A GUARDARE ALLE COLLINE  25 AGOSTO 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.






















PIÙ CHE AL DESTINO DEGLI AFGANI GLI EUROPEI DOVREBBERO PENSARE AL DESTINO DELL’EUROPA VISTO CHI C’È IN AMERICA CINA E RUSSIA

La soluzione-evoluzione del dramma afgano la vedremo a mezzanotte del 31 agosto verso il primo settembre.
Scorrendo i numerosi articoli sulla vicenda in corso dell’Afgagnistan si coglie la sorpresa che attanaglia stati capi di governo e giornalisti sui possibili sviluppi della situazione. Non della sola evoluzione a breve medio e lungo  termine delle vicende interne a quel disgraziato paese.
Un primo aspetto che sembra tenere banco è la sprovvedutezza dell’amministrazione Biden nell’organizzare la partenza delle truppe NATO. Sprovvedutezza evidentemente sfociata nella mezza tragedia visto che nessuno dei paesi NATO presenti era minimamente organizzato per quel “sloggiate e non fatevi più vedere e portatevi appresso i vostri servi” intimato dai talebani che erano stati sempre ben presenti nel paese mentre la NATO e gli USA facevano finta di non vederli. Talebani che erano talmente presenti e bene inseriti nel governo del paese che si sono messi a sloggiare (e ammazzare se del caso…) uno per uno quelli che loro considerano a torto o ragione collaborazionisti degli invasori. Invasori che non sanno portarli via neanche in due mesi quando avevano firmato per arrangiarsi in un mese.
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EROSIONE DELLE SPONDE DEL BREMBO? PROVARE AD ALLARGARE DEL DOPPIO IL LETTO DEL FIUME?
L’erosione sondale dei fiumi è il sogno  dei sindaci e delle imprese edili. Le risate dell’imprenditore  acquilano Francesco Piscicelli, mentre ancora le terra tremava, il 6 aprile 2009, pensando agli affari della ricostruzione si risentono in sottofondo davanti a certe notizie. Ovvio che poi in pubblico sindaci e assessori alzino lamenti sul danno per la popolazione, sui fondi  che mancano per le riparazioni e tutta l’ipocrisia che segue in queste tragedie o semplici danni. Probabile che i sindaci dei comuni lungo il Brembo tra Ponte e Brembate (Sotto) siano nati tutti dopo gli anni ’60 e non abbiano nemmeno mai visto sia il corso del fiume negli anni dal 1945 al 1965  e nemmeno la prima aerofotografia IGM del 1954 che illustra il corso del fiume Brembo tra la soglia di Ponte san Pietro e quella di Dalmine e Filago. Per intenderci: la “soglia” è una particolare sezione del fiume  costituita da rocce che resta immodificabile negli anni indipendentemente dal resto dei fenomeni idraulici e sismici e dell’uomo.
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MANCAVANO SOLO SGARBI E LA SOFIA BRIZIO
La telenovela delle polemiche sulla soluzione pedonale a monte della Porta san Giacomo si arricchisce niente meno che dell'intervento di Sgarbi e di Sofia Brizio. Chi sia il primo non c'è bisogno di illustrarlo mente la Brizio è una  disabile  cittadina che attualmente frequenta l'Università di Cardiff ed è nota alle cronache per le sue lunghissime lettere in ordine alle difficoltà di accesso alla città da parte dei disabili. Un breve estratto dalla sua ultima lettera a Bgnews .
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!







































































































































































































































PIÙ CHE AL DESTINO DEGLI AFGANI
GLI EUROPEI DOVREBBERO PENSARE
AL DESTINO DELL’EUROPA VISTO CHI
C’È IN AMERICA CINA E RUSSIA

