A GUARDARE ALLE COLLINE  13 OTTOBRE 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.





















FASCISTI IN PIAZZA
Non bisogna essere leghisti per avere più di qualche dubbio sull’efficacia dell’azione complessiva della ministra Lamorgese dopo le cento e passa manifestazioni dei c.d. No Vax-No Pass che ormai infestano ogni fine settimana decine di città italiane. Tutte finite a botte. Nel governo Draghi c’è una obiettiva sottovalutazione del rinascimento fascista in atto nel paese. E questa sottovalutazione la si coglie nelle redazioni dei due maggiori quotidiani italiani come nei distinguo dei partiti: questo  inutile sottolineare come il diritto legittimo di manifestare dei NoPass sarebbe stato strumentalizzato e sfruttato dalla nuova destra.  Non è così: quella parte di paese profondamente e storicamente da sempre fascista si manifesta oggi come No Vax-No Pass. La classe dirigente e la classe politica del Paese non paiono in grado di comprendere. Di leggere. Di prevedere. Di provvedere.
Ovvio che quando una classe politica deficiente mette il COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) nelle mani di un Adolfo d’Urso dei Fratelli d’Italia, questi non  abbia alcun interesse a svelare i disegni eversivi della sua forza politica. Perché poi questi caporioni stanno nelle liste di FdI e della Lega. Incredibile che dopo centinaia di manifestazioni eversive in tutte le piazze d’Italia che sono andate vieppiù peggiorando nessuno del copasir o del ministero dell’interno abbia immaginato che presto o tardi ci sarebbe stata anche a Roma una prova di forza –l’assalto a Palazzo Chigi rd alla Camera- come l’assalto e l’occupazione del Campidoglio degli Stati Uniti  attuata a Washington il 6 gennaio 2021.
Quello che poi è accaduto con l’assalto alla sede nazionale della CGIL e la sua parziale distruzione –oggi poteva essere un rudere fumante…- e successivamente con l’assalto al Pronto Soccorso dell’Ospedale Umberto I°.
(....)

DOPO INTESA UBI BPER
Semplificando al massimo la vicenda l’assoluzione degli imputati nel “processo UBI” è avvenuta quando Intesa ha deciso l’acquisizione di UBI. Tanto è vero che uno dei principali promotori del processo, Jannone, era uscito dallo stesso processo –il 21 febbraio 2021- a seguito di un accordo transattivo con Intesa. Del resto –ne siamo convinti- il sistema politico e bancario nazionale ed europeo avevano caldeggiato se non ordinato che Intesa acquistasse –costasse quel che poteva costare- UBI ormai imbrigliata in una interminabile bega tra azionisti. Una saga infinita tra imprenditori provinciali che volevano farsi l’un l’altro.
La vera condanna o la sconfitta se vogliamo leggerla in termini esclusivamente politico-economici i trenta e passa imputati nel processo l’hanno subita quando la totalità degli azionisti, compresi alla fine quei gruppi di potere di prima linea nel contesto provinciale e nazionale- hanno scambiato le proprie azione con quelle di Intesa e riscosso il premio  supplementare.
Davanti ai soldi hanno dimenticato il territorio, la sensibilità verso lo stesso, l’attenzione e quant’altro gli stessi gruppi di potere dentro la banca avevano sempre rivendicato e predicato fino a un minuto prima. C’era una sorta di contiguità tra gli interessi personali bancari industriali dei vari soggetti finiti sotto processo e i loro affini che intendevano ancora la banca come una sorta di creatura personale. Salvo che ormai era prevalente la tosatura della clientela provinciale a vantaggio in primis del proprio business. Non crediamo che sia stato il solo Jannone a concludere un accordo transattivo con Intesa  ma siamo convinti che pure gli altri grandi avversari (di Jannone) dopo l’apertura dell’opa di Intesa abbiano mandato avanti una trattativa per non uscirne inchiodati. Anche tutti i soci del CAR –comitato azionisti di riferimento-  hanno sicuramente concluso con Intesa un accordo per sistemare le proprie linee di credito e il futuro e Intesa ce l’ha fatta proprie perché il suo disegno politico economico era troppo grande rispetto alle  saga bergamasca bresciana cuneese.
