LA SCOMPARSA DELLE DONNE SINDACO
Della scomparsa delle donne sindaco sia come candidate che come elette
nell’ultima tornata elettorale le donne debbono ringraziare
essenzialmente le due sindache penta stellate di Roma e Torino.
Sbertucciati anche gli elettori che le avevano votate in massa a suo
tempo: 202.754 voti di preferenza la Appendino (54,56%) e le
461.190 della Raggi (35,26%). La sindaca torinese s’è salvata meglio
dal continuo dileggio della città e della stampa perché era a capo di
una solida struttura amministrativa che le impediva le peggiori
gaffes mentre la sindaca romana ha preso in mano un macello e l’ha
restituito peggiore.
Su 8 città chiave al voto, laddove c’era una donna candidata sindaco,
nessuna è arrivata al ballottaggio. È un quadro a tinte sempre più
fosche, quello della partecipazione delle donne in politica. Roma,
Torino, Milano, Napoli, Salerno, Benevento, Rimini e Trieste: qui, a
parte qualche eccezione in centri più piccoli, nessuna è arrivata al
secondo turno . Numeri alla mano, è la conseguenza scontata di un
quadro di partenza scoraggiante: su 145 candidati sindaco nei 17 Comuni
capoluogo delle Regioni a statuto ordinario al voto figuravano solo 25
donne: appena il 17,2% rispetto all’82,8% degli uomini (120 in tutto).
La più forte mediaticamente, per la sua visibilità, era Virginia Raggi,
ma con il suo 19% e spiccioli è arrivata addirittura quarta, dietro
Roberto Gualtieri, Enrico Michetti e Carlo Calenda. Dietro Calenda!. Ma
per un’altra pentastellata, Layla Pavone a Milano, è andata ben peggio:
appena 2,7% i voti raccolti. Male è andata anche per Valentina Sganga,
fedelissima dell’uscente Chiara Appendino a Torino: 9% e addio sogni di
gloria. Appena meglio, sempre tra le fila del Movimento, è andata per
Alessandra Richetti a Trieste: per lei, però, solo il 3,4%. A Napoli
Alessandra Clemente, fedelissima dell’uscente Luigi de Magistris, che
dopo il doppio trionfo del’ex pm ha incassato solo il 5,7%. Sempre al
Sud, Rosetta De Stasio, aspirante sindaca di Benevento per il
centrodestra, si è fermata al 5%, dovendo fare anche i conti con una
corrazzata come quella di Clemente Mastella. Mentre ha sfiorato il 9%
Gloria Lisi (M5S), in corsa per guidare il Comune di Rimini.
In effetti il demerito di non mettere più le donne come candidato
sindaco deriva dal fatto che ormai questi millenials e i loro
fratelli e sorelle minori sono del tutto privi dei fondamentali
repubblicani e quindi, senza storia conoscenza esperienza
professionalità affrontano i problemi della città senza una stella
polare.
La Raggi ha cambiato 15 o 16 assessori in cinque anni. Roma può avere
una giunta di 12 assessori e nello stesso tempo la maggioranza
penta stellata si ritrova ora con soli 20 voti, incluso quello della
sindaca, in un’Aula di 49 eletti.
La Appendino era stata eletta con 25 consiglieri più il suo (voto) e si
è ritrovata a fine mandato con soli 20 quando la maggioranza dovrebbe
essere di 21.
Se una situazione del genere fosse toccata al centrodestra o al
centrosinistra i penta stellati non li avrebbero tenuti nemmeno con le
catene e invece hanno dimostrato di non sapere governare ne di sapere
tenere assieme la maggioranza lacerate esattamente come tutto il resto
del mondo.
