A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1349 DEL 08MAGGIO 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.


















IL VIOLA

NEL PAESE BELLO DA VIVERE POTREBBE
SORGERE UNA CASA DELLA COMUNITÀ
(SE IL COMUNE NON DORME)
La Mission 6 del PNRR [https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf ] tratta del tema della sanità. Nel librone si parte da pagina 223 ma quello che interessa in questo pezzo parte a pagina 225. Leggete sulla colonna di sinistra in forma espositiva e critica quel che propone di nostro interesse.
Comincia a prendere una qualche forma definita quello che dovrà essere un netto miglioramento della medicina prossima alla popolazione che non sia fatta solo del dottore in condotta e degli esami da fare a raffica presso le fabbriche-esamifici. Uno svolazzare di  ricette e di visite alle farmacie.
Curno potrebbe ambire ad ospitare una delle “case della comunità. Il PNRR prevede un investimento per l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove. Il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2,00 miliardi di euro. Entro il primo trimestre del 2022 è prevista la definizione di uno strumento di programmazione negoziata che vedrà il Ministero della Salute, anche attraverso i suoi Enti vigilati come autorità responsabile per l’implementazione e il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e di tutti gli altri enti interessati”.
Tutto questo subordinato a cosa deciderà la Regione Lombardia che in tema ci sente pochissimo.
In Toscana ed in Emilia Romagna esistono e funzionano benissimo  strutture del genere e quindi ci sarebbe solo da “copiare” e fare meglio, cosa che in Lombardia abbiamo qualche dubbio ne siano capaci. Le 120 “case della salute” in Emilia Romagna ad ottobre 2020 hanno creato buone condizioni: “Meno accessi in codice bianco al Pronto Soccorso e meno ricoveri ospedalieri per le patologie trattabili in ambulatorio. Più assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica. Le Case della salute fanno bene ai cittadini e al sistema sanitario regionale. Dove c’è una Casa della Salute si riducono del 16,1% gli accessi al Pronto soccorso per cause che non richiedono un intervento urgente, percentuale che sfiora il 25,7%quando il medico di medicina generale opera al loro interno. Contemporaneamente, calano (-2,4%) i ricoveri ospedalieri per le patologie che possono essere curate a livello ambulatoriale, come diabete, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica. Anche in questo caso l’effetto è maggiore (-4,5%) se presente il medico di medicina generale. Non solo, perché nei territori serviti dalle Case della salute si è intensificata nel tempo (+9,5%) l’assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica”.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!






