La soluzione-evoluzione del dramma afgano la vedremo a mezzanotte del 31 agosto verso il primo settembre.
Scorrendo i numerosi articoli sulla vicenda in corso dell’Afgagnistan si coglie la sorpresa che attanaglia stati capi di governo e giornalisti sui possibili sviluppi della situazione. Non della sola evoluzione a breve medio e lungo  termine delle vicende interne a quel disgraziato paese.
Un primo aspetto che sembra tenere banco è la sprovvedutezza dell’amministrazione Biden nell’organizzare la partenza delle truppe NATO. Sprovvedutezza evidentemente sfociata nella mezza tragedia visto che nessuno dei paesi NATO presenti era minimamente organizzato per quel “sloggiate e non fatevi più vedere e portatevi appresso i vostri servi” intimato dai talebani che erano stati sempre ben presenti nel paese mentre la NATO e gli USA facevano finta di non vederli. Talebani che erano talmente presenti e bene inseriti nel governo del paese che si sono messi a sloggiare (e ammazzare se del caso…) uno per uno quelli che loro considerano a torto o ragione collaborazionisti degli invasori. Invasori che non sanno portarli via neanche in due mesi quando avevano firmato per arrangiarsi in un mese.

Scrive oggi Fubini che “Il «complesso militar-industriale» negli USA è molto più di una lobby. Il Pentagono con 715 miliardi di bilancio ordinario gestisce una macchina bellica le cui risorse superano quelle dei dieci Paesi successivi sommate; molto di più è l’indotto economico di tutte le aziende che gravitano attorno; l’indotto politico creato dall’abile disseminazione di basi militari e aziende belliche in quasi tutti i collegi elettorali del Congresso.
La pianificazione del ritiro e dell’evacuazione ha richiesto 36 riunioni del National Security Council da aprile. Questo organismo, cabina di regìa della strategia militare e di politica estera della Casa Bianca, è diventato un pachiderma burcratico. Aveva 50 funzionari ai tempi di Nixon-Kissinger, oggi ne ha sette volte di più. Ma gli errori di Biden e della sua squadra sono quasi marginali rispetto a questo dato di fondo: chi doveva pianificare il ritiro era contrario al ritiro. Con 715 miliardi di budget annuo "ordinario" e 33 livelli di burocrazie stratificate ai suoi vertici, il Dipartimento della Difesa è il classico organismo autoreferenziale, che nutre se stesso, seleziona per cooptazione, premia il conformismo, non ama gli innovatori, odia ammettere di avere sbagliato. Attorno alla lobby militare ne sono cresciute altre. Biden viene processato dai colpevoli del disastro afghano che allignano in tutto l’establishment di politica estera: la élite globalista — repubblicana e democratica, bushiana e obamiana — che pratica il "groupthink", il conformismo del pensiero unico internazionalista.

Insomma per gli USA e la NATO e gli Europei il “mondo” si aspettava che l’America e i suoi alleati restassero per sempre il perno dello stesso. A mio avviso avevano pensato ma non detto che in Afganistan ci sarebbero rimasti per sempre. Troppo grossa l’occasione.

Per adesso nessuno sa come  evolverà la situazione mondiale dopo questo scossone: potrebbe  continuare tutto con una “bella guerra civile” interna all’A. con le varie fazioni   alimentate dalle varie potenze internazionali. In fondo con 38 milioni di abitanti, una distanza eccessiva dal mare e dalle grandi vie di comunicazione, un potenziale minerario ancora tutto da scoprire e valutare… per il grande capitale c’è  già di meglio disponibile da sfruttare adesso al mondo. Domani si vedrà.
L’unica certezza che appare maggiormente consolidata oggi è che “Usa ed Europa, da soli, non bastano più. La Cina rappresenta per l’Occidente una sfida sistemica, proponendo un modello autoritario, competitivo e antagonista alle democrazie liberali. Servono dunque nuove strategie e alleanze per sostenere il crescente confronto fra “democrazie” e “autocrazie”. La vittoria dei Talebani sta rendendo concretamente evidente la formazione in nuce di un ordine mondiale, un multilateralismo che non risponde all’impostazione del XX secolo. Gli approdi finali, però, sono indefinibili. Dopo quel che è accaduto, si può davvero decidere qualcosa su Kabul senza Cina, Pakistan e Russia? Del resto i primi due sono gli unici Paesi che hanno già riconosciuto le autorità talebane”.