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LA SCOMPARSA DELLE DONNE SINDACO
Della scomparsa delle donne sindaco sia come candidate che come elette nell’ultima tornata elettorale le donne debbono ringraziare essenzialmente le due sindache penta stellate di Roma e Torino. Sbertucciati anche gli elettori che le avevano votate in massa a suo tempo: 202.754 voti di preferenza la Appendino (54,56%) e le  461.190 della Raggi (35,26%). La sindaca torinese s’è salvata meglio dal continuo dileggio della città e della stampa perché era a capo di una solida struttura  amministrativa che le impediva le peggiori gaffes mentre la sindaca romana ha preso in mano un macello e l’ha restituito peggiore.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!





































































































































































































































LA SCOMPARSA DELLE DONNE SINDACO
Della scomparsa delle donne sindaco sia come candidate che come elette nell’ultima tornata elettorale le donne debbono ringraziare essenzialmente le due sindache penta stellate di Roma e Torino. Sbertucciati anche gli elettori che le avevano votate in massa a suo tempo: 202.754 voti di preferenza la Appendino (54,56%) e le  461.190 della Raggi (35,26%). La sindaca torinese s’è salvata meglio dal continuo dileggio della città e della stampa perché era a capo di una solida struttura  amministrativa che le impediva le peggiori gaffes mentre la sindaca romana ha preso in mano un macello e l’ha restituito peggiore.
Su 8 città chiave al voto, laddove c’era una donna candidata sindaco, nessuna è arrivata al ballottaggio. È un quadro a tinte sempre più fosche, quello della partecipazione delle donne in politica. Roma, Torino, Milano, Napoli, Salerno, Benevento, Rimini e Trieste: qui, a parte qualche eccezione in centri più piccoli, nessuna è arrivata al secondo turno . Numeri alla mano, è la conseguenza scontata di un quadro di partenza scoraggiante: su 145 candidati sindaco nei 17 Comuni capoluogo delle Regioni a statuto ordinario al voto figuravano solo 25 donne: appena il 17,2% rispetto all’82,8% degli uomini (120 in tutto).
La più forte mediaticamente, per la sua visibilità, era Virginia Raggi, ma con il suo 19% e spiccioli è arrivata addirittura quarta, dietro Roberto Gualtieri, Enrico Michetti e Carlo Calenda. Dietro Calenda!. Ma per un’altra pentastellata, Layla Pavone a Milano, è andata ben peggio: appena 2,7% i voti raccolti. Male è andata anche per Valentina Sganga, fedelissima dell’uscente Chiara Appendino a Torino: 9% e addio sogni di gloria. Appena meglio, sempre tra le fila del Movimento, è andata per Alessandra Richetti a Trieste: per lei, però, solo il 3,4%. A Napoli Alessandra Clemente, fedelissima dell’uscente Luigi de Magistris, che dopo il doppio trionfo del’ex pm ha incassato solo il 5,7%. Sempre al Sud, Rosetta De Stasio, aspirante sindaca di Benevento per il centrodestra, si è fermata al 5%, dovendo fare anche i conti con una corrazzata come quella di Clemente Mastella. Mentre ha sfiorato il 9% Gloria Lisi (M5S), in corsa per guidare il Comune di Rimini.

In effetti il demerito di non mettere più le donne come candidato sindaco deriva dal fatto che ormai  questi millenials e i loro fratelli e sorelle minori sono del tutto privi dei fondamentali repubblicani e quindi, senza storia conoscenza esperienza professionalità affrontano i problemi della città senza una stella polare.
La Raggi ha cambiato 15 o 16 assessori in cinque anni. Roma può avere una giunta di 12 assessori e  nello stesso tempo la maggioranza penta stellata si ritrova ora con soli 20 voti, incluso quello della sindaca, in un’Aula di 49 eletti.
La Appendino era stata eletta con 25 consiglieri più il suo (voto) e si è ritrovata a fine mandato con soli 20 quando la maggioranza dovrebbe essere di 21.
