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GLI USA HANNO MOLLATO LA NATO PER CREARE
L’AUKUS E IL QUAD NEL MARE CINO-INDIANO
MA L’INDIA NON È PRONA COME GLI EUROPEI
Oltre mezzo secolo senza guerre mondiali essendo perdurante la
guerra fredda sotto l’ombrello dello sterminio nucleare hanno insegnato
(forse) che la nazioni con la popolazione più numerosa sono quelle che
dettano legge nel mondo indipendentemente dal regime che le governa.
C’è la Cina con un miliardo e quattrocento milioni di abitanti, un Pil
che presto raggiungerà quello degli Usa, forze armate che almeno in
Asia orientale sono già superiori. Ci sono gli USA con 333 milioni di
abitanti. L’Inghilterra con 56 milioni. La Francia con 67 milioni
ed altri 2,7 milioni sparsi tra gli Oceani Indiano e Pacifico. C’è
l’Australia con 25 milioni: come due grosse regioni italiane. Il
terzetto forma il primo nucleo che ha firmato l’AUKUS (acronimo inglese
delle tre nazioni firmatarie) che è un patto di sicurezza trilaterale
annunciato il 15 settembre 2021.
In base ad esso gli Stati Uniti e il Regno Unito concordano di aiutare
l'Australia a sviluppare e dispiegare sottomarini a propulsione
nucleare, aggiungendosi alla presenza militare occidentale nella
regione del Pacifico. Sebbene l'annuncio congiunto del primo ministro
australiano Scott Morrison, del primo ministro britannico Boris Johnson
e del presidente degli Stati Uniti Joe Biden non abbia menzionato
esplicitamente nessun altro paese, fonti anonime della Casa Bianca
hanno affermato che è progettato per contrastare l'influenza della
Repubblica Popolare Cinese (RPC) nella regione indo-pacifica, una
caratterizzazione con cui gli analisti hanno concordato.
Lateralmente a questa firma c’è il bidone che l’Australia ha tirato
alla Francia annullando il contrato di 66 miliardi (di dollari) per
l’acquisto dal www.naval-group.com di 12 sottomarini che
dovevano essere una variante diesel-elettrica del sottomarino nucleare
di classe Suffren/programma Barracuda in costruzione per la Marina
francese. "Un sottomarino nucleare ha enormi capacità di difesa e
quindi ramificazioni per la regione. Solo sei paesi al mondo hanno
sottomarini nucleari. Sono una capacità deterrente davvero potente
senza fornire loro armi nucleari", Michael Shoebridge, direttore della
difesa, strategia e sicurezza nazionale presso l'Australian Strategic
Policy Institute, ha detto.
Ovvio che la Francia sia arrabbiatissima soprattutto perché la perdita
del contrato determinerà anche un aumento dei propri costi della
difesa. In buona sostanza con questo armamento nucleare la microscopica
Australia diventa un burattino nelle mani americane nell’Oceano
Pacifico e contorno.
Visto come sta la Russia (145 milioni di abitanti) dal punto di vista
economico e politico ormai incastrata nella tenaglia NATO a nord
ovest e sud e col solo rubinetto del gas per “trattare” con l’Europa
(445 milioni di abitanti uniti come tanti galli nel pollaio) gli USA di
Trump ieri e di Biden oggi hanno capito e deciso di fronteggiare la
Cina la quale ha un interscambio con gli USA di 626 miliardi di
dollari (2019) rispetto ai 645 con l’UE.
Ma a maggio 2019 il debito americano nei confronti della Cina ammonta a
1.12 trilioni di dollari, dopo il leggero taglio del 15 maggio, ovvero
il 28% circa dei 4,92 trilioni di dollari di buoni del Tesoro,
banconote e obbligazioni detenute da paesi stranieri. La Cina è il
paese quindi che ha la maggior parte del debito degli Stati Uniti.
Segue il Giappone con 1,07 trilioni, il Brasile con 308 miliardi,
l’Irlanda 274 miliardi e il Regno Unito con 284 miliardi.
