A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1256 DEL 07AGOSTO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.





















L'ITALIA CHE RIPARTE 1,2,3
L'Italia che riparte  1

Casello dell'A4 Brescia Ovest. La macchina mangiasoldi ingoia un foglio da cinque euro e dovrebbe restituirmi 1,40 euro. Infilo la zampa nel trogolo ma non riesco a brancare le monete. Dietro intanto s'è formata la solita coda di cento-diciotto veicoli che strombettano e quindi decido – visto che non si può scendere dall'auto - di abbandonare l'euro e quaranta. Dietro di me c'è un mostruoso (autocarro) stralis armato di una gru  altrettanto impressionante con un albero di natale di fari allo xeno che mi abbronzano pelata e coppino. Lascio il resto come regalo a Benetton e mi avvio verso Salò per risalire le Giudicarie lungo la SS45bis. Dopo qualche chilometro scopro che il mostruoso stralis mi sta di nuovo alle spalle incollato al baule e mi lampeggia violentemente col suo un albero di natale di fari allo xeno. La faccenda va avanti per qualche chilometro e quando scorgo un distributore entro per verificare se per caso l'auto non abbia qualche acciacco. Il mostruoso stralis mi insegue e quando scendo dalla macchina il suo autista mi si avvicina e allungando la mano… “ha dimenticato il resto” mi consegna un pezzo da cinque euro e tre monete da un euro da  venti centesimi. Rimango colpito dalla cortesia dell'autista, un uomo sulla quarantina e dal fatto che dentro il cassetto non erano rimaste solo le mie monete ma c'era anche un foglio da cinque euro. Propongo all'autista di berci un cappuccio coi cinque euro trovati per caso ed entriamo nel bar del distributore.
(...)

IL PESSIMO RESTAURO DEL LAVATOIO DI PIAZZA ANGELINI
(CON UNA MINI STORIA DELLE ACQUE IN CITTA')
Il lavatoio all'angolo di via Mario Lupo e il Passaggio pedonale Lugi Angelini che collega Piazza Vecchia attraverso il Passaggio CàLonga con Piazza Mercato delle Scarpe venne costruito nel 1891 e quel che “c'è dietro” non è certo un pezzo brillante nella storia della città. Città che aveva subito una epidemia di colera nel 1867 e che si ritrovava ancora povera di acqua potabile in tutte le sue contrade. Città Alta in primis visto che al tempo non era stata ancora severamente risanata dal Piano Angelini (1926-1938-1963).
L'acqua in città proveniva dalle sorgenti di Bondo Petello ad Albino (captate a partire dal 1880 nel serbatoio posto tra la Porta S.Agostino e il Baluardo di S. Michele), quelle di Algua che riforniscono prevalentemente Città Alta (impianto realizzato nel 1910 e successivamente potenziato nel 1921) le sorgenti del "Costone" a Casnigo (1959), i pozzi trivellati di Curno (1967) ed infine le sorgenti "Nossana" (1971) sono la fonte di approvvigionamento della città e del suo hinterland. L'acqua di Bergamo, percorre decine di chilometri di tubature, è raccolta in 12 serbatoi di oltre 16.000 me, è distribuita nelle 240 fontane della città e raggiunge capillarmente i rubinetti in tutti gli edifici.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



























IL METODO DI L'ECO
PER INFINOCCHIARE I LETTORI



L'ALBERELLO
PIU' PICCOLO DI CURNO





























































































































































































L'ITALIA CHE RIPARTE 1,2,3
L'Italia che riparte  1

Casello dell'A4 Brescia Ovest. La macchina mangiasoldi ingoia un foglio da cinque euro e dovrebbe restituirmi 1,40 euro. Infilo la zampa nel trogolo ma non riesco a brancare le monete. Dietro intanto s'è formata la solita coda di cento-diciotto veicoli che strombettano e quindi decido – visto che non si può scendere dall'auto - di abbandonare l'euro e quaranta. Dietro di me c'è un mostruoso (autocarro) stralis armato di una gru  altrettanto impressionante con un albero di natale di fari allo xeno che mi abbronzano pelata e coppino. Lascio il resto come regalo a Benetton e mi avvio verso Salò per risalire le Giudicarie lungo la SS45bis. Dopo qualche chilometro scopro che il mostruoso stralis mi sta di nuovo alle spalle incollato al baule e mi lampeggia violentemente col suo un albero di natale di fari allo xeno. La faccenda va avanti per qualche chilometro e quando scorgo un distributore entro per verificare se per caso l'auto non abbia qualche acciacco. Il mostruoso stralis mi insegue e quando scendo dalla macchina il suo autista mi si avvicina e allungando la mano… “ha dimenticato il resto” mi consegna un pezzo da cinque euro e tre monete da un euro da  venti centesimi. Rimango colpito dalla cortesia dell'autista, un uomo sulla quarantina e dal fatto che dentro il cassetto non erano rimaste solo le mie monete ma c'era anche un foglio da cinque euro. Propongo all'autista di berci un cappuccio coi cinque euro trovati per caso ed entriamo nel bar del distributore.

