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NUMERO 204 -PERCHE' L'ITALIA HA BISOGNO DI UNA LEGGE SULLA LIBERTA' RELIGIOSA
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UN GUERRIGLIERO KURDO ABBEVERA UN COLOMBO
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L'Italia
non ha una "politica" del pluralismo religioso e dunque non ha una
legge sulla libertà religiosa. Alcuni pensano che la legge servirebbe,
ma constatano che sembra impossibile “farla": per questo si mandano in
Parlamento disegni di legge contro la “radicalizzazione", goffi nei
termini e sfocati negli obiettivi, e nel contempo ci si consola con
progetti generati in élites e dal futuro incerto. Altri dicono invece
che la legge non serve e che la politica può ancora essere quella
disegnata da Craxi: alla confessione maggioritaria un concordato;
all'altro pezzo del cielo le "intese" dei privilegi in miniatura; e
fuori gli islam, in attesa di trovare lo strumento giuridico capace di
separare grano e zizzania islamica,
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Fuor di questo ci sono soluzioni scorciatoie, diverse da quelle dei
francesi che vietarono il foulard a scuola come misura
anti-fondamentalista, ma non meno illusorie.
Nessuno affronterebbe il problema delle scorie nucleari mettendo un'ora
di educazione nucleare alle elementari e cercando camionisti
“moderati".
Per le fedi — che non sono scorie, ma sementi — molto ci si illude
sulla famosa “ora di religione”. E poco ci si protegge rispetto al
momento in cui, come accadde all'ateneo di Bologna, un emiro verrà a
finanziare la riduzione dell'immensa sapienza coranica a un bignamino
wahabita.
L'Italia e la via italiana alla liberta religiosa può accontentarsi per sempre di questo? No, e per motivi storici.
La libertà religiosa “italiana” infatti nasce da una “tensione" costituzionale che non ha ancora esaurito le sue potenzialità.
Giuseppe Dossetti, che teneva i rapporti fra costituenti Dc e Santa
Sede, mise nell'art. 8 della Costituzione un principio di libertà
religiosa che eccedeva di molto la posizione dottrinale vigente nella
chiesa di allora. E con una simmetrica forzatura per citare i “Patti
Lateranensi” al1'art. 7, in un “wording” irritante per un antifascista,
mostro che la “pace religiosa” va difesa senza mai avere paura della
realtà e rinunciando a priori all'illusione che lo Stato possa
sindacare sulle religioni. Oggi i punti di riferimento sono del tutto
diversi rispetto al 1946-1947, ma la sfida rimane quella. Trovare una
libertà che forzi da dentro le cristallizzazioni culturali delle fedi:
chiedendo loro di interrogare la complessità della loro storia, il
meglio della loro tradizione, la profondità delle
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loro dottrine; fornendo loro strumenti e saperi (anche per questo e
importante la traduzione del Talmud) vivi e vitali. Il pluralismo
religioso non può ridursi a un spazio di coabitazione delle fedi in
attesa che il consumismo le secolarizzi e o che l'integrismo ne
rafforzi una. Deve essere un tempo nel quale i "fidenti" — si fidino di
Dio o dell'uomo, purché siano vaccinati rispetto alla prepotenza
dell'io — possano diventare "con-sorti” e produrre la “sostanza
morale”, direbbe Bockenforde, di cui si nutre la società libera.
Per far emergere questa “sostanza morale" lo Stato ha tre strumenti: il
denaro, il sapere e la legge. Il denaro oggi non compra più molto e
quel ch'é peggio crea un mercato del dialogo
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Il
pluralismo religioso non può ridursi a un spazio di coabitazione delle
fedi in attesa che il consumismo le secolarizzi e o che l'integrismo ne
rafforzi una. Deve essere un tempo nel quale i "fidenti" — si fidino di
Dio o dell'uomo, purché siano vaccinati rispetto alla prepotenza
dell'io — possano diventare "con-sorti” e produrre la “sostanza
morale”, direbbe Bockenforde, di cui si nutre la società libera.
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operazione sempre delicata, a dar retta al vangelo.
Il successo delle intese, però, e giunto ad un punto delicato. Le
intese facili, come quella coi buddisti “scissionisti “ del Soka
Gakkai, sono oggettivamente inutili. Le intese pacifiche come quella con
gli ebrei non impediscono vessazioni assurde: come quella che, per uno
strafalcione non ancora corretto del DPR 19/2016, ha stabilito che un
laureato in ebraistica non possa fare il concorso per insegnare alle
medie, a parità di crediti specifici con un laureato in antropologia. Le
intese agognate con gli islam risultano impossibili per l'infinito
combinarsi delle sfumature teologiche ed etniche dei musulmani.
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più
inutile del mondo: quello nel quale le autorità si
scambianoaffettuosità, commoventi si, ma sterili, se non impegnano le
profondità della fede. Il secondo strumento e quello del sapere, nel
quale si devono evitare passi falsi ed impegnarsi per dare rilievo
europeo alla emersione di quella platea di dotti che in Europa conta
migliaia di studiosi poco ascoltati dai decision makers.
Il terzo strumento é quello della legge. Una legge che si fidi più del
sapere che dei soldi e riconosca per tutti il valore di tutti i legami
comunitari: quelli che centrano l'esistenza perché la decentrano,
In quella legge si diventerebbe possibile sanzionare l'evocazione della
motivazione religiosa nella perpetrazione di alcuni delitti
—circonvenzione di incapace, la riduzione in schiavitù, l'istigazione
all'odio razziale, eccetera: esattamente come la qualifica di “mafiosa"
fa del sacrosanto diritto di associazione un crimine gravissimo.
Nessuno dei problemi di oggi può essere risolto da una semplice
immissione di sapere e nemmeno dalla scrittura di una legge: ma nessun
problema di domani sarà risolto senza una immissione di sapere e senza
una legge che della liberta parli e della liberta si fidi.
Alberto Melloni, LaRepubblica 30 maggio 2016
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