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C'ERO ANCH'IO!
POI SIAMO DIVENTATI ANZIANI ASSIEME
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QUELLA GRAN RAMAZZA CHE E' IL COVID
Trascorso il primo lokdown adesso c'è cascata addosso questa seconda tegola.
A noi pare che avere consentito il riempimento dei mezzi di trasporto
(80%? in certi orari siamo al solito pienone di sempre) combinato con
l'apertura delle scuole abbia rimesso in moto quel potente ventilatore
che disperde generosamente l'infezione con una celerità che hai voglia
di mettere la museruola.
Chissà se qualche ATS o Università si siano preoccupate di prelevare
dei campioni d'aria nei treni dei pendolari e nelle metropolitane
oppure nei bus degli studenti della ValSeriana per verificare quanta
infezione vi sia contenuta e quindi venga inalata da chi ci sta. Anche
indossando la museruola perché bisogna pure respirare anche con quella.
Però andando a leggere il sito epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2
si colgono alcune informazioni che la massa di specialisti che
televisioni e i giornali ci sbattono in faccia ogni giorno, ogni ora,
ogni minuto, con diritto di re-visione su raipaly non ci raccontano
mai: infettarsi e morire di covid19 è l'ultimo tratto vitale del nostro
benessere abusato.
(...)
CHIUDIAMO LE RSA PER SEMPRE!
In questi giorni di recrudescenza della pandemia non si può tacere un
dramma vissuto da molti, benché sia il più possibile occultato. Un
dramma carico di dolore e sofferenza, di fronte al quale è nostra
responsabilità reagire, per quanto possibile, in modo da contrastare il
male che colpisce persone, famiglie e convivenze. Un dramma che non
osservo dall'esterno ma nel quale mi sono trovato coinvolto in prima
persona.
Una persona a me familiare, vedova e senza figli, verso gli ottant'anni è stata colpita da demenza senile.
Fino ad allora autonoma e piena di forze, seppur in una vita solitaria
in casa, riusciva a vivere in pienezza relazioni con i vicini e i
compaesani. Siccome nessuno poteva ospitarla, le si è provveduta una
badante, ma la malattia, con manifestazioni anche violente, non
permetteva questo tipo di assistenza. Così la si è dovuta per forza
portare in una Rsa, dove però è peggiorata, sempre più estranea a
questo mondo e, pur visitata da parenti, ha deciso di rifiutare il cibo
fino a morire.
«Non si poteva far altro», abbiamo detto tutti, con l'esperienza di
aver accettato nei decenni precedenti questo cammino per molti dei
nostri vecchi. Gli anziani sono ritenute persone che stanno per uscire
dalla vita, e ad essi non solo non si riconosce più la saggezza
dell'esperienza ma vengono considerati unicamente dal punto di vista
demografico: quanto pesa la loro percentuale sulla società a livello
medico; quale impegno comporta la loro assistenza; quale costo
rappresentano per la società.
(...)
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QUELLA GRAN RAMAZZA CHE E' IL COVID
Trascorso il primo lokdown adesso c'è cascata addosso questa seconda tegola.
A noi pare che avere consentito il riempimento dei mezzi di trasporto
(80%? in certi orari siamo al solito pienone di sempre) combinato
con l'apertura delle scuole abbia rimesso in moto quel
potente ventilatore che disperde generosamente l'infezione con
una celerità che hai voglia di mettere la museruola.
Chissà se qualche ATS o Università si siano preoccupate di prelevare
dei campioni d'aria nei treni dei pendolari e nelle metropolitane
oppure nei bus degli studenti della ValSeriana per verificare quanta
infezione vi sia contenuta e quindi venga inalata da chi ci sta. Anche
indossando la museruola perché bisogna pure respirare anche con quella.
Però andando a leggere il sito epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2
si colgono alcune informazioni che la massa di specialisti
che televisioni e i giornali ci sbattono in faccia ogni giorno,
ogni ora, ogni minuto, con diritto di re-visione su raipaly non ci
raccontano mai: infettarsi e morire di covid19 è l'ultimo tratto vitale
del nostro benessere abusato.
Se si leggono in parallelo la tabella delle “Patologie preesistenti
osservate più frequentemente per sesso pazienti deceduti e positivi
all'infezione da SARS-CoV-2” e quella del “Numero di decessi per fascia
di età pazienti deceduti e positivi all'infezione da SARS-CoV-2”
ci si rende conto che (a) l'ipertensione arteriosa seguito dal (b)
diabete mellito di tipo 2, seguito dalle (c) cardiopatie ischemiche e
poi (d) dalla fibrillazione atriale queste quattro patologie
pre-esistenti sono fatali quando compaiono in quattro-tre sul paziente
anziano e lo mandano semplicemente al creatore senza alcuna possibilità
di salvargli la pelle.
Quindi sicuramente è necessario evitare che la diffusione del covid19
INNESCHI la condizione perché assieme alla gravi patologie pre
esistenti determini la fine dell'ammalato.
La faccenda è che nessuno dei dottori e dei giornalisti
spelacchiati (vedi gli inviati nelle varie città: paiono pidocchi
scappati alla lisciva…) che fanno infodemia (circolazione di una
quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con
accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato
argomento) non hanno il coraggio di dire alla gente che se hanno
svaccato fino ieri a partire da qualche decennio indietro – dieci venti
trenta quaranta cinquanta anni- si debbono rimpinzare di qualche decina
di pillole per tenere sotto controllo una due tre quattro di quelle
patologie prima scritte, non c'è ospedale e nemmeno buondio che ti
salva dal covid19.
