A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1319  DEL 29GENNAIO 2021

























































Di cosa parliamo in questa pagina.





















MA CERTE CRAPE LE FANNO SU CON LO STAMPINO?
Non c'é niente da fare: certe maggioranze –la giunta Gori a Bergamo e la giunta Gamba a Curno- hanno lo stesso DNA. Quello di prendere per il naso i cittadini facendo passare scelte dei capi (anzi: delle cape al femminile) come scelte democratiche trasparenti partecipate. In realtà sono decise dagli alti capi maschi e femmine che siano e poi vengono abilmente spacciate come scelte della gente alla quale –specie se in qualche modo minorenne o anche “maggiorenne minorato”- viene abilmente spacciata la merce dai lanzichenecchi dei capi o cape stessi-stesse.
Una volta nel dialetto bergamasco si diceva: i ga facc bif ol busì.
Traduzione: li hanno allattati ad hoc e quelli l'hanno bevuta.
Non succede solo a Bergamo con gli ultimi due casi con l'intitolazione del giardino  di via Mascagni  ed a seguire l'intitolazione della biblioteca di quartiere di Colognola a Regeni che è di questi giorni.
A Curno la giunta Gamba ha deciso motu proprio – non si sono spese nemmeno con una delibera di consiglio comunale come se una biblioteca fosse “cosa loro”: cioè delle madamine della maggioranza- di intitolare la biblioteca a Rita levi Montalcini e l'auditorium a Fabrizio De Andre.
In realtà nel paese  bello da vivere “pare che” la coraggiosa proposta dei nominativi per la doppia intitolazione sia  stata anche partorita dallo striminzito gruppo di lettura –sono tutte donne- che si riunisce una volta al mese per scambiarsi i rispettivi borbotti sull'ultima lettura concordata.
Per capire come certe intitolazioni siano perfettamente “filoguidate” lo si evince dal fatto che –chissà perché- a Longuelo intitolano un giardino alla Montalcini mentre lo stesso nome va bene per la biblioteca di Curno.
Un nome come uno straccio: basta tirarlo che va dove si vuole.
(...)

IL GIORNO DELLA MEMORIA A CURNO
Il paese bello da vivere non poteva mancare l'occasione per dare l'ennesima prova della propria sciatteria (culturale storica e) materiale. Ci sono pezzi di storia patria e internazionale –i campi di concentramento non sono stati solo opera dei tedeschi ma purtroppo ci sono ancora oggi- che vanno maneggiati con cura soprattutto quando se ne usano i simboli, scambiandoli per giocattoli dei bambini. Tra l'altro ci risulta che il fratello del nonno dell'assessora alla cultura subì la disgrazia di passare alcuni anni della sua vita proprio in uno di quelli. Magari non lo sa nemmeno. E così con l'allegra spensieratezza dei ragazzini dell'oratorio “abbiamo voluto fare un'operazione di memoria nella memoria”: ci sono dettagli del periodo dell'Olocausto che rischiano di cadere nell'oblio. Dei palloncini colorati, normalmente considerati un simbolo di allegria, sono stati simbolicamente imprigionati dietro un reticolato che ricorda il filo spinato dei campi di concentramento; i palloncini hanno gli stessi colori che venivano assegnati dai nazisti ai prigionieri per dividerli in categorie: oltre alla stella di Davide gialla per gli ebrei, c'erano il triangolo marrone per i rom, quello viola per i Testimoni di Geova, quello nero per gli asociali (un gruppo che comprendeva prostitute, clochard, malati mentali, alcolisti: scommettiamo che in questa categoria la Gamba metterebbe pure noi…), quello rosa per gli omosessuali, il rosso per i prigionieri politici, il blu per gli emigrati che avevano lasciato la Germania in quanto antinazisti e il verde per i delinquenti comuni”.
Ed ecco la sciatteria all'atto pratico. Delle prisme per reggere dei pali con quattro fili come il campo di concentramento. Dei portavasi di plastica per reggere i palloncini colorati montati sugli stecchi. Sul fondale un muro lercio per evidenziare l'incuria.
Il palco aveva a fianco una discarica temporanea di rifiuti proprio nella piazza principale del paese bello da vivere: non si sono nemmeno curati di portarli via in tempo.
Così dopo che i soli assessori e consiglieri di maggioranza hanno letto i testi di wikipedia sui colori e liberato il relativo palloncino l’assessora alla cultura ha letto pochissime righe  di Primo Levi. Forse per salvare il tutto.
Non c'è niente da fare: sono gli esempi usciti dalla scuola dell'obbligo e del tempo pieno affidato a degli improvvisati. Ci si meraviglia che un bibitaro diventi ministro degli esteri: eccoli qui i compagni dei bibitari. Frutti dello stesso albero cresciuto storto.


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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!
































































































































































































































