ELENA CATTANEO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
La prossima presidente della repubblica? Una donna, laica, giovane
sotto i 70 anni, settentrionale, scienziata. Si incazzeranno di brutto
per il “settentrionale” ma ci importa zero. Per adesso circolano nomi
pallosissimi. Per esempio Liliana Segre. Bravissima donna che chissà
perché non s’era mai vista e sentita prima della nomina a senatrice a
vita e adesso compare regolarmente in tutti i telegiornali quotidiani.
Un’icona: la portano in giro come una madonna pellegrina. Va bene
che è milanese ma ha anche 91 anni: non sfidiamo troppo la natura dopo
i trisnonni comeNapolitano e Mattarella. E per carità di patria basta
cristiani alla presidenza della repubblica. Mettiamoci una donna.
Soprattutto una donna laica.
Poi qualcheduno ha messo in giro anche la nomination di Gentiloni.
Oltre al gravissimo difetto di essere romano, montessoriano, capannista
(non perché andava a caccia nei capanni) sembra lo zio che s’é appena
svegliato dalla pennichella pomeridiana. Va bene che un presidente
della repubblica ha un ottimo staff che gli scrivono i discorsi, però i
suoi discorsi sono talmente banali e scontati che va be, la repubblica?
Eh, c’è la repubblica no?!. Una figurina sbiadita che al massimo
rappresenta i furbi travet dei ministeri romani. Sciò. Sciò.
Ci sarebbero in pista anche Franceschini e Casini. Il primo è ferrarese
ed ha tre difetti da solo: essere avvocato democristiano maschio. Il
secondo ha il solo pregio di essere bolognese, ma è un sughero della
politica, un demerito essere maschio ed avvocato e per di più
divorziato. Che non è una bella cosa per un presidente della
repubblicao lo dice anche mia suocera. Quando parla sembra che abbia la
carne crescente nelle narici. In effetti sa parlare bene, cioè ogni
tanto dice cose interessanti e sensate. Peccato che siano sempre e solo
democristiane.
Resta quindi la sola Elena Cattaneo.
Scrive wikipedia: nata a Milano, vive a Brugherio dalla fine degli anni
ottanta. Dopo aver conseguito una laurea con lode in Farmacia nel 1986
e un dottorato in Biotecnologie applicate alla farmacologia presso
l'Università Statale di Milano, si trasferisce per alcuni anni a
Boston, dove inizia la sua ricerca sulle cellule staminali cerebrali
nel laboratorio del professore Ron McKay al Massachusetts Institute of
Technology. Tornata in Italia, continua le sue ricerche dedicandosi
allo studio della malattia di Huntington. Diventa ricercatrice
dell'Università di Milano, nel 2001 professoressa associata e nel 2003
professoressa ordinaria presso lo stesso ateneo, ricoprendo diverse
cattedre.
L’ultimo suo libro “Armati di scienza” è uscito in un momento in cui la
scienza è al centro dell’attenzione mediatica e politica. Questo non
accade frequentemente: in condizioni normali le notizie scientifiche
ricevono scarsa attenzione da parte dei media e le problematiche legate
alla ricerca sono affrontate dalla nostra classe politica con cronico
disinteresse. La pandemia da SARS-CoV-2 ha invece acceso i riflettori
sulla ricerca e sui ricercatori, soprattutto dell’area bio-medica,
campo di cui la prof.ssa Cattaneo si occupa da molto tempo con
brillanti risultati. Quando la incontrai la prima volta, assistendo
a un seminario organizzato presso la nostra Facoltà di Agraria di
Milano, notai con piacere che prendeva appunti mentre i vari relatori
parlavano e persino durante il dibattito in sala. Un comportamento
tanto corretto e persino normale per una persona razionale ed attenta
come Elena Cattaneo, quanto piuttosto inusuale nei “politici di
professione”.
Storicamente gli scienziati non sono mai stati chiamati a rendere conto
del proprio lavoro “alle masse”, ma l’alfabetizzazione della
popolazione e la rete permettono oggi ai cittadini di accedere alle
informazioni e di chiedere conto dei risultati della scienza. Gli
studiosi dunque devono essere percepiti come una risorsa “per aiutare
il paese e la politica con un incremento di dibattito, di risultati e
di progresso”. Si tratta, secondo l’autrice, di una nuova alleanza tra
scienza e società.
