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COVID19:GOVERNO,CTS,REGIONI,OSPEDALI DI NUOVO TUTTI NELLA PALTA
Il 20 novembre 2020 la notizia covid19 era: coronavirus: 37.242 nuovi casi su 238.077 tamponi. 699 i morti.
Il 20 novembre 2021 la notizia covid19 è: 10.544 nuovi casi su 541.966 tamponi e 48 decessi.
La differenza nell’anno appena passato appare evidente anche agli orbi
ed a quelli in malafede. Noi pensiamo che si debba puntare l’attenzione
sui morti per covid19 che si hanno pro-die piuttosto che sui nuovi
infetti e ricoverati visto che –numeri alla mano- i grandi anziani che
vanno in TI non se la cavano ieri e nemmeno oggi (e questo è un fatto
acclarato del covid19) mentre invece -meno male!- la mortalità delle
clasi mediane e inferiori non esiste se non per un accumularsi di cause
che rende ogni singolo “caso” di scarso possibile successo nelle cure.
Al 19.11.21 il 77,02% della popolazione ha completato il ciclo
vaccinale primario. Il 2,22% è in attesa di seconda dose. Il 6,33% ha
fatto la terza dose. Complessivamente – contando anche il monodose e i
pre-infettati che hanno ricevuto una dose - è almeno parzialmente
protetto il 79,24% della popolazione italiana. Considerando solo gli
over 12, oggetto della campagna vaccinale, rispetto alla platea
individuata dal Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 la
percentuale di almeno parzialmente protetti è del 86,94% mentre
l'84,50% è vaccinato.
Se poi osserviamo le classi d’età degli infetti (la tabella è del
18.11.’21) e la tabella dei “vaccinati per fasce di età” (al 19.11.21)
ci si rende conto che l’infezione colpisce chi non è vaccinato (neanche
la prima dose) e chi ne ha ricevuta una sola (anche per via della
scalarità d’accesso al vaccino che era imposta all’inizio).
La lettura dei giornali odierni e l’ascolto dei TG presentano invece un
Paese sull’orlo di una crisi gravissima con la prossima assai possibile
ricomparsa delle regioni in giallo se non addirittura in rosso.
(...)
INUGURATO IL DONIZETTI:ADESSO OCCRONO ALMENO 6 MILIONI L'ANNO PER TENERLO IN PIEDI
La sera della prima nel rinnovato teatro Donizetti ho incontrato per
caso nientemeno che il cittadino incaricato dal sindaco Gori di seguire
la ristrutturazione del teatro e gli ho chiesto a bruciapelo: finito il
Donizetti?. Che significava (nelle mie intenzioni) un augurio perché
erano terminate le tribolazioni via via accadute e superate durante i
lavori. Il signore sempre assai compito s'è fatto scuro in volto e mi
ha risposto: perché me lo chiede?. Ho pensato fosse meglio soprassedere.
Si legge sul sito del teatro. Sono durati quasi tre anni i lavori di
restauro del Teatro Donizetti di Bergamo, iniziati il 5 febbraio 2018 e
andati avanti con il solo e imprevedibile blocco causato alcuni mesi fa
dalla pandemia e con minime variazioni al progetto originale, cosa
assai rara per un lavoro di tali dimensioni, con un costo stimato di
circa 18 milioni di euro, la cui copertura è stata garantita dagli enti
pubblici – fra cui Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per
il Turismo, il Comune di Bergamo e la Regione Lombardia –, ma anche da
un significativo apporto di privati (grazie ad Art Bonus) pari a circa
9.5 milioni di euro; il totale dei fondi, che ha superato i 19 milioni
di euro ha inoltre permesso di fronteggiare gli imprevisti e di portare
a termine ulteriori interventi rispetto al piano di lavori originario.
Il progetto redatto dallo Studio Berlucchi di Brescia è stato affidato
alla ditta Fantino Costruzioni Spa (Capogruppo) in ATI con Notarimpresa
Spa.
Il problema non sono le manifestazioni strapaesane che hanno
preannunciato l'inizio della stagione ma adesso il Comune di Bergamo,
dopo avere investito nientepocodimeno che 19 milioni di euro al
Donizetti e 6,5 milioni per il Teatro Sociale si trova davanti a non
meno di 4-5 milioni ogni anno per “tenerli in piedi” vale a dire solo
per farli funzionare.