Invece nel paese Bello da Vivere –che già è titolato per il consiglio
comunale a maggioranza femminile- è assai probabile che la Gamba sarà
rieletta a furor di popolo visto il panorama dell’opposizione. La
debolezza politica della sinistra che viene dal mezzo secolo di governo
del PCI e succedanei in mano a Giuseppe Pelizzoli, amabilmente
soprannominato “ol Sighesù” che sostanzialmente ha impedito la
crescita di ogni successore. Forse nessuno s’è mai fatto avanti
scegliendo prima di tutto la fuga dalla sezione e poi la fortuna nel
sindacato per non disturbare il padrone della sezione. Una sezione che
ha alle spalle –assieme alla dc e al psi- la lucrosa trasformazione in
polo commerciale provinciale del territorio comunale oltre
ad essere riuscita a cacciare realtà industriali che si sono
collocate ai vertici internazionali nel proprio settore come la Bossong
e meglio ancora la Tesmec. E’ rimasta la FreniBrembo ma per ragioni del
tutto particolari, seppure abbia subito anch’essa la mano ruvida del
Vito Conti che è stato per trent’anni –assieme al Roberto Pedretti- e
lo è ancora l’urbanista del comune qualunque sia stata la
maggioranza presente.
Ormai quella cosa strana che è Vivere Curno è una sorta di polpettone
cattolico che prosegue le scelte politiche della DC di Lodetti e
Foiadelli. La coppia che ammazzò politicamente il martinazzoliano
Maestroni.
La sua esistenza (di Vivere Curno) è legata al dare continuamente metri
cubi edificabili ad ogni sorta di speculazione commerciale solo per
cavare soldi da distribuire clientelarmente a una popolazione
vieppiù anziana e nello spendere per la scuola onde consentire alle
madri la maggiore flessibilità operativa possibile. Cioè quello che fa
comodo al padronato attuale.
La compagine di governo della giunta Serra l’altro ieri e ieri e della
giunta Gamba –al di la dei premi al commerciale e la cacciata
dell’industria e dell’artigianato- ha dimostrato tutta la sua
debolezza: basta ascoltarli in un intervento qualsiasi e ti domandi se
siano appena cascati dalla luna. Il top del vuoto culturale e politico
lo trovi in una Bellezza e nel Battaglia.
L’opposizione vede come capogruppo della ex coalizione
lega-centrodestra uno che non è nemmeno iscritto a FI ma è assai
determinato a fare il sindaco e quindi non mollerà alla prossima
tornata. Poi c’è la fascio femminista, una sorellina d’italia eletta
coi voti dei migliori amici dell’ex leghista Pedretti e dei
clienti del dentista urbanista Consolandi. Il centrodestra potrebbe
avere un candidato esterno alle beghe interpersonali di vecchia
data ma difficile che Locatelli e Carrara si tirino indietro.
Anzi: che non si presentino nemmeno. La loro stella polare sono ancora
i bottegai indigeni: neanche i (bottegai) nuovi arrivati dentro i
centri e centrini commerciali ma proprio quei quattro gatti derelitti
del centro storico. Un’altra stella polare è l’ospizio per i
vecchietti. Dimenticano di dire le varianti del PGT: a quelle bastano i
danni di Conti.
Una cosa accumuna Vivere Curno con la minoranza: l’odio verso la
cultura. Non verso i piani del diritto allo studio dove c’è da
trafficare centinaia di migliaia di euro per assegnare incarichi
suppletivi alla scuola ma verso l’insieme del paese. Per entrambi la
cultura sono al massimo gli spettacolini simil oratoriani, le
feste della birra, la aree dove scagazzano i cani e soprattutto
–uniti nella lotta!- l’assegnare clientelarmente lavori pubblici e
forniture col giusto clientelismo. Perché si sa che se non si scelgono
le imprese nostrane, quelle terrone fanno male i lavori. Vedi la
biblioteca e la Rodari tutte i mano a imprese settentrionali.
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FASCISTI IN PIAZZA
Non bisogna essere leghisti per avere più di qualche dubbio
sull’efficacia dell’azione complessiva della ministra Lamorgese dopo le
cento e passa manifestazioni dei c.d. No Vax-No Pass che ormai
infestano ogni fine settimana decine di città italiane. Tutte finite a
botte. Nel governo Draghi c’è una obiettiva sottovalutazione del
rinascimento fascista in atto nel paese. E questa sottovalutazione la
si coglie nelle redazioni dei due maggiori quotidiani italiani come nei
distinguo dei partiti: questo inutile sottolineare come il
diritto legittimo di manifestare dei NoPass sarebbe stato
strumentalizzato e sfruttato dalla nuova destra. Non è così:
quella parte di paese profondamente e storicamente da sempre fascista
si manifesta oggi come No Vax-No Pass. La classe dirigente e la classe
politica del Paese non paiono in grado di comprendere. Di leggere. Di
prevedere. Di provvedere.