Anche i media hanno il loro peso, perché la scelta delle parole e il
modo di veicolare le informazioni possono fare la differenza.
Probabilmente mai come nell’ultimo anno la scienza è stata sotto i
riflettori nel suo divenire. Accanto a notizie attendibili e
verificate, però, sono circolate dicerie e false informazioni che hanno
contribuito a disorientare il pubblico: infodemia, polarizzazione di
opinioni, fake news hanno frequentemente accompagnato in questi
mesi la narrazione della pandemia da Covid-19.
Il giornalismo, come la scienza secondo Cattaneo, segue un proprio
metodo, risponde a un’etica professionale e procede sulla base della
verifica delle fonti. Quando questo metodo viene rispettato, nella
scienza come nel giornalismo, il cittadino può contare su utili
strumenti di conoscenza.
Ecco perché Elena Cattaneo va mandata al colle.
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A CHI SERVE IL FALSO RADDOPPIO DELLA MONTELLO-PONT SAN PIETRO?
C'è in giro un gran chiacchiericcio attorno al raddoppio della tratta
ferroviaria da Montello e Ponte san Pietro e basta una ricerca in rete
per trovare centinaia di articoli in merito. Peccato che sia una
mezza bufala. Anche meno di mezza. Finora l'unico progetto pubblicato
riguarda il tratto tra la stazione di Bergamo e casa Forcella-Foiadelli
di via Verdi a Curno. Un'altra bufala messa in giro dagli
amministratori di Curno –in particolare le giunte Morelli Serra e Gamba
tutte col centrosinistra quale maggiore azionista elettorale- è quella
della Stazione di Curno che è localizzata sul confine con Longuelo.
Contrariamente a tutto quello predicato dai vari sindaci della città
Curno Mozzo Ponte san Pietro e Treviolo questo raddoppio non serve ai
cittadini utenti ne conservando il numero di corse attuali (da Bergamo
a Ponte o verso Lecco) ne applicandone una ogni dieci minuti.
Cosa ci tocca scrivere! Proprio noi che siamo fautori del trasporto su
rotaia in generale. A noi converrebbe assai usare la ferrovia perché
approffittando della disabilità avremmo tariffe anche migliori.
Anche se abitiamo a 200 mt di distanza in linea d'aria dalla
ferrovia ad a 1,2km da una stazione, se volessimo arrivarci a piedi
dovremmo percorre circa 800 mt di pista pedonale non illuminata. Se
andassimo in stazione con un mezzo non esiste parcheggio auto,
non c'è rastrelliera delle bici e nemmeno posti per le moto. Bici e
moto regolarmente prede di qualcuno. Quanto al salire sui treni, RFI-
Trenord ci garantisce la pedana disabili due sole volte al giorno.
In realtà il trasporto ferroviario esiste non per trasportare persone
da qui a li ma solo per fare lavorare delle persone, dare lavoro alle
industrie elettromeccaniche che costruiscono e manutenzionano dei treni
che su questa tratta viaggiano sempre vuoti oltre il 60% della capienza
legale. Abbiamo verificato che sulla linea BG-Lecco anche nelle ore di
punta l'occupazione non supera il 20%.
La ragione è semplice. Esiste da tempi lontani una sorta di autostrada
che da Ambivere arriva ormai fino a Trescore ragione per cui le persone
si sono costruite la propria vita scolastica lavorativa affettiva
famigliare tenendo conto di questa importante infrastruttura e quindi
poggiando il trasporto sull'auto mobile.
Raccontare come fa la politica che incrementando ogni 10 minuti e
velocizzando le corse aumenterebbe il numero dei trasportati è
una bufala dal momento che quando uno scende dal treno in
qualsiasi stazione non trova trasporti urbani assolutamente residuali.
Inutili quindi. D'altronde uno che ha la macchina non la lascia in
garage ad invecchiare visto che dopo 10 anni è da buttare –anche se
usta poco- solo per salire sul treno.