Insomma finchè la popolazione non comprenderà che la svolta finale per
eradicare il covid19 non sarà una vaccinazione ogni anno (semmai
arriverà per il covid19: io ho qualche dubbio…) parte dal piatto che
sbafano –oh i mitici hamburger multipiano e le appetitosissime
patatine!- e dal troppo stare svaccati sul divano, non ci sarà
sconfitta per il covid19.
Il covid19 è per certi versi come il riscaldamento globale del pianeta.
Non esiste una soluzione oggi per domani ma la soluzione deve essere
applicata ogni giorno a partire – se ci riferiamo alle 4 patologie che
fanno schiattare chi s'infetta di covid19- dal primo sorso di latte
(materno).
L'unica notizia positiva nella tragedia odierna sta nel fatto che di
covid19 muoiono pochissime persone e generalmente per quelle persone la
soluzione è una liberazione. No: non siamo cinici. Prima di tutto se
avete notato nelle tabelle che danno quotidianamente su malati guariti
morti infetti e via contando NON compare mai la percentuale riferita
alla popolazione della zona. Che sono risibili rispetto alle morti GIA'
causate dalla quattro mega-patologie di cui é affetta la (quasi)
totalità dei candidati a infettarsi. Basta che trovino l'innesco e sono
fregati.
Per esempio la Lombardia ha dieci milioni di residenti (in realtà ci
sono almeno due milioni di presenti in più ogni giorno) ed ha avuto
17.235 morti per covid1: vale a dire 0,14% su dodici milioni.
Sempre per stare in Lombardia leggiamo che finora sono stati effettuati
finora 2.715.71 tamponi (non sono compresi i casi del secondo
tampone). Due virgola sette milioni di tamponi su una popolazione
presente prossima ai dodici milioni dopo sette mesi di pandemia.
Adelante Pedro con juicio: siamo sempre li.
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CHIUDIAMO LE RSA PER SEMPRE!
In questi giorni di recrudescenza della pandemia non si può tacere un
dramma vissuto da molti, benché sia il più possibile occultato. Un
dramma carico di dolore e sofferenza, di fronte al quale è nostra
responsabilità reagire, per quanto possibile, in modo da contrastare il
male che colpisce persone, famiglie e convivenze. Un dramma che non
osservo dall'esterno ma nel quale mi sono trovato coinvolto in prima
persona.
Una persona a me familiare, vedova e senza figli, verso gli ottant'anni è stata colpita da demenza senile.
Fino ad allora autonoma e piena di forze, seppur in una vita solitaria
in casa, riusciva a vivere in pienezza relazioni con i vicini e i
compaesani. Siccome nessuno poteva ospitarla, le si è provveduta una
badante, ma la malattia, con manifestazioni anche violente, non
permetteva questo tipo di assistenza. Così la si è dovuta per forza
portare in una Rsa, dove però è peggiorata, sempre più estranea a
questo mondo e, pur visitata da parenti, ha deciso di rifiutare il cibo
fino a morire.
«Non si poteva far altro», abbiamo detto tutti, con l'esperienza di
aver accettato nei decenni precedenti questo cammino per molti dei
nostri vecchi. Gli anziani sono ritenute persone che stanno per uscire
dalla vita, e ad essi non solo non si riconosce più la saggezza
dell'esperienza ma vengono considerati unicamente dal punto di vista
demografico: quanto pesa la loro percentuale sulla società a livello
medico; quale impegno comporta la loro assistenza; quale costo
rappresentano per la società.
Molti sono soli, abbandonati, senza nessuno che li cerchi o li
riconosca, invisibili e quasi senza nome, visto che nessuno più li
chiama. In quest'ora di pandemia vivono la clausura e, nonostante
quanto si è vissuto in primavera e la previsione della seconda ondata,
nulla è stato approntato affinché l'isolamento potesse essere alleviato
da possibili visite, in strutture apposite che permettano, senza il
pericolo del contagio, di incontrarsi, vedersi, sorridersi e parlarsi.
E così la solitudine imposta diventa desolazione e ben presto
disperazione. Sono queste le parole che ascolto più spesso da quegli
anziani che mi telefonano dalle Rsa per sentire una voce amica. Forse
perché ho molto ascoltato il grande teologo e visionario Ivan Illich,
mio amico, ho sempre diffidato della "istituzione della carità": non
solo perché è una carità "presbite", che demanda ad altri di stare
vicino a chi noi teniamo lontano, ma perché istituzionalizzare orfani,
malati e anziani significa ritenerli scarti, fuori dal giro della vita.
Abbiamo chiuso le case per malati mentali, abbiamo chiuso gli
orfanotrofi: cerchiamo di chiudere presto anche le Rsa! Contrastiamo la
follia che ci conduce a una vecchiaia artificiale di solitudine e di
non vita, impegnandoci a percorrere vie diverse, come in altri Paesi:
convivenze, condomini protetti, comunità, domiciliarità.
Altrimenti succederà sempre più ciò che molti vecchi mi hanno
confidato: chiedono di non venire più curati e di essere lasciati
morire al più presto. Povera umanità!
L'autore Enzo Bianchi 77 anni saggista e monaco laico ha fondato la Comunità monastica di Bose in Piemonte
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