A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1339  DEL 06APRILE 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.



INDICE 3














CHISSA' SE ANCHE SELVINO E' GOVERNASTO DA DELLE PROFESSORESSE

LO SI VEDE NEI PARCHI ESISTENTI:
SENZA SOLDI LA CICLABILE LUNGOFIUME
PORTERÀ MASSE CHE DISTRUGGERANNO
IL POCO DI BUONO E BELLO CHE É RIMASTO
Per comprendere quello che sarà il futuro dell'Isolotto e di quella parte di sponda sinistra del fiume Brembo dove insiste la pista ciclopedonale che a opera finita dovrebbe passare da Ponte san Pietro a Dalmine occorre rifare  la storia delle bonifiche che dall'Unità d'Italia  sono state fatte per regimentare e controllare il deflusso autunno vernino (da ottobre a giugno) delle acque dei fiumi che normalmente creavano grandi danni a valle della soglia di Ponte san Pietro. Nei primi cento anni dell'Unità d'Italia le nostre Alpi sono tutte orlate di centinaia di dighe che servono non solo a trattenere le acque derivate dallo scioglimento delle nevi ma servono anche per produrre energia elettrica e col rilascio delle acque dalle dighe  secondo un deflusso ordinato e (quasi) costante delle acque nella parte bassa del corso del fiume: in pianura si eliminano i danni da alluvione inferti alle campagne. Non solo: il deflusso ordinato verso valle garantiva un costante rifornimento sia dell'irrigazione delle campagne, l'impinguamento dei pozzi domestici ma anche – vedi le acque che da Ponte san Pietro  arrivano alle centrali di Bonate e Filago- consentivano l'esistenza del canapificio delle Ghiaie (che era (anche) una industria bellica in quanto produttrice delle corde per manovrare le vele delle navi) così come l'acqua del fiume consentì la creazione della prima fonderia della Dalmine.
(...)

VACCINI RIDOTTI E ALLARME TERAPIE INTENSIVE
COSÌ LA SANITÀ S’É FATTA IL PONTE DI PASQUA
L’OBIETTIVO DI UNA SANITÀ IN MANO ALLA DESTRA
È QUELLO DI FARE SALTARE DRAGHI E FIGLIUOLO
Grande soddisfazione nel mondo della sanità nazionale in gran parte in mano alla destra anche nelle c.d. regioni del centrosinistra: finalmente  la prima Pasqua in era covid19 col personale tranquillo e in parte a casa. Lo dicono i numeri dei tamponi e delle vaccinazioni effettuate.
In Lombardia lunedi 05 aprile sono stati effettuati 17.340 tamponi mentre il lunedi precedente ne avevano fatto 21.137 (molecolari 17.631, antigenici 3.506). Idem le domeniche precedenti.
Così dopo 100 giorni di campagna vaccinale in Italia ci sono quasi 3 milioni e mezzo di immunizzati totali (il 6,8% della popolazione over 16), quando invece il piano inizialmente stilato dal ministro Roberto Speranza aveva indicato come obiettivo al 31 marzo l'immunizzazione di 6 milioni e 416mila persone. All'appello mancano, primi tra tutti, circa due milioni di over 80.
In tre giorni, da sabato a lunedì pasquali, sono state somministrate 300 mila dosi in meno rispetto alla media consolidata dell'ultimo periodo (circa 470 mila invece che 770 mila in 72 ore). Non è sostenibile, è opinione diffusa nel governo, continuare a registrare sui territori risultati come quelli di quest'ultimo ponte e degli scorsi week end. Perché un conto è provare a colmare i ritardi che dividono la campagna vaccinale dal traguardo delle cinquecentomila somministrazioni al giorno. Altro è dover constatare che nella domenica di Pasqua le regioni sono scese sotto l'asticella psicologica di centomila dosi quotidiane.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!






