Ovvio che quando una classe politica deficiente mette il COPASIR
(Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) nelle mani di
un Adolfo d’Urso dei Fratelli d’Italia, questi non abbia alcun
interesse a svelare i disegni eversivi della sua forza politica. Perché
poi questi caporioni stanno nelle liste di FdI e della Lega.
Incredibile che dopo centinaia di manifestazioni eversive in tutte le
piazze d’Italia che sono andate vieppiù peggiorando nessuno del copasir
o del ministero dell’interno abbia immaginato che presto o tardi ci
sarebbe stata anche a Roma una prova di forza –l’assalto a Palazzo
Chigi rd alla Camera- come l’assalto e l’occupazione del Campidoglio
degli Stati Uniti attuata a Washington il 6 gennaio 2021.
Quello che poi è accaduto con l’assalto alla sede nazionale della CGIL
e la sua parziale distruzione –oggi poteva essere un rudere fumante…- e
successivamente con l’assalto al Pronto Soccorso dell’Ospedale Umberto
I°.
C’è da scommettere che domani qualche coglione rimarcherà la forza
della nostra democrazia rispetto alla debolezza americana. Hai voglia.
La faccenda è che il paese non è tanto diviso tra chi s’è vaccinato (il
90%) e chi proprio non ne vuole sapere ma tra chi ha galleggiato ed ha
in qualche modo superato egregiamente questi ultimi (quasi) due
anni e chi non ce l’ha fatta. Chi è li in attesa della botta finale:
peraltro annunciata dagli aumenti dei prezzi dei carburanti e
dell’energia elettrica e dal fatto – sottovalutato!- che i grandi
supermercati da un mese vanno avanti a maxi sconti sui beni necessari.
Non era mai accaduta una campagna così prolungata di sconti massicci.
Per capire come-dove si forma una ricchezza ai danni della collettività
basta osservare il Superbonus: introdotto dal decreto «Rilancio» del
governo giallo-rosso di Giuseppe Conte nel maggio del 2020 per spese
sostenute fino a metà del 2022, la misura mira ad accelerare interventi
edilizi che riducano le emissioni di carbonio e a rilanciare il settore
delle costruzioni.
Da inizio di quest’anno al 23 settembre i progetti ammessi sono stati
38 mila, mentre per l’intero anno si stimano 51 mila progetti, per
investimenti mobilitati da 7,9 miliardi e un costo per lo Stato di 8,7
miliardi di euro (quest’ultimo è superiore proprio perché il bonus è al
110%). Si tratta di una forte accelerazione rispetto allo scorso anno,
quando ci furono meno di duemila interventi per una spesa pubblica di
poco più di duecento milioni.
Di pochi giorni or sono la denuncia dell’ENEA che mostra come il
costo per ogni singola parete isolante, per ogni singolo infisso,
schermatura solare o impianto di riscaldamento di nuova generazione è
raddoppiato o addirittura triplicato con il Superbonus attuale rispetto
all’Ecobonus in vigore fino a metà del 2020. Enea stima che l’aumento
medio sulle caldaie a condensazione è del 286%, sulle schermature
solari è del 225% e sugli infissi del 208%.
Poi c’è il mercato immobiliare di livello medio alto dove si vendono
case in costruzione e questo bonus diventa un’occasione per ridurre il
costo dell’abitazione quando l’acquirente – appunto di buon
livello reddituale- può sfruttarne fino in fondo i vantaggi.
Tornando ai disordini fascisti dei giorni scorsi fa spaventare la
banalità di un Emanuele Lauria quando scrive “Imbarazzo, timori
elettorali, silenziosi processi interni: il day after dei sovranisti,
travolti dalle violenze di una frangia di quei No Vax-No Pass cui
hanno occheggiato per un’intera estate, è un mix di sentimenti
accomunati dal senso di smarrimento. Difficile, di certo, sottrarsi al
colpo di coda della manifestazione di Roma e della guerriglia generata
dagli estremisti di destra. Difficile sfuggire all’ombra della
responsabilità, anche solo morale, di alcuni eccessi”.