MA CERTE CRAPE LE FANNO SU CON LO STAMPINO?
Non c'é niente da fare: certe maggioranze –la giunta Gori a Bergamo e la giunta Gamba a Curno- hanno lo stesso DNA. Quello di prendere per il naso i cittadini facendo passare scelte dei capi (anzi: delle cape al femminile) come scelte democratiche trasparenti partecipate. In realtà sono decise dagli alti capi maschi e femmine che siano e poi vengono abilmente spacciate come scelte della gente alla quale –specie se in qualche modo minorenne o anche “maggiorenne minorato”- viene abilmente spacciata la merce dai lanzichenecchi dei capi o cape stessi-stesse.
Una volta nel dialetto bergamasco si diceva: i ga facc bif ol busì.
Traduzione: li hanno allattati ad hoc e quelli l'hanno bevuta.
Non succede solo a Bergamo con gli ultimi due casi con l'intitolazione del giardino  di via Mascagni  ed a seguire l'intitolazione della biblioteca di quartiere di Colognola a Regeni che è di questi giorni.
A Curno la giunta Gamba ha deciso motu proprio – non si sono spese nemmeno con una delibera di consiglio comunale come se una biblioteca fosse “cosa loro”: cioè delle madamine della maggioranza- di intitolare la biblioteca a Rita levi Montalcini e l'auditorium a Fabrizio De Andre.
In realtà nel paese  bello da vivere “pare che” la coraggiosa proposta dei nominativi per la doppia intitolazione sia  stata anche partorita dallo striminzito gruppo di lettura –sono tutte donne- che si riunisce una volta al mese per scambiarsi i rispettivi borbotti sull'ultima lettura concordata.
Per capire come certe intitolazioni siano perfettamente “filoguidate” lo si evince dal fatto che –chissà perché- a Longuelo intitolano un giardino alla Montalcini mentre lo stesso nome va bene per la biblioteca di Curno.
Un nome come uno straccio: basta tirarlo che va dove si vuole.
In queste ore un articolo del Corriere/Bergamo ha messo  un po' di sgaggia alla giunta Gori perché sul bollettino parrocchiale di Colognola alcuni  collaboratori hanno lamentato che l'intitolazione della biblioteca a Regeni avrebbe carattere diviso il parroco critica il metodo dell'amministrazione. «Alcune persone del quartiere — spiega don Francesco — hanno detto che una proposta così significativa sarebbe dovuta passare attraverso la consultazione della gente. Era meglio chiedere a chi la biblioteca la vive ogni giorno da anni. Scoprire questa decisione dalla stampa locale ha lasciato perplessi».
L'iper cattolico assessore Giacomo Angeloni, spiega di aver informato, insieme all'assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, l'operatore della Rete sociale di Colognola il 28 settembre, ben prima che la delibera prendesse atto della decisione. C'è perfino da scommetterci che sia vero.
Ormai con certe giunte e certe maggioranze travestite da civiche  col PD maggiore azionista elettorale, la democrazia la partecipazione l'ascolto la trasparenza sono diventate racole inutili e perditempo: basta la decisone dei capi e se necessario basta scatenare i poropri lanzichenecchi a costruire un consenso pro domus propria.
A Bergamo come a Curno la maggioranza “brucia” nomi di valore ( l'aggettivo GRANDE per adesso non lo usiamo: aspettiamo qualche decennio per decidere definitivamente che la Montalcini i De Andre sono davvero GRANDI…) salvo poi accorgersi – il caso di Curno- che oltre alla coppia Montalcini-DeAndre abbiano affiancato Leonardo da Vinci, Margherita Hack, Pitagora e Marie Curie. Per dei bortolini melius abundare quam deficere.
Ecco: questo è il risultato della scuola a tempo pieno, dell'università a due livelli e del proliferare delle università provinciali.
L'immagine del consumismo  applicato alla cultura.

IL GIORNO DELLA MEMORIA A CURNO
Il paese bello da vivere non poteva mancare l'occasione per dare l'ennesima prova della propria sciatteria (culturale storica e) materiale. Ci sono pezzi di storia patria e internazionale –i campi di concentramento non sono stati solo opera dei tedeschi ma purtroppo ci sono ancora oggi- che vanno maneggiati con cura soprattutto quando se ne usano i simboli, scambiandoli per giocattoli dei bambini. Tra l'altro ci risulta che il fratello del nonno dell'assessora alla cultura subì la disgrazia di passare alcuni anni della sua vita proprio in uno di quelli. Magari non lo sa nemmeno. E così con l'allegra spensieratezza dei ragazzini dell'oratorio “abbiamo voluto fare un'operazione di memoria nella memoria”: ci sono dettagli del periodo dell'Olocausto che rischiano di cadere nell'oblio. Dei palloncini colorati, normalmente considerati un simbolo di allegria, sono stati simbolicamente imprigionati dietro un reticolato che ricorda il filo spinato dei campi di concentramento; i palloncini hanno gli stessi colori che venivano assegnati dai nazisti ai prigionieri per dividerli in categorie: oltre alla stella di Davide gialla per gli ebrei, c'erano il triangolo marrone per i rom, quello viola per i Testimoni di Geova, quello nero per gli asociali (un gruppo che comprendeva prostitute, clochard, malati mentali, alcolisti: scommettiamo che in questa categoria la Gamba metterebbe pure noi…), quello rosa per gli omosessuali, il rosso per i prigionieri politici, il blu per gli emigrati che avevano lasciato la Germania in quanto antinazisti e il verde per i delinquenti comuni”.
Ed ecco la sciatteria all'atto pratico. Delle prisme per reggere dei pali con quattro fili come il campo di concentramento. Dei portavasi di plastica per reggere i palloncini colorati montati sugli stecchi. Sul fondale un muro lercio per evidenziare l'incuria.
Il palco aveva a fianco una discarica temporanea di rifiuti proprio nella piazza principale del paese bello da vivere: non si sono nemmeno curati di portarli via in tempo.
Così dopo che i soli assessori e consiglieri di maggioranza hanno letto i testi di wikipedia sui colori e liberato il relativo palloncino l’assessora alla cultura ha letto pochissime righe  di Primo Levi. Forse per salvare il tutto.
Non c'è niente da fare: sono gli esempi usciti dalla scuola dell'obbligo e del tempo pieno affidato a degli improvvisati. Ci si meraviglia che un bibitaro diventi ministro degli esteri: eccoli qui i compagni dei bibitari. Frutti dello stesso albero cresciuto storto.