A GUARDARE ALLE COLLINE  29 NOVEMBRE 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.





















LA MALA AVVENTURA DELLA FIBRA: TROPPEE AZIENDO E SPRECO DI RISORSE
Il futuro della nuova rete internet in fibra ottica ha il suo snodo centrale nei Palazzi europei.
Giovedì 11 novembre gli uffici della Concorrenza europea hanno ammesso la "salita" di Cdp dal 50 al 60 per cento in Open Fiber (FiberCop è un’azienda partecipata da TIM (58%), Fastweb (4,5%) e il fondo statunitense KKR (37,5%) con lo scopo di realizzare reti FTTH in 2578 comuni italiani entro metà 2026, corrispondenti a circa l'80% delle unità immobiliari “tecniche” delle aree nere e grigie.) e per l'acquisizione del restante 40 per cento da parte del fondo austrialiano Macquarie, che subentra a Enel. Nel dossier presentato agli uffici di Bruxelles per avere il via libera all'operazione erano illustrati anche alcuni specifici patti tra i due azionisti. E tra questi ce ne era uno in cui Macquarie si impegnava a valutare positivamente una eventuale operazione riguardante la rete unica. Quindi a sostenerla e a finanziarla.
La Commissione su quel punto è stata netta: o eliminate quel "patto" o non diamo il nostro ok.
Domenica 21 novembre il fondo americano KKR ha lanciato un’opa favorevole per l’acquisto di TIM. KKR ha messo sul piatto la bellezza di 11 miliardi e si da per certo che la cifra potrà salire ancora.
(...)

E SE I RAGAZZI DI SCUOLA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA CLASSE DOPO CLASSE SI FACESSERO DA MANGIARE DA SOLI E SI PULISSERO LA MENSA?
(...)
Il bello e il buono doveva ancora venire.
A turno i ragazzi e le bambine delle varie classi  -una volta terminato il pranzo- dovevano pulire i tavoli, il refettorio, lavare i pentoloni, asciugare le scodelle e le posate e riporle in ordine.
Sotto l'occhio clinico di qualche suora caratterialmente mal sagomata pronta a mollare ceffoni se non si facevano le cose per bene.
Penso che anche le scuole (elementari e medie) di adesso, visto che hanno tutte la mensa interna, dovrebbero organizzarsi perché a turno gli allievi –sotto la guida di qualcuno addetto- venissero impiegati una giornata alla settimana a preparare la pasta asciutta o la minestra e poi a rimettere in ordine la cucina e il refettorio. Qualcosa del genere lo si potrebbe fare anche con l'ultima classe che  utilizza la palestra e i suoi spogliatoi.
Insomma maschi e femmine tutti insieme pareggiati nel fare lo stesso lavoro “in scuola propria”. Penso sia stata una positiva azione educativa che insegnava anche a non mettere la mani addosso alle proprie compagne.
(...)

COVID19: SE NE SONO ACCORTI CHE NON E' UN RAFFREDDORE
La gggente oggi pensa che ci sia la medicina che guarisce tutto. Questa diseducazione è stata inculcata dalle aziende farmaceutiche le quali hanno bisogno di vendere medicinali (in gran parte inutili) ragione per cui il cittadino medio è normalmente in sovrappeso e questo già indica che si sta avviando verso una pessima vecchiaia.
La cosa che disturba maggiormente il popolo bove rispetto al covid19 e la sua sequela di varianti è che questi stronzi di scienziati non hanno ancora inventato la “medicina” risolutiva. In realtà ci sono malattie che ci colpiscono dalla notte dei tempi e permangono pericolose nonostante ci siano medicinali in grado di contenerle se non di guarirle. Fino alla prossima volta.
(...)


















































le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!
































































































































































































