Finchè l’AUKUS resta l’attuale patto a tre non si vedono prospettive
particolarmente pericolose, semmai la faccenda assume tutt’altro
aspetto se nell’AUKUS aderisse l’India (1,39 miliardi di abitanti, una
potenza atomica). Il patto Aukus però riguarderà anche l'intelligenza
artificiale e altre tecnologie, ed è una delle più grandi partnership
di difesa dei paesi degli ultimi decenni, affermano gli analisti.
Il Quad sarà un’alleanza politica e militare a tutto campo fra le
grandi democrazie dell’Indo-Pacifico per coordinare le proprie
politiche in materia di sicurezza, libertà di navigazione, lotta alla
pandemia, consolidamento della catena di approvvigionamento di chip e
semiconduttori, libertà del cyberspazio, tutela delle democrazie
minacciate, a cominciare da Taiwan.
Le implicazioni geopolitiche della nascita della "Nato d’Oriente" sono
molteplici. L’India certifica in modo definitivo il proprio approdo nel
campo occidentale e rappresenterà un solido "pilastro" sul quale Europa
e Usa potranno poggiare le proprie politiche nel cuore dell’Asia.
L’India "a differenza dell'Australia, data la sua geografia e le
esigenze operative, ha bisogno di sottomarini sia convenzionali che a
propulsione nucleare".
Tuttavia, sia i progetti convenzionali che quelli a propulsione
nucleare sono stati ritardati e la prima nave sarà lontana almeno per
un decennio, mentre la Marina deve affrontare l'urgente necessità di
modernizzare la sua flotta sottomarina invecchiata, specialmente sullo
sfondo delle crescenti incursioni della Marina cinese nella regione
dell'Oceano Indiano.
Il primo ministro indiano Narendra Modi si è recato negli Stati Uniti
dal 23 al 25 settembre per partecipare al primo vertice di persona del
Quadrilatero Security Dialogue o Quad (India, Australia, Giappone e
Stati Uniti) e per parlare all'Assemblea generale delle Nazioni
Unite. Sebbene sia necessario il coinvolgimento dell'India nel Quad, ci
sono anche ragioni pragmatiche perché l'India collabori con gli stati
AUKUS per raggiungere i loro obiettivi. Il primo incontro faccia a
faccia di Modi con Biden potrebbe aiutare l'India a farsi coinvolgere
con AUKUS.
L'India, d'altra parte, è uno degli stati nucleari tecnologicamente più
sviluppati della regione e nel caso aderisse all’AUKUS sarebbe leader
tecnologico assai prossimo agli USA rispetto alla bassa
competenza dell’Inghilterra e alla nullità tecnologica dell’Australia.
Ha anche la particolarità di essere una delle prime nazioni a
intraprendere lo sviluppo di sottomarini a propulsione nucleare. L'INS
Arihant , lanciato dall'India nel 2009, è stato il primo sottomarino
per missili balistici sviluppato da uno stato diverso dai cinque membri
permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Oggi 23 settembre il presidente Joe Biden ospita alla Casa Bianca
il primo summit in persona dei leader dei Paesi del Quad: i primi
ministri di India, Giappone e Australia, Narendra Modi, Yoshihide Suga
e Scott Morrison fisseranno insieme i paletti della nuova cooperazione
avanzata per contenere la Repubblica popolare cinese.
Biden non deve illudersi di usare il QUAD come gli USA hanno utilizzato
finora la NATO (gli USA decidono e gli altri membri consentono) perché
una nazione come l’India ha alle spalle una storia civiltà tecnologia e
popolazione che gli USA non conoscono e con la quale non sanno neppure
trattare. L’India non è un nulla come l’Australia.
