Rosarno, la piaga dei ghetti del caporalato
Lavorano, quando va bene a 1 euro l'ora, fino a 13 ore al giorno.
Vivono o nelle tendopoli o in casolari abbandonati nelle campagne,
senza nulla. In inverno, quando si raccolgono gli agrumi, si scaldano
bruciando copertoni che pagano ai loro carcerieri e che li intossicano.
«Sono costretti a pagare pure l'affitto per catapecchie condivise coi
topi, e la carne marcia venduta loro a prezzi da grand gourmet»,
racconta il sociologo Palmisano.
IL MARCHIO DELL'INFERNO. Così si ammalano gli schiavi di Rosarno.
«Quando con il cambio stagione arrivano a Nardò per la raccolta dei
cocomeri, li riconosci subito. Basta guardarli in faccia, sono deboli,
più deboli degli altri. Soffrono di micosi perché sono stati costretti
a maneggiare antiparassitari che hanno abbattuto le barriere
immunitarie». Trattamenti resi necessari da una produzione sempre più
intensiva.
E, ancora, «sputano sangue e sono affetti da dissenteria cronica a causa di quello che mangiano e respirano».
Costretti a ritmi di lavoro disumani nei campi, di inverno come
d'estate a 45 gradi, i braccianti muoiono. «Nemmeno in Africa abbiamo
condizioni di questo tipo», confessa qualcuno…
L'unico obiettivo è reperire in poco tempo forza lavoro a prezzi bassissimi.
I ghetti sono funzionali alla produzione agricola just in time, una volta caratteristica solo dell'industria.
Il meccanismo purtroppo è elementare. La multinazionale o la grande
distribuzione da un giorno all'altro chiedono alcune tonnellate di
prodotto che devono essere raccolte. «Dove trovare la manodopera se non
nei ghetti e nelle baraccopoli?»…
«Non siamo noi a consumare le clementine della Piana», sottolinea il
docente, «sono destinate al mercato estero. Non ultima la Coca Cola che
acquista la spremuta per la Fanta».
Solo il 10-15% del nostro prodotto resta in Italia.
Un prodotto che sarebbe di eccellenza, come tanti nel nostro Paese. Ma
che viene svenduto e nasconde «un sistema agricolo che schiavizza». E
su cui le mafie, dalla 'ndrangheta alla camorra fino alla criminalità
organizzata pugliese, fanno affari d'oro.
DAI BARCONI ALLA SCHIAVITÙ. Centinaia, se non migliaia di potenziali
braccianti dall'Eritrea e dal centro Africa si imbarcano in Libia,
muovendosi sotto il controllo delle mafie nostrane.
Arrivati in Italia, sono trasferiti nei centri di accoglienza che spesso sono «dei centri di collocamento criminali».
Al Cara di Mineo, ricorda il professore, c'era un vero e proprio
reclutatore di colore che indirizzava i migranti ai campi. «I ragazzi
sono agganciati da un centrafricano», e così entrano nel circuito della
nuova schiavitù, passando da caporale a caporale…
Francesca Buonfiglioli
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Siamo
un gregge di pecore sempre più mansuete, che si recano al macello
fischiettando. Le donne continuano a morire come cavallette, ammazzate
da maschi sempre più viziati dall'indifferenza alla vita umana,
trogloditi, sentimentalmente analfabeti. Ci basta un drappo rosso o un
fiocchetto colorato per dimostrare agli altri, a questo mondo che
appare sempre più un non luogo immenso e aperto, e che in realtà sempre
più ci chiude al centro delle nostre quattro mura, impedendoci ogni
azione e ogni reazione. Un fiocchetto per dire al mondo tutta la nostra
beltà, tutto il nostro candore dell'animo, mentre tutto continua a
marcire, infettato dall'ignoranza. Francamente, che la presidente della
Camera abbia esposto al balcone del suo ufficio un drappo rosso, mi
offende. Non è l'estetica insulsa di un gesto modaiolo che potrà
salvare le donne ammazzate per nulla, che potrà far cessare la strage.