CONTRIBUTO DEI CURNESI AL RISANAMENTO DEL BREMBO





















DAL SITO REGIONE LOMBARDIA





























































































































































































LO SI VEDE NEI PARCHI ESISTENTI:
SENZA SOLDI LA CICLABILE LUNGOFIUME
PORTERÀ MASSE CHE DISTRUGGERANNO
IL POCO DI BUONO E BELLO CHE É RIMASTO
Per comprendere quello che sarà il futuro dell'Isolotto e di quella parte di sponda sinistra del fiume Brembo dove insiste la pista ciclopedonale che a opera finita dovrebbe passare da Ponte san Pietro a Dalmine occorre rifare  la storia delle bonifiche che dall'Unità d'Italia  sono state fatte per regimentare e controllare il deflusso autunno vernino (da ottobre a giugno) delle acque dei fiumi che normalmente creavano grandi danni a valle della soglia di Ponte san Pietro. Nei primi cento anni dell'Unità d'Italia le nostre Alpi sono tutte orlate di centinaia di dighe che servono non solo a trattenere le acque derivate dallo scioglimento delle nevi ma servono anche per produrre energia elettrica e col rilascio delle acque dalle dighe  secondo un deflusso ordinato e (quasi) costante delle acque nella parte bassa del corso del fiume: in pianura si eliminano i danni da alluvione inferti alle campagne. Non solo: il deflusso ordinato verso valle garantiva un costante rifornimento sia dell'irrigazione delle campagne, l'impinguamento dei pozzi domestici ma anche – vedi le acque che da Ponte san Pietro  arrivano alle centrali di Bonate e Filago- consentivano l'esistenza del canapificio delle Ghiaie (che era (anche) una industria bellica in quanto produttrice delle corde per manovrare le vele delle navi) così come l'acqua del fiume consentì la creazione della prima fonderia della Dalmine.
Il corso del Brembo  a valle di Ponte san Pietro è delimitato dalla quota della soglia di Ponte (la roccia su cui poggia la diga) ed a valle dalla quota del traversino tra Bonate Sotto-Dalmine incastrato nella soglia rocciosa di Dalmine. In questo traversino è infilata la condotta che porta le acque del Brembo dalla vasca di carico della centrale di Bonate Sotto allo stabilimento della Dalmine.
Storicamente la sponda destra del Brembo era irrigata dalla roggia Bordogna che derivava dal fiume all'altezza dell'attuale cantiere Vitali ed arrivava fino alla frazione Mulini di Filago. La roggia Bordogna sarà in parte sostituita-integrata quando negli anni 1920-1930 viene costruito il canale artificiale da Ponte a Filago per alimentare le due centrali di Bonate e Filago.
Dalla soglia di Ponte parte quindi la derivazione della Bordogna  sulla sponda destra del fiume e sulla sponda sinistra –dopo l'istallazione della diga  di Ponte- parte una seriola che andrà a collegarsi con la seriola che iriga le campagne della spondas sinistra da Curno a Dalmine. Lo sbarramento di presa  di quello che oggi viene denominato (abusivamente) come seriola Ceresino era una filaressa (sbarramento di tronchi infissi nel letto del fiume cui veniva poggiati del pali per regolare l'altezza delle acque del Brembo e derivarle nella seriola) posta all'altezza dello spazio verdi laterale via Lungobrembo. La coda del Ceresino arrivato a Dalmine finiva nella roggia -creata un paio di secoli prima della Roggia Serio- che da Dalmine irrigava le campagne di Osio Boltiere Pontirolo fino ad avere la coda nel Fosso Bergamasco.

Subito dopo la guerra fino agli anni '60 il letto del fiume Brembo era più basso dei terreni circostanti di pochi metri. Durante le grandi piene primaverili quella che adesso è l'area del cantiere Invernizzi-Vitali veniva inondata dalla piena del fiume. Fino agli anni '80 l'Enel non aveva messo in funzione il sistema di ripompaggio delle acque già usate nelle centrali nei bacini d'alta quota e quindi quando arrivava il disgelo primaverile doveva scaricare l'acqua già usata perché i bacini sarebbero esondati.
Queste grandi piene primaverili facevano filtrare l'acqua sotto i terreni ghiaiosi della zona e quindi fino alla metà di giugno sotto quelli che oggi vediamo ridotti a malmessi magredi, c'era una  abbondante riserva di acqua che favoriva le coltivazioni. In buona sostanza i terreni attorno a fiume per un lungo periodo di tempo- dall'autunno inoltrato fino a metà di giugno- si può dire che “galleggiassero sulle acque che dal fiume penetravano nel sottosuolo.
Per esempio l'attuale via dell'industria era più in alta del cantiere Invernizzi-Vitali di 3-5 metri ed al tempo la zona sdemanializzata venne riempita di terreno  di riporto portandola allo stesso livello della strada.
Dal dopo guerra fino agli anno '80 il fiume Brembo viene scavato da diversi frantoi e da escavazioni dentro lo steso letto nel tratto tra la soglia di Ponte e quella di Dalmine così che il fiume che – dall'IGM 1954- appare largo in certi tratti quasi un chilometro adesso è ridotto a una canale largo poche centinaia di metri.
E' diventato un fosso profondo diverse decine di metri rispetto ai terreni circostanti. Se fino agli anni '60 l'ampiezza del letto e la scarsa profondità creava sicuramente delle esondazioni ed allagamenti delle campagne, questa ampia cassa di espansione delle piene sostanzialmente annullava i danni alle sponde.
Il danno maggiore  inferto al fiume saranno le enormi rapine di ghiaie da parte dei frantoi Assolari a Ponte san Pietro, il Cavagna a Curno e  il Benzoni alla Roncola.