Se una situazione del genere fosse toccata al centrodestra o al centrosinistra i penta stellati non li avrebbero tenuti nemmeno con le catene e invece hanno dimostrato di non sapere governare ne di sapere tenere assieme la maggioranza lacerate esattamente come tutto il resto del mondo.

Invece nel paese Bello da Vivere –che già è titolato per il consiglio comunale a maggioranza femminile- è assai probabile che la Gamba sarà rieletta a furor di popolo visto il panorama dell’opposizione. La debolezza politica della sinistra che viene dal mezzo secolo di governo del PCI e succedanei in mano a Giuseppe Pelizzoli, amabilmente soprannominato “ol Sighesù” che sostanzialmente ha  impedito la crescita di ogni successore. Forse nessuno s’è mai fatto avanti scegliendo prima di tutto la fuga dalla sezione e poi la fortuna nel sindacato per non disturbare il padrone della sezione. Una sezione che ha alle spalle –assieme alla dc e al psi- la lucrosa trasformazione in polo commerciale  provinciale del territorio comunale  oltre ad essere riuscita a cacciare realtà industriali che  si sono collocate ai vertici internazionali nel proprio settore come la Bossong e meglio ancora la Tesmec. E’ rimasta la FreniBrembo ma per ragioni del tutto particolari, seppure abbia subito anch’essa la mano ruvida del Vito Conti che è stato per trent’anni –assieme al Roberto Pedretti- e lo è ancora l’urbanista del comune qualunque  sia stata la maggioranza presente.
Ormai quella cosa strana che è Vivere Curno è una sorta di polpettone cattolico che prosegue le scelte politiche della DC di Lodetti e Foiadelli. La coppia che ammazzò politicamente il martinazzoliano Maestroni.
La sua esistenza (di Vivere Curno) è legata al dare continuamente metri cubi edificabili ad ogni sorta di speculazione commerciale solo per cavare soldi da distribuire  clientelarmente a una popolazione vieppiù anziana e nello spendere per la scuola onde consentire alle madri la maggiore flessibilità operativa possibile. Cioè quello che fa comodo al padronato attuale.
La compagine di governo della giunta Serra l’altro ieri e ieri e della giunta Gamba –al di la dei premi al commerciale e la cacciata dell’industria e dell’artigianato- ha dimostrato tutta la sua debolezza: basta ascoltarli in un intervento qualsiasi e ti domandi se siano appena cascati dalla luna. Il top del vuoto culturale e politico lo trovi in una Bellezza e nel Battaglia.

L’opposizione vede come  capogruppo della  ex coalizione lega-centrodestra uno che non è nemmeno iscritto a FI ma è assai determinato a fare il sindaco e quindi non mollerà alla prossima tornata. Poi c’è la fascio femminista, una sorellina d’italia eletta coi  voti dei migliori amici dell’ex leghista Pedretti e dei clienti del dentista urbanista Consolandi. Il centrodestra potrebbe avere un candidato esterno alle beghe interpersonali di vecchia data  ma difficile che Locatelli e Carrara si tirino indietro. Anzi: che non si presentino nemmeno. La loro stella polare sono ancora i bottegai indigeni: neanche i (bottegai) nuovi arrivati dentro i centri e centrini commerciali ma proprio quei quattro gatti derelitti del centro storico. Un’altra stella polare è l’ospizio per i vecchietti. Dimenticano di dire le varianti del PGT: a quelle bastano i danni di Conti.
Una cosa accumuna  Vivere Curno con la minoranza: l’odio verso la cultura. Non verso i piani del diritto allo studio dove c’è da trafficare centinaia di migliaia di euro per assegnare incarichi suppletivi alla scuola ma verso l’insieme del paese. Per entrambi la cultura sono al massimo gli spettacolini  simil oratoriani, le feste della birra, la aree  dove scagazzano i cani e soprattutto –uniti nella lotta!- l’assegnare clientelarmente lavori pubblici e forniture col giusto clientelismo. Perché si sa che se non si scelgono le imprese nostrane,  quelle terrone fanno male i lavori. Vedi la biblioteca e la Rodari tutte i mano a imprese settentrionali.

