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L'ITALIA CHE RIPARTE 1,2,3
L'Italia che riparte 1
Casello dell'A4 Brescia Ovest. La macchina mangiasoldi ingoia un foglio
da cinque euro e dovrebbe restituirmi 1,40 euro. Infilo la zampa nel
trogolo ma non riesco a brancare le monete. Dietro intanto s'è formata
la solita coda di cento-diciotto veicoli che strombettano e quindi
decido – visto che non si può scendere dall'auto - di abbandonare
l'euro e quaranta. Dietro di me c'è un mostruoso (autocarro) stralis
armato di una gru altrettanto impressionante con un albero di natale
di fari allo xeno che mi abbronzano pelata e coppino. Lascio il resto
come regalo a Benetton e mi avvio verso Salò per risalire le Giudicarie
lungo la SS45bis. Dopo qualche chilometro scopro che il mostruoso
stralis mi sta di nuovo alle spalle incollato al baule e mi lampeggia
violentemente col suo un albero di natale di fari allo xeno. La
faccenda va avanti per qualche chilometro e quando scorgo un
distributore entro per verificare se per caso l'auto non abbia qualche
acciacco. Il mostruoso stralis mi insegue e quando scendo dalla
macchina il suo autista mi si avvicina e allungando la mano… “ha
dimenticato il resto” mi consegna un pezzo da cinque euro e tre monete
da un euro da venti centesimi. Rimango colpito dalla cortesia
dell'autista, un uomo sulla quarantina e dal fatto che dentro il
cassetto non erano rimaste solo le mie monete ma c'era anche un foglio
da cinque euro. Propongo all'autista di berci un cappuccio coi cinque
euro trovati per caso ed entriamo nel bar del distributore.
(...)
IL PESSIMO RESTAURO DEL LAVATOIO DI PIAZZA ANGELINI
(CON UNA MINI STORIA DELLE ACQUE IN CITTA')
Il lavatoio all'angolo di via Mario Lupo e il Passaggio pedonale Lugi
Angelini che collega Piazza Vecchia attraverso il Passaggio CàLonga con
Piazza Mercato delle Scarpe venne costruito nel 1891 e quel che “c'è
dietro” non è certo un pezzo brillante nella storia della città. Città
che aveva subito una epidemia di colera nel 1867 e che si ritrovava
ancora povera di acqua potabile in tutte le sue contrade. Città Alta in
primis visto che al tempo non era stata ancora severamente risanata dal
Piano Angelini (1926-1938-1963).
L'acqua in città proveniva dalle sorgenti di Bondo Petello ad Albino
(captate a partire dal 1880 nel serbatoio posto tra la Porta S.Agostino
e il Baluardo di S. Michele), quelle di Algua che riforniscono
prevalentemente Città Alta (impianto realizzato nel 1910 e
successivamente potenziato nel 1921) le sorgenti del "Costone" a
Casnigo (1959), i pozzi trivellati di Curno (1967) ed infine le
sorgenti "Nossana" (1971) sono la fonte di approvvigionamento della
città e del suo hinterland. L'acqua di Bergamo, percorre decine di
chilometri di tubature, è raccolta in 12 serbatoi di oltre 16.000 me, è
distribuita nelle 240 fontane della città e raggiunge capillarmente i
rubinetti in tutti gli edifici.
(...)
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PDF:4,7Mb
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L'ITALIA CHE RIPARTE 1,2,3
L'Italia che riparte 1
Casello dell'A4 Brescia Ovest. La macchina mangiasoldi ingoia un foglio
da cinque euro e dovrebbe restituirmi 1,40 euro. Infilo la zampa nel
trogolo ma non riesco a brancare le monete. Dietro intanto s'è formata
la solita coda di cento-diciotto veicoli che strombettano e quindi
decido – visto che non si può scendere dall'auto - di abbandonare
l'euro e quaranta. Dietro di me c'è un mostruoso (autocarro) stralis
armato di una gru altrettanto impressionante con un albero di
natale di fari allo xeno che mi abbronzano pelata e coppino. Lascio il
resto come regalo a Benetton e mi avvio verso Salò per risalire le
Giudicarie lungo la SS45bis. Dopo qualche chilometro scopro che il
mostruoso stralis mi sta di nuovo alle spalle incollato al baule e mi
lampeggia violentemente col suo un albero di natale di fari allo xeno.