COVID19: SE NE SONO ACCORTI CHE NON E' UN RAFFREDDORE
La gggente oggi pensa che ci sia la medicina che guarisce tutto. Questa diseducazione è stata inculcata dalle aziende farmaceutiche le quali hanno bisogno di vendere medicinali (in gran parte inutili) ragione per cui il cittadino medio è normalmente in sovrappeso e questo già indica che si sta avviando verso una pessima vecchiaia.
La cosa che disturba maggiormente il popolo bove rispetto al covid19 e la sua sequela di varianti è che questi stronzi di scienziati non hanno ancora inventato la “medicina” risolutiva. In realtà ci sono malattie che ci colpiscono dalla notte dei tempi e permangono pericolose nonostante ci siano medicinali in grado di contenerle se non di guarirle. Fino alla prossima volta.
Oggi Antonio Scurati sul Corriere si interroga: E se non dovesse mai finire? Abbiamo a lungo evitato di dare voce a questa nostra paura impronunciabile. Ammoniti a non farlo da un senso di responsabilità misto a scaramantiche proibizioni, abbiamo taciuto. Forse, però, è giunto il momento di confessare: non è forse vero che, mentre entra il terzo inverno di pandemia, si fa strada in noi il pensiero di un inverno senza fine? Credo che, giunti a questo punto, sia non soltanto lecito ma perfino doveroso trovare il coraggio di pronunciare apertamente il terribile interrogativo: e se non dovesse mai finire?.
Non c'era bisogno di Scurati perché gli Italiani si pongano questa domanda. Perlomeno quelli più attenti. È utile farlo perché è necessario attrezzarci con modelli di pensiero che contemplino l'ipotesi peggiore, quella di un'emergenza sanitaria globale che, attraversata una soglia critica, diventi cronica. Prosegue: forse faremmo bene ad attrezzarci per un lungo viaggio, un viaggio attraverso una terra che non conosca più l'alternarsi d'inverno e primavera ma soltanto un autunno perenne. Un viaggio con destinazione sconosciuta.
Se si trova il coraggio di tenere lo sguardo fisso sull'abisso, si scopre che ci siamo già accostumati a un'emergenza permanente, quella ambientale. Da anni, da decenni, viviamo tutti in un mondo le cui condizioni climatiche vanno peggiorando in maniera progressiva, costante e probabilmente definitiva.
Già, Scurati prende la soluzione semplice: Sia la pandemia sia il cambiamento climatico sono scorie tossiche della globalizzazione. La prima conseguenza dell'abbandono del modello dei cicli di morte e rinascita per quello della cronicità comporta il riconoscimento della inadeguatezza della politica convenzionale a risolvere con mezzi collettivi i problemi collettivi generati dalla ipercomplessità della vita tardo moderna.
Scurati ci pare dimentichi che noi viviamo 80 anni circa (se siamo fortunati), mentre il mondo sopravvive da milioni di anni che non sono stati tutti uguali. Non scorderò mai il mio spavento quando leggendo la storia dell'Abbazia benedettina di Vallalta lessi che nel corso di un secolo (1300-1400)  quelle popolazioni dovettero sopportare per ben tre volte una pioggia di fuoco che distrusse quasi tutto e determinò quasi lo spopolamento della valle per il fuoco e la fame successiva. E nella storia dell'abbazia c'è scritto che non furono incendi causati dall'uomo o dalle folgori, ma che davvero piovve fuoco dal cielo. Non si può certo immaginare che in quei secoli ci fosse una qualche emergenza ambientale creata dalla fame di benessere di quelle (pochissime) popolazioni.
E proviamo a immaginare cosa pensavano gli italiani quando  il paese -entrato in guerra il 24 maggio 1915 oppure il 10 giugno 1940- dopo due tre quattro anni non vedevano ancora la fine.
Vero che l'attuale pandemia ha creato più vittime delle due guerre ma è anche vero che questa falce è passata soprattutto nella popolazione che s'era ridotta nelle condizioni peggiori per via di un benessere male interpretato. E' stata in primis una pulizia etnica di una popolazione che aveva gozzovigliato nel mezzo secolo di benessere garantito dalla Repubblica Italiana. Che è poi la stessa situazione negli altri paesi ricchi e poveri. Di covid19 non muori perché sei anziano ma muori perché sei troppo acciaccato. Muori perché non adotti  un sistema di protezione tutto sommato banale.
Quando in Vallata pioveva fuoco forse quelle popolazioni levavano lo sguardo al (dio?) cielo mentre oggi siamo in mano ad un potere che terrorizza il paese piuttosto che guidarlo. A raffica ogni giorno decine di politici scienziati dottori bucano lo schermo annunciando ogni sorta di dolore senza fine. Magari ricordarsi che noi viviamo solo 80 anni e il mondo da milioni?.

