilevante: dal 29% nel 2013, al 42% nel 2017. Mentre, per quel che riguarda il voto al PD alle elezioni politiche, dal 2007 al 2017 (stime Demos) l'incidenza delle classi di età più giovani (18-34 anni) e anziane (65 anni e oltre), appare costante. Rispettivamente, intorno al 23-24%, i giovani, e al 40%, gli anziani.

Questi dati suggeriscono come sia in atto un cambiamento sensibile nella base del PD. Sta invecchiando. In misura molto più rapida e sensibile rispetto alla popolazione — e all'elettorato nell'insieme. Ma se il partito riesce ancora a intercettare il voto dei più giovani, in misura perfino superiore alla media, non riesce, però, ad appassionarli. I “giovani- adulti” (30-40enni), d'altronde, sono sempre più attratti dal M5s.

Parallelamente, la “personalizzazione” procede senza sosta. Tanto più in tempi di “democrazia del pubblico”. Di “democrazia digitale”. Ma rischia di diventare deleteria. Trasformarsi in un “Partito personale”, nel “Partito del capo” (per citare le note definizioni di Calise e Bordignon), diventare PdR. Distaccarsi dalla società e dal territorio.

A dispetto dei propositi di rottamazione: significa “invecchiare”. Perdere il futuro.

 

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L‘articolo di Ilvo Diamanti presenta un partito che non è più quello realmente esistente. In questi dieci anni di esistenza del PD  il mondo si è capovolto. Non ricordare la crisi in cui siamo precipitati proprio dopo la  fondazione del PD mi pare piuttosto grave. senza giustificare nessuno degli errori commessi e dei responsabili implicati. Fossero stati «solo» i dirigenti del PD a non avere previsto quello che è successo dopo il 2007 dovremmo davvero andare tutti a nasconderci: dirigenti ed iscritti. In realtà abbiamo abbastanza alibi dal momento che non se n'è accorto praticamente nessuno. Non se ne sono accorte le banche che sono state le prime responsabili del crac internazionale. Non se ne sono accorti i governi dove troviamo chi ha ciurlato coi conti (Grecia e Spagna), chi ha speso   capitali pubblici in grande quantità per salvare le proprie banche (Germania: 197 miliardi) e chi - l'Italia- ha tirato a campare fino alla fine salvo che poi c'ha dovuto gettare 31 (trentuno) miliardi. Senza contare la carta straccia -almeno il doppio della spesa statale- che si sono ritrovati in mano tutti quei clienti che si sono creduti furbissimi per avere comprato titoli assai redditivi ma che nascondevano appunto il marcio  della banca che glieli piazzava.

 

Fuori dubbio che oggi il PD non sia messo bene e che andrà incontro ad una sconfitta elettorale sia in Sicilia che alle prossime politiche. Ma sai che soddisfazione sapere che sia col mostro di legge elettorale uscita dalle varie cesure  così come i probabili esiti del Rosatellum (La Stampa di oggi) non consentiranno la formazione di nessuna maggioranza minimamente omogenea a meno che  ci sia una formazione che si becca il 40,1%?

Il PD ha bisogno di maggiore tranquillità e riflessione collettiva perché non può reggere l'aggressione continua cui è sottoposto. Avanti di questo passo è probabile che la rinuncia al voto da parte dei cittadini diverrà ancora maggiore perché non crediamo gli italiani così' stolti da dare il 40,1% ai 5S così come siamo (invece) assai certi che sono arrabbiatissimi per l'evidente progetto di tutti i partiti di tenersi i 950 seggi parlamentari, meglio se spartiti fra amici degli amici.

Non è in crisi solo il PD (che non ha ancora terminate le elementari...) ma è in crisi un Paese dove l'elettore non si fida dell'altro elettore. Il paradosso è che questa dirompente voglia di rappresentarsi - e quindi volere il proporzionale - lo si legge nel fatto che la sinistra e il centrosinistra hanno perso negli ultimi anni oltre 3 milioni di elettori. Demos ci dice che solo il 6 % degli italiani ha fiducia nei partiti, eppure secondo l'Istat sono 7 milioni gli italiani che fanno volontariato. Significa che la passione, la voglia di impegnarsi, aumentano, ma non trovano più uno sbocco. Oppure lo cercano nel privato.