L'Italia che riparte  2

Pinzolo nelle Giudicarie. Vado al bancomat delle “Banca dell'Adamello” (niente meno…) per prelevare cento euro pensando mi  consegni un cinquanta euro, due venti e un dieci e invece mi spara un… biglietto verde da… cento euro. Vien da ridere pensando (lo scopro a casa) a questa banca nel 2020 e in Europa è fatta da 19 filiali, 103 collaboratori, 22.897 clienti, 8.997 soci. Chissà quante sono le badanti.
Entro nella sede della banca ed alla cassiera –che sta blindata dentro una cabina circolare- chiedo di cambiarmeli in biglietti di minore importo spiegandole che  il centone me l'ha rifilato il LORO bancomat. La ragazza mi domanda il nominativo, lo digita e poi si dirige verso un collega più anziano col centone in mano. Me lo restituisce asserendo: non cambiamo soldi a chi non è nostro cliente. Le mostro la ricevuta del prelievo dal loro bancomat ma lei chiude  la finestrella: non possiamo cambiare.
Esco dalla banca ed entro nel bar di fronte. Un bel locale, perfettamente pulito ma con le tovaglie di stoffa sui tavoli, arredo stile ikea, quattro schermi accesi e la  ragazza al banco senza mascherina. La indossa a mo' di catenina. Seccato ordino cappuccio brioss e suggerisco si metta la mascherina. La ragazza se la sistema. Al momento del pagare la ragazza asserisce che il bancomat è rotto ed allora le dico che pago col (famoso) cento euro appena prelevato dalla Banca dell'Adamello. La ragazza non fa una piega, mi restituisce 97,50 euro  e mormora: è il terzo che stamattina viene con cento euro.

Risalendo le Giudicarie  tutti gli alberghi sono chiusi e non c'è un auto di turisti all'esterno. Nemmeno in strada. Attraverso volutamente ilo centro di Cortina d'Ampezzo ed anche li alberghi chiusi, parcheggi vuoti. Scavalco passo Carlo Magno e scendo a Dimaro in Val di Sole e la trovo piena zeppa di gente. Risalgo verso Cogolo e Pejo e  trovo moltissimi turisti. Pieno quasi come nelle estati d'antan. Salgo verso il Tonale e c'è un mezzo vuoto, scendo a Ponte di Legno ed anche li c'è il vuoto. Vuoto che troverò   man mano scendo la Valcamonica.

Come nelle Giudicarie anche in Valcamonica  i parcheggi delle aziende paiono abbastanza pieni di auto.  Un veloce affresco dell'Italia che riparte. Forse.

L'Italia che riparte  3

Seguito della vicenda dell'auto che si ferma quando fa le rotonde per la quale una concessionaria curnese s'era fatta pagare una pulizia del serbatoio e della pompa carburante senza aprirla. La vettura finisce da un pompista autorizzato bosch per il cambio della pompa d'iniezione. L'uomo precisa subito che non sarà montato non un pezzo nuovo ma una pompa revisionata sempre con garanzia di due anni. Fermo macchina di due giorni ed auto di cortesia in prestito gratuito. A metà mattinata del primo giorno il meccanico mi chiama e mi chiede: “la pompa della sua macchina era già stata cambiata?”. Rispondo ovviamente di no e lui precisa che “la pompa presente sul  veicolo non é una pompa originale ma qualcosa già rifatto e rifatto anche male”. Chiude domandandomi dove avevo comprato la macchina, gli do il nominativo e lui mormora: “non è  la prima volta che trovo una situazione del genere, per fortuna quella concessionaria adesso ha chiuso”.  Al momento del ritiro dell'auto il meccanico mi avvisa e consiglia: provi a fare un giro di due trecento chilometri che   così  il tutto si assesta e vediamo se c'è da regolare qualcosa. Fine della storia. L'auto comprata nuova prima del cambio pompa  percorreva in città 100km con 7,5litri di gasolio. Adesso ne consuma  sei litri per cento chilometri.

