A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1269 DEL 04SETTEMBRE 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.


















PATRIMONIO
DELL'UNESCO

LA NOTIZIA DEL GIORNO
VIVENDI SI PRENDE LA FIBRA ITALIANA
La vera notizia del quattro settembre 2020 non è quella del cavaliere infetto di covid19  che dio l'abbia in gloria,  ma che la Corte di giustizia europea ha bocciato la norma della Gasparri che bloccava l'ascesa dei francesi in Mediaset
Scrivevamo il primo settembre (pagina 1267) alcuni punti fermi sulla vicenda della rete unica:
(1)per adesso hanno creato una nuova società –FiberCop- e quindi hanno moltiplicato le poltrone .
(2) il maggiore azionista privato della Telecom-TIM è la francese Vivendi col  23,94% .
(3) Vivendi possiede anche il 28,80% delle azioni Mediaset.
(4) Oggi 04 settembre la Corte UE ha riconosciuto che Vivendi può fare valere in sede di assemblea Mediaset il suo 28,80% anziché  la sola parte del 9,98% come impostole dall'AGCOM.
(5) non capisco la ragione per cui il fondo di investimento americano Kkr ha recapitato a Telecom Italia un'offerta vincolante per rilevare una quota di minoranza della sua rete secondaria (Fibercop), ovvero quella in rame e fibra che dall'armadietto in strada entra nelle case degli italiani. Magari lo si comprende fin troppo bene.
(...)

I LUCIAEGE DE BERGHEM
Come quelli che vanno ad accendere un cero alla Madonna prima di andare a donnine e tradire la moglie. Una novantina di piddini bergamaschi, magari figurine anche importanti quelli che sono stati o sono nella giunta Gori, hanno scritto una letterina contrita al segretario nazionale Zingaretti scoprendo subito le carte: “ti scriviamo affinché la prossima direzione nazionale indichi la strada della libertà di voto ai nostri iscritti in vista del prossimo referendum costituzionale.
E poi ribadendo la fedeltà al partito col dissenso su alcune mancate soluzioni: Noi, iscritti ed elettori del Partito Democratico di Bergamo, riconosciamo e sosteniamo il lavoro che hai svolto in questi mesi difficili, sia nel rilancio del partito, sia dell'azione del governo, capace di affrontare la situazione creatasi dalla pandemia e di rinnovare il ruolo delle istituzioni europee verso una maggior attenzione e una capacità di intervento nelle politiche sociali e ambientali. Altrettanto crediamo si debba nel rapporto con l'alleato incidere maggiormente e con minore subalternità su temi sentiti nella nostra comunità : immigrazione ruolo nel mediterraneo scuola e lavoro oltre le logiche necessarie in questo particolare momento di sostegno e di intervento dello Stato.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



















IL MARONI NEL TINELLO











E QUESTA SAREBBE UNA SCELTA "RAZIONALE"?

































































































































































