LAC OPPIA GORI VALESINI COLPISCONO ANCORA








































































































































































































NEL PAESE BELLO DA VIVERE POTREBBE
SORGERE UNA CASA DELLA COMUNITÀ
(SE IL COMUNE NON DORME)
La Mission 6 del PNRR [https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf ] tratta del tema della sanità. Nel librone si parte da pagina 223 ma quello che interessa in questo pezzo parte a pagina 225. Leggete sulla colonna di sinistra in forma espositiva e critica quel che propone di nostro interesse.
Comincia a prendere una qualche forma definita quello che dovrà essere un netto miglioramento della medicina prossima alla popolazione che non sia fatta solo del dottore in condotta e degli esami da fare a raffica presso le fabbriche-esamifici. Uno svolazzare di  ricette e di visite alle farmacie.
Curno potrebbe ambire ad ospitare una delle “case della comunità. Il PNRR prevede un investimento per l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove. Il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2,00 miliardi di euro. Entro il primo trimestre del 2022 è prevista la definizione di uno strumento di programmazione negoziata che vedrà il Ministero della Salute, anche attraverso i suoi Enti vigilati come autorità responsabile per l’implementazione e il coinvolgimento delle amministrazioni regionali e di tutti gli altri enti interessati”.
Tutto questo subordinato a cosa deciderà la Regione Lombardia che in tema ci sente pochissimo.
In Toscana ed in Emilia Romagna esistono e funzionano benissimo  strutture del genere e quindi ci sarebbe solo da “copiare” e fare meglio, cosa che in Lombardia abbiamo qualche dubbio ne siano capaci. Le 120 “case della salute” in Emilia Romagna ad ottobre 2020 hanno creato buone condizioni: “Meno accessi in codice bianco al Pronto Soccorso e meno ricoveri ospedalieri per le patologie trattabili in ambulatorio. Più assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica. Le Case della salute fanno bene ai cittadini e al sistema sanitario regionale. Dove c’è una Casa della Salute si riducono del 16,1% gli accessi al Pronto soccorso per cause che non richiedono un intervento urgente, percentuale che sfiora il 25,7%quando il medico di medicina generale opera al loro interno. Contemporaneamente, calano (-2,4%) i ricoveri ospedalieri per le patologie che possono essere curate a livello ambulatoriale, come diabete, scompenso cardiaco, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite batterica. Anche in questo caso l’effetto è maggiore (-4,5%) se presente il medico di medicina generale. Non solo, perché nei territori serviti dalle Case della salute si è intensificata nel tempo (+9,5%) l’assistenza domiciliare al paziente, sia infermieristica che medica”.
Per noi lombardi sarebbe un sogno ma immaginiamo le resistenze  da parte di chi lucra tantissimo col sistema attuale: in buona sostanza oggi gli ospedali e medici della mutua procurano lauti affari alle industrie chimiche diagnostica e intelligenza e all’sterno (dell’ospedale) si è creata una rete  amplissima di coop-onlus che per conto degli enti locali fanno quel che sarebbe compito primario della regione e dello Stato. Facile immaginare  le resistenze a smantellare questo sistema di clientelismo e affarismo.

La creazione di una “casa della salute” oppure di una “casa della comunità” nel paese bello da vivere sembra destinata a insediarsi tra la palazzina ASL e il cimitero di fronte alla Piazza del Mercato. La giunta Gamba ciondola da qualche tempo in tale senso ed anche la “mezza” operazione sul parcheggio nell’ex campo di tamburello fa prevedere un mega ampliamento della palazzina  ex ASL. Resta sempre “divertente” sapere che la “casa della salute od ella comunità” abbia in bella vista il… CIMITERO.
La nostra opinione  parte da alcune considerazioni:
-    In paese esistono almeno 100mila metri cubi di edilizia residenziale o assimilabile ( tra centro storico, paese degli anni '50-'60-'70)  disabitate o semplicemente poco abitate che vanno deteriorandosi senza prospettive. Siccome la popolazione italiana non è destinata a crescere, che ne facciamo? Andiamo avanti con edifici IPER voluminosi come quelli che stanno sorgendo nel silenzio dell'ambientalista Conti Serra Gamba e via elencando?
-    L'edifico delle c.d. “case popolari” di via S. Jesus è ormai da rifare da cima a fondo visto che ha mezzo secolo (1975 anno di costruzione). Noi pensiamo che la riconversione di questa struttura e del vicino “oratorio laico” unitamente alla ristrutturazione di alcuni cortili in via C.Battesti e L. Gamba  bastino per le funzioni necessarie per la “casa della comunità”.
-    Ad ovest della ex palazzina dell'ASL va edificato il nuovo municipio che contenga le poste, gli studi medici, un  bar, un bancomat: insomma  una struttura “sempre aperta” per almeno 12 ore. E che si perda la cattiva usanza di recintare i vari servizi come fossero caserme.
-    L'ex scuola Rodari va convertita in scuola materna e l'uso del volume va scambiato con l'edificio della s.Giovanni Bosco

