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IL CONCUBINO!
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IL COVID19 HA FATTO CRESCERE DI 1.900 MILIARDI
I DEPOSITI BANCARI . UNA MASSA ENORME DI DENARO
CHE NON TROVA INVESTIMENTI UTILI NELLE IMPRESE ITALIANE
BANCHE E GOVERNO NON STIMOLANO L’IMPIEGO
PERCHÉ SONO SENZA PROGETTI E IDEE
Racconta il Dizionario storico della Svizzera che durante i lunghi
anni della Guerra Fredda la Confederazione promuoveva campagne
informative periodiche per spingere i cittadini ad accumulare quelle
che venivano chiamate “scorte d'emergenza”, o in modo più evocativo
“saggia previdenza”. Tutti erano invitati a preservare in casa conserve
di carne e pesce, formaggio, biscotti, zucchero e cioccolato.
Nell'Italia delle crisi finanziarie che schiaffeggiano l'economia
ormai da dodici anni, alle quali da febbraio si è aggiunta la
pandemia, le famiglie stanno reagendo con una forma tutta loro di
“previdenza”, che non è detto sia “saggia” ma risponde certamente al
timore di poter andare incontro a difficoltà: accumulano risparmi.
Alcuni dati. Tra fine 2019 e il luglio scorso, i depositi delle
famiglie sui conti correnti delle banche italiane sono aumentati di
oltre 36 miliardi di euro, raggiungendo la stratosferica cifra di 1.136
miliardi.
Mettere i soldi sul conto, una modalità che congela i risparmi e non
rende nulla, è una tendenza che prosegue ormai da anni, e che non si è
arrestata neppure quando il lockdown e la recessione hanno falcidiato
i redditi di intere categorie di lavoratori, costringendo molti a
toccare quanto avevano messo da parte. Fatto sta che nella “media del
pollo” fra chi si è impoverito e chi ha preferito risparmiare - o vi è
stato costretto - hanno prevalso i secondi, con i depositi in banca
delle famiglie che sono saliti di quasi 17 miliardi anche da marzo a
luglio.
(...)
LA VARIANTE TIRONI AL PGT-TS1
Prosegue l'idea di trasformare l'area commerciale di via Fermi-Europa
in qualcosa che ne tenti perlomeno la sopravvivenza da qui a dieci
anni. Covid ed Amazon permettendo. La sostanza di questa ideona poggia
su pochi principi. Il primo è quello di trasformare quell'autostrada
che sono via Fermi-Europa nel simbolo della zona nonostante che in
vent'anni (gli operatori e il comune) non siano riusciti a creare un
logo unico per rappresentarsi in ambito sovra comunale. Una autostrada
affiancata da marciapiedi con istallate decine di chioschi a vendere
qualcosa. Vedere Colle Aperto per capire.
La seconda idea è che un'accoz zaglia di capannoni imbellettati da
sovrastrutture in facciata dove ciascun proprietario ha esercitato il
proprio gusto possa fare finalmente il paiolo all'Oriocenter. La terza
ideona è che del polo commerciale di Curno non si comprende cosa voglia
fare da grande visto che ormai è più che maggiorenne.
Dopo il SUAP della Losma approvato pochi mesi or sono, ecco che arriva
–in un percorso procedurale che sostanzialmente s'è sovrapposto alla
procedura rapida del SUAP Losma- questa proposta di variante al PGT-TS1
vigente che modificando il piano precedente prevede una normale
lottizzazione per fabbricare quattro capannoni da 3319, 2193, 2298 e
3994 mq (totale 11.804 mq di commerciale di varia natura) su un'area di
29.134 mq comprensiva di spazi morti fino all'asse interurbano fino a
44.211 mq.
La variante proposta sostanzialmente non muta granchè l'orribilia delle
precedenti destinazioni e sarà di alto gradimento alle madamine che
governano il paese bello da vivere visto che potranno incassare una
camionata di oneri da destinare in beneficenza, elemento che fonda e
contraddistingue la loro azione. Alto gradimento anche per l'assessore
Conti, procuratore di oneri per la sindaca Gamba prima ancora che
assessore deputato a fare davvero di Curno un paese… bello da vivere.
Anzi: pare proprio che la sua azione vada ostinatamente in direzione
contraria.
Diamo per scontato che approvato un PGT o dei piani particolari (qui il
TS1) , all'atto pratico si debbano-possano fare aggiustamenti ma nel
fare un aggiornamento o un aggiustamento bisogna avere un'idea che nel
caso non esiste.
(...)
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PDF: 3,8 Mb
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IL COVID19 HA FATTO CRESCERE DI 1.900 MILIARDI
I DEPOSITI BANCARI . UNA MASSA ENORME DI DENARO
CHE NON TROVA INVESTIMENTI UTILI NELLE IMPRESE ITALIANE
BANCHE E GOVERNO NON STIMOLANO L’IMPIEGO
PERCHÉ SONO SENZA PROGETTI E IDEE
Racconta il Dizionario storico della Svizzera che durante i lunghi
anni della Guerra Fredda la Confederazione promuoveva campagne
informative periodiche per spingere i cittadini ad accumulare quelle
che venivano chiamate “scorte d'emergenza”, o in modo più evocativo
“saggia previdenza”. Tutti erano invitati a preservare in casa conserve
di carne e pesce, formaggio, biscotti, zucchero e cioccolato.