LA NOTIZIA DEL GIORNO
VIVENDI SI PRENDE LA FIBRA ITALIANA
La vera notizia del quattro settembre 2020 non è quella del cavaliere infetto di covid19  che dio l'abbia in gloria,  ma che la Corte di giustizia europea ha bocciato la norma della Gasparri che bloccava l'ascesa dei francesi in Mediaset
Scrivevamo il primo settembre (pagina 1267) alcuni punti fermi sulla vicenda della rete unica:
(1)per adesso hanno creato una nuova società –FiberCop- e quindi hanno moltiplicato le poltrone .
(2) il maggiore azionista privato della Telecom-TIM è la francese Vivendi col  23,94% .
(3) Vivendi possiede anche il 28,80% delle azioni Mediaset.
(4) Oggi 04 settembre la Corte UE ha riconosciuto che Vivendi può fare valere in sede di assemblea Mediaset il suo 28,80% anziché  la sola parte del 9,98% come impostole dall'AGCOM.
(5) non capisco la ragione per cui il fondo di investimento americano Kkr ha recapitato a Telecom Italia un'offerta vincolante per rilevare una quota di minoranza della sua rete secondaria (Fibercop), ovvero quella in rame e fibra che dall'armadietto in strada entra nelle case degli italiani. Magari lo si comprende fin troppo bene.
(6) magari non ha importanza ma nel 2018 Fca ha ceduto la Magneti Marelli al fondo Kkr per 6,2 miliardi di euro.
(7) da quel che si vede ci sono centinaia di aziende “locali” che interrano le proprie linee di fibra ottica salvo poi finire col cappio telecom nell'ultimo quarto di chilometro.
(8) A fine giugno 2020 il Debito finanziario lordo contabile rettificato ammontava a € 31.544 milioni. Di cui 20.505 detenuti dal parco buoi.
(9) la creazione della rete unica renderà inutile i doppioni di rete in fibra e quindi anche li ci sono debiti da scaricare.
(10) anche nella vicenda della rete in fibra le banche hanno dimostrato di non avere la minima capacità di fare il proprio mestiere con una visone di lungo periodo, badando solo al profitto trimestrale.
(11) senza contare che nel settore operano anche quelli wifi e il 5G, ragion per cui a oggi non si sa come si integreranno fibra ottica 1Gb/100Mb con l'WiFi e il 5G. Ovvio che il mercato “non butta via niente” ma è evidente che in un Paese messo non proprio bene come il nostro, forse una “accurata” locazione del risparmio non è una faccenda da scartare.
(12) la tencnologia Fiber to the home che sostituisce il rame (Ftth, ndr) la usa solo Open Fiber e non Tim. Inoltre, mentre l'ex Telecom punta alla trasformazione della vecchia infrastruttura in rame in fibra, Open Fiber parte da zero, direttamente con la fibra, dunque time-line diverse.
(13) C'è un modello che permetterebbe di assicurare la tenuta del progetto rete unica, garantendo lo sviluppo e l'avanzamento dello stesso: é il modello Terna, che ricalca un po' quello della public company. Dove cioè c'è un controllo relativo della società da parte del pubblico, ma dinnanzi a un azionariato molto frammentato e per giunta collocato in Borsa che garantisce una vigilanza da parte del mercato. Il problema è che i costi ai consumatori di terna appaiono eccessivi nella bolletta elettrica: non sarebbe il caso si riproponesse anche in AccessCo (come si chiamerà la futura linea unica).

Il problema per Fininvest, azionista di controllo di Mediaset, è presto detto: con la sua quota libera di votare integralmente e non più “sterilizzata” come si era deciso dopo la pronuncia dell'Agcom affondata ieri dai giudici comunitari, Vivendi torna un socio assai ingombrante.
Nessuna decisione strategica potrà essere presa senza il suo consenso. Questo spinge a pensare che Fininvest sarà più orientata di prima a cercare un accordo con i francesi per una separazione consensuale o una convivenza civile in Mediaset.
Difficile immaginare che Vivendi abbia il ben minimo interesse ad una separazione consensuale: ormai sente di avere in mano la rete in fibra unitaria italiana.
Vivendi è già al tavolo della Rete unica come azionista di maggioranza di Tim ed è secondo socio di Mediaset.
In ambienti di governo si affaccia ora anche il timore che Vivendi possa tentare, sull'onda della sentenza europea, una vera scalata a Mediaset. A quel punto il gruppo francese potrebbe trovarsi forte nella tv italiana e allo stesso tempo, attraverso Tim – di cui la stessa Vivendi è socio di maggioranza relativa con il 23,9% - avere in mano il 51% della Rete unica a banda ultralarga che proprio in questi giorni sta nascendo assieme a Open Fiber sotto la regia della Cassa depositi e prestiti.
L'attenzione più immediata riguarda dunque la rete unica. Nell'intesa raggiunta nei giorni scorsi è infatti esplicitamente previsto che la nuova società che gestirà la fibra sarà partecipata da Tim con almeno il 50 per cento più uno del capitale. Una presenza maggioritaria compensata da una governance sbilanciata a favore del soggetto “pubblico” Cdp in relazione alla composizione del Cda, alle nomine di amministratore delegato e presidente, e alla definizione del piano di investimenti. Ma quel 50,1 per cento, alla luce di un rinnovato assetto proprietario di Mediaset, assume agli occhi di esecutivo e maggioranza giallorossa tutto un altro aspetto. In fibrillazione ci sono in particolare il Movimento 5Stelle e una parte del Pd.
La sentenza riapre i giochi sul Biscione e potenzialmente può portare a un terremoto negli assetti delle tlc italiane. «Mediaset valuterà con interesse ogni nuova opportunita sulle tlc - tuonava ieri una nota da Cologno - a partire dalla rete unica ». Tuttavia ora spetta al Tar del Lazio, che si era rivolto alle toghe del Lussemburgo su ricorso del colosso francese contro l'Agcom, recepire il pronunciamento europeo. Il modo in cui lo farà sarà cruciale nelle varie partite in corso in Italia - non solo Mediaset, ma anche la rete unica di Tim e Cdp - e sul futuro della legge Gasparri, che dovrà essere modificata dal governo.
Probabile che la razza padrona italiana avesse avuto sentore nei giorni scorsi della sentenza visto  che i media italiani da quindici giorni in qua hanno sempre un articolo sulla futura rete unica, i lupi sentivano l'odore del sangue e stavano preparati.