L’Afghanistan in sostanza ci dice che la Ue resta ancora un gigante potenziale nel suo deposito di storia, di cultura, di costruzione giuridica e istituzionale, ma se tutto ciò non riesce a tradursi in ruolo, peso e azione, l’Unione diventa inevitabilmente un nano politico, impotente e velleitario, dunque irrilevante.
Scrive Claudio Tito che “il XXI secolo del nuovo mondo probabilmente inizia davvero oggi. La riunione del G7 non è solo straordinaria nella convocazione ma è eccezionale rispetto agli effettivi rapporti di potere che si erano consolidati negli ultimi 75 anni. I “Sette Grandi” si troveranno dinanzi una situazione senza precedenti. Non solo perché la crisi afghana è particolarmente complicata, ma perchè i vecchi strumenti e le armi del passato per risolverla non sono più utilizzabili. È questa l’eccezionalità del G7: un incontro al buio, pieno di incognite. Basti pensare che dinanzi ad una crisi come quella afghana, il G7 in passato avrebbe avuto una voce in capitolo molto limitata. L’Onu sarebbe stato invocato e - come sta accadendo in queste ore - la sua risposta sarebbe risultata sterile; quindi sarebbe intervenuta la Nato. Strada ora impraticabile vista la gigantesca sconfitta subita dal Patto, il disordine mostrato nelle operazioni di evacuazione e la confusione nella gestione dei tempi.
La domanda da porsi allora è: cosa può decidere questa riunione? O meglio: può prendere una decisione? Probabilmente il primo nodo da sciogliere riguarda la convocazione di un altro summit, ossia il G20 allargato al Pakistan.

E, dopo quello che è accaduto, Bruxelles sarà altrettanto pronta a sostenere le future iniziative di politica estera degli Stati Uniti? Inutile negarlo: gli europei sono stati colti alla sprovvista dalla decisione degli americani di smobilitare così rapidamente, mostrando un’assoluta incomprensione per la vulnerabilità dello stato afghano. Diversi alleati avevano espresso perplessità sul ritiro al vertice Nato di giugno. Le loro rimostranze sono state ignorate e oggi, quanto accaduto non può non sollevare interrogativi sull’impegno dell'America a proteggere i suoi alleati, e se “alla base del Patto Atlantico – come osserva Dave Keating, corrispondente di France24 – ci sia davvero un’alleanza, o se non si tratti invece di un protettorato militare in cui solo Washington è chiamata a dare carte”. Considerazioni gravi, ma tutto sommato secondarie di fronte all’urgenza di trovare soluzioni rapide al precipitare della situazione afghana. Al centro delle conversazioni di queste ore, c’è pertanto l’ipotesi di favorire un dialogo internazionale, il più ampio possibile per giungere a una posizione comune. La “sede naturale” di questa iniziativa europea che mira a coinvolgere anche Russia, Cina e Turchia, tra gli altri – ha detto il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi – non potrà che essere il G20, di cui l’Italia ha quest’anno la presidenza.

Se il mondo si misura coi dollari del PIL non c’è partita tra Europa USA Cina e Russia. Bisogna che l’UE trovi un'altra misura ed il coraggio di diventare adulta.



EROSIONE DELLE SPONDE DEL BREMBO? PROVARE AD ALLARGARE DEL DOPPIO IL LETTO DEL FIUME?

