|
|
|
|
Nancy Griffith ci ha lasciati.
Cliccando sull'immagine ascolterete un brano cantato da lei.
USA&NATO:DOVE SONO PASSATI HANNO FATTO STRAGI E DISASTRI E SONO STATI SEMPRE CACCIATI
Ci sarà una qualche ragione se oggi –sabato 14 agosto- su due
quotidiani nazionali La Repubblica e Il Correre della Sera ci sono due
fondi dal titolo con suonante: Afghanistan, rischio Vietnam. Su Biden
il fantasma di Saigon (Federico Rampini) e Lo spettro Saigon ( Franco
Venturini. La prima ragione è che i due quotidiani sono sempre
schierati dalla parte dell'America e della NATO perché altrimenti
perdono il posto.
Rampini ricorda che “in tanti paragonano la partenza delle truppe
americane dall'Afghanistan alla ritirata dal Vietnam. La caduta di
Kabul, data per quasi certa di fronte all'avanzata dei talebani, viene
affiancata nella memoria a quel panico di 46 anni fa: le scene degli
elicotteri in partenza dal tetto dell'ambasciata Usa di Saigon, i
sudvietnamiti che si lanciavano disperati per aggrapparsi alla
salvezza, tornano come un incubo che angoscia l'America. Biden lo
sapeva quando annunciò la sua decisione di lasciare l'Afghanistan: il
mese scorso fece riferimento proprio all'immagine dell'evacuazione
degli elicotteri nella fuga scomposta del 1975: «In nessuna circostanza
vedrete persone sollevate dal tetto».
La nazione che aveva neutralizzato la Germania di Adolf Hitler e il
Giappone dei kamikaze e si credeva invincibile ma non lo era. Come non
lo era l'altra superpotenza, l'Unione Sovietica, che di lì a quattro
anni, nel 1979, avrebbe invaso l'Afghanistan, per ritirarsene dopo 10
anni sconfitta demoralizzata devastata.
Non è detto che non finisca in una riedizione di Piazzale Loreto cogli
ambasciatori dei primi sette otto paesi più grandi fucilati in piazza.
(...)
PASSAGGIO DI PORTA SAN GIACOMO
NON ERA NECESSARIO ED OBBLIGATORIO FARLO
Dal Bugiardino di sabato 14 agosto una dichiarazione dell'ass.
Brembilla: «Su indicazione proposta dalla Commissione del Paesaggio e
approvata dalla Soprintendenza, per consentire la realizzazione del
percorso pedonale mantenendo la dimensione minima consentita, è
stato necessario prevedere l'eliminazione della scalinata destra in
pietra, che non riveste particolari caratteri storici». L'assessore
Brembilla spiega che non era una vera scalinata. «Erano pietre messe
una sopra l'altra — dice —. Un tempo la Porta era molto più grande
rispetto a quella attuale. Quando è stata allargata la strada, la
Porta è stata tagliata e sono state realizzate le scale laterali per
collegare la Porta con gli spalti delle Mura. Per eliminare le
barriere architettoniche non si poteva fare diversamente».
In effetti si può testimoniare che quella che appare come una scaletta
di 14 gradini nella foto di prima dei lavori era stata costruita
sicuramente negli ultimi 50 anni dal momento che in quell'angolo tra la
Porta san Giacomo e il Viale delle Mura c'era un pisciatoio dentro una
nicchia. Facile immaginare il quadretto d'insieme. Però al tempo di
pisciatoi ce n'erano parecchi dappertutto in Città (alta e bassa) e
quindi faceva il suo bel servizio nonostante via via non rispondesse
ormai più ai canoni moderni per cui adesso per andare al gabinetto o
scegli di pagare tre quarti di euro come in Piazza Vecchia oppure
paghi un euro e dieci per un caffè con diritto di andare al bagno. Il
pisciatoio pubblico con acqua che scorre perennemente era stata la
soluzione al fatto che l'angolo era sempre stato un pisciatoio
senz'acqua corrente. Quindi meglio dopo che prima. Abolito il
pisciatoio nei primi anni '60 hanno creato la scaletta.
(...)
|
|
19 MB
|
|
|
|
|
USA&NATO:DOVE SONO PASSATI HANNO FATTO STRAGI E DISASTRI E SONO STATI SEMPRE CACCIATI
Ci sarà una qualche ragione se oggi –sabato 14 agosto- su due
quotidiani nazionali La Repubblica e Il Correre della Sera ci sono due
fondi dal titolo con suonante: Afghanistan, rischio Vietnam. Su Biden
il fantasma di Saigon (Federico Rampini) e Lo spettro Saigon (
Franco Venturini. La prima ragione è che i due quotidiani sono
sempre schierati dalla parte dell'America e della NATO perché
altrimenti perdono il posto.