La regione affronta l'instabilità a causa del numero di potenziali
potenze nucleari in Asia. Negli ultimi tempi è stata osservata una
raffica di attività nello sviluppo di capacità nucleari. La Corea del
Sud ha recentemente testato un missile balistico lanciato da un
sottomarino (SLBM) nonostante non fosse uno stato nucleare. La Corea
del Nord ha risposto testando i propri missili balistici, mentre si
sviluppa una possibile corsa agli armamenti nella penisola coreana. Ciò
che alcuni osservatori hanno definito l' ambiguità nucleare della Cina
e la possibilità che le armi nucleari del Pakistan raggiungano le mani
di estremisti potrebbero rappresentare una minaccia significativa per
la regione.
L'alleanza AUKUS dovrebbe concentrarsi sulle capacità di difesa
subacquea come deterrente alla presenza militare cinese nella regione.
Con un focus specifico sullo sviluppo di sottomarini a propulsione
nucleare per l'Australia, questo non fa che riaffermare l'evoluzione
della politica estera di Biden come un approccio altamente
indo-pacifico.
Fatto l’AUKUS e il QUAD Biden e l’Europa non hanno ancora risolto la
questione NATO. Il ministro della Difesa francese Florence Parly ha
chiesto una revisione del "concetto strategico" della NATO, affermando
che "il dialogo è inesistente" all'interno del blocco. “La ragion
d'essere della NATO non è il confronto con la Cina. La ragion d'essere
della NATO è la sicurezza transatlantica. Questo è ciò che dobbiamo
ricordare agli Stati Uniti".
Essere un alleato non significa essere ostaggio degli interessi dell'altro.
L’Unione europea non aveva reagito bene alla chiamata del presidente
eletto a formare un fronte comune contro la Cina. Nelle osservazioni
pronunciate il 28 dicembre, aveva affermato che “poiché siamo in
competizione con la Cina e riteniamo il governo cinese responsabile dei
suoi abusi commerciali, tecnologici, sui diritti umani ed altri fronti,
la nostra posizione si rafforzerebbe notevolmente qualora formassimo
coalizioni con partner che condividono la nostra mentalità ed alleati
che facciano fronte comune con noi in difesa dei nostri interessi e
valori condivisi.”
Allo stesso modo, la continua pressione del governo sugli alleati
europei affinché essi si uniscano agli Stati Uniti nel perseguire
politiche intransigenti nei confronti di Pechino sottolinea
un’essenziale differenza fra gli interessi europei e quelli
statunitensi. Gli Stati Uniti sono una potenza del Pacifico con un
interesse cruciale nel mantenere la propria egemonia sull’Asia
orientale, anche a rischio di una guerra. Le nazioni europee non hanno
questo tipo di interesse, e anzi mantenere un buon rapporto con Pechino
ha logicamente priorità più alta di aiutare Washington a preservare il
dominio sulla regione. Nessuna dose di prediche dal governo Biden sarà
probabilmente sufficiente a modificare tale considerazione.
Joe Biden non ha creato una divergenza di interessi tra America ed
Europa. Tuttavia, le sue politiche di sbadataggine sono servite a
sottolinearne piuttosto che a nasconderne le differenze. Ironicamente,
potrebbe aver compromesso definitivamente la solidarietà transatlantica
più di quanto il rozzo nazionalismo di Donald Trump fosse riuscito a
fare.
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L'AFGANISTAN E' MESSO MALE
Don Abbondio di fronte al Cardinale Federico Borromeo confessa
spontaneamente “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Queste pagine non hanno mai dato grande solidarietà le popolazioni
afgane che sono sopravvissute per vent'anni traccheggiando e coi
talibani e con la NATO salvo poi schierarsi in massa coi talibani
appena la NATO è scappata: basta vedere il filmato dentro la base
italiana appena occupata dai talibani per capire con che razza di teste
(gli afgani) c'hanno avuto a che fare per un quinto di secolo.
Oggi il Corriere Bergamo dedica nientemeno che due pagine agli 80+6
profughi (afgani) che sono stati ricevuti dal Papa e poi staranno in
Bergamasca non si sa bene per quanto tempo e a che fare. La lettura dei
due articoli del Corriere fa capire come questi profughi
appartenessero a quelle aree sociali che maggiormente ha goduto
ed approfittato dell'occupazione militare e ne hanno approfittato
fino alla fine alla fine alla fine ed anche dopo essendo tra quelli
riusciti a fuggire direttamente in Europa.