FASCISTI IN PIAZZA
Non bisogna essere leghisti per avere più di qualche dubbio sull’efficacia dell’azione complessiva della ministra Lamorgese dopo le cento e passa manifestazioni dei c.d. No Vax-No Pass che ormai infestano ogni fine settimana decine di città italiane. Tutte finite a botte. Nel governo Draghi c’è una obiettiva sottovalutazione del rinascimento fascista in atto nel paese. E questa sottovalutazione la si coglie nelle redazioni dei due maggiori quotidiani italiani come nei distinguo dei partiti: questo  inutile sottolineare come il diritto legittimo di manifestare dei NoPass sarebbe stato strumentalizzato e sfruttato dalla nuova destra.  Non è così: quella parte di paese profondamente e storicamente da sempre fascista si manifesta oggi come No Vax-No Pass. La classe dirigente e la classe politica del Paese non paiono in grado di comprendere. Di leggere. Di prevedere. Di provvedere.
Ovvio che quando una classe politica deficiente mette il COPASIR (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica) nelle mani di un Adolfo d’Urso dei Fratelli d’Italia, questi non  abbia alcun interesse a svelare i disegni eversivi della sua forza politica. Perché poi questi caporioni stanno nelle liste di FdI e della Lega. Incredibile che dopo centinaia di manifestazioni eversive in tutte le piazze d’Italia che sono andate vieppiù peggiorando nessuno del copasir o del ministero dell’interno abbia immaginato che presto o tardi ci sarebbe stata anche a Roma una prova di forza –l’assalto a Palazzo Chigi rd alla Camera- come l’assalto e l’occupazione del Campidoglio degli Stati Uniti  attuata a Washington il 6 gennaio 2021.
Quello che poi è accaduto con l’assalto alla sede nazionale della CGIL e la sua parziale distruzione –oggi poteva essere un rudere fumante…- e successivamente con l’assalto al Pronto Soccorso dell’Ospedale Umberto I°.
C’è da scommettere che domani qualche coglione rimarcherà la forza della nostra democrazia rispetto alla debolezza americana. Hai voglia.
La faccenda è che il paese non è tanto diviso tra chi s’è vaccinato (il 90%) e chi proprio non ne vuole sapere ma tra chi ha galleggiato ed ha in qualche modo superato egregiamente  questi ultimi (quasi) due anni e chi non ce l’ha fatta. Chi è li in attesa della botta finale: peraltro annunciata dagli aumenti dei prezzi dei carburanti e dell’energia elettrica e dal fatto – sottovalutato!- che i grandi supermercati da un mese vanno avanti a maxi sconti sui beni necessari. Non era mai accaduta una campagna così prolungata di sconti massicci.
Per capire come-dove si forma una ricchezza ai danni della collettività basta osservare il Superbonus: introdotto dal decreto «Rilancio» del governo giallo-rosso di Giuseppe Conte nel maggio del 2020 per spese sostenute fino a metà del 2022, la misura mira ad accelerare interventi edilizi che riducano le emissioni di carbonio e a rilanciare il settore delle costruzioni.
Da inizio di quest’anno al 23 settembre i progetti ammessi sono stati 38 mila, mentre per l’intero anno si stimano 51 mila progetti, per investimenti mobilitati da 7,9 miliardi e un costo per lo Stato di 8,7 miliardi di euro (quest’ultimo è superiore proprio perché il bonus è al 110%). Si tratta di una forte accelerazione rispetto allo scorso anno, quando ci furono meno di duemila interventi per una spesa pubblica di poco più di duecento milioni.
Di pochi giorni or sono  la denuncia dell’ENEA che mostra come il costo per ogni singola parete isolante, per ogni singolo infisso, schermatura solare o impianto di riscaldamento di nuova generazione è raddoppiato o addirittura triplicato con il Superbonus attuale rispetto all’Ecobonus in vigore fino a metà del 2020. Enea stima che l’aumento medio sulle caldaie a condensazione è del 286%, sulle schermature solari è del 225% e sugli infissi del 208%.
Poi c’è il mercato immobiliare di livello medio alto dove si vendono case in costruzione e questo bonus diventa un’occasione per ridurre il costo dell’abitazione  quando l’acquirente – appunto di buon livello reddituale- può sfruttarne fino in fondo i vantaggi.