Rampini ricorda che “in tanti paragonano la partenza delle truppe
americane dall'Afghanistan alla ritirata dal Vietnam. La caduta di
Kabul, data per quasi certa di fronte all'avanzata dei talebani, viene
affiancata nella memoria a quel panico di 46 anni fa: le scene degli
elicotteri in partenza dal tetto dell'ambasciata Usa di Saigon, i
sudvietnamiti che si lanciavano disperati per aggrapparsi alla
salvezza, tornano come un incubo che angoscia l'America. Biden lo
sapeva quando annunciò la sua decisione di lasciare l'Afghanistan: il
mese scorso fece riferimento proprio all'immagine dell'evacuazione
degli elicotteri nella fuga scomposta del 1975: «In nessuna circostanza
vedrete persone sollevate dal tetto».
La nazione che aveva neutralizzato la Germania di Adolf Hitler e il
Giappone dei kamikaze e si credeva invincibile ma non lo era. Come non
lo era l'altra superpotenza, l'Unione Sovietica, che di lì a quattro
anni, nel 1979, avrebbe invaso l'Afghanistan, per ritirarsene dopo 10
anni sconfitta demoralizzata devastata.
Non è detto che non finisca in una riedizione di Piazzale Loreto cogli
ambasciatori dei primi sette otto paesi più grandi fucilati in piazza.
Nel 1975 gli USA andarono da soli in Vietnam (tranne il modesto
contributo di militari della Corea del Sud, dalla Thailandia,
dall'Australia, dalla Nuova Zelanda e dalle Filippine) mentre oggi in
Afganistan c'è la NATO, vale a dire che attualmente ci sono circa 3.500
soldati statunitensi in Afghanistan: 2.500 assegnati all'Operazione
NATO Resolute Support, di cui fanno parte anche 7mila militari di 36
stati della Coalizione (tra i quali 750 britannici, 860 georgiani, 890
italiani, e 1.300 tedeschi), che addestra e supporta le truppe di
Kabul. A febbraio 2021 c'erano 9.592 soldati di 36 paesi diversi.
La sconfitta USA in Vietnam è ormai stata ricostruita del tutto dagli
storici e fu un messaggio che l' America non seppe cogliere ma da quel
disastro seppe risollevarsi abbastanza velocemente ribaltando sugli
alleati europei e internazionali gran parte dei danni che si era
inflitta da sola.
Partiamo dalla “Teoria del domino”: la base ideologica della Guerra
fredda e dell'intervento americano in Vietnam, figlia a sua volta della
dottrina Truman (l'appoggio dato dagli Usa a tutti i popoli la cui
libertà e democrazia fossero minacciate da nemici interni o
esterni) e della dottrina Kennan, quella del containment
(resistenza alla penetrazione comunista in tutti i Paesi al di fuori
della sfera di influenza sovietica senza però attaccare direttamente
l'Urss). La teoria del domino preconizzava che un'eventuale vittoria
comunista in una nazione asiatica avrebbe portato alla caduta di tutti
i Paesi limitrofi.
Non sarebbero trascorsi che dieci anni dalla sconfitta vietnamita e nel
mirino degli USA comparve Gheddafi e la Libia. C'erano dei precedenti.
E così Nixon fece scattare l'operazione El Dorado Canyon è il nome in
codice che fu attribuito al bombardamento della Libia che gli Stati
Uniti eseguirono il 15 aprile 1986.
Francia, Spagna e Italia rifiutarono agli Stati Uniti tanto il diritto
di sorvolo quanto l'uso di basi continentali europee per attuare questo
colpo di mano, costringendo l'Air Force a compiere la sua missione
aggirando Francia e Spagna, sopra il Portogallo ed attraverso lo
stretto di Gibilterra, allungando ogni percorso di 1 300 miglia (2 100
km) ed imponendo un diffuso ricorso al rifornimento in volo.
A distanza di 35 anni sostanzialmente la Libia è in mano alla Turchia
ed all'Egitto, anzi: tutto il Mediterraneo orientale, anche per la
scoperta degli immensi giacimenti di metano e petrolio che hanno
ridotto il peso del petrolio libico a favore di quello di potenze
politicamente un po' più “stabili” come Turchia Egitto Israele, è
cambiato del tutto il ruolo della NATO e degli USA nel Mediterraneo che
non è più un “mare-NATO” ma in condominio tra le forze Nato, russe e
turche.