E SE I GAZZI DI SCUOLA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA CLASSE DOPO CLASSE SI FACESSERO DA MANGIARE DA SOLI E PULISSERO LA MENSA?
Quando io e mia sorella facemmo visita la prima volta nel paese bello da vivere - era il giorno di san Martino del 1953-  nostro padre si presentò nella scuola elementare di Largo Vittoria per iscriverci alle elementari. In prima chi scrive e in terza mia sorella. Fummo accolti dal maestro-sindaco Richelmi il quale mostrandoci le classi ci disse che non potevamo essere accolti visto che superavano già tutte i 25 alunni e non c'era nemmeno fisicamente posto per aggiungere un banco. La soluzione venne trovata. Non c'era posto nemmeno alla Roncola di Treviolo  e quelle di Ponte san Pietro erano troppo lontane. Il Comune ci avrebbe regalato i nuovi libri di testo –erano solo due a testa al tempo- e siccome avremmo dovuto frequentare le scuole private cattoliche della Suore Orsoline alla Merena, la nostra famiglia avrebbe venduto il latte ai poveri del paese che era l'aiuto che il Comune dava a questi. Il ricavato della vendita del latte, pagato dal Comune, sarebbe servito a compensare la retta di frequenza della scuola privata.
La scuola delle Orsoline iniziava alle 8 e terminava alle 4 del pomeriggio e c'era la mensa. Le suore erano abilissime a farci perdere tempo. Tutti gli alunni arrivavano a scuola col sacchettino di cotone con la provvista alimentare e le suore davano un piatto di minestrone o di pasta. Nel pentolone della minestra le suore facevano cuocere anche le uova e c'era il patto che ogni mese veniva addebitato a ciascuno la consumazione di un uovo sodo perché… era pacifico che qualcuno si rompesse durante la cottura e quindi andasse a beneficio di tutti.

Il bello e il buono doveva ancora venire.
A turno i ragazzi e le bambine delle varie classi  -una volta terminato il pranzo- dovevano pulire i tavoli, il refettorio, lavare i pentoloni, asciugare le scodelle e le posate e riporle in ordine.
Sotto l'occhio clinico di qualche suora caratterialmente mal sagomata pronta a mollare ceffoni se non si facevano le cose per bene.
Penso che anche le scuole (elementari e medie) di adesso, visto che hanno tutte la mensa interna, dovrebbero organizzarsi perché a turno gli allievi –sotto la guida di qualcuno addetto- venissero impiegati una giornata alla settimana a preparare la pasta asciutta o la minestra e poi a rimettere in ordine la cucina e il refettorio. Qualcosa del genere lo si potrebbe fare anche con l'ultima classe che  utilizza la palestra e i suoi spogliatoi.
Insomma maschi e femmine tutti insieme pareggiati nel fare lo stesso lavoro “in scuola propria”. Penso sia stata una positiva azione educativa che insegnava anche a non mettere la mani addosso alle proprie compagne