 Tornando ai disordini fascisti dei giorni scorsi fa spaventare la banalità di un Emanuele Lauria quando scrive “Imbarazzo, timori elettorali, silenziosi processi interni: il day after dei sovranisti, travolti dalle violenze di una frangia di quei No Vax-No Pass  cui hanno occheggiato per un’intera estate, è un mix di sentimenti accomunati dal senso di smarrimento. Difficile, di certo, sottrarsi al colpo di coda della manifestazione di Roma e della guerriglia generata dagli estremisti di destra. Difficile sfuggire all’ombra della responsabilità, anche solo morale, di alcuni eccessi”.
Dico che  questa della destra è una finta intanto che si frega le mani: la presidente di Fdi condanna lo squadrismo ma dice di non conoscere la matrice: «Sarà fascista, non sarà fascista...», afferma con evidente stonatura rispetto ai nomi degli arrestati, esponenti di una Forza Nuova che in passato ha trovato accoglienza nelle liste del suo partito.
Va avanti Lauria: E Matteo Salvini? Dopo avere annacquato la condanna delle violenze con l’ennesimo attacco alla ministra Lamorgese, condiviso anche da Meloni, reagisce provocando: «La ministra dell’Interno sapeva che l’estremista Castellino, che aveva già un Daspo, era in piazza?». E ancora si domanda: «A chi conveniva che la manifestazione finisse in vacca?». Poi rilancia: « Dopo il caso Morisi, ora ci saranno dieci giorni di antifascismo ». Era riuscito a compattare il partito su una forte sollecitazione al governo perché modifichi le regole sul Green pass per i lavoratori ed è stato sopraffatto dall’eco della dissennata protesta romana. Non pochi, nella stessa Lega, sottolineano come fra gli arrestati ci sia Biagio Passaro (quello che in un video dice “Sfondiamo la Cgil”) che è uno dei leader dell’associazione “Ioapro” le cui istanze di disubbidienza civile il segretario del Carroccio ha sposato a inizio anno. Di “Ioapro”, peraltro, fa parte in Veneto Cristiano Fazzini, che su un canale Telegram scriveva invece gli slogan da indirizzare contro il governatore Luca Zaia, anima moderata della Lega.
La galassia sovranista è scossa. E la settimana dei ballottaggi si annuncia da incubo.
Salvini e la Meloni ci sono dentro in pieno e fanno la finta della sorpresa. Magari davvero l’operazione sott’acqua gli è sfuggita di mano e vedono  traballare la loro leadership.
Mattarella, in visita a Berlino, rassicura il presidente tedesco sulle scene di guerriglia - c’è «forte turbamento ma non preoccupazione, i casi so¬no stati limitati e, cosa più impor¬tante, l’opinione pubblica ha imme¬diatamente reagito». Noi abbiamo maggiori preoccupazioni di Mattarella e avremmo gradito una sua parola al paese.
Ovviamente la sinistra ha reagito composta e politicamente corretta. Manifestazione in tutte le città d’Italia  di solidarietà alla CGIL e richiesta di scioglimento di Forza Nuova e, con lei, tutte le sigle del neofascismo italiano che da tempo pescano nel risentimento dell’anti Stato, incitano all’odio sociale, religioso e razziale, devono essere sciolte. Subito. Come prevedono la Costituzione, la legge Mancino e, innanzitutto, l’articolo 3 di una legge (la “Scelba”) che, dal dopoguerra, ha conosciuto una sola applicazione: lo scioglimento di Ordine Nuovo (1973) e Avanguardia Nazionale (1976). Le une e le altre messe sotto inchiesta da un magistrato, Vittorio Occorsio, che per questo pagò con la vita per mano dei Nar, i Nuclei Armati Rivoluzionari, la stessa sigla del terrorismo nero cui apparteneva uno dei 12 arrestati sabato notte a Roma. Le une e le altre, Pantheon ideologico di cui Forza Nuova e i suoi capi sono eredi ed epigoni. Lo scrive Carlo Bonini. Vedremo se il governo Draghi muoverà sopracciglio.


DOPO INTESA UBI BPER
Semplificando al massimo la vicenda l’assoluzione degli imputati nel “processo UBI” è avvenuta quando Intesa ha deciso l’acquisizione di UBI. Tanto è vero che uno dei principali promotori del processo, Jannone, era uscito dallo stesso processo –il 21 febbraio 2021- a seguito di un accordo transattivo con Intesa. Del resto –ne siamo convinti- il sistema politico e bancario nazionale ed europeo avevano caldeggiato se non ordinato che Intesa acquistasse –costasse quel che poteva costare- UBI ormai imbrigliata in una interminabile bega tra azionisti. Una saga infinita tra imprenditori provinciali che volevano farsi l’un l’altro.
