N. 207 - DACCI OGGI LA NOSTRA VERGOGNA QUOTIDIANA

ROSARNO GIUGNO 2016

Rosarno,
la  piaga dei  ghetti
del caporalato




Le donne  continuano ad  essere  ammazzate


TTIP : frontiere  aperte alle  merci e chiuse
agli umani

 

Rosarno, la piaga dei ghetti del caporalato
Lavorano, quando va bene a 1 euro l'ora, fino a 13 ore al giorno.
Vivono o nelle tendopoli o in casolari abbandonati nelle campagne, senza nulla. In inverno, quando si raccolgono gli agrumi, si scaldano bruciando copertoni che pagano ai loro carcerieri e che li intossicano.
«Sono costretti a pagare pure l'affitto per catapecchie condivise coi topi, e la carne marcia venduta loro a prezzi da grand gourmet», racconta il sociologo Palmisano.
IL MARCHIO DELL'INFERNO. Così si ammalano gli schiavi di Rosarno.
«Quando con il cambio stagione arrivano a Nardò per la raccolta dei cocomeri, li riconosci subito. Basta guardarli in faccia, sono deboli, più deboli degli altri. Soffrono di micosi perché sono stati costretti a maneggiare antiparassitari che hanno abbattuto le barriere immunitarie». Trattamenti resi necessari da una produzione sempre più intensiva.
E, ancora, «sputano sangue e sono affetti da dissenteria cronica a causa di quello che mangiano e respirano».
Costretti a ritmi di lavoro disumani nei campi, di inverno come d'estate a 45 gradi, i braccianti muoiono. «Nemmeno in Africa abbiamo condizioni di questo tipo», confessa qualcuno…
L'unico obiettivo è reperire in poco tempo forza lavoro a prezzi bassissimi.
I ghetti sono funzionali alla produzione agricola just in time, una volta caratteristica solo dell'industria.
Il meccanismo purtroppo è elementare. La multinazionale o la grande distribuzione da un giorno all'altro chiedono alcune tonnellate di prodotto che devono essere raccolte. «Dove trovare la manodopera se non nei ghetti e nelle baraccopoli?»…
«Non siamo noi a consumare le clementine della Piana», sottolinea il docente, «sono destinate al mercato estero. Non ultima la Coca Cola che acquista la spremuta per la Fanta».
Solo il 10-15% del nostro prodotto resta in Italia.
Un prodotto che sarebbe di eccellenza, come tanti nel nostro Paese. Ma che viene svenduto e nasconde «un sistema agricolo che schiavizza». E su cui le mafie, dalla 'ndrangheta alla camorra fino alla criminalità organizzata pugliese, fanno affari d'oro.
DAI BARCONI ALLA SCHIAVITÙ. Centinaia, se non migliaia di potenziali braccianti dall'Eritrea e dal centro Africa si imbarcano in Libia, muovendosi sotto il controllo delle mafie nostrane.
Arrivati in Italia, sono trasferiti nei centri di accoglienza che spesso sono «dei centri di collocamento criminali».
Al Cara di Mineo, ricorda il professore, c'era un vero e proprio reclutatore di colore che indirizzava i migranti ai campi. «I ragazzi sono agganciati da un centrafricano», e così entrano nel circuito della nuova schiavitù, passando da caporale a caporale…