Inimmaginabile per una città come Bergamo la possibilità di ricavare
dal territorio, dallo Stato e dalla Regione e dalla vendita dei
biglietti le somme necessarie per fare “andare avanti” le due strutture
con una programmazione che non vada in sostanziosa perdita.
Penso siano problemi ben presenti ai sette componenti il CdA della
Fondazione G. Donizetti ed anche ai nove componenti il consiglio dei
donatori.
Sarà dura andare avanti.
(...)
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NELLA SANITA' LOMBARDA LA POLPA VA AI PRIVATI. I PROBLEMI RESTANO AL PUBBLICO
Nella discussione sulla riforma della sanità lombarda emerge da giorni
un punto su cui le opposizioni in Consiglio chiedono una svolta: «La
necessità di un riequilibrio tra pubblico e privato basato sui bisogni
dei territori e non sulla remuneratività delle prestazioni».
«Un problema che si pone anche nella nostra provincia - sottolinea il
consigliere regionale bergamasco del Pd, Jacopo Scandella -. Se
analizziamo gli ultimi dati disponibili per la provincia di Bergamo
sulle prestazioni ambulatoriali (fonte open data di Regione Lombardia
2020), si nota come il volume economico delle prestazioni private sia
più alto di quelle pubbliche e come la relazione si inverta se parliamo
invece di quantità di prestazioni: sono state effettuate 4 milioni e
397.649 prestazioni private per un volume economico di 113 milioni e
624.290 euro contro i 5 milioni e 729.577 prestazioni pubbliche per un
volume di 99 milioni e 598.570 euro. In sostanza - aggiunge Scandella -
per le visite e per gli esami da laboratorio i dati sono fortemente
squilibrati sul privato tra prestazioni e volume economico: si fanno
meno prestazioni ma più remunerative, mentre il dato della diagnostica
strumentale e per immagini è squilibrato sul privato per prestazioni e
volume economico. L'Agenas (Agenzia dei servizi sanitari regionali) ha
osservato come in Lombardia ci sia la necessità di ricondurre l'offerta
privata ad una maggiore funzionalità rispetto alla programmazione
regionale. Senza un governo forte dell'offerta di servizi, si lascia
alle strutture troppo margine per scegliere quali prestazioni siano più
vantaggiose rispetto ai reali bisogni del cittadino». Scadella.
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GOVERNO,CTS,REGIONI,OSPEDALI DI NUOVO TUTTI NELLA PALTA
Il 20 novembre 2020 la notizia covid19 era: coronavirus: 37.242 nuovi casi su 238.077 tamponi. 699 i morti.
Il 20 novembre 2021 la notizia covid19 è: 10.544 nuovi casi su 541.966 tamponi e 48 decessi.
La differenza nell’anno appena passato appare evidente anche agli orbi
ed a quelli in malafede. Noi pensiamo che si debba puntare l’attenzione
sui morti per covid19 che si hanno pro-die piuttosto che sui nuovi
infetti e ricoverati visto che –numeri alla mano- i grandi
anziani che vanno in TI non se la cavano ieri e nemmeno oggi (e questo
è un fatto acclarato del covid19) mentre invece -meno male!- la
mortalità delle clasi mediane e inferiori non esiste se non per un
accumularsi di cause che rende ogni singolo “caso” di scarso possibile
successo nelle cure.
Al 19.11.21 il 77,02% della popolazione ha completato il ciclo
vaccinale primario. Il 2,22% è in attesa di seconda dose. Il 6,33% ha
fatto la terza dose. Complessivamente – contando anche il monodose e i
pre-infettati che hanno ricevuto una dose - è almeno parzialmente
protetto il 79,24% della popolazione italiana. Considerando solo gli
over 12, oggetto della campagna vaccinale, rispetto alla platea
individuata dal Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 la
percentuale di almeno parzialmente protetti è del 86,94% mentre
l'84,50% è vaccinato.
Se poi osserviamo le classi d’età degli infetti (la tabella è del
18.11.’21) e la tabella dei “vaccinati per fasce di età” (al
19.11.21) ci si rende conto che l’infezione colpisce chi non è
vaccinato (neanche la prima dose) e chi ne ha ricevuta una sola (anche
per via della scalarità d’accesso al vaccino che era imposta
all’inizio).