La faccenda va avanti per qualche chilometro e quando scorgo un
distributore entro per verificare se per caso l'auto non abbia qualche
acciacco. Il mostruoso stralis mi insegue e quando scendo dalla
macchina il suo autista mi si avvicina e allungando la mano… “ha
dimenticato il resto” mi consegna un pezzo da cinque euro e tre monete
da un euro da venti centesimi. Rimango colpito dalla cortesia
dell'autista, un uomo sulla quarantina e dal fatto che dentro il
cassetto non erano rimaste solo le mie monete ma c'era anche un foglio
da cinque euro. Propongo all'autista di berci un cappuccio coi cinque
euro trovati per caso ed entriamo nel bar del distributore.
L'Italia che riparte 2
Pinzolo nelle Giudicarie. Vado al bancomat delle “Banca dell'Adamello”
(niente meno…) per prelevare cento euro pensando mi consegni un
cinquanta euro, due venti e un dieci e invece mi spara un… biglietto
verde da… cento euro. Vien da ridere pensando (lo scopro a casa) a
questa banca nel 2020 e in Europa è fatta da 19 filiali, 103
collaboratori, 22.897 clienti, 8.997 soci. Chissà quante sono le
badanti.
Entro nella sede della banca ed alla cassiera –che sta blindata dentro
una cabina circolare- chiedo di cambiarmeli in biglietti di minore
importo spiegandole che il centone me l'ha rifilato il LORO
bancomat. La ragazza mi domanda il nominativo, lo digita e poi si
dirige verso un collega più anziano col centone in mano. Me lo
restituisce asserendo: non cambiamo soldi a chi non è nostro cliente.
Le mostro la ricevuta del prelievo dal loro bancomat ma lei
chiude la finestrella: non possiamo cambiare.
Esco dalla banca ed entro nel bar di fronte. Un bel locale,
perfettamente pulito ma con le tovaglie di stoffa sui tavoli, arredo
stile ikea, quattro schermi accesi e la ragazza al banco senza
mascherina. La indossa a mo' di catenina. Seccato ordino cappuccio
brioss e suggerisco si metta la mascherina. La ragazza se la sistema.
Al momento del pagare la ragazza asserisce che il bancomat è rotto ed
allora le dico che pago col (famoso) cento euro appena prelevato dalla
Banca dell'Adamello. La ragazza non fa una piega, mi restituisce 97,50
euro e mormora: è il terzo che stamattina viene con cento euro.
Risalendo le Giudicarie tutti gli alberghi sono chiusi e non c'è
un auto di turisti all'esterno. Nemmeno in strada. Attraverso
volutamente ilo centro di Cortina d'Ampezzo ed anche li alberghi
chiusi, parcheggi vuoti. Scavalco passo Carlo Magno e scendo a Dimaro
in Val di Sole e la trovo piena zeppa di gente. Risalgo verso Cogolo e
Pejo e trovo moltissimi turisti. Pieno quasi come nelle estati
d'antan. Salgo verso il Tonale e c'è un mezzo vuoto, scendo a Ponte di
Legno ed anche li c'è il vuoto. Vuoto che troverò man mano
scendo la Valcamonica.
Come nelle Giudicarie anche in Valcamonica i parcheggi delle
aziende paiono abbastanza pieni di auto. Un veloce affresco
dell'Italia che riparte. Forse.