Dopo il caos indotto in Libia dalla guerra americana gli Usa tra il
2011 e il 2019 sono riusciti ad azzerare quasi del tutto la loro
dipendenza energetica. Anche se importano ancora una piccola quota di
materie prime pari al 6.500.000 b/g. Il raggiungimento
dell'indipendenza energetica è avvenuto grazie alla tecnica produttiva
del fracking (si tratta della somma di tight Oil + shale gas).
«Quest'ultima, massicciamente utilizzata a partire dall'era Obama, ha
trasformato il paese nel principale produttore di petrolio e gas
naturale al mondo», ricorda il dossier “Geopolitica dell'energia” del
Centro Europa Ricerche (Cer). Dal 1971 al 2008 la produzione
petrolifera americana è costantemente diminuita per poi esplodere dal
minimo di 3.932.000 b/g a settembre 2008 fino al massimo di 13.100.000
b/g a marzo 2020, per poi nuovamente decrescere sino agli attuali
11.000.000 b/g.
A partire dall'invasione dell'Iraq del 2003, la guerra in Afghanistan
ha perso priorità tra gli obiettivi dell'amministrazione degli Stati
Uniti, riacquistandola solo a partire del 2009 sotto l'amministrazione
Obama. A partire dal 2015, l'operazione della NATO ISAF è stata
sostituita dall'Operazione Sostegno Risoluto, tesa a continuare l'aiuto
al governo afghano con un minor numero di truppe, nel contesto di un
aumento delle offensive dei talebani.
Mesi dopo l'inizio dell'invasione e dell'occupazione dell'Afghanistan
negli Stati Uniti, il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush,
classificò l'Iraq come l'asse del male, un termine che ricorda le
Potenze dell'Asse o paragonabile alla Cortina di ferro durante la
Guerra fredda. Accusò anche il governo di Saddam Hussein di avere armi
di distruzione di massa, e di avere collegamenti con Al Qaida, che non
sono stati confermati.
Dopo aver spinto il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, con la
presentazione di presunte prove, ad approvare una risoluzione
esplicitamente a sostegno dell'invasione, il presidente degli Stati
Uniti, George W. Bush, ottenne il sostegno di un gruppo di paesi per
formare un'alleanza per invadere l'Iraq e rovesciare il governo di
Saddam Hussein. Questa coalizione, che si autodefiniva Coalizione della
Volontà, era formata da governi di Stati Uniti, Regno Unito, Spagna,
Portogallo, Italia, Polonia, Danimarca, Australia, Ungheria
e Ucraina. La maggioranza della popolazione di questi paesi, così come
l'opinione pubblica mondiale, era in gran parte contraria, rendendosi
particolarmente evidente nelle manifestazioni mondiali contro la guerra
in Iraq. Bush ricevette il sostegno dei governi della Repubblica Ceca,
Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania, Colombia, Malta,
Cipro, Israele e Kuwait. Francia, Germania, Cina e Russia espressero la
loro opposizione a forzare misure contro l'Iraq ed erano favorevoli a
una soluzione negoziata alla crisi.
Come tutti dovrebbero sapere, un attacco armato di questa natura viola
i principi fondamentali del diritto internazionale umanitario che
richiedono di distinguere tra popolazione civile e combattenti, e tra
infrastrutture civili e obiettivi militari. Nonostante la
mancanza di un'autorizzazione formale da parte del Consiglio di
Sicurezza dell'ONU, l'intervento fu giustificato sulla base di un
approccio che passerà alla storia come “guerra preventiva” (l'accusa,
mai provata, alla dittatura di Saddam Hussein era di possedere armi di
distruzione di massa) e come “esportazione della democrazia”. È
stato necessario il lavoro titanico della Commissione Chilcot per
stabilire, nel 2016, che l'invasione fu non soltanto inutile, ma anche
disastrosa.
