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DOPO LO SFRATTO DEL PUGLIESE ARRIVA QUELLO DEL LAZIALE
L'esaurimento dei governi Conte uno e due che viene messo in relazione
ai troppi mojito di Salvini per il primo e dal ritiro dalla maggioranza
delle truppe del casinista fiorentino per il secondo come causa
immediate poggia in realtà sul fatto che sostanzialmente questo
Parlamento non rappresenta più il paese reale perché il M5S passa dal
33% al 15%. La Lega sale dal 17% al 23%. FdI sale dal 4% al 17%. Il PD
resta pressoché stabile sul 18% mentre FI scende dal 17% al 7%.
Possiamo consolarci che mentre il valore del 2018 è quello fissato
dalle elezioni i valori indicati per il 22 febbraio sono dei sondaggi
Swg. Consoliamoci pure con l'idea che siamo in una repubblica
parlamentare e finché si trova una maggioranza non c'è bisogno di una
tornata elettorale. Consoliamoci anche con l'idea mattarelliana che non
si possono fare le elezioni in tempo di pandemia: non siamo Israeliani!.
Nel frattempo dal Conte due al Draghi uno oltre l'avvento della
pandemia la composizione del governo s'è ribaltata del tutto: siamo
passati da un governo a trazione di uomini usciti da università e
regioni del Sud ad uno composto da uomini (troppo mascolino) usciti da
università e regioni trazione del Nord dell'Italia.
I due governi Conte hanno spostato ulteriormente la maggioranza degli
Italiani a destra e questo si verifica non solo nella crescita di FdI e
Lega e dal crollo di FI ma dall'auto frattura del M5S che a seguito di
espulsioni prima e adesso e gli auto allontanamenti ormai ha perso
almeno una 60na di parlamentari (Camera).
Facile prevedere che la caduta del Conte due trascinasse nella crisi più nera i suoi due principali sostenitori: M5S e PD.
La nascita del governo Draghi Uno ha messo in crisi il M5S. I penta
stellati non hanno nemmeno una prima idea di come rimettersi in
sesto dopo la serie di batoste che stanno inanellando dopo il successo
del 04 marzo 2018. Tutta la manfrina dei fuoriusciti e di chi ha votato
contro il Draghi Uno in realtà per questo branco di incapaci serve solo
a mantenersi per cinque anni il lauto stipendio da parlamentare.
Anche ad essere generosi non se ne trova uno che abbia dimostrato una
qualche capacità di fare politica e di fare le cose e basti solo
pensare alle crisi industriali irrisolte (che nel frattempo sono
aumentate da 150 ad oltre 200) alle comiche della vicenda autostrade
per affogare definitivamente nel Mediterraneo dove siamo stati
cancellati. Dalla Turchia all'Egitto alla Libia abbiamo solo
inanellato non delle pappine ma ci hanno messi del tutto fuori:
contiamo zero.
La grancassa dei 209 miliardi che il Conte due avrebbe portato a
casa fa finta di dimenticare che all'Ue abbiamo un Sassoli e un
Gentiloni ma soprattutto facciamo finta di dimenticare che Emilia
Romagna Triveneto Lombardia e Piemonte sono sostanzialmente un'Europa
unica assieme alla Germania dell'ovest e il resto del paese è sul carro
a fare bisboccia esattamente come la ex Germania est.
Germania e Francia ci hanno graziato 209 miliardi perché sanno
che gran parte rientreranno nel giro di una economia dove loro
stesse ne saranno prime beneficiarie.
Dopo il Conte Due chi ne esce bastonato è il PD che non si schioda
dalla sua percentuale e con Draghi Uno perderà sia la segreteria
Zingaretti e dovrà fare i conti per quei tre maschi soli al governo non
facilmente compensabili con femmine sottosegretari o viceministri.
Il congresso del PD di fatto non potrà esserci, da statuto l'elezione
del nuovo segretario sarà tra due anni, ma nel Partito Democratico è
già iniziata la resa dei conti, che sarà lunga e dura. La segreteria di
Nicola Zingaretti è finita sotto esame per la gestione fallimentare
della crisi di governo innescata dalle dimissioni dei ministri di
Italia Viva, ma l'opposizione interna al governatore del Lazio
rinfaccia a 'Zinga' anche l'aut aut su Giuseppe Conte, un diktat
rapidamente scomparso sull'altare del sì al governo di “alto profilo”
messo in piedi dal presidente Sergio Mattarella e affidato a Mario
Draghi.
