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Si
conclude così come da molti decenni non esista un “governo della città”
ma soltanto un “governo degli interessi” delle categorie dominanti che
gettano le briciole al "popolo" sotto forma di una università non
proprio brillante (nel 2015 l'ateneo di Bergamo era all'82 contro il
100,6 di Siena, 15 posti indietro) oppure su un turismo di massa mordi
e fuggi, sul funzionare da sala di attesa tra un volo e l'altro
dal Caravaggio. Poi, quando c'è da cogliere l'occasione di mostrare gli
attributi, ecco che il progetto dell'ospedale finisce in mano a un
francese e la costruzione ad un'impresa del Sud .
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le scivolate
di Gori
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il Collegio Baroni -1
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il Collegio Baroni - 2
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il caos di
Astino
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un carico eccessivo
su strutture
delicate
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Dopo
la solenne «scivolata» dell'accesso concesso a tutte le moto nelle ore
serali per Città Alta motivata ipocritamente coi problemi di
registrazione (i cittadini sarebbero piuttosto laschi in merito) è
scoppiata fragorosamente la questione del Collegio Baroni e tornerà tra
breve alla ribalta anche il casino di Astino. Aggiungiamo
l'inarrestabile dequalificazione del commercio e del turismo in città
alta ed altri particolari niente affatto minuti per far capire come
nella giunta Gori non ci sia un disegno compiuto ne una regia rispetto
al destino di questa parte della città, diventata ormai una sala
d'attesa del Caravaggio oppure preda del mordi e fuggi di torme di
anziani che percorrono come pecore la città e poi se ne
vanno lieti di avere passato un mezzo pomeriggio senza ricordare
più nulla.
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La
vicenda del Collegio Baroni ha tutti gli aspetti che sono propri della
gens bergamasca. Questo edificio prima fosse abbandonato ospitava un
pensionato per gli studenti del Paleocapa. La provincia lo consegnò
all'Università con l'idea di alloggiare le facoltà letterarie. Il
rettore Remo Morzenti ricorda anche la modifica al progetto iniziale,
ripercorrendo le tappe del cantiere, costato 14 milioni. Avviato nel
novembre 2011, bloccato subito per il crollo di un muro nell'edificio
adiacente in via San Tomaso, riaperto nel 2013, a luglio dovrebbe
chiudere per inaugurare in autunno il nuovo ampliamento del polo
umanistico.
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Ma
la questione vera –ORAMAI- è che a fronte di una università che stima
di avere una popolazione scolastica di 20mila studenti entro il 2020,
non è più accettabile una struttura “sparsa” in decine di sedi (tra
Dalmine, Bergamo bassa, Bergamo a mezzo e Città Alta) ed annessi
e senza una struttura sportiva e di verde connessa alla scuola.
Il costo degli
investimenti immobiliari per rimettere in sesto questi edifici (una
volta si usava il termine di “contenitori”) è stato immenso a tutto
svantaggio della didattica e della ricerca e giustificato con
l'affermazione riconfermata
anche dal rettore: "le univer-
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Che è tutto l'opposto del popolo che vorrebbe farselo proprio.
Tutta la via Astino andrebbe ristrutturata (dimensioni, pavimentazione,
alberature, ecc.) a partire da Longuelo ma l'operazione è infattibile
per i costi e il caos che ne deriverebbe. Potrebbero ristrutturarla
dall'incrocio con via del Bosco ma li bisognerebbe creare un parcheggio
e uno snodo bus ma… parco a parte chi la paga la struttura.
E poi: che si fa “dentro” Astino?
Quindi è fortissimo il contrasto con una valle che era abituata ad
una discreta tranquillità rispetto alla bolgia che Astino sta
suscitando. |
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Torna
quindi alla luce il tema dell'utilizzo di questi contenitori
nell'Italia che ha 2330 miliardi di debito, ha una crescita dove gli
zero sono più degli uno e dove c'è un Paese che bada al portafoglio
personale prima che agli investimenti per creare lavoro duraturo
(restaurare un edificio non è un lavoro duraturo…).
Perché prima o poi, quando gli universitari bergamaschi saranno
25-30mila, tutti gli edifici attuali dovranno essere abbandonati e
allora quegli investimenti e trasformazione che ne faremo?
Ovvio: si ricomincia con la solita tirititela per spendere a debito denaro pubblico senza futuro.
