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Gioele e Viviana di Caronia
C'è un confine non scritto, non detto, oltre il quale il giornalismo -
e l'opinione pubblica in generale - non dovrebbe mai andare. Si chiama:
senso del pudore.
Quel confine è stato ufficialmente superato non ieri pomeriggio ma
settimane fa, quando è cominciata una depravata caccia alla donna e al
suo bambino fatta di dettagli intimi, storie improbabili, testimonianze
vendute come verità assolute, guardoni della notizia, voyeurismo
spacciato per cronaca, morboso scrutare dal buco della serratura nelle
vite degli altri di cui nulla sappiamo ma tutto giudichiamo, la
ricomposizione quasi autoptica del corpo di un bimbo d quattro anni, la
biografia raffazzonata del dolore, la debolezza e la fragilità altrui
sbattuta in prima pagina quasi come distrazione estiva da ombrellone,
con cui riempire una cena alla sera con gli amici quando non si parla
di Covid.
Tutto già fatto, tutto già detto. Eppure non ci si abitua mai.
Ci sono momenti in cui vorresti prendere la tessera da giornalista e
gettarla via, ma poi pensi che no, non è il giornalismo il problema. Il
problema è chi di questo giornalismo si è cibato, dai plastici di Bruno
Vespa in poi, fino a renderlo alimento imprescindibile nella nostra
dieta cerebrale ed emotiva, finché i supermercati dell'informazione non
ne hanno avuto gli scaffali pieni. E allora era già tardi.
Non è questione di non dare una notizia o censurarne i particolari più scabrosi.
È una questione di stile, di rispetto, di qualità e di quantità delle
informazioni. Di forma, che mai come in questo caso è sostanza.
E la sostanza, oltre una certa soglia di impudicizia e oltraggio, ha la forma del silenzio.
Scusateci.
Lorenzo Tosa
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Il discorso di nonno Draghi
Ed a ferragosto arrivò anche nonno Mario (Draghi) a fare le sue
raccomandazioni. Non, non pro ocontro le balere aperte o i viaggi e le
spiagge intruppati. Il posto scelto é stato di quelli giusti, visti i
precedenti storici politici degli organizzatori del consesso. Formigoni
avanti tutti col bandierone e la sanità lombarda come modello per
schiattare alla svelta. Nonno Draghi ci ha ricordato che un conto è
fare debito per andare in ferie (ha dimenticato che le famiglie
italiane hanno accresciuto i propri risparmi del durante la pandemia:
la liquidità nei portafogli delle famiglie italiane è aumentata di 34,4
miliardi di euro nei tre mesi più neri dell'epidemia (febbraio-aprile)
una cifra quasi uguale al valore del Mes per l'Italia di cui oggi tanto
si discute) e pagare le bollette e le accise sulla benzina ed
altro conto è investire in sapere salute lavoro. Le tre paroline gliele
ha passate Zingaretti con un bigliettino sottobanco.
Non badiamo nemmeno al fatto che sommando l'evasione-elusione annua in
Italia al maggior risparmio in tempi di covid19 arriviamo ad un
cifra prossima ai due terzi del maggiore indebitamento del Paese per la
pandemia.
Non badiamo nemmeno al mercato dell'auto che è crollata salvo che nel segmento medio alto e altissimo: chissà perché.
Non badiamo nemmeno al fatto che IntesaSanPaolo abbia deciso e ci sia
perfino riuscita a comprare BPI: che risulterà la maggiore operazione
finanziaria privata in Italia nel 2020.
Tamponi al rientro: cazzi vostri. Anzi: di tutti.
La storia dei tamponi per verificare l'infezione da covid19 la
conosciamo tutti: può essere che sei ammalato vero oppure medio oppure
debole. Ma può anche essere che stamattina sei sano e ti infetti oggi
pomeriggio. Quindi nei primi tre casi “dovresti” ritirarti nella Grotta
dei Pagani passandovi i necessari ed obbligatori 15 giorni di
potenziale auto sanificazione dopo di che o ti ammali secondo i tre
casi predetti oppure puoi essere ancora potenzialmente infettante
ma non sei malato e quindi puoi andare in giro a infettare chi capita.