Ci vuole impegno e fatica, ci vogliono soldi – quei soldi che pare non
ci debbano essere mai per le cose importanti, ma che continuano ad
essere razziati dall'avidità di pochi eletti malfattori. Come tutto,
come la storia ci avrebbe dovuto insegnare, per farci tornare a un
minimo accettabile di civiltà serve solo la cultura. Il sapere. La
conoscenza e la coscienza. Bisognerebbe insegnare i sentimenti ai
bambini, la sensibilità, l'uguaglianza, il rispetto per la vita che è
già viva. Ma da troppo tempo, ormai, ci si occupa più tangibilmente di
un embrione, che di un bambino che resterà orfano per mano del padre, o
che diventerà anche lui cadavere, pianto e applaudito quando sarà
chiuso dentro la cassettina di legno bianco che lo conserverà per
sempre. E laddove i danni son fatti, là dove ancora esistono gli
analfabeti non c'è bisogno di drappi rossi, ma di finanziamenti alle
case protette, alle strutture d'ascolto, ai consultori che chiudono per
mancanza di fondi ed energie, alle varie associazioni che si reggono
sul volontariato e sulle donazioni, sempre meno cospicue in un paese
che arranca e che inizia a dare del tu alla fame e alla povertà. C'è
bisogno di sostenere finanziariamente le donne prigioniere che dalle
loro prigioni non possono evadere, schiave della povertà che sempre più
si radicalizza nel paese. Bisognerebbe finanziare le scuole pubbliche e
non quelle che insegnano ancora alla donna che bisogna essere vergini e
pie, e al massimo sopportare in nome del Signore. Non sarà certo
l'esposizione di un drappo rosso a farci smettere di essere agnelli che
nemmeno avranno il tempo di diventare pecore.
Rita Pani
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Ttip: frontiere aperte alle merci e chiuse agli esseri umani, che affogano in mare
…Mentre apriamo le frontiere alle merci, le chiudiamo agli esseri
umani, lasciandoli affogare in mare. Questo è il senso della politica
economica dell'occidente. E così, mentre aumentano i naufragi, mentre
migliaia di donne, uomini e bambini cercano di scappare dai loro paesi
devastati dalle guerre e dalla miseria affrontando estenuanti
traversate, i governanti fanno orecchie da mercanti.
… Ma bisogna anche affrontare il problema alla radice. E una delle
radici è il libero commercio senza regole. Le multinazionali, che
subappaltano la produzione laddove sussistono minori regole ambientali
e minori tutele sindacali, sicuramente riusciranno a strappare prezzi
più bassi, a scapito dell'ambiente, dei lavoratori e della leale
concorrenza. Senza calcolare la quantità di CO2 prodotta e di energia
sprecata dall'intenso traffico aereo e navale delle merci.
Se gli accordi (TTIP e CETA) venissero firmati… sarà molto più
difficile migliorare o mantenere i nostri standard per i prodotti
alimentari, i diritti dei lavoratori, la tutela dell'ambiente e i
diritti dei consumatori; l'Ue e i suoi Stati membri si troverebbero
sotto pressione, al fine di consentire tecnologie a rischio come per
esempio: il fracking (frantumazione idraulica del sottosuolo per
estrarre gas da argille o petrolio) e la modificazione genetica (ogm).
Ricordiamoci che, già ora, tanto di quello che acquistiamo è fatto nei
paesi poveri, alimentando sfruttamento, povertà, guerre e inquinamento
... Allora impegniamoci ad accogliere i profughi, a combattere contro
le politiche che li respingono. Impegniamoci a lottare contro il Ttip e
a respingere questo trattato antidemocratico. Ma soprattutto, nella
vita di tutti i giorni, impegniamoci a vivere con coerenza, a comprare
con coscienza, a non renderci complici dell'inquinamento e dello
sfruttamento di milioni di persone.
Linda Maggiori
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