L'effetto immediato della sentenza della Corte di giustizia Ue è di fatto l'abolizione del divieto di incrocio tra media e tlc, stabilito appunto dal Tusmar (Il decreto legislativo n. 177 del 31 luglio 2005 e s.m.i. recante "Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici" (TUSMAR) affida all'Autorità il compito di vigilanza sul Servizio pubblico generale radiotelevisivo).

C'è poi un altro aspetto importante nel dossier che si sta aprendo nel governo. La Golden share. Durante il lockdown, infatti, il Consiglio dei ministri aveva ampliato i confini di attivazione della cosiddetta “azione d'oro” a favore dell'esecutivo. Uno strumento a disposizione delle Istituzioni per impedire operazioni straniere ostili in settori strategici come le telecomunicazioni. In quell'occasione, la coalizione giallorossa non solo aveva esteso anche alle banche e alle assicurazioni il campo di intervento della Golden share. Ma aveva previsto l'applicabilità della norma anche nel caso in cui si trattasse di un soggetto europeo - e non solo extracomunitario come stabilito in precedenza - ad acquisire rilevanti pacchetti azionari. Norma, però, con una scadenza: 31 dicembre 2020. Ossia meno di quattro mesi.
La situazione adesso  si complica davvero sotto tutti gli aspetti e c'è purtroppo da scommettere che nel bel mezzo della complessa e inestricabile situazione politica ed economica italiana,  Vivendi muoverà sul mercato comprando Mediaset e Tim per rafforzare il proprio peso.

I LUCIAEGE DE BERGHEM
Come quelli che vanno ad accendere un cero alla Madonna prima di andare a donnine e tradire la moglie. Una novantina di piddini bergamaschi, magari figurine anche importanti quelli che sono stati o sono nella giunta Gori, hanno scritto una letterina contrita al segretario nazionale Zingaretti scoprendo subito le carte: “ti scriviamo affinché la prossima direzione nazionale indichi la strada della libertà di voto ai nostri iscritti in vista del prossimo referendum costituzionale.
E poi ribadendo la fedeltà al partito col dissenso su alcune mancate soluzioni: Noi, iscritti ed elettori del Partito Democratico di Bergamo, riconosciamo e sosteniamo il lavoro che hai svolto in questi mesi difficili, sia nel rilancio del partito, sia dell'azione del governo, capace di affrontare la situazione creatasi dalla pandemia e di rinnovare il ruolo delle istituzioni europee verso una maggior attenzione e una capacità di intervento nelle politiche sociali e ambientali. Altrettanto crediamo si debba nel rapporto con l'alleato incidere maggiormente e con minore subalternità su temi sentiti nella nostra comunità : immigrazione ruolo nel mediterraneo scuola e lavoro oltre le logiche necessarie in questo particolare momento di sostegno e di intervento dello Stato.