Non tutti ovviamente saranno così sfigati da subire l'infezione.
Insomma è un casino e quindi vuoi che la politica e la sanità non
faccia altrettanto?.
Per esempio. Un minimo di logica suggeriva che si contassero per una
settimana o quindici giorni prima (o di più) quanti erano partiti e per
dove (i biglietti del treno e degli aerei sono legittimamente
tracciabili per via di una legge antiterrorismo non abolita) così che
la sanità nazionale e quella lombarda in particolare che sta ancora
pavoneggiando della sua eccellenza con addosso il fetore dei quasi
36mila defunti adottassero le misure utili e necessarie per individuare
gli eventuali infetti che rientravano. Qualora necessario.
Puntualmente è accaduto che a NESSUNO, nemmeno al mitico CTS nazionale,
è venuto in mente di tracciare chi fosse uscito dall'Italia o si fosse
mosso dentro per mezzo aereo-nave-treno e quindi di predisporre
le tende per il trial di ritorno nelle stazioni e negli aeroporti
nazionali.
Tracciare vuol dire una cosa semplice: chi parte ha un biglietto di AR
e quindi sai che quando rientra dovrai fargli il prelievo. Quindi
dovrai avere pronte tot strutture in quei certi posti per affrontare
tot prelievi. Se poi ne mancano il 10% oppure sovrabbondano del 10%
MEGLIO del non trovare nessuno o mandarli a fare il prelievo a casa di
dio (nel frattempo mollano tutti…).
Figurarsi se non avendoci pensato il CTS nazionale (immaginate che
casino quando si fosse parlato di tracciamento dei partenti sia pure
col solo numero dei biglietti?) e quindi il Governo ci hanno pensato le
Regioni!?. Ma dai siamo seri! Dove sono Fontana e Gallera?.
Ed ecco che al momento del ritorno si verifica che i provenienti da
molti paesi debbono fare il tampone (sic) e… in aeroporto
stazioni porti non c'è niente di organizzato. Non c'è nemmeno traccia
di preparazione.
Proprio niente. Timidamente perfino il Corriere c'é arrivato.
Quindi oggi leggiamo (i giornali parlano della situazione di
ieri:ovvio) sul Corriere ”Trolley in mano o zaino in spalla, cinque
minuti di sottopasso a piedi e dall'aeroporto di Orio al Serio si sbuca
a Oriocenter. Stavolta, non per lo shopping. Con gli ascensori, si
raggiunge il secondo piano dove si trova la Smart Clinic del Gruppo San
Donato. Da domani pomeriggio apre anche per i tamponi ai vacanzieri in
arrivo da Spagna, Grecia, Malta e Croazia. Come negli ospedali, il test
è gratuito, a carico del servizio sanitario nazionale. «Non si faranno
all'aeroporto per questione di spazi», commenta l'assessore Giulio
Gallera La prenotazione è ritenuta preferibile (allo 02.8737510 attivo
da oggi). Dalle località di vacanza non sarà complicato portarsi avanti
con una chiamata e scaricando l'autocertificazione dal sito di Ats
Bergamo.
Fatta la debita pubblicità ad un gruppo della sanità privata nella
prima parte dell'articolo ecco la seconda parte dedicata alla sanità
pubblica: “Di voli in arrivo a Orio al Serio dai quattro Paesi sulla
lista nera ne sono previsti ancora quindici al giorno. Ma anche se
questa non è un'estate standard, dopo il Ferragosto partono e quindi
rientrano meno persone: la stima è di circa 2.000 viaggiatori
giornalieri, in piccola parte bergamaschi.
Quando la direzione di Oriocenter ha letto la notizia che un pezzo del
centro diventava l'hub dei prelievi ha dato lo sfratto alla
SmartClinic: c'era il rischio che il centro chiudesse nello spazio di
pochi minuti.