Osservando la foto in pagina  ci si rende conto che il fiume  a valle della soglia di Ponte san Pietro (dove era istallato  lo sbarramento: “ol borlot”) prima di tutto stava allo stesso livello della soglia mentre adesso sta 15-20 metri più in basso. Si vede anche come il fiume si divida in due parti. Una parte apparentemente più consistente devia verso la sponda destra ma c'è anche una  parte che si appoggia sulla sinistra diretta a intercettare le acque del torrente Quisa. La documentazione fotografica presente negli archivi di Ponte san Pietro mostrano una continuità del corso del Brembo a monte ed a valle della soglia, prima che ci sia l'intervento per creare il canale sulla sponda destra.
L'Isolotto era quindi una sorta di grande ciambellone tra i due bracci del fiume che si riunivano a valle. Nella parte esterna a monte prevaleva la ghiaia ed i sassi  portati fini li dalle piene del fiume mentre pa parte interna a su nel ciambelline era formata da sabbie fini. Dove s'è poi insediata una azienda agricola.

Fino agli anni '60 il sistema di regolazione dei flussi d'acqua dalle dighe in alta valle era correlato alle necessità di energia elettrica ma quando c'erano le grandi piogge autunnali e primaverili  siccome non ci sono dighe nel corso medio basso del fiume, le acque piovane raccolte nel fiume continuavano a creare danni  inondando le campagne. La situazione muterà in parte quando l'Enel istalla le pompe per cui le acque delle dighe usate per produrre energia elettrica vengono ripompate nei bacini e nel frattempo – un frattempo lungo 20-30 anni…- l'Enel impara (abbastanza) a gestire le acque dei bacini anche in base alle precipitazioni autunnali e primaverili. Negli anni '80-'90 del secolo scorso l'Enel costruisce un sistema di gestione automatica dei flussi delle acque sia dalle dighe che dagli sbarramenti intermedi correlati alle precipitazioni meteoriche nel corso medio basso del fiume.

I problemi idraulici delle terre attorno al fiume cominciano quando inizia lo sviluppo industriale di Ponte san Pietro e Dalmine – sia durante il fascismo che nella successiva repubblica- perché le sabbie-ghiaie del Brembo costituiscono un prezioso materiale da costruzione. Da saccheggiare a costo zero in quanto l'onere da versare allo Stato era irrisorio (addirittura minore della derivano delle acque per uso irriguo alle campagne).
Basta  andare nel letto del Brembo a valle della soglia di Ponte per comprendere come tutte le ghiaie provengano dall'alta e media valle del fiume.
Fino agli anni 1930 ma soprattutto fino al 1950 l'Isolotto (e le sponde destra e sinistra a valle) si può immaginare come una spugna alta  5 cm posata dentro una vasca dove c'erano stabilmente due centimetri di acqua. La spugna ovviamente si imbibiva di acqua dal 100% in basso allo zero% in superficie. Comprensibile come l'acqua evaporando passasse dal basso verso l'alto e siccome in alto c'erano le coltivazioni e i boschi, ovvio che fossero produttive e rigogliosi. Ovviamente le essenze dei boschi, potendo godere della falda acquifera molto prossima erano piante di basso valore: tipo la robinia e la betulla.

Il depredamento feroce della sabbie e delle ghiaie inflitto al corso del fiume sia negli anni del fascismo ridondante che nel primo mezzo secolo della repubblica cambia del tutto l'idraulica  dell'Isolotto e dei terreni sulle sponde del fiume.
L'Isolotto e quei terreni sulle sponde si ritrovano ad essere come una spugna alta 20-25 cm posta dentro una  vasca alta altrettanto ma contenente stabilmente non i due centimetri di prima ma solo il filo d'acqua obbligatorio previsto per legge. La flora dell'Isolotto e delle sponde cambia del tutto in quanto l'acqua di falda è troppo poca e posta a una quota troppo bassa perché risalga verso le radici delle piante.