Intanto il numero dei profughi afghani accolti è in crescita (vengono
qualificati anche loro come richiedenti asilo e quindi dovranno
affrontare il percorso delle commissioni di valutazione) : ne erano
arrivati 27 il sette settembre, ieri ne risultavano invece 80. «E ne
attendiamo altri 6», dicono dalla prefettura. Il dato è praticamente
quadruplicato, nonostante la manifestazione d'interesse pubblicata
dalla Prefettura per accoglierli sia andata deserta.
Insomma ancora una volta, come già fu p.e. con numerosi fascisti
italiani o golpisti cileni o il figlio di Gheddafi, c'è sempre dentro
una dittatura o una guerra chi se la passa meglio, prosegue la propria
vita e al momento della sua conclusione trova un posto su un aereo ed
arriva in Europa.
Non pensiamo certo che tra questi profughi si nasconda qualcheduno
dell'ISIS o dei talibani ma sicuramente con questa classe dirigente non
c'è da stupirsi che i talibani abbiano schioccato le dita ed
occupato il Paese.
Basira Malikzada ha 23 anni. Le mancava un semestre e poi si sarebbe
laureata, all'Università di Kabul dice il fratello Saboor alzando
l'indice per indicare appunto quel solo periodo di studi che mancava.
In cosa? «In medicina, voglio fare il medico», racconta lei stessa. Gli
occhi grandi, un sorriso che dire malinconico è poco, il volto di chi
ha perso qualcosa sul più bello. «Come posso fare per continuare a
studiare qui? Ce la farò?». È lei a far domande, di continuo. Tutta la
famiglia era in pericolo perché proprio il fratello più grande, Saboor,
ha studiato Scienze della Comunicazione nella capitale, o più
semplicemente «Journalism» come dice lui, e ha lavorato diversi anni
nella sezione mass media della Sicurezza nazionale, avendo più volte
contatti con gli inglesi, gli americani, gli italiani. Insomma, uno
stipendio e una posizione lavorativa nell'Afghanistan che si riteneva
liberato dai talebani, un'illusione durata a lungo e ora
definitivamente naufragata. «Per questo ero in pericolo e anche le mie
sorelle rischiavano la vita dopo il ritorno dei talebani» racconta.
Oltre a lui e Basira sul volo militare italiano che ha fatto scalo a
Doha e ha poi raggiunto Roma, sono partite anche le altre due sorelle,
Husneya, di 19 anni, che ha appena finito il liceo, Nazira, 22, che
studia giurisprudenza, e appunto l'«engaged» di Basira, Asadullah
Rahimi, 24 anni, che ha invece finito a Kabul gli studi in Legge. «I
nostri genitori — spiega Basira — erano troppo anziani per poter
fuggire con noi, ci siamo salutati in lacrime. Dopo i primi giorni in
cui non riuscivamo a comunicare, ora riusciamo a telefonarci, li hanno
risparmiati. Non so se riusciremo mai a riabbracciarli, vedremo».
A questi profughi –che non erano certo venditori di acqua per le
strade- bisognerebbe porre una domanda: cosa avete fatto in vent'anni
per costruire un Afganistan democratico piuttosto che stare
quieti all'ombra di uno che se l'è svignata coi soldi del paese?.
Perché come noi italiani l'abbiamo posta e la poniamo ancora a quegli
altri italiani che convissero silenziosi col fascismo, bisogna che
anche questa gente se la ponga e faccia una riflessione.
Una Provincia di oltre un milione di abitanti non fatica ad accogliere
600 persone visto che oltre alla novantina appena arrivate
bisogna tenere conto anche dei quasi 500 richiedenti asilo di altre
nazionalità già presenti. Però l'Afganistan non è la Siria e nemmeno la
Libia o qualche paese del Sahel.
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