La lettura dei giornali odierni e l’ascolto dei TG presentano invece un
Paese sull’orlo di una crisi gravissima con la prossima assai possibile
ricomparsa delle regioni in giallo se non addirittura in rosso.
Il Paese sconta ancora una volta nonostante i quasi venti mesi
già passati sotto la pandemia che chi comanda –siano il governo che la
stampa per non parlare della varie posizioni dei singoli partiti-
spandono il terrore. Non si comprende se siano semplicemente non
all’altezza di comunicare correttamente o se ci sia una sottesa volontà
di tenere il Paese inutilmente in tensione. Noi propendiamo per la
seconda.
Perché la tragedia del covid19 non viene vista o presa allo stesso modo
dalle c.d. “istituzioni” piuttosto che dalla popolazione.
Davanti agli allarmi delle istituzioni (ospedali, politica, imprese) la
popolazione si muove tutto sommato con la debita attenzione e non certo
– come scrivono i media - per figurare meglio dell’Austria o della
Germania.
Invece si deve nuovamente prendere atto che la sanità
regional-nazionale si trova ancora in mezzo al caos esattamente com’era
un anno or sono o a marzo aprile 2020. Al 20 giugno 2021 solo sei
regioni e la provincia di Bolzano avevano aumentato i posti letto per
100mila abitanti oltre il limite del 14posti/100mila abitanti: Veneto:
1000 (20.5 per 100.000 abitanti); Provincia autonoma di Bolzano: 100
(18.7 per 100.000 abitanti); Emilia Romagna: 760 (17.1 per 100.000
abitanti); Lazio: 943 (16.4 per 100.000 abitanti); Basilicata: 88 (15.9
per 100.000 abitanti); Piemonte: 628 (14.6 per 100.000 abitanti);
Friuli Venezia Giulia: 175 (14.5 per 100.000 abitanti). Come si vede
alcune regioni molto abitate non hanno fatto il compito a casa. La
Lombardia è ancora al 14,1; la Toscana al 12,1%; la Puglia all’11,1; la
Campania al 10 e la Calabria all’8.
Concretamente però la sanità regional-nazionale non ha aumentato
davvero i posti letto –non si sono fabbricati nuovi reparti- ma
semplicemente ha ridotto parecchio del resto coll’ovvio risultato
che sono mancate le cure di normale routine. Dove però c’è anche il
cancro: tanto per non dimenticare.
Basta fare un giro per le piazze o sui bus oppure dentro i locali per
verificare come la popolazione abbia un comportamento abbastanza lasco
nel rispetto delle poche regole utili a tenersi lontani dall’infezioni:
dal lavarsi le mani all’uso della mascherina al distanziamento mentre
sostanzialmente i controlli non arrivano alle decine di unità (vedi
notizie sul Bugiardino) p.e. nella provincia di Bergamo che conta
oltre un milione di abitanti.
La situazione è che ascoltando televisione e giornali sembra che siamo
ancora ai tempi delle oltre 500 vittime quotidiane con gli
ospedali oberati di ricoverati per covid19 nelle TI mentre siamo
fortunatamente a dieci volte di meno mentre invece non si abbatte il
numero dei non vaccinati (neanche una volta) e c’è un comportamento
lasco della popolazione nel rispetto delle poche regole che non è
foriero di buon futuro.
Concludendo. Fortunatamente il vaccino ha ribaltato la situazione
se dobbiamo constatare che un anno oro sono contavamo 699 morti
ed oggi ne contiamo 48. Dobbiamo anche verificare che il modo di
trasmettere l’informazione resta sempre la stessa. Vale a dire che chi
governa non ha capito nulla.
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INUGURATO IL DONIZETTI:ADESSO OCCRONO ALMENO 6 MILIONI L'ANNO PER TENERLO IN PIEDI
La sera della prima nel rinnovato teatro Donizetti ho incontrato
per caso nientemeno che il cittadino incaricato dal sindaco Gori di
seguire la ristrutturazione del teatro e gli ho chiesto a bruciapelo:
finito il Donizetti?. Che significava (nelle mie intenzioni) un
augurio perché erano terminate le tribolazioni via via accadute e
superate durante i lavori. Il signore sempre assai compito s'è fatto
scuro in volto e mi ha risposto: perché me lo chiede?. Ho pensato fosse
meglio soprassedere.