A intestarsi la battaglia interna contro Zingaretti c'è Stefano
Bonaccini, che come il segretario guida una Regione, l'Emilia Romagna.
Alle spalle di Bonaccini, dicono i maligni, ci sono gli (ex?) renziani
di Base Riformista, la corrente che più di tutte sta lavorando sotto
traccia per dare l'avviso di sfratto al segretario.
Il tentativo di Bonaccini di dare l'assalto alla poltrona di Zingaretti
viene vista anche come un attacco ad un Partito Democratico che negli
ultimi anni è diventato sempre più “romanocentrico”.
Bonaccini, dall'altra parte, sarebbe la “rivincita” della parte
“nordista” del Pd, anche alla luce dell'aperto sostegno nei confronti
del governatore da parte dei sindaci di Milano e Bergamo, Beppe Sala e
Giorgio Gori, ma anche quello di Firenze Dario Nardella.
Un clima di crescente tensione che si può leggere dalle dichiarazioni
rese a Repubblica nei giorni scorsi da Stefano Vaccari, responsabile
organizzazione del Pd nazionale e uomo di fiducia di Zingaretti: “Se il
problema è la leadership del Pd si abbia il coraggio dirlo, e il giorno
dopo, non appena il paese sarà in salvo, si apre il congresso”.
Per certi aspetti il partito più in crisi, in attesa del famoso
congresso del chiarimento, è proprio il Pd. Quando Bonaccini, giudicato
il rivale di Zingaretti, dice che sul tema delle riaperture
(ristoranti, attività economiche eccetera) Salvini non ha tutti i
torti, egli lancia qualcosa di più di una sfida per gli assetti
interni. Il presidente dell'Emilia-Romagna si sta inoltrando lungo una
strada semi-inesplorata nel tentativo di riprendere il contatto con la
società, con il mondo produttivo stremato da un anno di virus. In
fondo, da un punto di vista diverso, anche un osservatore ormai
distaccato come Achille Occhetto, il cui passato nessuno può ignorare,
dice che il Pd deve smettere di essere «un partito ministeriale» e anzi
è chiamato a cercare «un rapporto con la società per ricostruire la
sinistra nel paese».
Quindi come si dice, c'è materia di studio per gli umarelli della
politica. I fascisti che raddoppiano e i nonni che abbandonano il
cavaliere. La gran massa dei produttori evasori del nord che
obbliga Salvini ad occuparsi dei ristoratori piuttosto che dell'ILVA o
della Libia. Il PD che sbaracca il romano Zingaretti come ha sbaraccato
il governo “terrone” del Conte uno e due. Le donne del PD che hanno
messo la scarpa rossa di traverso alla porta chiusa impedendone il
blocco.
Intanto leggiamo che ieri alle 18.52 in Italia erano state distribuite
alle regioni poco più di 5 milioni di dosi. Per la precisione:
5.198.860. Di queste, quelle effettivamente somministrate sono poco più
di 3 milioni e mezzo. Sempre per la precisione: 3.682.425. La
differenza è la misura più efficace della (scarsa) efficienza messa fin
qui in campo. Ci sono più di un milione e mezzo di dosi rimaste in
attesa, come le persone che aspettano il vaccino per tornare a vivere
in modo quasi normale. Il numero esatto è 1.516.435. Ne abbiamo usate
meno di tre su quattro, il 70,8%.
La settimana prossima di nuovo tutto il nord zona bordo'.
(Carmine de Niro, Stefano Folli)
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LA SCUOLA COLL'IDROMASSAGGIO SNOBBATA DAI PRIMINI
Sarà un caso ma nella seduta del consiglio comunale del 09 marzo la
sindaca non ha comunicato al consiglio la decisione di effettuare
due distinte indagini conoscitive sulla scelta di una scuola secondaria
fuori Curno per i nati dal 2007 al 2010 e per i nati nell'anno 2015.
Oggi la notizia dal Bugiardino a firma del noto Remo Traina: “Curno, le
scuole elementari «snobbate» dai futuri primini . Il caso. Solo il 52%
dei bambini residenti frequenterà la prima classe in paese Dal Comune
questionario ai genitori per capirei motivi e invertire la tendenza”.