C'è anche la Siria. Ecco cosa pensa l'ambasciatore americano in Siria
Robert Ford a 10 anni di distanza. “La strategia americana è stata un
fallimento”, scrive su Foreign Affairs l'ambasciatore, ora senior
fellow presso il Middle East Institute. Gli Usa, dice Ford, hanno
cercato di usare la forza militare e le pressione finanziarie per
rovesciare Assad, ma Biden farebbe bene a cambiare rotta. Dopo anni di
conflitto, infatti Bashar è ancora al suo posto e la Siria non è
diventata una democrazia liberale come qualche ingenuo analista sperava
diventasse all'indomani della devastante guerra per procura scoppiata
nel 2011. Ford si spinge a sostenere che gli Stati Uniti “dovrebbero
negoziare con Mosca un ritiro graduale delle proprie forze e una
tempistica per la transizione nella zona orientale dal controllo
americano a quello russo”.
L'elenco delle sconfitte militari e politiche degli USA e della Nato o
di alcune potenze della Nato a partire dal Vietnam, Afganistan,
Iraq, Libia, Siria stanno li a dimostrare che nessun disegno di
esportare la democrazia con le armi funziona e –anzi!- aiuta la
formazione di associazioni ribelli che mirano sempre più in alto
nel contesto internazionale. La democrazia in concreto però è solo un
alibi.
Questo atteggiamento aggressivo degli USA non era che la manifestazione
militare della loro volontà di governare la produzione e distribuzione
delle risorse energetiche che finché furono concentrate sul
petrolio poterono essere maggiormente mirate e governate ma poi la
scoperta dello shale-gas che ha reso gli USA quasi del tutto
autosufficienti e contemporaneamente lo sviluppo dei gasdotti dalla
Russia e dai paesi attorno al Mediterraneo fino quasi all'ex Oriente
russo la situazione s'è decisamente complicata da gestire in maniera
univoca ed autoritaria.
Si aggiunga nel frattempo lo sviluppo delle comunicazioni così che
sullo stesso cellulare un cittadino USA o Italiano o Siriano o Afgano
possono vedere contemporaneamente la medesima notizia e comprendere
come il mondo sia diviso ma anche contemporaneo ragion per cui il mondo
ha compreso la parità dei diritti nel mangiare nella salute
nell'istruzione nel lavorare nel leggere e studiare.
Adesso c'è solo da sperare che l'ultima sconfitta in Afganistan costi
il minor numero di vittime possibili e che l'Europa smetta di seguire
come un cagnetto scodinzolante il padrone americano.
Rampini conclude il suo articolo scrivendo che le analogie del ritiro
dall'Afganistan con quelle del Vietnam sarebbero assurde perché se la
guerra in Afganistan è costata 2.000 miliardi di dollari, adesso
davanti al disegno di Biden di investire 3.500 miliardi in dieci anni
al fine di creare un Welfare inclusivo, un'economia sostenibile a
emissioni carboniche zero, qualora fosse stata prolungata
distoglierebbe risorse dai cantieri di riforme progressiste. Non è
difficile capire perché Biden, in mezzo al coro assordante di critiche,
sembra deciso a tenere duro.
|
|
PASSAGGIO DI PORTA SAN GIACOMO
NON ERA NECESSARIO ED OBBLIGATORIO FARLO
Dal Bugiardino di sabato 14 agosto una dichiarazione dell'ass.
Brembilla: «Su indicazione proposta dalla Commissione del Paesaggio e
approvata dalla Soprintendenza, per consentire la realizzazione del
percorso pedonale mantenendo la dimensione minima consentita, è
stato necessario prevedere l'eliminazione della scalinata destra in
pietra, che non riveste particolari caratteri storici». L'assessore
Brembilla spiega che non era una vera scalinata. «Erano pietre messe
una sopra l'altra — dice —. Un tempo la Porta era molto più grande
rispetto a quella attuale. Quando è stata allargata la strada, la
Porta è stata tagliata e sono state realizzate le scale laterali per
collegare la Porta con gli spalti delle Mura. Per eliminare le
barriere architettoniche non si poteva fare diversamente».
In effetti si può testimoniare che quella che appare come una scaletta
di 14 gradini nella foto di prima dei lavori era stata costruita
sicuramente negli ultimi 50 anni dal momento che in quell'angolo tra la
Porta san Giacomo e il Viale delle Mura c'era un pisciatoio dentro una
nicchia. Facile immaginare il quadretto d'insieme. Però al tempo di
pisciatoi ce n'erano parecchi dappertutto in Città (alta e bassa) e
quindi faceva il suo bel servizio nonostante via via non rispondesse
ormai più ai canoni moderni per cui adesso per andare al gabinetto o
scegli di pagare tre quarti di euro come in Piazza Vecchia oppure
paghi un euro e dieci per un caffè con diritto di andare al bagno. Il
pisciatoio pubblico con acqua che scorre perennemente era stata la
soluzione al fatto che l'angolo era sempre stato un pisciatoio
senz'acqua corrente. Quindi meglio dopo che prima. Abolito il
pisciatoio nei primi anni '60 hanno creato la scaletta.