Si legge sul sito del teatro. Sono durati quasi tre anni i lavori di
restauro del Teatro Donizetti di Bergamo, iniziati il 5 febbraio 2018 e
andati avanti con il solo e imprevedibile blocco causato alcuni mesi fa
dalla pandemia e con minime variazioni al progetto originale, cosa
assai rara per un lavoro di tali dimensioni, con un costo stimato di
circa 18 milioni di euro, la cui copertura è stata garantita dagli enti
pubblici – fra cui Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per
il Turismo, il Comune di Bergamo e la Regione Lombardia –, ma anche da
un significativo apporto di privati (grazie ad Art Bonus) pari a circa
9.5 milioni di euro; il totale dei fondi, che ha superato i 19 milioni
di euro ha inoltre permesso di fronteggiare gli imprevisti e di portare
a termine ulteriori interventi rispetto al piano di lavori originario.
Il progetto redatto dallo Studio Berlucchi di Brescia è stato affidato
alla ditta Fantino Costruzioni Spa (Capogruppo) in ATI con Notarimpresa
Spa.
Il problema non sono le manifestazioni strapaesane che hanno
preannunciato l'inizio della stagione ma adesso il Comune di Bergamo,
dopo avere investito nientepocodimeno che 19 milioni di euro al
Donizetti e 6,5 milioni per il Teatro Sociale si trova davanti a non
meno di 4-5 milioni ogni anno per “tenerli in piedi” vale a dire solo
per farli funzionare.
Inimmaginabile per una città come Bergamo la possibilità di ricavare
dal territorio, dallo Stato e dalla Regione e dalla vendita dei
biglietti le somme necessarie per fare “andare avanti” le due strutture
con una programmazione che non vada in sostanziosa perdita.
Penso siano problemi ben presenti ai sette componenti il CdA della
Fondazione G. Donizetti ed anche ai nove componenti il consiglio dei
donatori.
Sarà dura andare avanti.
LA NUOVE RASTRELLIERE PER LE BICI IN CITTA' ALTA
Dopo oltre dieci anni di battaglie fatte di lettere al Comune di
Bergamo, sollecitazioni ai vigili urbani, quattro incontri con 4
diversi assessori cittadini, un investimento da parte di un
motociclista ad un piede mentre stavamo seduti su una panchina
(fortunatamente è cascato il motociclista ma ci spiace non si sia fatto
granché) il Comune di Bergamo ha deciso di istallare qualche
rastrelliera per le biciclette. Se tutto va bene siamo ad una spesa
prossima ai 400mila euro vista l'inutile quantità di ferro impiegata
per ciascuna. Non si comprende bene se le rastrelliere debbono essere
pesanti ergo robuste per durare o per impinguare i conti della ditta
che le produce.
In Città Alta, nel luogo dove siamo stati investiti, ne hanno istallate
due e siccome il Comune di Bergamo fa le cose col c**o al quadrato (non
gli basta fare una ca**ata una) ha pensato bene di istallarle sul
marciapiede. Così i ciclisti si sentiranno autorizzati a salire sul
marciapiedi e ci sarà da divertirsi quando le bici saranno parcheggiate
e il marciapiedi sarà occupato anche dai trovarobe che ormai assediano
un sabato si e l'altro pure il posto.
Ovviamente allo Stefano Zenoni assessore alla mobilità del Comune
di Bergamo non poteva mancare del colpaccio di genio ed ecco che è
andato fino a Verona a trovare le rastrelliere.
Leggiamo cosa scrivono i veronesi.
“E' stata ribattezzata "ModelloVerona" la nuova rastrelliera per
biciclette pensata appositamente per la nostra città. Infatti l'ha
progettata una commissione appositamente costituita e formata
dall'Ufficio Biciclette del Comune di Verona, da un rappresentante del
Centro di Responsabilità Strade Giardini Arredo Urbano, sempre del
Comune di Verona, da un rappresentante dell'Ordine degli Architetti e
da uno dell'associazione Fiab-Amici della Bicicletta (la
Sovrintendenza, invitata, non ha potuto partecipare).
L'obiettivo è stato quello di individuare un'attrezzatura che potesse
soddisfare le esigenze dei ciclisti ed essere al tempo stesso inserita
gradevolmente nell'arredo urbano, dato che le tipologie di
portabiciclette presenti sul mercato non rispondevano sufficientemente
a questi requisiti.