 

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RAI3: LE RAGAZZE DEL '68

12 donne protagoniste dei cambiamenti dell'epoca

Presentazione della RAI

Domenica 8 ottobre alle 20.30  prende il via su Rai3 "Le ragazze del '68". Protagoniste del programma sono dodici donne che nel 1968 avevano circa 20 anni e che hanno vissuto in prima persona il grande cambiamento del ruolo femminile nella società dell'epoca, quando l'onda delle contestazioni degli Stati Uniti raggiunse l'Europa e anche l'Italia, dando il via ad una vera e propria rivoluzione politica, ideologica e sociale che ha cambiato in profondità l'immagine della donna italiana: dalla moda, al lavoro, fino ai costumi sessuali. La donna non era più solo sposa e madre: le ragazze prendevano in mano la propria vita e, spesso ribellandosi alle regole di famiglia e società, osavano cambiare. Una rivoluzione collettiva fatta di tante straordinarie storie personali.

Studentesse o contadine, borghesi o proletarie, ragazze madri, femministe, artiste, hippie, le ragazze del '68 sono diverse tra loro per provenienza, estrazione sociale, istruzione e opinioni, ma tutte ricordano ancora con emozione il periodo che fece intraprendere loro un cammino di cambiamento e consapevolezza. Ciascuna di queste donne racchiude una storia, specchio di un Paese pieno di contraddizioni, che merita di essere raccontata. Anche questo programma, come Le ragazze del '46, vuole essere un contributo al patrimonio documentale della storia del Paese. Una scatola della memoria televisiva che arricchisce, emoziona e informa.

 

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Nel 1968 noi avevamo 21 anni e lavoravamo da tre a mungere mucche dalle parti di Soresina. Secondo i rigidi criteri del tempo, anche se diplomato, prima di dirigere l'azienda –così speravo- dovevi fare la debita gavetta e dimostrare cosa sapevi fare e come…

Aspettavo quindi con una buona dose di curiosità questa serie perché le «ragazze del'68" sono state la nostra controfaccia  interfaccia quando non controparte nel 1968.

Mi incuriosiva e mi stimolava vedere come e cosa pensavano (adesso)  «loro» rispetto a quello che pensavamo «noi».  Sottolineo. Cosa pensassero le ragazze del '68 nel 1968 di noi ragazzi del '68 nel 1968 più o meno lo sapevamo. L'interessante era-è sapere cosa ne pensano... adesso che loro come noi hanno all'incirca 70 anni.

Loro rispetto al mondo ed a noi e noi rispetto a loro e al mondo.

Noi nel 1968 avevamo degli interessi molto contingenti come fare sesso tanto e volentieri. La posologia minima era di una alla settimana. Ci accorgemmo però ben preso che le ragazze ci battevano: la pillola anticoncezionale c’era da alcuni anni e sapevano come trovarla. Noi maschi eravamo piuttosto riluttanti nell’uso del preservativo. La guerra nel Vietnam: si sarebbe conclusa nel 1975 cogli USA buttati a mare. L'inquinamento atmosferico. A Treviglio come a Milano  in quegli anni  d'inverno “pioveva carbone” dal cielo come effetto del riscaldamento con oli di ogni genere. Dovevi cambiare la camicia ogni giorno perché il colletto diventava nero per mezzogiorno. Lo sport. Noi non sapevamo calciare. In compenso eravamo ottimi ciclisti ed alpinisti. Eravamo  stati volontari nell'alluvione di Firenze (novembre 1966), nel terremoto del Belice (gennaio 1968). Non c'eravamo «solo» noi maschi ma c'erano altrettante ragazze, sia pure numericamente meno. Ma nemmeno molto. I nostri amici -di pochissimi anni più grandi di noi- erano stati a Longarone - Vajont. Insomma avevamo già visto la morte: molti morti.

Per noi il '68 fu la doccia al posto della vasca da bagno e la possibilità di farne una ogni giorno anziché il mitico bagno settimanale nella vasca. Fu lo slip anziché il boxer da dove ti scappava tutto dappertutto.  Fu il jeans. Non sono banalità o normalità igieniche: le ragazze pesavano anche l'igiene dei maschietti cui s'accompagnavano. Idem noi verso di loro. E quindi quelle piccole cose erano importanti.