L'Isolotto e le sponde che prima dello sviluppo edilizio indotto dal fascismo e dalla repubblica venivano regolarmente inondate 2-3-4-5 volte ogni anno dalle piene del fiume si trasformano in quelli oggi chiamati magredi. Quando le piene del fiume inondavano e coprivano l'areale dell'Isolotto e delle sponde, queste piene funzionavano anche da “seminatrici” di essenze portate a valle dalle piene stesse.

Oggi il corso del Brembo non è più quello di un fiume dotato della sue naturali casse di espansione nelle adiacenti campagne ma è diventato un canale ed a seguito delle notevoli discariche di materiali sulle sponde da un lato ne hanno ridotto la sezione trasversale ed aumentato quella verticale e dall'altro le sponde sono state tutte rialzate mediante discariche abusive e trasformate dove possibile in  coltivi di bassa redditività.
La canalizzazione del fiume ha abbassato il livello di permanenza della poca acqua presente obbligatoriamente e quindi s'è consolidata una flora del tutto differente da 50 anni or sono, assai più resistente alla siccità.
Paradossalmente una sensibilità o una necessità ambientale creata da Geo&Geo ha trasformato i magredi e le sponde del fiume in vandee frequentate da persone che distruggono le ultime emergenze ancora presenti aggiungendo la solita dose di rifiuti.

Siccome è impossibile immaginare un  intervento pubblico per modificare la sezione del fiume aumentandola almeno del 50% e nel contempo creare una serie di traversini che frenino la corsa delle acque dentro il fiume canalizzato, il destino della zona è segnato. Paradossalmente la natura stava meglio 20, 30, 50 anni or sono di adesso che è stata tutta “dipinta” come parco ed è stata inutilmente antropizzata da quella brutta bestia che sono i pedoni i runner i ciclisti i motorizzati oltre che i soliti che gettano rifiuti dappertutto.

VACCINI RIDOTTI E ALLARME TERAPIE INTENSIVE
COSÌ LA SANITÀ S’É FATTA IL PONTE DI PASQUA
L’OBIETTIVO DI UNA SANITÀ IN MANO ALLA DESTRA
È QUELLO DI FARE SALTARE DRAGHI E FIGLIUOLO
Grande soddisfazione nel mondo della sanità nazionale in gran parte in mano alla destra anche nelle c.d. regioni del centrosinistra: finalmente  la prima Pasqua in era covid19 col personale tranquillo e in parte a casa. Lo dicono i numeri dei tamponi e delle vaccinazioni effettuate.
In Lombardia lunedi 05 aprile sono stati effettuati 17.340 tamponi mentre il lunedi precedente ne avevano fatto 21.137 (molecolari 17.631, antigenici 3.506). Idem le domeniche precedenti.
Così dopo 100 giorni di campagna vaccinale in Italia ci sono quasi 3 milioni e mezzo di immunizzati totali (il 6,8% della popolazione over 16), quando invece il piano inizialmente stilato dal ministro Roberto Speranza aveva indicato come obiettivo al 31 marzo l'immunizzazione di 6 milioni e 416mila persone. All'appello mancano, primi tra tutti, circa due milioni di over 80.
In tre giorni, da sabato a lunedì pasquali, sono state somministrate 300 mila dosi in meno rispetto alla media consolidata dell'ultimo periodo (circa 470 mila invece che 770 mila in 72 ore). Non è sostenibile, è opinione diffusa nel governo, continuare a registrare sui territori risultati come quelli di quest'ultimo ponte e degli scorsi week end. Perché un conto è provare a colmare i ritardi che dividono la campagna vaccinale dal traguardo delle cinquecentomila somministrazioni al giorno. Altro è dover constatare che nella domenica di Pasqua le regioni sono scese sotto l'asticella psicologica di centomila dosi quotidiane.
Il governo fa notare come, ci siano tra i 2,3 e i 2,9 milioni di vaccini ancora da somministrare nei frigoriferi degli hub regionali. Non vengono somministrate – dicono fonti del governo – perché molte regioni continuano a viaggiare troppo lente, o meglio con piani poco chiari: non riescono a vaccinare gli over 80 a domicilio, pasticciano con i caregiver, cioè i loro accompagnatori, non sono partiti ancora con i 70enni. C'è poi un terzo motivo che, forse, è quello che preoccupa di più: la sfiducia nei confronti di Astrazeneca. Sta accadendo ovunque che vengano rifiutate le dosi di quel vaccino: a ieri, secondo gli ultimi dati disponibili, erano state somministrate il 96 per cento di fiale Pfizer e appena il 54 per cento di Astrazeneca. Un milione e 900mila dosi erano conservate nei frigoriferi, quasi l'intera scorta vaccinale (a ieri erano state somministrate poco meno dell'80 per cento delle fiale consegnate) del Paese.
Nel complesso, comunque, si tratta di 380 mila vaccini Pfizer, 2 milioni di Astrazeneca - di cui 1,3 milioni ricevuti pochi giorni fa - e di 680 mila di Moderna (anche in questo caso, 500 mila di recentissimo arrivo). A questi vaccini, va sommato il milione e mezzo di Pfizer che, se tutto andrà come previsto, dovrebbe essere ricevuto e smistato entro domani. In tutto, almeno 3,8 milioni di dosi.
Da adesso in avanti peseranno i numeri dell'immunizzazione di ottantenni e settantenni. I primi promettono che saranno completati tra il 15 e il 20 aprile (ancora 1,7 milioni su 4,4 over 80 devono ricevere la prima dose), mentre per mettere in sicurezza i secondi bisognerà attendere almeno la fine di fine maggio. Il che significa  concretamente dopo la metà di giugno.
Al 5 aprile gli over80 non ospitati nelle RSA erano stati vaccinati con una dose solo per il 58% e anche con la seconda dose si arriva al 24%. I dati migliorano in maniera insignificante anche dentro le RSA.
In Lombardia ieri 05 aprile ancora 1.358 positivi, il 7,8 per cento dei 17.340 tamponi, con 81 vittime e i ricoveri più o meno stabili: quattro in più nei reparti Covid, sei in meno nelle terapie intensive, che hanno 858 posti occupati. Più o meno come al culmine della seconda, pesante ondata di novembre, mentre nella prima, un anno fa, si arrivò a oltre 1.300 rianimazioni e oltre 13 mila pazienti nei reparti.
Situazione quindi grave ma ormai un po' più accentuata del normale, salvo il fatto che in TI muore col covid il doppio dei morti per altre patologie: 36-38% contro il 18-22%.