Il portabiciclette Modello Verona
·E' semplice da usare, sicuro contro il furto, è molto robusto e
consente di fissare il lucchetto antifurto ad una altezza di 50/70 cm
da terra (senza doversi abbassare o sporcare con la ruota). Con un
unico lucchetto di lunghezza normale si può fissare alla rastrelliera
sia il telaio della bici che la ruota anteriore.
·E' adattabile a tutte le tipologie di biciclette, dalla mountain-bike
alla vecchia"graziella", alla bici del cicloturista con borse da
viaggio e soprattutto alle bici con cestini.
·Utilizza al meglio lo spazio occupato e consente il parcheggio ordinato delle biciclette.
·E' inserito nel contesto architettonico di Verona con la sua linea semplice e arrotondata e con un ingombro contenuto.
·E' modulare, così da consentire la facile sostituzione di eventuali elementi danneggiati.
Città Alta ormai è un porto di mare e tra poco tempo sarà ridotta
simile al Piazzale Alpini, al Piazzale Stazione e al Malpensata. Tutti
ritengono di avere diritto a brutalizzarla per farsi i propri comodi e
delle palanche.
Ovvio che anche qualcuno in Comune abbia pensato che non valesse
la pena di accontentarsi di qualche rastrelliera semplice e
maggiormente diffusa visto l'afflusso di ciclisti. Gli affari sono
affari, ragazzuoli.
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UNA TELEFONATA DELLA MERKEL DICE CHI COMANDA IN EUROPA
Quando la partita è entrata nella sua fase più calda, da Berlino Angela
Merkel ha deciso di rompere gli indugi. Il capo uscente dell'esecutivo
tedesco ha chiamato il presidente bielorusso Alexandar Lukashenko per
trovare una precisa intesa: stop all'invio di migranti verso la
Polonia, via a corridoi umanitari e rimpatri verso i Paesi di origine.
A Bruxelles adesso l'obiettivo cardine è quello di nascondere
l'imbarazzo, a Minsk invece si festeggia. Il ricatto bielorusso ha
funzionato, l'Ue ancora una volta ha dovuto alzare bandiera bianca. La
telefonata della Merkel ha infatti il significato di almeno due smacchi
clamorosi per l'Europa. In primo luogo chiamare Lukashenko ha voluto
dire riconoscere la legittimità di quest'ultimo quale presidente.
Circostanza questa messa in dubbio dall'Europa già dall'agosto 2020. In
secondo luogo, gli interessi tedeschi hanno prevalso su quelli
comunitari.
Ma come mai è stata proprio Angela Merkel a voler porre fine alla crisi
migratoria bielorussa? Il motivo è semplice e basta guardare una
cartina. Subito dopo la Polonia, c'è la Germania. Quelle migliaia di
migranti assiepati lungo le frontiere polacche volevano entrare in
territorio tedesco. Per Berlino tutto questo sarebbe stato
inaccettabile. Da qui l'interessamento in prima persona del cancelliere
uscente, ancora in carica finché i partiti non trovano un nome per la
sua successione. Nessuno voleva il ripetersi di quanto accaduto tra il
2015 e il 2016, anni in cui almeno mezzo milione di siriani sono
riusciti a entrare in Germania risalendo la rotta balcanica. I discorsi
di questi mesi sui diritti umani, sulla democrazia e sulle libere
elezioni da tenere in Bielorussia, di colpo si sono rivelati nella loro
vera natura: ossia mera retorica sovrastata e surclassata dalle
esigenze e dagli interessi politici in ballo.
Una circostanza che potrebbe avere ripercussioni all'interno dell'Ue.
Non tanto per le sorti della democrazia bielorussa, quanto per il
futuro degli equilibri comunitari. Per settimane sono state cercate
intese a Bruxelles sulle linee da tenere, sul sostegno da accordare a
Polonia e Lituania. Ma si stava evidentemente parlando del nulla.
Perché alla fine per chiudere la partita è bastata, con un'azione in
solitaria e compiuta in primis per gli interessi tedeschi, una
telefonata di Angela Merkel a un nemico trasformatosi in interlocutore.
Per la cronaca, da Minsk gli aerei con a bordo i migranti da
rimpatriare sono già partiti e la pressione lungo il confine polacco si
sta già ridimensionando. La vicenda sembra avviata verso la
conclusione. Dopo la Turchia, anche la Bielorussia ha toccato con mano
quanto facile sia ricattare l'Europa.
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