Negli ospedali si prosegue con le prenotazioni (ecc. ecc.). Dunque, la
Fiera. Ieri mattina (il 20.08), l'Ats ha organizzato un sopralluogo con
la direzione del Papa Giovanni, cui fa capo il presidio allestito nel
pieno dell'emergenza, ora utilizzato per gli ambulatori di follow-up
rivolti ai pazienti guariti dal virus. Sfruttando il parcheggio, i
tamponi saranno effettuati in auto, attraverso il finestrino. Il
servizio, gratuito, sarà a disposizione anche di chi abita fuori
regione e rientra con mezzi di trasporto alternativi all'aereo. Non è
riservato, cioè, solo a chi sbarca a Orio. Funziona su prenotazione. Al
momento del test, è necessario presentarsi con l'autocertificazione da
scaricare sul sito dell'Ats e compilare (va inviata anche via email
alla stessa Ats). La previsione è di effettuare tra i 120 e i 150
tamponi al giorno dalle 9 alle 12 e dalle 16 alle 19 (gli utenti
riceveranno indicazioni sull'orario dal call center). In questi giorni
a Orio è previsto l'arrivo di una quindicina di voli dalle quattro
nazioni per circa 2 mila passeggeri giornalieri. Hanno 48 ore di tempo
per preoccuparsi del tampone
Anche stavolta un discreto ritardo - Corriere dixit- , come del resto
vuole la tradizione nella gestione di questa maledetta epidemia da
coronavirus. Ma guarda un po', nella provincia più colpita dal
coronavirus c'è anche il terzo aeroporto d'Italia a cui pensare, chi
l'avrebbe mai detto. Così, a una settimana dall'ordinanza, non è ancora
attivo un servizio per i tamponi dedicato a chi sbarca dagli aerei. Si
inizierà domani: puntuali, come sempre.Il giorno dopo a frittata fatta.
Quasi un marchio di fabbrica. La sanità lombarda invece di
attrezzarsi per intercettare i potenziali infetti o infettanti appena
rimettono piede a terra, “sperano” che si arrangino e magari che
se la svignino nel maggior numero possibile. Dimenticatisi di
istallare il triage in aeroporto, hanno dimenticato anche
quelle nelle stazioni FFSS. Tanto…
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Il mio seggio per 600 euro? Vaffa!.
Non ci voleva molta intelligenza conoscendo la kasta: bastava aspettare
che passassero i tempi obbligati e poi il petardo sarebbe scoppiato. E'
naturalmente una (mezza) bugia quella dello scoop di Repubblica sul
terzetto di deputati che si sarebbero pappati il bonus di 600 euro. E
dei mille successivi. Sarebbe una mezza bugia perché la notizia era
scritta nella legge che distribuiva impunemente gli euro alle
partite iva con la sola mutua professionale ed è una seconda mezza
bugia scrivere che la notizia era frutto di una indagine dei
giornalisti del quotidiano. Diciamo che ai giornalisti sono arrivati,
magari da tre fonti diverse, tre estratti conto speditigli da
qualche anonimo impiegato che aveva fatto una schermata. Magari
sono arrivate tutte di tutti o quasi: non è detto.
Non staremo nemmeno raccontare “come si fa” a mettere il naso in
queste faccende e francamente quello che ci ha scandalizzato
maggiormente è stato lo stracciarsi le vesti (poche in verità: d'estate
siamo mezzo svestiti…) da parte della politica e della stampa e della
“gente” di sani principi che una cosa del genere proprio non
l'avrebbero fatta.
Nell'audizione parlamentare del presidente grillino dell'INPS questi ha
detto che “basandosi sui nostri archivi, si attinge alla presenza o
meno di altri fondi previdenziali obbligatori”, ha spiegato Tridico. E
così sono emerse alcune anomalie, tra cui quella di “40mila soggetti
che risultavano presenti e iscritti a un'altra forma di previdenza“.