La vera condanna o la sconfitta se vogliamo leggerla in termini esclusivamente politico-economici i trenta e passa imputati nel processo l’hanno subita quando la totalità degli azionisti, compresi alla fine quei gruppi di potere di prima linea nel contesto provinciale e nazionale- hanno scambiato le proprie azione con quelle di Intesa e riscosso il premio  supplementare.
Davanti ai soldi hanno dimenticato il territorio, la sensibilità verso lo stesso, l’attenzione e quant’altro gli stessi gruppi di potere dentro la banca avevano sempre rivendicato e predicato fino a un minuto prima. C’era una sorta di contiguità tra gli interessi personali bancari industriali dei vari soggetti finiti sotto processo e i loro affini che intendevano ancora la banca come una sorta di creatura personale. Salvo che ormai era prevalente la tosatura della clientela provinciale a vantaggio in primis del proprio business. Non crediamo che sia stato il solo Jannone a concludere un accordo transattivo con Intesa  ma siamo convinti che pure gli altri grandi avversari (di Jannone) dopo l’apertura dell’opa di Intesa abbiano mandato avanti una trattativa per non uscirne inchiodati. Anche tutti i soci del CAR –comitato azionisti di riferimento-  hanno sicuramente concluso con Intesa un accordo per sistemare le proprie linee di credito e il futuro e Intesa ce l’ha fatta proprie perché il suo disegno politico economico era troppo grande rispetto alle  saga bergamasca bresciana cuneese.
I contratti sottoscritti da BPER con il Gruppo Intesa Sanpaolo riguardano i rapporti giuridici, le attività e passività di un ramo d’azienda di proprietà di UBI Banca (costituito da 455 Filiali bancarie e da 132 Punti Operativi), di un ramo d’azienda di proprietà di Intesa Sanpaolo (costituito da 31 Filiali bancarie e 2 Punti Operativi) e di un ramo d’azienda di proprietà di UBISS (società consortile controllata da UBI Banca), essenzialmente focalizzato sui servizi alle filiali oggetto di acquisizione.
Il corrispettivo complessivo riconosciuto al Gruppo Intesa Sanpaolo per il compendio aziendale comprensivo dei tre rami di azienda acquisiti è pari a circa € 644,04 milioni, di cui circa € 23,5 milioni, riferibili al ramo di proprietà di Intesa Sanpaolo, verranno corrisposti alla data di efficacia del trasferimento di detto ramo.

Comprata UBI da parte di Intesa, ecco che s’avanza sul territorio BPER, acquirente dei 455 filiali e i 132 punti operativi ex UBI che Intesa non ha potuto tenere per via dell’equilibrio territoriale nella concorrenza. L’azionista di riferimento -19% delle azioni: primo azionista- della modenese BPER è l’ad di Unipol, Carlo Cimbri. Unipol è anche azionista al 9,5% della Banca Popolare di Sondrio e a poche settimane dalla trasformazione della BPS in spa e per adesso Unipol tace. Per ora, tuttavia, le offerte dei bolognesi, che paiono disposti a fare di Sondrio la capitale del polo lombardo di Bper e garantire una governance relativamente autonoma alla futura spa bancaria, sarebbero cadute nel vuoto. L’incontro per rompere il ghiaccio, a fine primavera, l’hanno avuto l’ad di Unipol, Carlo Cimbri, e l’ad di Bps, Mario Alberto Pedranzini. Nell’occasione il leader dei bolognesi, che punta all’integrazione tra Bper e Bps, avrebbe proposto di insediare a Sondrio una futura direzione generale lombarda del polo unito, e di mantenere il cda locale, per il possibile rinnovamento dei vertici di Bps. A questo punto Unipol rimane alla finestra, in attesa dell’assemblea straordinaria, che il cda a Sondrio potrà convocare solo dopo l’ok Bce (arriverà entro fine ottobre) al nuovo statuto da spa.
Generali Unipol Poste e Intesa allineano rispettivamente premi per 62, 17, 13 e 12 milioni di euro. Si può abbastanza bene intravedere un altro polo bancario  emiliano lombardo con Unipol, azionista di riferimento. Bergamo e Brescia si godono la ricchezza ma restano senza il governo.