IL PESSIMO RESTAURO DEL LAVATOIO DI PIAZZA ANGELINI
(CON UNA MINI STORIA DELLE ACQUE IN CITTA')
Il lavatoio all'angolo di via Mario Lupo e il Passaggio pedonale Lugi Angelini che collega Piazza Vecchia attraverso il Passaggio CàLonga con Piazza Mercato delle Scarpe venne costruito nel 1891 e quel che “c'è dietro” non è certo un pezzo brillante nella storia della città. Città che aveva subito una epidemia di colera nel 1867 e che si ritrovava ancora povera di acqua potabile in tutte le sue contrade. Città Alta in primis visto che al tempo non era stata ancora severamente risanata dal Piano Angelini (1926-1938-1963).
L'acqua in città proveniva dalle sorgenti di Bondo Petello ad Albino (captate a partire dal 1880 nel serbatoio posto tra la Porta S.Agostino e il Baluardo di S. Michele), quelle di Algua che riforniscono prevalentemente Città Alta (impianto realizzato nel 1910 e successivamente potenziato nel 1921) le sorgenti del "Costone" a Casnigo (1959), i pozzi trivellati di Curno (1967) ed infine le sorgenti "Nossana" (1971) sono la fonte di approvvigionamento della città e del suo hinterland. L'acqua di Bergamo, percorre decine di chilometri di tubature, è raccolta in 12 serbatoi di oltre 16.000 me, è distribuita nelle 240 fontane della città e raggiunge capillarmente i rubinetti in tutti gli edifici.
Per un Comune che usciva da una pandemia con risorse limitate servì l'intervento dei francesi per risolvere il problema dell'approvvigionamento idrico: la Compagnie géneérale des eaux si mise a disposizione per creare l'infrastruttura necessaria a realizzare il costoso progetto, chiedendo in cambio al Comune di Bergamo di occuparsi della gestione della stessa e di intascarsi tutti i proventi per un periodo non inferiore a 50 anni. Non essendoci una valida alternativa, il Comune approvò la richiesta dei francesi, i quali nell'ottobre 1880 avviarono il cantiere dell'acquedotto.
Il 5 novembre 1881 era già pronto per essere inaugurato. Grazie ad una serie di tubazioni sotterranee in cui i fluidi scorrono per gravità, l'acqua prelevata da Albino raggiungeva ora il Serbatoio di Sant'Agostino e da lì veniva distribuita alla parte bassa.
Restava però ancora da capire come pompare l'acqua del serbatoio verso gli insediamenti di Città Alta a monte della cisterna. La questione si risolse quando nel 1888 a Bergamo arrivò l'energia elettrica, in grado di azionare delle moderne ed efficienti pompe. Sempre i francesi procedettero alla costruzione del Serbatoio di Castagneta in Città Alta, che riceveva l'acqua pompata dallo snodo di Sant'Agostino.
Per risparmiare energia elettrica, si pensò di installare a Sant'Agostino una turbopompa che, sfruttando la pressione dell'acqua proveniente da Albino, azionasse una turbina in grado di alimentare elettricamente la pompa. L'energia cinetica dell'acqua si convertiva così in energia elettrica: per l'epoca si trattava di una vera e propria innovazione. A questa prima turbopompa se ne aggiunse una seconda nel 1924.
Fu così possibile creare il lavatoio in questione che dopo mezzo secolo di secca ed abbandono è stato restaurato e l'acqua  è tornata a riempire le 22 vasche in marmo di Zandobbio (come quello della facciata della Biblioteca Angelo Mai).
Il manufatto di marmo realizzato in massima parte a macchina, oltre all'impianto idraulico ormai distrutto, aveva subito  parecchi danni anche nella zona delle vasche specie erano stati rovinati la maggior parte dei separatori tra un  piano e l'altro.
L'assessore Marco Brembilla era tutto un orgasmo quando ha presentato l'opera finita alla stampa ed ai cittadini e siamo andati a vederlo con grande entusiasmo ricevendone invece una pessima impressione.
La prima impressione è che siastato restaurato da una compagnia di  alpini volontari senza alcun progetto e direzione perché quando abbia visto le otto bretelle di acciaio inox che trattengono il tetto al basamento del sostegno ci siamo chiesti se l'ideatore avesse qualche infarinatura di scienza delle costruzioni. Poi ci siamo chiesti cosa c'entri l'acciaio inox col 1891 e col 2020 quando –fossero state davvero necessarie quelle otto bretelle- si potevano realizzare in bronzo o –se proprio squattrinati per covid19- in ottone. Poi ci sono due corone   formate da due anelli sempre di acciaio inox  serrati tra di loro da due dozzine di viti a vista sempre inox. Anche li: per del bronzo o ottone non c'erano soldi? Poi le barre  di marmo di Zandobbio che separano le varie 22 platee di lavaggio sono state divelte chissà quando: trattandosi di un'opera del 1891 non si potevano rimettere lasciandole con una finitura grezza in maniera che fossero leggibili dal visitatore? Oppure esiste un ordine della soprintendenza in merito (dubitiamo…)?. Ma siccome se si vuole fare un cacchiata bisogna farla bella e completa, ecco che hanno rimesso a posto le due canne che alimentano i getti  dell'acqua nelle vasche. Le hanno messe di… acciaio inox: anche li non c'erano soldi per un tubo di rame, ottone bronzo? Sicuramente nel 1891 Non esisteva l'acciaio inox. Una ulteriore cacchiata è il sistema di scarico-recupero delle acque delle vasche. Sicuro che al tempo ciascuna vasca avesse uno scarico individuale (va bene che al tempo non erano iper-igienisti  ma una certa cura e discrezione nel non lavare la propria merda nella merda altrui ce l'avevano di sicuro) mentre adesso c'è un unico scarico che corre sul fondo delle vasche per raccogliere l'acqua e riciclarla. Idea che lascia perplessi (il riciclo fato così).
Morale della favola. Dopo le varie piazze risistemate con esiti discutibili (ad essere generosi) eco che nel lavatoio stavolta si sono superati. Se tanto ci da tanto, immaginiamo cosa succederà alla Fontana di Nettuno della Piazza Dante.