Segue l'annuncio serenamente minaccioso: Al tempo stesso, tanti iscritti ed elettori del Pd stanno decidendo in piena coscienza di votare No, con argomenti, sentimenti e valori che attengono all'importanza del ruolo del Parlamento, al timore della cultura dell'antipolitica di cui si fanno portatori alcuni sostenitori del Si, alla convinzione della necessità di riforme migliori e complete a partire dal superamento del bicameralismo paritario che la riduzione dei deputati renderà pressochè impossibile: i nostri gruppi parlamentari hanno votato tre volte no e una volta “si alla condizione che” (non verificatasi). Il nostro No non è figlio ne' di una logica conservativa ne' di un attacco al governo, bensì della volontà di essere rappresentati meglio e non meno, e del bisogno di un profilo più autonomo e riformista per il nostro partito dentro l'attuale maggioranza.

Ormai i buoi sono scappati dalla stalla e i mille partiti che stanno dentro il PD si esercitano soprattutto a farli scappare. Zingaretti e gli iscritti del PD sanno benissimo che ormai la partita della riforma delle legge elettorale è persa per sempre come sono perse per sempre sia  una nuova legislazione sui migranti e quella della cittadinanza. Le ultime due sono perse due volte perché la maggioranza degli elettori piddini non sono poi così contrari al manganello coi clandestini e la cittadinanza.
Lo abbiamo già scritto.
La questione è che questo governo non rappresenta il Paese non perché –si legge oggi l'ultima proiezione elettorale- la Lega sarebbe al 24,9%, seguita dal PD al 22,9%, dal 5S al 16,8% e Fdi al 14,8% ma perché è formato da personale tutto meridionale che non ha alcun sentore della parte più importante del Paese: quel nord che è stato falciato alzo zero dalla pandemia.
Lo abbiamo già scritto ma lo ripetiamo. Di seguito la galleria dei principali  soggetti che governano il Paese nell'era infausta del covid19.
Domenico Arcuri, laurea in economia e commercio, grand commis dello Stato, classe 1963, calabrese di Melito Porto Salvo, neo commissario per l'emergenza.
Angelo Borrelli, classe 1964 da Santa Cosma e Damiano  di Latina, commercialista  capo del Dipartimento della Protezione Civile.
Guido Bertolaso, classe 1950, da Roma, consulente Regione Lombardia per il covid19 e l'ospedale in Fiera di Milano.
Roberto Speranza, classe 1979, da Potenza, laureato in scienze politiche, ministro della salute.
Roberto Gualtieri, classe 1966, Roma, laurea il lettere e storia, ministro  dell'economia e finanze.
Luigi DiMaio, classe 1986, da Avellino, ministro degli Esteri.
Giuseppe Conte, classe 1964,  da Volturara Appula, Foggia , avvocato, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana dal 1º giugno 2018.
Sergio Mattarella, classe 1941, Palermo, avvocato, Presidente della Repubblica.
Alfonso Bonafede classe 1956 da Mazara del Vallo ministro della giustizia.
Luciana Lamorgese classe 1953 da Potenza ministro dell'Interno.
Federico Boccia classe 1968 da Biscegli ministro degli Affari regionali
Giuseppe Provenzano, classe 1982 da Milena (CL) ministro per il Sud e la coesione territoriale
Lorenzo Fieramonti, classe 1977 da Roma, ministro dell'istruzione università ricerca.
Teresa Bellanova, classe 1958 da Ceglie Messapica, ministro delle politiche agricole alimentari.
Non è un elenco esaustivo ma pensiamo che rappresenti il NUCLEO del potere oggi nel governo del Paese.
Il Paese in mano a esclusivamente a  gente del sud non va avanti. L'attuale maggioranza se vuole sopravvivere deve cambiare almeno tre quarti di questi uomini con personale politico che abbia orecchio occhio e cuore del nord.