Certo è che i genitori del paese bello da vivere devono essere davvero
degli emeriti stronzi* (verso il comune e verso i propri figlioli)
per snobbare una scuola elementare dotata addirittura di vasca
per l'idromassaggio. Per non ricordare che la si può frequentare anche
con gli stivali e quindi passeggiare in compagnia di rane e sincarline
(alias ) quando vengono gli straventi (e la scuola si
allaga). Forse uno dei motivi del rifiuto sta anche nella necessità che
i ragazzini vadano a scuola montando in testa una
led-torcia a pile per illuminare il quaderno su cui scrivono
vista la luminosa luminosità delle aule.
Da quando esiste una scuola elementare nel paese bello di vivere-la
prima scuola venne regalata dal Regno d'Italia nel 1807- è la prima
volta che la popolazione scolastica potenziale si dimezza nonostante
che il Comune spenda la bellezza di 630mila euro per il Piano del
Diritto allo Studio di cui solo 73mila vanno direttamente alle scuole
come sostegno alla programmazione educativa e didattica. Negli anni più
magri e difficili del XX secolo accadeva che i bambini cominciassero
scuola salvo poi interromperla mentre adesso i loro genitori hanno
deciso di mandarli direttamente da un'altra parte.
Per adesso non si hanno notizie analoghe da altri paesi e quindi coniugare questo default con la pandemia.
La sberla alla giunta Gamba risulta ancora più violenta e sonora perché
una maggioranza composta in massima parte di insegnanti (professoressa
di scuola superiore al capogruppo, professoressa dell'università
l'assessora alla scuola, diplomata maestra la sindaca prima della
laurea, pure l'assessora alla cultura o l'addetto stampa o l'assessore
Conti potrebbero fare gli insegnanti) dopo avere esibito come medaglia
all'onore la nuova Rodari e un PdS da oltre 600mila euro si trovano
nella situazione di NON sapere come la pensano i genitori dei loro
(deglla giunta…) gioielli. Per non dire che potrebbe essere anche una
pessima votazione degli insegnanti e dell'organizzazione della scuola.
Tutto questo non viene detto alla popolazione cui vengono scippati
oltre 600mila euro senza che sia data una valutazione di un soggetto
qualificato esterno su quella spesa.
L'aspetto che stupisce di più sta “nella sorpresa” della maggioranza
nello scoprire che i primini snobbano la meravigliosa Rodari.
Che ci stia a fare una assessora che per di più lavora nel mondo della
scuola, che ci stia a fare una maggioranza che dopo tre anni NON è
stata in grado di cogliere in anticipo questo segnale di rifiuto
proprio di quello che consideravano uno dei loro fiori all'occhiello,
beh… meglio che cambiate mestiere.
E' noto lo scontro violentissimo avvenuto tra la giunta e la dirigente
della scuola in ordine alla riduzione dell'orario scolastico (deciso
anche dai genitori decidenti) per alcune classi ragion per cui il
comune ha pensato bene di creare una sorta di “scuola comunale” che
allungasse i tempi per quegli scolari cui non era garantito il tempo
pieno.
Del resto questa giunta come la maggioranza delle giunte di destra o
centro o centrosinistra NON conoscono nulla di come le donne lavorino o
meno in famiglia. La scuola a tempo pieno viene sempre motivata
principalmente con due scopi: migliore offerta formativa ai
ragazzi e possibilità per le donne di lavorare. In realtà oggi la
politica NON conosce nulla del MONDO e del MODO di lavorare delle donne
(e degli uomini padri).
Di conseguenza per le famiglie la scuola non è un progetto di vita per
i figli ma solo un costo e un intralcio da superare per i modi nuovi di
lavorare o non lavorare di entrambi o di uno dei genitori. Ovviamente
questo non è un problema solo a Curno dal momento che le donne-madri di
Curno hanno gli stessi problemi di quelle di Treviolo o Bottanuco.
Ecco perché l'inchiesta messa in piedi dall'assessora non va da nessuna
parte: anzi contribuisce a consolidare un modi di essere
cittadini-cittadine dei genitori che bisogna rimettere in discussione.
Non solo a Curno, dove forse questo “snobbare” appare per primo come
segnale di portata nazionale.
Detto questo appare evidente come l'intento della giunta Gamba di
esautorare tutto il volontariato e i movimenti locali estromettendoli
dallo sport, dalla cultura, dal tempo libero e sostituendo con appalti
a società politicamente apparentate quando non riesca a cavarne
qualche profitto elettorale, determina indirettamente anche una
disaffezione della popolazione verso un governo che appare ostile e
poco propenso al dialogo ed alla collaborazione mentre si
nasconde dietro l'ipocrisia di una “condivisione” sempre annunciata ma
concretamente mai praticata.
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