C'è infine un altro aspetto di cui non avevamo mai prestato attenzione
ma che ci è stato svelato il giorno in cui ATM ha “calato” le prime
carrozze della Linea M4Blu dagli autocarri a quota zero ai binari
sottoterra. Uno dei tecnici della Hitachi (costruttrice delle carrozze)
ha raccontato che per ogni viaggiatore una carrozza di
metropolitana pesa la metà di una carrozza di treno su RFI. Visto il
modo differente con cui viaggiano i treni fuori terra e le
metropolitane, i treni consumano maggiore quantità di energia elettrica
dovendo accelerare in modo molto veloce con un peso maggiore rispetto
ad una metropolitana.
Semmai esistesse un bacino di traffico passeggeri che giustifichi in un
certo qual modo una corsa ogni 10 minuti come dice la politica (dai 20
ai 30 milioni di passeggeri l'anno) , varrebbe la pena che i convogli
di Trenord-RFI fossero sostituiti da convogli sul modello
metropolitana salvo il fatto che… la legge non lo permette. Come
non lo consente la diversa alimentazione, seppure questo sarebbe un
problema risolvibile.
Senza contare i problemi e i costi per modificare le infrastrutture
esistenti per consentire il raddoppio dei binari e delle corse e
l'impatto di quelle modifiche nei contesti urbani coinvolti.
Alla fine di questa grande esibizione della politica, l'unica
certezza che rimane è che il raddoppio annunciato sarà un grande
affare soltanto per le imprese che lo realizzeranno, quelle che
forniranno i treni e li manutenzione ranno mentre i pochi viaggiatori
non ne avranno grandi vantaggi ne a breve ne a medio ne a lungo termine.
Perché un conto è raddoppiare la linea tra la città e Milano (o verso
Brescia: ma non c'è bacino di traffico) mentre non serve a nulla in un
contesto così limitato, salvo la pubblicazione di volantini elettorali.
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ARRIVANO I SOLDI DEL PNRR? NIENTE PER I PICCOILI E I FRAGILI
Narrano le gazzette che in Lombardia per merito del PNRR e dei fondi
complementari dovrebbero arrivare questi fondi destinati come di
seguito elencati. Vi sono anche altre destinazioni (cultura…) ma noi
consideriamo solo quelle utili al nostro ragionamento.
Il Piano per la rigenerazione urbana
All'inizio di ottobre alla Lombardia sono stati assegnati i fondi
relativi per 392,7 milioni di euro relativi al Programma innovativo per
la Qualità dell'Abitare (PinQua), una misura che riguarda la
rigenerazione del tessuto socioeconomico dei centri urbani e delle
periferie, e 252,9 milioni per la riqualificazione dell'edilizia
residenziale pubblica.
A Milano, un progetto pilota finanziato con quasi 100 milioni prevede
interventi di riqualificazione e riorganizzazione dell'edilizia
residenziale sociale e di rigenerazione del tessuto abitativo di
quartieri periferici dove più marcato è il disagio socioeconomico.
Il Piano per l'istruzione
A inizio dicembre sono stati ripartiti tra le regioni i fondi dei primi
bandi PNRR del ministero dell'Istruzione, 5,2 miliardi di euro
destinati alla costruzione di asili nido, scuole per l'infanzia, scuole
innovative, mense e palestre. Alla Lombardia spettano circa 550
milioni, oltre la metà dei quali (240 milioni) per la costruzione di
nuovi asili nido.
Le candidature ai diversi bandi devono essere tutte trasmesse entro febbraio 2022.
Qui in dettaglio i fondi assegnati alla Lombardia dai primi bandi della Missione 4:
· 86 milioni per le scuole innovative;
· 240 milioni per costruzione di asili nido;
· 86 milioni per scuole infanzia;
· 37 milioni per mense scolastiche;
· 27 per palestre;
· 68 milioni per messa in sicurezza.
Nei giorni scorsi la giunta Gamba ha approvato una serie di sei
progetti per 3,6 milioni complessivi che potrebbero rientrare tra
quelli finanziabili da questi fondi. Sommando quelli relativi alle due
piste ciclabili si arriva a 4,45 milioni di cui solo 3,3 da appalto.