Francesca Buonfiglioli
Siamo un gregge di pecore sempre più mansuete, che si recano al macello fischiettando. Le donne continuano a morire come cavallette, ammazzate da maschi sempre più viziati dall'indifferenza alla vita umana, trogloditi, sentimentalmente analfabeti. Ci basta un drappo rosso o un fiocchetto colorato per dimostrare agli altri, a questo mondo che appare sempre più un non luogo immenso e aperto, e che in realtà sempre più ci chiude al centro delle nostre quattro mura, impedendoci ogni azione e ogni reazione. Un fiocchetto per dire al mondo tutta la nostra beltà, tutto il nostro candore dell'animo, mentre tutto continua a marcire, infettato dall'ignoranza. Francamente, che la presidente della Camera abbia esposto al balcone del suo ufficio un drappo rosso, mi offende. Non è l'estetica insulsa di un gesto modaiolo che potrà salvare le donne ammazzate per nulla, che potrà far cessare la strage. Ci vuole impegno e fatica, ci vogliono soldi – quei soldi che pare non ci debbano essere mai per le cose importanti, ma che continuano ad essere razziati dall'avidità di pochi eletti malfattori. Come tutto, come la storia ci avrebbe dovuto insegnare, per farci tornare a un minimo accettabile di civiltà serve solo la cultura. Il sapere. La conoscenza e la coscienza. Bisognerebbe insegnare i sentimenti ai bambini, la sensibilità, l'uguaglianza, il rispetto per la vita che è già viva. Ma da troppo tempo, ormai, ci si occupa più tangibilmente di un embrione, che di un bambino che resterà orfano per mano del padre, o che diventerà anche lui cadavere, pianto e applaudito quando sarà chiuso dentro la cassettina di legno bianco che lo conserverà per sempre. E laddove i danni son fatti, là dove ancora esistono gli analfabeti non c'è bisogno di drappi rossi, ma di finanziamenti alle case protette, alle strutture d'ascolto, ai consultori che chiudono per mancanza di fondi ed energie, alle varie associazioni che si reggono sul volontariato e sulle donazioni, sempre meno cospicue in un paese che arranca e che inizia a dare del tu alla fame e alla povertà. C'è bisogno di sostenere finanziariamente le donne prigioniere che dalle loro prigioni non possono evadere, schiave della povertà che sempre più si radicalizza nel paese. Bisognerebbe finanziare le scuole pubbliche e non quelle che insegnano ancora alla donna che bisogna essere vergini e pie, e al massimo sopportare in nome del Signore. Non sarà certo l'esposizione di un drappo rosso a farci smettere di essere agnelli che nemmeno avranno il tempo di diventare pecore.  

Rita Pani
    
Ttip: frontiere aperte alle merci e chiuse agli esseri umani, che affogano in mare
…Mentre apriamo le frontiere alle merci, le chiudiamo agli esseri umani, lasciandoli affogare in mare. Questo è il senso della politica economica dell'occidente. E così, mentre aumentano i naufragi, mentre migliaia di donne, uomini e bambini cercano di scappare dai loro paesi devastati dalle guerre e dalla miseria affrontando estenuanti traversate, i governanti fanno orecchie da mercanti.
… Ma bisogna anche affrontare il problema alla radice. E una delle radici è il libero commercio senza regole. Le multinazionali, che subappaltano la produzione laddove sussistono minori regole ambientali e minori tutele sindacali, sicuramente riusciranno a strappare prezzi più bassi, a scapito dell'ambiente, dei lavoratori e della leale concorrenza. Senza calcolare la quantità di CO2 prodotta e di energia sprecata dall'intenso traffico aereo e navale delle merci.
Se gli accordi (TTIP e CETA) venissero firmati… sarà molto più difficile migliorare o mantenere i nostri standard per i prodotti alimentari, i diritti dei lavoratori, la tutela dell'ambiente e i diritti dei consumatori; l'Ue e i suoi Stati membri si troverebbero sotto pressione, al fine di consentire tecnologie a rischio come per esempio: il fracking (frantumazione idraulica del sottosuolo per estrarre gas da argille o petrolio) e la modificazione genetica (ogm).
Ricordiamoci che, già ora, tanto di quello che acquistiamo è fatto nei paesi poveri, alimentando sfruttamento, povertà, guerre e inquinamento ... Allora impegniamoci ad accogliere i profughi, a combattere contro le politiche che li respingono. Impegniamoci a lottare contro il Ttip e a respingere questo trattato antidemocratico. Ma soprattutto, nella vita di tutti i giorni, impegniamoci a vivere con coerenza, a comprare con coscienza, a non renderci complici dell'inquinamento e dello sfruttamento di milioni di persone.

Linda Maggiori