Nella mia compagnia quelli regolarmente sposati in chiesa rispetto a  quelli che stavano assieme a paletta (si diceva così...) erano metà e metà. Nel 1972 si formò la prima comunità che andò ad abitare in una cascina sulle colline. C’era un  progettista di valvole pneumatiche che conviveva con una maestra d’asilo. Entrambi del Manifesto. Ebbero una sola figlia che non è riuscita nemmeno a diplomarsi. Fu lui che fondò la convivenza collettiva, smise di  disegnare valvole e si mise a fare il vignaiolo. C’era un PCI che vendeva patatine assieme a un’operaia della Gabulera. Poi ereditò una licenza di ambulante formaggiaio e adesso gestisce un ristorante. Fecero quattro figli tutti nella ristorazione. E’ stato consigliere provinciale leghista. C’era una coppia di cattolici che andavano a messa a Fontanella (la cascina era della zona). Non erano  iscritti a qualche partito ma erano cattolici del dissenso. Senza figli. C’era un perito elettrotecnico che lavorava in Philps e la sua compagna che era maestra. Due figli di pelle scura adottati, oggi medici. Ci andavo anch’io con compagne occasionali come  consulente del vignaiolo ma non ho mai condiviso l’idea di mettere in piedi quel casino.

 

Avevamo quasi tutti la patente, la  500 o la dyane, l'eskimo, i primi jeans ma anche le ultime braghe attillate sul culo e con la zampa d'elefante.

Nella mia classe c'erano solo due ragazze - c'erano dalla prima- e il divertente era che facevano educazione fisica con noi ma si cambiavano nello spogliatoio del... professore (maschio e fascista) di ginnastica. Una era profuga triestina e quindi automaticamente fascista. L'altra –oltre la scuola- faceva la cantante in un gruppo rock. Non è arrivata ne a Castrocaro ne a Sanremo. Boh.

Osservavamo le ragazze e ne misuravamo le planialtimetrie anteriori e posteriori e loro ci ricambiavano stimando il pacco. Non c'era storia: erano sempre e solo loro a sceglierci.

 

La prima puntata è stata una delusione. Mi è sembrata una serata di autocoscienza all'oratorio. O in sacrestia. Prima di tutto l'Italia è scomparsa: pare che l'Italia del '68 sia stata quella delle piccola borghesia .  Basta scorrere l'elenco delle donne intervistate per capirlo. Il che non è assolutamente  vero dal momento che basta scorrere le immagini e le foto dei cortei di quegli anni.

Basta scorrere il sito del produttore  per rilevare lo spessore culturale e politico della compagine. Trasmissioni da maldipancia adatte ad una trasmissione pomeridiana oppure di mezza mattina  bene imbottite di pubblicità di assorbenti, biscotti al plasmon, tisane emollienti.

 

Nella prima puntata scopriamo due brave ragazze che si, forse erano un po' svirgole, ma non s'assomigliavano per nulla a quelle che erano con noi e come noi. Forse a Roma o in qualche città c?è stato “un altro” sessantotto. Di sicuro  non è quello che hanno mostrato in questa pessima prima puntata.

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Di precedenti ce ne sono. Il più recente: la Questura di Reggio Calabria ha emesso un foglio di via nei confronti di Veronica Padoan, figlia del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. Pare che da impegnata nella lotta al caporalato, la Padoan sia stata denunciata per associazione semplice finalizzata all'istigazione alla violazione delle leggi.  A fine aprile di quest'anno il presidente del consiglio comunale di Roma ha annunciato il provvedimento di esclusione dall'aula per due mesi di alcuni cittadini perché avevano fatto casino più volte in aula.Che fare con uno che non abita nemmeno a Curno  e che degli abitanti di Curno scrive: «i cittadini di Curno sono normalmente cattivi (come tutti, si dirà: beh, qui un po' di più, perché il paese è brutto e l'animo dei curnensi non è ingentilito da veruna bellezza)» ?. Uno che per pararsi le spalle da eventuali denunce pre-scrive di «castigat ridendo mores» oppure scrive le diffamazioni in latinorum sperando che  gli interessati non sappiano leggere e tradurne il significato?