L'Italia che riparte 3
Seguito della vicenda dell'auto che si ferma quando fa le rotonde per
la quale una concessionaria curnese s'era fatta pagare una pulizia del
serbatoio e della pompa carburante senza aprirla. La vettura finisce da
un pompista autorizzato bosch per il cambio della pompa d'iniezione.
L'uomo precisa subito che non sarà montato non un pezzo nuovo ma una
pompa revisionata sempre con garanzia di due anni. Fermo macchina di
due giorni ed auto di cortesia in prestito gratuito. A metà mattinata
del primo giorno il meccanico mi chiama e mi chiede: “la pompa della
sua macchina era già stata cambiata?”. Rispondo ovviamente di no e lui
precisa che “la pompa presente sul veicolo non é una pompa
originale ma qualcosa già rifatto e rifatto anche male”. Chiude
domandandomi dove avevo comprato la macchina, gli do il nominativo e
lui mormora: “non è la prima volta che trovo una situazione del
genere, per fortuna quella concessionaria adesso ha chiuso”. Al
momento del ritiro dell'auto il meccanico mi avvisa e consiglia: provi
a fare un giro di due trecento chilometri che così il
tutto si assesta e vediamo se c'è da regolare qualcosa. Fine della
storia. L'auto comprata nuova prima del cambio pompa percorreva
in città 100km con 7,5litri di gasolio. Adesso ne consuma sei
litri per cento chilometri.
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IL PESSIMO RESTAURO DEL LAVATOIO DI PIAZZA ANGELINI
(CON UNA MINI STORIA DELLE ACQUE IN CITTA')
Il lavatoio all'angolo di via Mario Lupo e il Passaggio pedonale Lugi
Angelini che collega Piazza Vecchia attraverso il Passaggio CàLonga con
Piazza Mercato delle Scarpe venne costruito nel 1891 e quel che “c'è
dietro” non è certo un pezzo brillante nella storia della città. Città
che aveva subito una epidemia di colera nel 1867 e che si ritrovava
ancora povera di acqua potabile in tutte le sue contrade. Città Alta in
primis visto che al tempo non era stata ancora severamente risanata dal
Piano Angelini (1926-1938-1963).
L'acqua in città proveniva dalle sorgenti di Bondo Petello ad Albino
(captate a partire dal 1880 nel serbatoio posto tra la Porta S.Agostino
e il Baluardo di S. Michele), quelle di Algua che riforniscono
prevalentemente Città Alta (impianto realizzato nel 1910 e
successivamente potenziato nel 1921) le sorgenti del "Costone" a
Casnigo (1959), i pozzi trivellati di Curno (1967) ed infine le
sorgenti "Nossana" (1971) sono la fonte di approvvigionamento della
città e del suo hinterland. L'acqua di Bergamo, percorre decine di
chilometri di tubature, è raccolta in 12 serbatoi di oltre 16.000 me, è
distribuita nelle 240 fontane della città e raggiunge capillarmente i
rubinetti in tutti gli edifici.
Per un Comune che usciva da una pandemia con risorse limitate servì
l'intervento dei francesi per risolvere il problema
dell'approvvigionamento idrico: la Compagnie géneérale des eaux si mise
a disposizione per creare l'infrastruttura necessaria a realizzare il
costoso progetto, chiedendo in cambio al Comune di Bergamo di occuparsi
della gestione della stessa e di intascarsi tutti i proventi per un
periodo non inferiore a 50 anni. Non essendoci una valida alternativa,
il Comune approvò la richiesta dei francesi, i quali nell'ottobre 1880
avviarono il cantiere dell'acquedotto.
Il 5 novembre 1881 era già pronto per essere inaugurato. Grazie ad una
serie di tubazioni sotterranee in cui i fluidi scorrono per gravità,
l'acqua prelevata da Albino raggiungeva ora il Serbatoio di
Sant'Agostino e da lì veniva distribuita alla parte bassa.