Nell'Italia delle crisi finanziarie che schiaffeggiano l'economia
ormai da dodici anni, alle quali da febbraio si è aggiunta la
pandemia, le famiglie stanno reagendo con una forma tutta loro di
“previdenza”, che non è detto sia “saggia” ma risponde certamente al
timore di poter andare incontro a difficoltà: accumulano risparmi.
Alcuni dati. Tra fine 2019 e il luglio scorso, i depositi delle
famiglie sui conti correnti delle banche italiane sono aumentati di
oltre 36 miliardi di euro, raggiungendo la stratosferica cifra di 1.136
miliardi.
Mettere i soldi sul conto, una modalità che congela i risparmi e non
rende nulla, è una tendenza che prosegue ormai da anni, e che non si è
arrestata neppure quando il lockdown e la recessione hanno falcidiato
i redditi di intere categorie di lavoratori, costringendo molti a
toccare quanto avevano messo da parte. Fatto sta che nella “media del
pollo” fra chi si è impoverito e chi ha preferito risparmiare - o vi è
stato costretto - hanno prevalso i secondi, con i depositi in banca
delle famiglie che sono saliti di quasi 17 miliardi anche da marzo a
luglio.
Elisa Coletti, responsabile della Banking Research alla Direzione studi
e ricerche di Intesa Sanpaolo, osserva che «il calo dei consumi nei
primi due trimestri di quest'anno è stato più forte della riduzione
del reddito disponibile e questo ha causato un aumento della
propensione al risparmio che in Italia è arrivata nel secondo
trimestre fino al 18,6%, secondo i dati Istat». Si tratta di un
livello molto più alto dell'intero triennio precedente, quando era
attorno all'8%, e che riflette quando avvenuto in tutta l'Eurozona
dove, aggiunge Coletti, sempre nel secondo trimestre «la propensione al
risparmio è stata del 24% ».
Marcello Messori, professore alla Luiss e uno dei massimi esperti
italiani del sistema finanziario, ritiene che i dati sull'aumento
della ricchezza finanziaria in un periodo così travagliato rendano
evidenti diversi fenomeni. Innanzitutto «la crescente divaricazione fra
quanti hanno continuato a percepire redditi medio-alti e a risparmiare
e quanti avevano già redditi bassi e hanno subito ulteriori perdite di
reddito: la ricchezza finanziaria totale, concentrata nelle mani dei
primi, non ha risentito dell'impoverimento dei secondi». Per giunta
l'incertezza, la riduzione dei consumi e la conseguente caduta della
domanda «hanno indotto il crollo degli investimenti da parte delle
imprese private, che hanno così accantonato risorse finanziarie». A
ciò si aggiunga che «l'aumentata ricchezza è stata in parte impiegata
per acquistare attività finanziarie con rendimenti non negativi - da
cui la sorprendente tenuta degli investimenti azionari - e in larga
parte in forma liquida».
Qui si apre la grande questione di come il sistema italiano non riesca
a convogliare questa ricchezza nel finanziamento dell'economia reale.
Non solo i depositi in banca ma anche gli investimenti finanziari
delle famiglie in questo 2020 così travagliato sono infatti
aumentati. I fondi comuni tra gennaio e agosto hanno raccolto in
Italia risorse nette per 8,6 miliardi, mentre nei primi otto mesi del
2019 i disinvestimenti avevano superato le sotto- scrizioni per 984
milioni (stime Assogestioni).
Va detto che gli addetti ai lavori vedono molto di buono nel
comportamento tenuto dai risparmiatori nella tempesta. Con il crollo
delle quotazioni delle Borse tra fine febbraio e inizio marzo «ci si
attendeva che l'impatto negativo sarebbe stato più prolungato, invece
dopo che in marzo la raccolta netta dei fondi era risultata negativa
c'è stata un'immediata ripresa», dice Elisa Coletti, osservando che
«mentre in passato si era registrato un impatto persistente degli
eventi negativi sulle scelte d'investimento, quest'anno non si è
verificato il cosiddetto “effetto memoria”: i risparmiatori hanno
visto che le perdite dei fondi erano contenute e hanno mantenuto la
posizione».
Resta il fatto, però, che gran parte del sistema produttivo italiano
fatica a connettersi con i flussi degli investimenti. Anche per le
banche, osserva Marcello Messori, accumulare depositi è un problema:
«Per il settore nel suo insieme i depositi diventano riserve presso la
Bce, che danno interessi negativi». La concentrazione poi di buona
parte della ricchezza in impieghi liquidi fa il resto: «La totale
eterogeneità tra gli investimenti finanziari delle famiglie e le
richieste di finanziamento delle nostre imprese ostacola l'attuazione
delle iniziative di medio-lungo periodo che sarebbero essenziali per
lo sviluppo», dice l'economista.