“Per evitare comportamenti fraudolenti l'attenzione si è
concentrata sugli amministratori locali”, che hanno “una loro forma di
previdenza”. Poi “si è ritenuto che anche i parlamentari meritassero un
approfondimento visto che hanno una loro gestione previdenziale
interna”, riformata dopo l'abolizione dei vitalizi. A quel punto “sono
stati attinti i dati dagli open data del Viminale e di Camera e Senato
su amministratori locali e deputati e incrociati con i richiedenti i
bonus”. Il problema è che non è chiaro nemmeno all'Inps se la gestione
dei parlamentari vada considerata previdenza obbligatoria e sia quindi
causa ostativa al versamento del bonus. Tanto è vero che sulle loro
posizioni “gli approfondimenti sono in corso ancora oggi per verificare
se ci debba essere richiesta di restituzione dell'indebito“. Indebito
che per ognuno dei beneficiari ammonta in realtà a 1.200 euro, visto
che il bonus per aprile è stato riconosciuto in automatico a chi aveva
preso quello di marzo.
I parlamentari si sono accontentati della spiegazione di Tridico perché
la legge, bene o male - più male che bene comunque l'hanno approvata
loro, che sarebbe pure il loro lavoro. È vero che il livello del
drafting, cioè della tecnica di scrittura delle norme, è molto calato;
in più la fretta ci ha messo del suo. Ma ormai non c'è legge che non
presenti trappole, bachi e sfondoni. Farla troppo lunga era come darsi
la zappa sui piedi.
Conclusione della questione. Primo: non c'è una norma chiara che
stabilisca se quei denari potevano o meno essere richiesti dalla kasta.
Quindi già tutti assolti. Secondo: non ci crede nessuno che siano SOLO
quei pochi che sono venuti a galla i nomi dei fruenti a sbafo. Terzo:
c'è un legame neanche troppo oscuro tra un modo di fare politica
e giornalismo che dimostra come ormai siamo in mano a gente
inaffidabile. Il bello è che gli inaffidabili non sono quella mezza
dozzina i cui nomi sono venuti a galla ma tutti quelli che
–politici e partite IVA- che hanno riscosso il benefit senza
“diritto morale” e ciao stai bene.
Te la do io la banda larga. Sul groppone!
La vicenda della banda larga italiana è la dimostrazione del fallimento
della liberalizzazione del mercato. Un sacco di soldi investiti
in decine di reti parallele di proprietà (a debito) di decine di
imprese mentre buona parte del paese resta senza…banda.
Tutto il problema nasce dai 33-35 miliardi di debiti che ha Telecom e
che sono garantiti sostanzialmente dal valore della rete. Cioè quello
che costringerebbero le banche creditrici di Telecom a fare i conti con
il reale valore dell'infrastruttura che, sulla carta, garantisce
l'onorabilità dei debiti del gruppo di telecomunicazioni. Per esempio a
che prezzo sarebbe valutata la rete una volta quotata in Borsa
indipendentemente da Tim? A quanto ammonta la potenziale differenza di
valore rispetto alla valutazione della rete che le banche creditrici
hanno utilizzato per certificare l'affidabilità del loro debitore?.
La fibra ottica in Italia sta crescendo rapidamente nella creazione di
infrastrutture FTTH/B, ma il numero degli utenti abbonati rimane fermo
al palo. Questo è quanto emerge dal report 2020 Market Panorama di
iDate presentato dall'FTTH Council Europe.
La fotografia scattata si riferisce a settembre 2019, momento in cui
sono risultate 1,9 milioni di abitazioni in più cablate in un anno.
L'Italia si posiziona, di fatto, dietro alla Francia (3,5 milioni), ma
davanti alla Spagna (1,5 milioni). Nei 39 Paesi europei, vi sono 172
milioni di case cablate con 19 paesi che contano oltre 2 milioni di
abitazioni ultraboardband e un numero di abbonati alla fibra che
aumenta del 15%, raggiungendo quota 70,4 milioni.
Un altro dato da prendere come riferimento è quello relativo alle
sottoscrizioni. In Francia, ad esempio, vi sono stati 1.923.000 nuovi
abbonamenti FTTH/B, mentre in Spagna il dato è relativo a 1.650.820
nuovi abbonati. Anche altri Paesi hanno registrato tassi di crescita
elevati, tra cui l'Italia con un +45%. Tuttavia, quest'ultimo non
permette di posizionare il nostro Paese nella parte alta della
classifica.