La risposta è semplice. O due. Si chiede al questore l'emissione di un foglio di via per il custode delLa Latrina di Nusquamia, tale ing. Claudio Piga, abduano di Trezzo d'Adda e sardAgnolo di origini con ascendenze  garibaldine dalla Valcamonica. Oppure direttamente dalla sindaca Gamba l'emissione di un daspo di minnitiana invenzione ( il custode delLa Latrina di Nusquamia è ammiratore del ministro Minniti e non potrà che apprezzare) per allontanarlo da Curno. Siccome la Repubblica italiana concede ai suoi cittadini di chiudere solo la bocca del proprio sacco di monnezza, al custode delLa Latrina di Nusquamia resterà ovviamente il diritto di sfregiare di virgole della propria  merda i cittadini di Curno. Però abbiamo il dovere di avvertirlo: stia attento perché l'edilizia commerciale in paese sta riprendendosi e non è detto che occorra qualche volume per riempire le fondazioni dei pilastri di capannone. Non vorremmo che nella fretta di svuotare  la latrina portassero via anche il custode: castigat ridendo mores.

 

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LA NOTIZIA. L'Amministrazione Comunale di Curno in collaborazione con (1)Consultorio Centro Famiglie “Mani di Scorta” - Consorzio Solco Città Aperta (2) Ambito Territoriale di Dalmine – (3) Istituto Comprensivo Curno (4) Scuola d'infanzia San Giovanni Bosco –(5)  A.S.D. Polisportiva Curno – (6) Dinamo Popieluszko Curno presentano lo Sportello di Ascolto Diffuso nelle rispettive sedi di queste associazioni ed enti indigeni.. È possibile scegliere a quale sportello rivolgersi, indifferentemente dalla frequentazione abituale degli spazi. Lo Sportello è gestito dalla dott.ssa R. G., Educatrice dell'Ambito di Dalmine; dalla dott.ssa S. L., psicologa dell'età evolutiva, collaboratrice del Consultorio “mani di scorta” dalla dott.ssa D. B., pedagogista referente del Progetto Psicopedagogico dell'I.C. Curno (per i soli genitori dei ragazzi iscritti all' I.C.). L' accesso è libero e volontario. È tuttavia consigliabile la prenotazione del colloquio.

IL COMMENTO. Ecco un sistema pulito ed encomiabile -chi si permette di criticare il servizio di un confessore laico? vade retro satana!- per distribuire qualche soldino in modo da creare -involontariamente ovvio...- un sistema di amicizie e sostegno  a livello provinciale in vista di qualche futura carriera politica. Non c’è che dire: Curno è un paese bello da vivere perché puoi sceglierti pure il confessore. Che volere di più? Un Lucano?

 

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«Pare che» la fontana comunale presente in questa immagine vicino alla  c.d. «casa dell’organista» sia stata la prima fontana pubblica quando a Curno arrivò l’acquedotto dalla città di Bergamo. Fino all’arrivo della Roggia Curna, il paese non aveva pozzi perenni e questa è una delle ragioni per cui non crebbe molto prima del 1300. Prima dello scavo della Curno il paese si riforniva d’acqua alla sorgente in fondo a via Marconi, dove adesso- in quel di Treviolo- c’è una cappelletta votiva. La Roggia Serio intercettava questa sorgiva proprio per bonificare meglio le terre a sud della stessa. Dalla Roggia Curna derivava una piccola seriola subito a valle del mulino e si dirigeva verso ovest così da impinguare i pozzi della zona a nord della Curna. Non si è mai esaminato a fondo cosa ci sia dietro la cornice di pietra serena sulla facciata della casa rossa ma a nostro avviso quello era il paramento del pozzo pubblico creato dopo lo scavo della Roggia Curna (che scorreva pochi metri più a nord). Più che probabile ci fosse una pompa manuale (come quella a est del Fontanone Visconteo di Piazza Duomo).

Nel sottolineare il  magnifico «restauro esantematico o anatomico» cui è stato sottoposto l’edificio giallo unitamente alla splendida snellezza del tubo che regge un cartello di segnaletica stradale. Il tutto appropriato per un paese «bello da vivere» unitamente all’esposizione di oggetti  d’uso domestico e agricolo di ignoto significato rispetto al tempo in cui è avvenuta (l’arrivo del nuovo parroco). Ad maiora.