VOCE INFO
Barbara de Roit
Costanzo Ranci


Il Pnrr compie un miracolo: riporta nell’agenda politica italiana // tema della non autosufficienza. Ci sono sfide ineludibili da affrontare per costruire un sistema di livello europeo, che garantisca servizi di qualità domiciliari e residenziali.
La non autosufficienza nel Pnrr
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza annuncia una “riforma volta alla non autosufficienza [...] [che] affronti in maniera coordinata i diversi bisogni che scaturiscono dalle conseguenze dell’invecchiamento, ai fini di un approccio finalizzato ad offrire le migliori condizioni per mantenere o riguadagnare la massima autonomia possibile in un contesto il più possibile de-istituzionalizzato” (p. 45).
Il Pnrr compie dunque un miracolo: riporta nell’agenda politica italiana il tema della non autosufficienza, quasi 25 anni dopo la proposta della Commissione Onofri (1997). Dopo il pesantissimo tributo pagato dagli anziani durante la pandemia, va al governo il merito di avere riaperto il dibattito. Poiché il Pnrr non delinea ancora i tratti fondamentali della riforma, è utile richiamare le sfide ineludibili per dare all’Italia un sistema di long-term care di livello europeo.
Residenze: dobbiamo de-istituzionalizzare?
Qualsiasi sistema long-term care di un paese avanzato presenta un’articolazione complessa di servizi residenziali e domiciliari, oltre a soluzioni intermedie. Per offerta di servizi residenziali il nostro paese, si colloca agli ultimi posti (figura 1).

Il Pnrr prevede un aumento dei servizi di assistenza domiciliare, destinandovi 4 miliardi. È sicuramente un buon punto di partenza. Tuttavia, le risorse vengono interamente destinate allo sviluppo dell’Adi (assistenza domiciliare integrata): un servizio gestito dalle unità sanitarie locali, specializzato in cure infermieristiche e riabilitative per periodi limitati, che non risponde alle necessità di una cura quotidiana e continuativa. La scelta di puntare sull’Adi è contraddittoria, ma comprensibile data la posizione privilegiata di cui la sanità gode nel nostro paese.
L’assistenza domiciliare fornita dai comuni - che offre cura della persona, aiuto domestico, sostegno alla mobilità, pasti caldi, e via dicendo - non è neanche menzionata.
Brillano per la loro assenza anche le badanti, che costituiscono il reale servizio di “assistenza domiciliare” utilizzato dalle famiglie italiane. Più di una famiglia ogni tre con un anziano non autosufficiente impiega una badante. Ma solo il 40 per cento di loro ha un contratto regolare. È urgente far emergere dal nero queste lavoratrici, così come sviluppare azioni per la loro qualificazione.
Oggi prevale in Italia una cura informale-di mercato, lasciata al fai da te delle famiglie, a cui si affiancano, in modo marginale, servizi professionali. La riforma dovrebbe avere alla base un’idea coerente e sostenibile di “cura”, in equilibrio tra informale e professionale, tra prestazioni sociali e sanitarie.

TRUENUMBERS

Pnrr sulla salute, nasceranno le Case della Comunità
2 miliardi su 7 saranno destinati alla realizzazione di 1.288 Case della Comunità, ovvero strutture sparse sul territorio che fungeranno da Punto Unico di Accesso (PUA) per i cittadini che qui dovranno avere una prima valutazione del proprio problema sanitario. Vi saranno i medici di famiglia, ma anche infermieri e alcuni specialisti per esempio nell ambito delle malattie croniche e pediatriche. E proprio i pazienti cronici, sempre di più con il continuo invecchiamento della popolazione, e i minori sono il principale target di queste strutture.
L’obiettivo è alleggerire le strutture ospedaliere che negli ultimi anni hanno spesso sostituito la sanità territoriale che dovrebbe tornare centrale.
Ma l’investimento più importante in questa componente, che assorbirà 4 miliardi, è quello che riguarda l’assistenza domiciliare. Il governo vorrebbe che questa prendesse in carico il 10% della popolazione over 65. Si parla chiaramente di pazienti cronici e non autosufficienti.
In ogni distretto sanitario ci dovrà essere una Centrale Operativa Territoriale che dovrà coordinare i servizi domiciliari con con gli altri servizi sanitari. Nelle Asl poi si realizzerà un sistema informativo per rilevare in tempo reale i dati clinici. L’informatica sarà un elemento importante in tale approccio. Non a caso un miliardo su 4 sarà destinato alla telemedicina, con lo scopo di raggiungere chi abita in località più lontane e svantaggiate e assistere in modo più frequente chi non si può muovere da casa.
Oltre alle cure domiciliari e alla Case delle Comunità ad alleggerire il sistema ospedaliero dovranno contribuire secondo le intenzioni del governo anche gli Ospedali di Comunità, che si occuperanno delle cure intermedie. Si tratterà di 381 centri con 20-40 posti letto per degenze brevi, per esempio per un periodo di transito dall’ospedale principale al domicilio per chi ha subito un intervento. E in cui la gestione sarà prevalentemente infermieristica. A questo capitolo questa parte del Pnrr sulla salute riserva un 1 miliardo.