Chissà perché la giunta non ha suonato le campane visto che non sono cifre per comprare un pacchetto di noccioline.
Assai probabile che il Comune non ottenga tutta intera la cifra
richiesta per i sei progetti di sistemazione del patrimonio comunale,
resta sempre la certezza che l'ufficio tecnico comunale
-messo male com'è adesso quanto a personale qualificato- avrebbe
difficoltà anche a gestire solo due degli interventi previsti.
Quello che stupisce è che la giunta Gamba mentre investe pochissimo
(spende più di arredi e progetti di intervento che di ampliamenti e
sistemazioni dell'edificio) per la creazione di una casa della salute
locale che accorpi gli studi medici, la farmacia comunale, i
servizi di patronato collegati, un bancomat e un bar, la posta
mentre getta milioni nella case popolari che ormai, vecchie di mezzo
secolo, meriterebbero la demolizione (almeno le parti non vincolate).
Con un debito atto di coraggio potrebbe anche inserire una dozzina di
stanze per la cura post dimissioni dei soggetti fragili ma dubitiamo
che la politica abbia il coraggio di cambiare clientelismo. A
questo scopo potrebbero essere dedicati gli spazi della prima palazzina
davanti via IV Novembre visto che va ribaltata da cima a fondo
Manca del tutto un progetto UNITARIO che metta la vasta area delle case
popolari, dell'oratorio laico, dell'ex palazzina ASL come area della
cura delle fragilità indigene. Impensabile finchè “laddove contano
quelli che contano” non abbiano deciso come spartirsi la polpetta dei
finanziamenti. Tot all'area piddina. Tot all'area leghista. Tot
all'area fratellini d'italia. Tot alla parrocchia. Tot a me. Tot a te.
Tot a lui. Insomma prima devono decidere a coltellate la spartizione
della torta poi verrà l'idea e il progetto.
Tra quanto previsto dal PNRR potrebbe benissimo rientrare anche
l'operazione di spostare la san Giovanni Bosco nella vecchia
Rodari e dare a questa tutta l'area tra via De Amicis e via IV
Novembre comprensiva dell'area parrocchiale. Non sarebbe
necessario nemmeno cambiare le proprietà delle aree e degli edifici e
nemmeno la gestione, salvo che alla fine risultarebbe che il Comune ha
l'edificio per la scuola materna e il nido (la gestione resta sempre la
stessa di adesso) mentre l'attuale edificio su Piazza del Comune
potrebbero destinarlo fin da subito o all'ampliamento degli uffici
comunali oppure a qualche servizio sociale. Il Comune userebbe i soldi
del PNRR per la ristrutturazione della vecchia Rodari in scuola materna
e nido con annesso ampio giardino.
Ma nella attuale maggioranza c'è un'anima che non ammette o accetta
ancora una scuola materna pubblica sia pure gestita da una onlus che
non sia di stretta obbedienza comunale.
Adesso vediamo le reazioni di maggioranza e minoranza davanti a questo
malloppone di 4,45 milioni da spendere. C'è da scommettere che i
colletti bianchi se lo siano già spartiti tra maggioranza e minoranza.
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LUCE METANO BENZINA: IL GOVERNO SI GIOCA IL FUTURO
La secondo durissima sorpresa per gli italiani assieme al covid19 è
l'aumento del costo della bolletta della luce, del metano e del pieno
della benzina. Basta dare un'occhiata ai tre diagrammi che pubblichiamo
in testata per verificarlo (oltre all'alleggerimento del conto corrente
per pagare la bolletta…). Ovviamente tutti fingono sorpresa davanti a
questo salasso ed imputano alla ripresa dell'economia –col conseguente
aumento della richiesta di energia globale- questi feroci aumenti.