Lo spalto di san Giacomo era una doppia scocciatura prima di tutto per
una importante famiglia che aveva il proprio palazzo proprio li
sopra: famiglia che si era distinta in bergamasca come creatrice di una
delle prime macchine per fare i caffè nei bar e per l’importante
squadra ciclistica che partecipava al Giro d'Italia ed al Tour.
Non gli ultimi arrivati quindi con l'aggiunta che una figlia (o
nipote?) dell'inventore aveva sposato il figlio del più importante e
storico ristoratore di Città Alta. Se vi pare poco in termini
relazional-politici ben fatti.
Poi man mano s'era sviluppata la motorizzazione la strada che correva
tra lo spalto, la Porta e la casa di cui sopra s'era rivelata troppo
stretta tanto che per passare dallo spalto ovest all'altro lato est
della porta bisognava transitare sul Viale delle Mura con le auto che
ti facevano il pelo.
Non contenti di questa situazione sullo spalto avevano concesso anche
di istallare una birreria estiva e di stendere un cavo che consentiva
il passaggio ludico appesi con una carrucola dallo spalto di San
Giacomo alla piattaforma di sant'Andrea. Come si dice due figate
con un colpo solo.
Adesso ecco scodellata l'ultima novità: scompare la malmessa aiuola,
scompare la scaletta di 14 gradini, viene costruito un terrapieno per
creare un marciapiedi in maniera che si possa passare dallo spalto di
san Giacomo al lato est della porta in sicurezza. Non contenti hanno
anche creato una pavimentazione per cui si può entrare dalla porta ed
arrivare in via san Giacomo su un piano scorrevole.
Il motivo di questi lavori? Così possono transitare in sicurezza e agio
le carrozzine degli handicappati che quelle delle mamme.
Ovviamente creato il marciapiede bisogna applicarci un parapetto che
per legge deve essere alto almeno 120 cm.: apriti cielo! Quel parapetto
ha scatenato la guerra cui il malcapitato assessore Brembilla ha
risposto: tutto a posto!. C'è il parere positivo della Soprintendenza e
quella della Commissione Paesaggio e per di più –gaffe su gaffe-
risponde alla richiesta del rappresentate di Città Alta della Lista
Gori. Che sarebbe uno dei proprietari del ristorante Mimmo. Un bel
tacere non sarebbe stato migliore.
Esattamente come con la storia della scaletta che non sarebbe una
scaletta ma una pila di plocchi visto che la realizzarono gli operai
del Comune.
Non risulta che quel passaggio fosse costato la vita o qualche gamba
rotta a qualcuno per via della strada stretta: magari creare un
paio di gobbe prima e dopo la curva (apriti cielo con le proteste
dell'ATB…) avrebbe costretto i mezzi a rallentare ulteriormente quel
poco (in teoria ci sarebbe già il limite dei 30km/h) necessario e
creare una pavimentazione in pietra larga quei 150 cm necessari.
A nostro avviso poteva essere una soluzione di minore costo e impatto
rispetto a quest'opera che francamente appare proprio come incollata e
sembra chiedere scusa di stare li.
Poi non l'ha prescritto il dottore che se le carrozzine degli
handicappati e coi bambini a bordo non possono transitare sotto la
Porta, ne deriverebbe un danno cerebrale irrimediabile per i
passeggeri. Anche perché non si vede mai e poi mai una carrozzina con
un handicappato a bordo che sale dal via S.Alessandro ed entra in Città
Alta da Porta san Giacomo nemmeno di mamme con una carrozzina di
bambino. Forse una alla settimana transita sulle Mura.
L'opera quindi è il classico mostricciattolo eseguito per fare la
bullata sui media cercando di vendere una immagine (fasulla) di
una giunta attenta a certi problemi, con un banale tentativo di captare
la benevolenza delle madamine e consorti alle prese con la prostatite
(cui faceva semmai comodo il pisciatoio d'antan…).
Personalmente non avrei modificato nulla tranne la pavimentazione in
pietra di cui ho detto. E se chi va in carrozzina (adesso
elettrificata!) mi dice che vuole salire in Città Alta da via
sant'Alessandro perché anch'io che sono handicappato c’ho IL diritto a…
lo prendo a sberle.
|
|
|