SOS SANITA’
 “Casa della Comunità e presa in carico della persona” con l’obiettivo di realizzare 1 casa ogni 24.500 abitanti (circa 2.500 Case). Sono denominate “case della comunità”, ma richiamano evidentemente “Casa della salute”. con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi-patologici.
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SANITA’ INFORMAZIONE
1 Potenziamento assistenza sanitaria e rete territoriale
1.1 Case di comunità
Implementazione di strutture assistenziali di prossimità per le comunità, collocando nello stesso spazio fisico un insieme di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie e sfruttando la contiguità spaziale dei servizi e degli operatori, consentendo anche percorsi di prevenzione, diagnosi e cura per ogni persona con un approccio basato sulle differenze di genere, in tutte le fasi e gli ambienti della vita. Il Progetto nasce pertanto per potenziare l’integrazione complessiva dei servizi assistenziali socio-sanitari per la promozione della salute e la presa in carico globale della comunità e di tutte le persone, siano esse sane o in presenza di patologie (una o più patologie) e/o cronicità. Si intende realizzare entro il 2026 1 Casa della Comunità ogni 24.500 abitanti: si punta a realizzare 2.564 nuove Case della Comunità con l’obiettivo di prendere in carico 8 milioni circa di pazienti cronici mono-patologici e 5 milioni circa di pazienti cronici multi-patologici.
Per realizzare tale integrazione, il progetto prevede la realizzazione di strutture fisicamente identificabili (“Casa della Comunità”), che si qualificano quale punto di riferimento di prossimità e punto di accoglienza e orientamento ai servizi di assistenza primaria di natura sanitaria, sociosanitaria e sociale per i cittadini, garantendo interventi interdisciplinari attraverso la contiguità spaziale dei servizi e l’integrazione delle comunità di professionisti (équipe multiprofessionali e interdisciplinari) che operano secondo programmi e percorsi integrati, tra servizi sanitari (territorio-ospedale) e tra servizi sanitari e sociali.
Promuovere e rafforzare l’assistenza domiciliare, incrementarne la diffusione e la qualità dell’offerta su tutto il territorio nazionale attraverso la riorganizzazione della gestione dei servizi di cure domiciliari integrate e lo sviluppo e implementazione locale di un modello digitale dell’ADI, che renda fruibile soluzioni e strumenti di telemedicina e connected care, fondamentali per la presa in carico al domicilio, il monitoraggio e la diagnosi a distanza dei pazienti. L’obiettivo è quello di definire a livello nazione indicazioni per l’erogazione di prestazioni in telemedicina entro il 2022 e di implementare e mettere a regime un nuovo modello di ADI entro il 2026, con 575 Centrali di coordinamento attivate, 51.750 medici e altri professionisti nonché 282.425 pazienti con kit technical package attivo.
Implementazione di presidi sanitari a degenza breve (Ospedali di comunità) che, interconnesse con il sistema dei servizi sanitari e sociali, svolgono una funzione “intermedia” tra il domicilio e il ricovero ospedaliero al fine di sgravare l’ospedale da prestazioni di bassa complessità che non necessitano di un elevato carico assistenziale e contribuire in modo sostanziale alla riduzione degli accessi impropri alle strutture di ricovero e ai pronto soccorso. Il progetto si traduce nella realizzazione di posti letto in strutture di ricovero di breve durata (15-20 giorni), secondo uno standard uniforme 150 su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è quello di realizzare e/o adeguare 1 ospedale di comunità ogni 80.000 abitanti, quindi  753 ospedali, entro il 2026.