Molto più concretamente gli importatori di energia non hanno stipulato
contratti ad di lungo periodo e per il gas non hanno accumulato scorte
riempiendo al massimo i serbatoi dislocati sottosuolo. Nonostante il
costo del denaro sia stato e sia tuttora tra i più bassi dell'ultimo
trentennio, i signori dell'energia –in primis l'ENI- non hanno
investito in scorte e in contratti e l'hanno fatto CONTRO il Paese
giocando sulla sua (nostra) pelle in quanto era evidente che se la
pandemia fosse peggiorata oppure contenuta, la loro mira era quella di
fare profitti. Di recuperare quanto più possibile perduto per la
clausura subita dal Paese.
Noi stimiamo che su questo problema il governo Draghi ne uscirà con le
ossa rotte: mai gli Italiani avevano pagato una bolletta energetica
famigliare così cara che funzionerà da moltiplicatore dei prezzi di
qualsiasi altra materia.
Gli Italiani se li chiudi in casa e gli proibisci di usare la macchina non te la perdonano.
Se da un certo punto di vista si possono comprendere le furbate delle
compagnie energetiche, non si comprende e quindi non si accetta che il
Governo non abbia pensato alle conseguenze della pandemia in campo
energetico e quindi non abbia dato indicazioni (a produttori
trasformatori importatori…) o non abbia assunto iniziative autonome.
L'unico messaggio che il Governo ha dato è che tanto per la prossima
primavera il mercato internazionale dell'energia tornerà come prima.
Non ci crede nessuno dal momento che avendo sbagliato nel prevedere le
conseguenze a breve del covid19, tanto meno ha la volontà o la capacità
di immaginarsi adesso il futuro energetico quando la pandemia sarà
sotto controllo.
Perché per adesso il futuro prossimo – a uno, due, tre anni…- del
covid19 è quello di una pandemia che permarrà a lungo per le stese
ragioni attuali: troppa gente non vaccinata e nemmeno costretta a farlo
dal governo. Dai governi.
Il problema però è anche qui e adesso. Ed è “il problema” per palazzo
Chigi. Da luglio 2021 - quando è stato chiaro che ripresa economica,
domanda internazionale e gli aumenti decisi da chi esporta gas - il
governo ha destinato oltre 8 miliardi per calmierare i prezzi di gas e
luce. Un miliardo e mezzo è arrivato a fine luglio. Altri tre
miliardi a ottobre. Nella legge di bilancio c'erano due miliardi, sono
diventati due e 800 e il consiglio dei ministri di giovedì ha aumentato
di un altro miliardo la dote destinata al caro bollette. Il totale sono
otto miliardi e 300 milioni. Soldi destinati alle piccole e medie
imprese, realmente a rischio chiusura per il caro bollette, e alle
famiglie a basso reddito (destinatarie del bonus gas e luce). Si tratta
di interventi che dovrebbero limitare gli aumenti al 10 e al 25%.
Sempre troppo. Per questo il governo, oltre Draghi anche i ministri
Orlando e Giorgetti, è al lavoro per trovare in bilancio e destinare
ulteriori risorse. E per lavorare in modo strutturale sui costi
della bolletta.
Ad ora, comunque, gli interventi contro il caro-bolletta, hanno avuto
lo stesso valore del taglio dell'Irpef o del costo del Reddito di
cittadinanza.
Sarebbe il colmo sopravvivere al Covid ma non ai rincari figli della
ripresa. I rincari delle bollette energetiche sono insostenibili per
famiglie e imprese e l'intervento del governo è ancora insufficiente :
è urgente una riforma strutturale della bolletta elettrica e un netto
incremento della produzione dal solare e dall'eolico sostenuto nel
breve termine dall'incremento dell'estrazione di gas e nella creazione
di riserve generose. Occorre liberare risorse intervenendo in una
riduzione degli oneri generali di sistema, il taglio dell'Iva e sui
proventi delle aste di CO2. Dunque occorre seguire due
direttrici: c'è da lavorare “nel brevissimo termine” perché il mix
bollette e inflazione al 3% strozza il potere di acquisto delle
famiglie. E c'è da “trovare tutte le misure, anche quelle una tantum
per sterilizzare queste forme di aumento.
Tutta la questione è quindi in mano al duo Giorgetti e Cingolani
e per quel che concerne la follia del prezzo in bolletta dell'energia a
Franco. Non ci sono grandi speranze.
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