LA MALA AVVENTURA DELLA FIBRA: TROPPEE AZIENDO E SPRECO DI RISORSE
Il futuro della nuova rete internet in fibra ottica ha il suo snodo centrale nei Palazzi europei.
Giovedì 11 novembre gli uffici della Concorrenza europea hanno ammesso la "salita" di Cdp dal 50 al 60 per cento in Open Fiber (FiberCop è un’azienda partecipata da TIM (58%), Fastweb (4,5%) e il fondo statunitense KKR (37,5%) con lo scopo di realizzare reti FTTH in 2578 comuni italiani entro metà 2026, corrispondenti a circa l'80% delle unità immobiliari “tecniche” delle aree nere e grigie.) e per l'acquisizione del restante 40 per cento da parte del fondo austrialiano Macquarie, che subentra a Enel. Nel dossier presentato agli uffici di Bruxelles per avere il via libera all'operazione erano illustrati anche alcuni specifici patti tra i due azionisti. E tra questi ce ne era uno in cui Macquarie si impegnava a valutare positivamente una eventuale operazione riguardante la rete unica. Quindi a sostenerla e a finanziarla.
La Commissione su quel punto è stata netta: o eliminate quel "patto" o non diamo il nostro ok.
Domenica 21 novembre il fondo americano KKR ha lanciato un’opa favorevole per l’acquisto di TIM. KKR ha messo sul piatto la bellezza di 11 miliardi e si da per certo che la cifra potrà salire ancora.
Tim è più importante e indebitata (29,1 milioni di debiti) delle altre società delle telecomunicazioni attive in Italia perché è l’ex monopolista del settore ed è dotato di una rete di cavi per Internet e di ripetitori (per i cellulari) più estesa e completa. Al momento, Tim ha posato 20 milioni e 401 mila chilometri di fibra ottica nel Paese. FiberCop – la società di Tim, Fastweb e del fondo Kkr - ha già realizzato 3,5 milioni di chilometri di fibra di ultima generazione. Tim avrà un ruolo chiave nel completamento della rete in fibra ottica dell’Italia, finanziato anche dal piano europeo di rilancio Pnrr. Inoltre, Tim è parte della cordata favorita per la realizzazione del cloud della Pubblica amministrazione (corre con Leonardo, Cdp Equity e Sogei). In prima linea nelle comunicazioni 5G, Tim ha anche consolidato l’assetto "quadruple play” tipico di tutte le società di punta del settore delle telecomunicazioni. Una società quadruple play ha quattro gambe quando può offrire la telefonia fissa, quella mobile, la connessione a Internet e, infine, contenuti televisivi che i clienti possono vedere ovunque e con qualsiasi dispositivo (dalla tv allo smartphone).
Correva l’anno 1999 quando arrivò l’offerta pubblica d’acquisto e scambio promossa da Olivetti , gruppo guidato da Roberto Colaninno ed Emilio Gnutti. Colaninno è un capitano coraggioso all’italiana. Ci mette 30 miliardi di euro, raccolti attraverso la vendita di Omnitel e Infostrada alla tedesca Mannesmann (che diventerà Vodafone). Gli altri due terzi del corrispettivo per conquistare Telecom vengono da prestiti bancari. L’imprenditore mantovano scarica su Telecom il debito accumulato da Tecnost, il veicolo utilizzato per la scalata, tipica operazione da private equity. Il controllo della società di tlc è in capo a Bell, veicolo lussemburghese. Con una perfetta concatenazione di scatole cinesi, Colaninno riesce a mette le mani su un gruppo che fattura oltre 27 miliardi e ne ha appena 8 di debito. Olivetti fattura 1,3 miliardi e ha un debito di 16 miliardi, che Colaninno scarica sulla controllata. Il delitto finanziario perfetto.
Oltre vent'anni dalla madre di tutte le offerte pubbliche, il debito è ancora tutto lì, nonostante il gruppo abbia dovuto rinunciare a pezzi pregiati per ripagarlo. Ci hanno perso tutti, il Paese in primis, ma anche la lunga schiera di azionisti che si sono avvicendati dopo Gnutti e Colaninno. Tutti gli altri soci, stiamo parlando di famiglie di imprenditori italiani come i Fossati, i Benetton, Tronchetti Provera e la Pirelli, di istituzioni quali Mediobanca e Generali, di investitori esteri come la spagnola Telefónica, la francese Vivendi e il fondo americano Elliott, tutti hanno accusato, o a oggi accuserebbero, importanti minusvalenze. Hanno perso soldi i soci, ha perso competitività l'azienda, i dipendenti sono crollati dai 122 mila del '99 ai 58 mila attuali, di cui 48 mila in Italia.

Fatto questo quadro (incompleto: il lettore ne troverà altri ampi stralci in rete) a nostro avviso il settore della telefonia è uno dei classici esempi del peggio del capitalismo per di più in un Paese (e nell’UE…) privo di una qualche politica economica nei settori strategici. Passare da una rete  telefonica totalmente in rame detenuta da una sola azienda (che trasmetteva solo chiacchiere) ad una rete in fibra ottica e al 5G immaginando che vi possano essere decine di players che raccolgono denaro sul mercato ed investono  per stendere cavi facendosi concorrenza tra di loro è stata una follia. Contrariamente a quanto asserisce l’ufficio della concorrenza UE anziché favorire la creazione di centinaia di aziende che investivano per stendere cavi valeva la pena di concentrare in un’unica società pubblica questa incombenza così che si sarebbero risparmiati indebitamenti che presto o tardi verranno a gala. In questo modo si sarebbe cablato il Paese con maggiore celerità e minore spesa salvo che in una fase successiva il suo azionariato poteva essere diluito cedendo il servizio a tutti gli operatori che ci volevano stare.
Oltretutto s’è visto come in un decennio la tecnologia si è evoluta moltissimo. Tra le principali differenze tra fibra e 5G è sicuramente da sottolineare la velocità di connessione: il 5G garantisce una velocità di connessione fino a 20 Gigabit/s, quasi 20 volte superiore a quella offerta dalla rete 4G e tre volte maggiore rispetto alla connessione in fibra ottica. Di contro, la fibra ottica garantisce una connessione molto più stabile, in quanto meno sensibile agli ostacoli fisici, tariffe più basse ma una soglia dati disponibili decisamente superiore.
In parallelo alle questioni tecnologiche e quindi al costo-remuneratività degli investimenti necessari c’è il problema dei contenti e del mercato disponibile ad acquistarli dal momento che i contenuti prima di essere venduti vanno ideati prodotti e poi bisogna trovare chi li compra per rivenderli in rete.
Quindi marasma totale.