L’erosione sondale dei fiumi è il sogno  dei sindaci e delle imprese edili. Le risate dell’imprenditore  acquilano Francesco Piscicelli, mentre ancora le terra tremava, il 6 aprile 2009, pensando agli affari della ricostruzione si risentono in sottofondo davanti a certe notizie. Ovvio che poi in pubblico sindaci e assessori alzino lamenti sul danno per la popolazione, sui fondi  che mancano per le riparazioni e tutta l’ipocrisia che segue in queste tragedie o semplici danni. Probabile che i sindaci dei comuni lungo il Brembo tra Ponte e Brembate (Sotto) siano nati tutti dopo gli anni ’60 e non abbiano nemmeno mai visto sia il corso del fiume negli anni dal 1945 al 1965  e nemmeno la prima aerofotografia IGM del 1954 che illustra il corso del fiume Brembo tra la soglia di Ponte san Pietro e quella di Dalmine e Filago. Per intenderci: la “soglia” è una particolare sezione del fiume  costituita da rocce che resta immodificabile negli anni indipendentemente dal resto dei fenomeni idraulici e sismici e dell’uomo.
Nel primo dopoguerra la larghezza del corso del fiume era da 2 a 5 volte quella attuale. La profondità era meno di un quinto. Anche il tracciato è profondamente mutato: per esempio Curno ha perduto almeno tre ettari di terreno perché il corso s’è spostato  erodendo la sponda sinistra per demerito del frantoio Benzoni e delle escavazioni di ghiaia nel territorio di Dalmine a sud della traversa Foresti.
Oggi il Brembo tra la soglia di Ponte san Pietro e il traversino della Fornace (di Curno) è diventato un canale (quasi) dritto e profondo soprattutto per demerito di un coltivatore diretto che nei 50 anni precedenti ha usato le sponde come discarica abusiva riscuotendo le somme di chi scaricava abusivamente. Tanto le piene poi portavano via tutto il materiale scaricato e non si vedeva la discarica…

Non bastassero gli interessi privati dei cavatori e degli scaricatori abusivi si sono messo di mezzo anche Stato e Regione a… costruire argini.
La crescente necessità di proteggere le aree limitrofe ai corsi d'acqua, utilizzate per fini agri¬coli o per l'edificazione di nuovi insediamen¬ti urbani, ha portato alla realizzazione di argi¬ni e difese spondali che hanno ristretto l'area di divagazione dei corsi d'acqua, trasforman¬doli in veri e propri canali.
L'effetto di tali interventi si è tradotto in una ridu¬zione dei percorsi fluviali e dei tempi di percor¬renza e quindi in un aumento dell'energia e del¬la portata, per l'impossibilità delle acque di espandersi sulla piana fluviale con effetto di lami¬nazione della piena.
Le conseguenze sono:
•    un aumento dei danni alle opere di attraversamento e alle opere di protezione in alveo, per l'innescarsi di fenomeni erosivi sulle sponde e sul fondo
•    modificazioni nella propagazione delle onde di piena, con possibile aumento del rischio idraulico in alcuni tratti del sistema fluviale
•    incisione del fondo alveo dei corsi d'acqua e conseguente abbassamento della fal¬da freatica
• modificazione ecosistemi.
Da circa trent’anni pure l’Enel c’ha messo del suo per creare danni dal momento che la messa in funzione dei sistemi di ripompaggio delle acque dalle centrali elettriche nelle dighe ha cambiato nuovamente il regime idraulico del fiume. Specie durante le grandi piogge. Poi l’urbanizzazione selvaggia –a valle dei territori delle Alpi dove stanno le grandi dighe- ha fatto si che nei fiumi arrivino enormi quantità di acqua proveniente dalla fognature, specie durante  gli acquazzoni.

Non bastassero i cavatori-scaricatori anche Stato e Regione ci mettono mano. Per esempio quando realizzarono le traverse di cemento sotto il c.d. Palazzo di Ponte san Pietro (tutte distrutte nei successivi dieci anni con erosione dell’Isolotto) e quando venne prima distrutto il c.d. “Lago Blu” a monte del viadotto dell’asse interurbano lato Ghiaie e poi venne creato un traversino che collega i piloni del viadotto. Col risultato di dirigere la corrente del fiume… contro il Parco Callioni della Roncola. Pare insomma che chi è preposto a custodire il fiume si diverta una volta a farlo sbattere a destra, poi a sinistra, in un gioco di rimpiattino dal quale ci guadagnano solo le imprese che ricostruiscono gli argini in.. marmo di Zandobbio. Volete mettere la figata degli argini dello stesso materiale della facciata della Biblioteca Angelo Mai?
Figuratevi se oggi  Comuni e Regione immaginino di raddoppiare la larghezza del letto del Brembo per dimezzare l’altezza della corrente e la conseguente capacità erosiva delle acque.