Dico che questa della destra è una finta intanto che si frega le
mani: la presidente di Fdi condanna lo squadrismo ma dice di non
conoscere la matrice: «Sarà fascista, non sarà fascista...», afferma
con evidente stonatura rispetto ai nomi degli arrestati, esponenti di
una Forza Nuova che in passato ha trovato accoglienza nelle liste del
suo partito.
Va avanti Lauria: E Matteo Salvini? Dopo avere annacquato la condanna
delle violenze con l’ennesimo attacco alla ministra Lamorgese,
condiviso anche da Meloni, reagisce provocando: «La ministra
dell’Interno sapeva che l’estremista Castellino, che aveva già un
Daspo, era in piazza?». E ancora si domanda: «A chi conveniva che la
manifestazione finisse in vacca?». Poi rilancia: « Dopo il caso Morisi,
ora ci saranno dieci giorni di antifascismo ». Era riuscito a
compattare il partito su una forte sollecitazione al governo perché
modifichi le regole sul Green pass per i lavoratori ed è stato
sopraffatto dall’eco della dissennata protesta romana. Non pochi, nella
stessa Lega, sottolineano come fra gli arrestati ci sia Biagio Passaro
(quello che in un video dice “Sfondiamo la Cgil”) che è uno dei leader
dell’associazione “Ioapro” le cui istanze di disubbidienza civile il
segretario del Carroccio ha sposato a inizio anno. Di “Ioapro”,
peraltro, fa parte in Veneto Cristiano Fazzini, che su un canale
Telegram scriveva invece gli slogan da indirizzare contro il
governatore Luca Zaia, anima moderata della Lega.
La galassia sovranista è scossa. E la settimana dei ballottaggi si annuncia da incubo.
Salvini e la Meloni ci sono dentro in pieno e fanno la finta della
sorpresa. Magari davvero l’operazione sott’acqua gli è sfuggita di mano
e vedono traballare la loro leadership.
Mattarella, in visita a Berlino, rassicura il presidente tedesco sulle
scene di guerriglia - c’è «forte turbamento ma non preoccupazione, i
casi so¬no stati limitati e, cosa più impor¬tante, l’opinione pubblica
ha imme¬diatamente reagito». Noi abbiamo maggiori preoccupazioni di
Mattarella e avremmo gradito una sua parola al paese.
Ovviamente la sinistra ha reagito composta e politicamente corretta.
Manifestazione in tutte le città d’Italia di solidarietà alla
CGIL e richiesta di scioglimento di Forza Nuova e, con lei, tutte le
sigle del neofascismo italiano che da tempo pescano nel risentimento
dell’anti Stato, incitano all’odio sociale, religioso e razziale,
devono essere sciolte. Subito. Come prevedono la Costituzione, la legge
Mancino e, innanzitutto, l’articolo 3 di una legge (la “Scelba”) che,
dal dopoguerra, ha conosciuto una sola applicazione: lo scioglimento di
Ordine Nuovo (1973) e Avanguardia Nazionale (1976). Le une e le altre
messe sotto inchiesta da un magistrato, Vittorio Occorsio, che per
questo pagò con la vita per mano dei Nar, i Nuclei Armati
Rivoluzionari, la stessa sigla del terrorismo nero cui apparteneva uno
dei 12 arrestati sabato notte a Roma. Le une e le altre, Pantheon
ideologico di cui Forza Nuova e i suoi capi sono eredi ed epigoni. Lo
scrive Carlo Bonini. Vedremo se il governo Draghi muoverà sopracciglio.
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DOPO INTESA UBI BPER
Semplificando al massimo la vicenda l’assoluzione degli imputati nel
“processo UBI” è avvenuta quando Intesa ha deciso l’acquisizione di
UBI. Tanto è vero che uno dei principali promotori del processo,
Jannone, era uscito dallo stesso processo –il 21 febbraio 2021- a
seguito di un accordo transattivo con Intesa. Del resto –ne siamo
convinti- il sistema politico e bancario nazionale ed europeo avevano
caldeggiato se non ordinato che Intesa acquistasse –costasse quel che
poteva costare- UBI ormai imbrigliata in una interminabile bega tra
azionisti. Una saga infinita tra imprenditori provinciali che volevano
farsi l’un l’altro.