Così in questi mesi chi ha sostenuto lo sforzo maggiore sono state
proprio le banche, grazie anche alle garanzie pubbliche predisposte
dal governo. «Un robusto sviluppo richiederebbe, invece, che una quota
maggiore delle imprese italiane riesca ad accedere ai mercati dei
capitali e ai prestiti non bancari», dice Messori. Una svolta che per
essere compiuta richiede molto lavoro. L'economista della Luiss indica
due obiettivi che sarebbe necessario perseguire. Il primo è favorire
il finanziamento delle imprese da parte di investitori istituzionali
come i fondi pensione e le assicurazioni vita, che avrebbero bisogno
di regole «meno strette» per sottoscrivere obbligazioni o azioni
emesse da attività di media dimensione. Il secondo è di superare uno
dei principali ostacoli che allontanano le piccole imprese dai
mercati finanziari, ossia la coincidenza fra chi ha la proprietà e chi
gestisce l'impresa: «Gli strumenti per finanziare le imprese anche
piccole ormai esistono, e andrebbero al massimo potenziati o resi più
efficaci. Ora più che mai, però, è il momento di darsi da fare».
Francesca Vercesi
Luca Piana
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LA VARIANTE TIRONI AL PGT-TS1
Prosegue l'idea di trasformare l'area commerciale di via Fermi-Europa
in qualcosa che ne tenti perlomeno la sopravvivenza da qui a dieci
anni. Covid ed Amazon permettendo. La sostanza di questa ideona
poggia su pochi principi. Il primo è quello di trasformare
quell'autostrada che sono via Fermi-Europa nel simbolo della zona
nonostante che in vent'anni (gli operatori e il comune) non siano
riusciti a creare un logo unico per rappresentarsi in ambito
sovra comunale. Una autostrada affiancata da marciapiedi con istallate
decine di chioschi a vendere qualcosa. Vedere Colle Aperto per capire.
La seconda idea è che un'accoz zaglia di capannoni imbellettati da
sovrastrutture in facciata dove ciascun proprietario ha esercitato il
proprio gusto possa fare finalmente il paiolo all'Oriocenter. La terza
ideona è che del polo commerciale di Curno non si comprende cosa voglia
fare da grande visto che ormai è più che maggiorenne.
Dopo il SUAP della Losma approvato pochi mesi or sono, ecco che arriva
–in un percorso procedurale che sostanzialmente s'è sovrapposto alla
procedura rapida del SUAP Losma- questa proposta di variante al PGT-TS1
vigente che modificando il piano precedente prevede una normale
lottizzazione per fabbricare quattro capannoni da 3319,
2193, 2298 e 3994 mq (totale 11.804 mq di commerciale di varia natura)
su un'area di 29.134 mq comprensiva di spazi morti fino all'asse
interurbano fino a 44.211 mq.
La variante proposta sostanzialmente non muta granchè l'orribilia delle
precedenti destinazioni e sarà di alto gradimento alle madamine che
governano il paese bello da vivere visto che potranno incassare una
camionata di oneri da destinare in beneficenza, elemento che fonda e
contraddistingue la loro azione. Alto gradimento anche per l'assessore
Conti, procuratore di oneri per la sindaca Gamba prima ancora che
assessore deputato a fare davvero di Curno un paese… bello da vivere.
Anzi: pare proprio che la sua azione vada ostinatamente in direzione
contraria.
Diamo per scontato che approvato un PGT o dei piani particolari (qui il
TS1) , all'atto pratico si debbano-possano fare aggiustamenti ma nel
fare un aggiornamento o un aggiustamento bisogna avere un'idea che nel
caso non esiste.
Brutta era la prima soluzione, resta brutta anche adesso. Semmai vedrà
un futuro dal momento che il futuro in mani alla pandemia non è proprio
un futuro: anche se le banche piene di soldi sono disposte a
darne senza nemmeno pensare al futuro.
Già immaginiamo cosa sarà quel bosco a valle dell'insediamento che
arriverà fino all'asse interurbano: speriamo che non diventi un bosco
delle siringhe.
La questione è che tutto il TS1 non prevede una solida cucitura
coll'asse interurbano ma sostanzialmente tra il TS1 e l'AI si crea una
zona morta che come accade dappertutto sulle grandi strade
italiane, sono un deposito di monnezza varia che cambia man mano viene
raccattata quella vecchia. Senza contare che sono zone a manutenzione
zero visto che i bordi dell'AI sono delle discariche variabili.
Di bello o semplicemente di curioso è che i capannoni avranno una o due
falde. Uno di loro assomiglia maledettamente alla prima stalla
razionale (per vacche da latte a stabulazione libera) che venne
edificata nel paese bello da vivere… nel 1970. Insomma le buone
idee non crepano mai: nemmeno dopo mezzo secolo.
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