Restava però ancora da capire come pompare l'acqua del serbatoio verso
gli insediamenti di Città Alta a monte della cisterna. La questione si
risolse quando nel 1888 a Bergamo arrivò l'energia elettrica, in grado
di azionare delle moderne ed efficienti pompe. Sempre i francesi
procedettero alla costruzione del Serbatoio di Castagneta in Città
Alta, che riceveva l'acqua pompata dallo snodo di Sant'Agostino.
Per risparmiare energia elettrica, si pensò di installare a
Sant'Agostino una turbopompa che, sfruttando la pressione dell'acqua
proveniente da Albino, azionasse una turbina in grado di alimentare
elettricamente la pompa. L'energia cinetica dell'acqua si convertiva
così in energia elettrica: per l'epoca si trattava di una vera e
propria innovazione. A questa prima turbopompa se ne aggiunse una
seconda nel 1924.
Fu così possibile creare il lavatoio in questione che dopo mezzo secolo
di secca ed abbandono è stato restaurato e l'acqua è tornata a
riempire le 22 vasche in marmo di Zandobbio (come quello della facciata
della Biblioteca Angelo Mai).
Il manufatto di marmo realizzato in massima parte a macchina, oltre
all'impianto idraulico ormai distrutto, aveva subito parecchi
danni anche nella zona delle vasche specie erano stati rovinati la
maggior parte dei separatori tra un piano e l'altro.
L'assessore Marco Brembilla era tutto un orgasmo quando ha presentato
l'opera finita alla stampa ed ai cittadini e siamo andati a vederlo con
grande entusiasmo ricevendone invece una pessima impressione.
La prima impressione è che siastato restaurato da una compagnia
di alpini volontari senza alcun progetto e direzione perché
quando abbia visto le otto bretelle di acciaio inox che trattengono il
tetto al basamento del sostegno ci siamo chiesti se l'ideatore avesse
qualche infarinatura di scienza delle costruzioni. Poi ci siamo chiesti
cosa c'entri l'acciaio inox col 1891 e col 2020 quando –fossero state
davvero necessarie quelle otto bretelle- si potevano realizzare in
bronzo o –se proprio squattrinati per covid19- in ottone. Poi ci sono
due corone formate da due anelli sempre di acciaio
inox serrati tra di loro da due dozzine di viti a vista sempre
inox. Anche li: per del bronzo o ottone non c'erano soldi? Poi le
barre di marmo di Zandobbio che separano le varie 22 platee di
lavaggio sono state divelte chissà quando: trattandosi di un'opera del
1891 non si potevano rimettere lasciandole con una finitura grezza in
maniera che fossero leggibili dal visitatore? Oppure esiste un ordine
della soprintendenza in merito (dubitiamo…)?. Ma siccome se si vuole
fare un cacchiata bisogna farla bella e completa, ecco che hanno
rimesso a posto le due canne che alimentano i getti dell'acqua
nelle vasche. Le hanno messe di… acciaio inox: anche li non c'erano
soldi per un tubo di rame, ottone bronzo? Sicuramente nel 1891 Non
esisteva l'acciaio inox. Una ulteriore cacchiata è il sistema di
scarico-recupero delle acque delle vasche. Sicuro che al tempo ciascuna
vasca avesse uno scarico individuale (va bene che al tempo non erano
iper-igienisti ma una certa cura e discrezione nel non lavare la
propria merda nella merda altrui ce l'avevano di sicuro) mentre adesso
c'è un unico scarico che corre sul fondo delle vasche per raccogliere
l'acqua e riciclarla. Idea che lascia perplessi (il riciclo fato così).
Morale della favola. Dopo le varie piazze risistemate con esiti
discutibili (ad essere generosi) eco che nel lavatoio stavolta si sono
superati. Se tanto ci da tanto, immaginiamo cosa succederà alla Fontana
di Nettuno della Piazza Dante.
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