La vera condanna o la sconfitta se vogliamo leggerla in termini
esclusivamente politico-economici i trenta e passa imputati nel
processo l’hanno subita quando la totalità degli azionisti, compresi
alla fine quei gruppi di potere di prima linea nel contesto provinciale
e nazionale- hanno scambiato le proprie azione con quelle di Intesa e
riscosso il premio supplementare.
Davanti ai soldi hanno dimenticato il territorio, la sensibilità verso
lo stesso, l’attenzione e quant’altro gli stessi gruppi di potere
dentro la banca avevano sempre rivendicato e predicato fino a un minuto
prima. C’era una sorta di contiguità tra gli interessi personali
bancari industriali dei vari soggetti finiti sotto processo e i loro
affini che intendevano ancora la banca come una sorta di creatura
personale. Salvo che ormai era prevalente la tosatura della clientela
provinciale a vantaggio in primis del proprio business. Non crediamo
che sia stato il solo Jannone a concludere un accordo transattivo con
Intesa ma siamo convinti che pure gli altri grandi avversari (di
Jannone) dopo l’apertura dell’opa di Intesa abbiano mandato avanti una
trattativa per non uscirne inchiodati. Anche tutti i soci del CAR
–comitato azionisti di riferimento- hanno sicuramente concluso
con Intesa un accordo per sistemare le proprie linee di credito e il
futuro e Intesa ce l’ha fatta proprie perché il suo disegno politico
economico era troppo grande rispetto alle saga bergamasca
bresciana cuneese.
I contratti sottoscritti da BPER con il Gruppo Intesa Sanpaolo
riguardano i rapporti giuridici, le attività e passività di un ramo
d’azienda di proprietà di UBI Banca (costituito da 455 Filiali bancarie
e da 132 Punti Operativi), di un ramo d’azienda di proprietà di Intesa
Sanpaolo (costituito da 31 Filiali bancarie e 2 Punti Operativi) e di
un ramo d’azienda di proprietà di UBISS (società consortile controllata
da UBI Banca), essenzialmente focalizzato sui servizi alle filiali
oggetto di acquisizione.
Il corrispettivo complessivo riconosciuto al Gruppo Intesa Sanpaolo per
il compendio aziendale comprensivo dei tre rami di azienda acquisiti è
pari a circa € 644,04 milioni, di cui circa € 23,5 milioni, riferibili
al ramo di proprietà di Intesa Sanpaolo, verranno corrisposti alla data
di efficacia del trasferimento di detto ramo.
Comprata UBI da parte di Intesa, ecco che s’avanza sul territorio BPER,
acquirente dei 455 filiali e i 132 punti operativi ex UBI che Intesa
non ha potuto tenere per via dell’equilibrio territoriale nella
concorrenza. L’azionista di riferimento -19% delle azioni: primo
azionista- della modenese BPER è l’ad di Unipol, Carlo Cimbri. Unipol è
anche azionista al 9,5% della Banca Popolare di Sondrio e a poche
settimane dalla trasformazione della BPS in spa e per adesso Unipol
tace. Per ora, tuttavia, le offerte dei bolognesi, che paiono disposti
a fare di Sondrio la capitale del polo lombardo di Bper e garantire una
governance relativamente autonoma alla futura spa bancaria, sarebbero
cadute nel vuoto. L’incontro per rompere il ghiaccio, a fine primavera,
l’hanno avuto l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, e l’ad di Bps, Mario
Alberto Pedranzini. Nell’occasione il leader dei bolognesi, che punta
all’integrazione tra Bper e Bps, avrebbe proposto di insediare a
Sondrio una futura direzione generale lombarda del polo unito, e di
mantenere il cda locale, per il possibile rinnovamento dei vertici di
Bps. A questo punto Unipol rimane alla finestra, in attesa
dell’assemblea straordinaria, che il cda a Sondrio potrà convocare solo
dopo l’ok Bce (arriverà entro fine ottobre) al nuovo statuto da spa.
Generali Unipol Poste e Intesa allineano rispettivamente premi per 62,
17, 13 e 12 milioni di euro. Si può abbastanza bene intravedere un
altro polo bancario emiliano lombardo con Unipol, azionista di
riferimento. Bergamo e Brescia si godono la ricchezza ma restano senza
il governo.
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