MANCAVANO SOLO SGARBI E LA SOFIA BRIZIO

Mancavano solo Sgarbi e la Sofia Brizio

La telenovela delle polemiche sulla soluzione pedonale a monte della Porta san Giacomo si arricchisce niente meno che dell'intervento di Sgarbi e di Sofia Brizio. Chi sia il primo non c'è bisogno di illustrarlo mente la Brizio è una  disabile  cittadina che attualmente frequenta l'Università di Cardiff ed è nota alle cronache per le sue lunghissime lettere in ordine alle difficoltà di accesso alla città da parte dei disabili. Un breve estratto dalla sua ultima lettera a Bgnews . “Ho frequentato il liceo Sarpi dal 2011 al 2016, perciò si potrebbe pensare che io conosca Città Alta come le mie tasche. Non è così: non ho mai camminato con amici lungo le Mura, e di rado sono rimasta a pranzare vicino a scuola alla fine delle lezioni; conosco Colle Aperto a malapena perché non ci sono mai potuta arrivare da sola. (…) Se avessi avuto una passerella a porta San Giacomo quando ero al liceo, mi sarei goduta le Mura come tutti i miei compagni, senza dover pensare che forse non valeva la pena rischiare di essere investita perché camminavo troppo lenta per riuscire a passare sulla carreggiata”.
Magari la sig.na Brizio l'ho anche incontrata qualche volta in Città Alta ma tutto il ragionamento  e il modo con cui lo espone non mi trova d'accordo. E non è sul colore della spingarda oppure sulla passerella di muratura si o no. E' proprio il ragionamento della Brizio che è sbagliato perché mentre per il superamento del gradino d'ingresso nel suo condominio la legge prevede che nessun condomino possa mettere veti, è proprio sulla pretesa dell'amministrazione di risolvere il problema attorno alla Posta san Giacomo che l'argomentazione della Brizio non vale al di la della soluzione attuata.
Prima di tutto voglio vedere chi sia il disabile che a bordo di una carrozzina (adesso sono anche motorizzate) sale o scende via Sant'Alessandro o via Tre Armi  sfruttando la nuova pavimentazione adottata a monte della porta. E' un percorso NON fattibile sia dal punto di vista pratico che dal punto di vista della sicurezza. Quindi la lamentazione contro le due scalette all'uscita dalla porta per  passare sul viale delle Mura sono solo  una pretesa.
Il passaggio dalla parte est alla parte ovest del percorso sulle mura attorno a Porta san Giacomo. Fuori dubbio che sia pericoloso ma lo è esattamente come quando la Brizio s'aggira per molte strade cittadine: p.e. via Borfuro o via san Alessandro. Bastava che il Comune ponesse due dossi prima e dopo la porta – tanto anche i bus debbono rallentare a pochi km all'ora- e  disegnasse una corsia ciclabile per risolvere il problema. Una giornata di lavoro e mille euro di spesa.
Lo Sgarbi quotidiano.
L'on. Belotti della Lega ha mandato una petizione a Sgarbi perché faccia sentire la sua autorevole voce “contro” lo stupro che la giunta Gori avrebbe inflitto a Porta san Giacomo. Sgarbi ha risposto e merita di essere ascoltato perché ascoltare uno zio matto fa bene all'anima. E al corpo.
Comunque.
Non abbiamo mai apprezzato il minimalismo villettaro delle soluzioni adottate dalla giunta Gori per le innumerevoli sistemazioni adottate in città assieme al suo assessore Brembilla. Ma questo è un parere personale. Nel caso specifico se avessimo voluto realizzare un passaggio a valle della strada, noi avremo scelto di lasciare  tutto quel che c'era com'era e poi avremmo adottato il cristallo creando una struttura portante verticale (di corten o inox poggiata al muro della strada) e orizzontale di cristallo in maniera da lasciare vedere  la struttura muraria presente, compresa la scaletta che nascondeva il pisciatoio di 30-40 anni or sono. Capisco che l'idea di spendere 200mila euro per una soluzione trasparente in cristallo non appartiene alla giunta Gori (vedasi cementificazione del piazzale davanti al Quarenghi)  ma forse non era uno scandalo, davanti a Porta san Giacomo spendere 2-300mila euro anziché 100mila