La tecnologia FTTH, “Fiber To The Home”, sostituisce completamente il
doppino in rame portando la fibra ottica fino alla presa a casa. Questo
tipo di tecnologia può offrire velocità nell'ordine dei gigabit
secondo, ma con dei costi infrastrutturali importanti, che richiedono
il cablaggio orizzontale sulle strade ed il cablaggio verticale negli
edifici.
Una soluzione funzionale e sostenibile dal lato economico si chiama
FTTCab, “Fiber To The Cabinet”. Viene cablata una fibra ottica dalla
centrale fino al cabinet, ma si lascia invece l'impianto in rame
esistente che va dall'armadio al cliente. L'intervento tecnico riguarda
quindi la sostituzione della rete primaria da rame a fibra ottica,
l'inserimento di apparati lato cabinet e l'utilizzo della tecnica VDSL.
Oggi gli investimenti si duplicano dove non servono e non vengono fatti
dove servirebbero, mentre la rete unica offrirebbe importanti risparmi
e sinergie. Naturalmente nel pensare alla rete unica bisogna
considerare che la rete Tim è tra le migliori in Europa oltre che la
più estesa in Italia.
La faccenda è che se andate sul sito AGCOM vi rendete conto osservando
la mappa del cablaggio dei criteri assurdi con cui è stato eseguito:
chissà perché fittissimo nei centri storici che nei nostri paesi sono
sostanzialmente disabitati e senza uffici mentre le zone residenziali
dove abitano i consumatori potenziali più propensi a spendere ed
usare, la velocità è assai inferiore. Prendete Curno: c'è una
ragione commerciale (o altra?) per cui via Cesare Battisti sia cablata
30-100Mb così pure come L.Colombi mentre Via Repubblica-2Giugno no?.
C'è una ragione per cui tutta la Marigolda e metà Lungobrembo siano
cablate 30-100Mb (dove insiste una popolazione che per età risulta
essere la meno connessa e minore utilizzatrice) mentre via Piemonte no?
C'è una ragione per cui Mozzo è tutto ma proprio tutto cablato a
30-100Mb e invece Curno no?. Boh.
Open Fiber che doveva-deve essere la società al 50% CdP ed Enel che
andava a cablare le aree del paese con minori potenzialità di vendita
di contenuti attraverso la fibra dovrebbe sposarsi in una nuova società
con dentro TIM ed anche assieme ad altre aziende come Fastweb ed anche
decine di altre centinaia di piccole aziende posatrici di fibra e
fornitrici di accessi ma resta sempre il nodo di cosa-quanto valutare
il rame vecchio della rete TIM. Bisogna pure tener conto che OpenFiber
ha cinque miliardi di debiti con 13 banche che finora l'hanno
finanziata.
Se si fa una rete unica che fornisce in modo corretto il transito
dei dati da parte di qualsiasi operatore occorre trovare un equilibrio
tra quanto valgono le diverse reti portate in matrimonio dalle varie
imprese e la faccenda è tutt'altro che semplice visto che le banche
–sapendo che sostanzialmente la rete in rame di TIM vale finché questa
costringe la concorrenza ad usarne la parte prossima alle abitazioni e
poi varrà zero quando alle abitazioni arriva la fibra- è evidente che
ne gli azionisti TIM ne le banche vogliono perdere gran parte di quei
33-35 miliardi di debito accumulato da TIM.
Senza contare che dopo la tragedia del covid19 da un lato le banche e
le imprese in generale vedranno ribaltarsi sia la struttura del lavoro
interno che il modo stesso di lavorare verso l'esterno e siccome queste
sono belle e vere parole ma nessuno ha in mano uno straccio di figura
del futuro, ovvio che tra i 33 miliardi di debito della TIM e i
venti delle nuove aziende che si sono messe a stendere cavi, c'è
di mezzo una botta finanziaria che può abbattere il Paese.
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