Perché prima o poi si dovrà decidere che fare di Astino quando sarà
finito perché quel che hanno messo in campo adesso non può durare
perché non ha ne senso ne gambe economiche.
Il fatto è che se nei 50 anni precedenti molte di queste strutture
fossero state poste in vendita concedendo un utilizzo privato (in
genere come residenza ) avremmo ricavato moltissimo da investire per
creare un campus degno di questa destinazione. Ma quesyo avrebbe
compromesso la rendita degli immobiliaristi e quindi....
Oggi se metti in vendita qualcosa, non lo compera più nessuno
vista l'enorme sovra offerta edilizia di ogni destinazione oltre alla
crisi.
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Rivisto e corretto. «L'incidente di percorso — ricorda Morzenti — ci
fece rivedere il progetto. Eliminammo i box interrati e l'aula magna
ipogea, poi realizzata nella chiesa di Sant'Agostino.
Quello che si vedrà a luglio '16 sarà un edificio in classe A,
geotermico, che recupera una cerniera tra città bassa e alta. Attorno
al polo umanistico ruotano dai 4 mila ai 5 mila
studenti». Su circa 4 mila mq troveranno spazio un punto ristoro, un
giardino accessibile a tutti, con ingresso da via Pignolo, via San
Tomaso e vicolo San Tomaso, e 13 aule, grazie alle quali «saranno
razionalizzati gli spazi universitari in Città Alta. Ad esempio
lasceremo quelli al Seminarino che serviranno al liceo Sarpi». Infine
il rettore fa una riflessione sugli investimenti dell'università: «La
riqualificazione dell'ex Collegio Baroni, di Sant'Agostino, il prossimo
intervento sulla Montelungo. Le università non pensano solo al sapere,
ma al recupero di luoghi condivisi con la città». Ma sulla questione
l'assessore alla Riqualificazione urbana Francesco Valesini non entra
nel merito, «lascio ad altri il dibattito — dice —. Dico solo che gli
investimenti dell'ateneo hanno una rilevanza positiva sulla città».
Che, se non è una sconfessione nei confronti della stazione appaltante
e del progettista, poco ci manca. Anzi...
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sità non pensano solo al sapere, ma al
recupero di luoghi condivisi con la città” che è un'idea della politica
politicante e dei bottegai che saccheggiano le tasche degli studenti
piuttosto che un contenuto.
Indubbiamente la "politica" non avrebbe saputo che farne altrimenti
delle strutture investite dal processo universitario, ma l'idea di
sfruttarle in questo modo s'è rivelata fallace.
Apriti cielo a Bergamo di fronte all'idea di creare un campus
universitario p.e. verso Colognola-A4-AI-FFSS-SS42 (dove invece
volevano fare il campo per l'Atalanta, poi abortito) di fronte alla
sollevazione dei bottegai e degli affittacamere della città.
Volete mettere la bellezza della transumanza di 20mila studenti tra sopra sotto e di mezzo al posto di un campus?
L'ampliamento in corso del Collegio Baroni, per quanto mitigato, non è
probabilmente un errore di disegno-progetto ma l'errore sta a
monte, nella decisione di ampliare le volumetrie utilizzabili di un
edificio che è del tutto inadatto a stare li per quel dato servizio o
utilità.
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Sai che intelligenza!.
Rimesso a posto Astino (ma non del tutto) non sanno che farne e quindi
ne inventano una dozzina all'anno. Di idee in vendita sul c.d.
mercato dell'arte e collaterali ne vendono a migliaia.
Il fatto è che Astino (il convento e le aree annesse) hanno bisogno di
un accesso pedonale esclusivo che contrasta con l'esigenza di inserirvi
iniziative molto costose e quindi necessitanti di un pubblico
generosamente pagante.
Che è tutto l'opposto del popolo che vorrebbe farselo proprio.
Tutta la via Astino andrebbe ristrutturata (dimensioni, pavimentazione,
alberature, ecc.) a partire da Longuelo ma l'operazione è infattibile
per i costi e il caos che ne deriverebbe. Potrebbero ristrutturarla
dall'incrocio con via del Bosco ma li bisognerebbe creare un parcheggio
e uno snodo bus ma… parco a parte chi la paga la struttura.
E poi: che si fa “dentro” Astino?
Quindi è fortissimo il contrasto con una valle che era abituata ad
una discreta tranquillità rispetto alla bolgia che Astino sta
suscitando.
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