Come si vede sostanzialmente il servizio sanitario lombardo “ha perso” i suoi pazienti ultra80 enni e non riesce nemmeno a contattarli, ARIA o Poste che siano in azione. La faccenda è che queste persone – accadrà qualcosa del genere anche per quelli dai 70 agli 80 anni- non hanno  dimistichezza  col digitale ed hanno figli anziani altrettanto poco digitali- ragione per cui DOVEVANO essere i Comuni ad essere attivati. Perché non si sono attivati da soli i Comuni visto che sono pieni di soldi ricevuti per il covid e neanche spesi??.
Questa popolazione va cercata casa per casa, caso per caso dai Comuni che hanno le anagrafi aggiornate e per essi vanno adottati metodi congrui per l'avvio alla vaccinazione. Altrimenti non se ne esce fuori e c'è da scommettere che quella tremenda falce che è il covid li raggiunga prima del vaccino.

L'immagine che esce di questa Italia che  ha avviato la campagna di vaccinazione è quella di un paese che non gioca serrato e in squadra con la debita scaltrezza e intelligenza. Ognuno va per conto proprio e si ammira del compito svolto senza domandarsi se il suo lavoro ha una qualche rapporto con la realtà complessa che sono le persone (anziane e anzianissime). Davanti a questa situazione di generale sbando che vede un paese che va avanti a piccole spallate evidente che anche le ditte che producono i vaccini giocano al rialzo: le dosi vanno dove al momento incassano di più.
Le vaccinazioni  entrano o stanno anche nel criminale gioco delle parti politiche e i disastri organizzativi accaduti non sono attribuibili solo all'imperizia degli addetti visto che quegli addetti sono stati scelti uno per uno, testa per testa SOLO ed ESCLUSIVAMENTE  dalla politica.
Questa battaglia sulla somministrazione vieppiù tardiva dei vaccini è quindi da un lato riflesso di una lotta politica interna che vede schierata una “sanità pubblica” in massima parte con la destra nazionale e nel contempo nel contesto europeo e internazionale fa il gioco di chi vuole ritardare il più possibile la fuoriuscita dell'Italia dalla pandemia.
In un contesto del genere ovvio che un governo tutti-dentro com'è quello di Draghi è ovvio che sortisca pochi risultati. Esattamente come il Conte uno e due.