A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1245 DELLO 01 LUGLIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.




















L'AVEVANO NOTATO TUTTI
NESSUNO L'AVEVA CAPITO
Il lettore volenteroso che abbia voglia di leggere i due articoli di Isaia Invernizzi pubblicati su L'Eco del 30 giugno e del primo luglio (che riportiamo nelle pagine in testa) e si legga anche quello dal Corriere di Armando Di Landro del primo luglio si pone la domanda su chi abbia ciurlato nel manico. Infatti nel primo articolo di Invernizzi sono stati resi pubblici solo oggi (30.06.20) nei documenti che Ats Bergamo e Asst Bergamo Est hanno fornito al consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta, autore di una richiesta di accesso agli atti relativi all'ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano lombardo. Numeri che mostrano con chiarezza l'impennata di polmoniti «sconosciute» già lo scorso dicembre. E ancora più marcata tra gennaio e febbraio prima di domenica 23, giorno in cui il coronavirus è stato individuato ufficialmente in provincia di Bergamo. Prima dei due pazienti scoperti ad Alzano c'erano stati molti ricoveri con diagnosi in codice 486: «polmonite, agente non specificato».
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FATTA UNA MESSA
ADESSO SIAMO A POSTO
E' la seconda volta che ascolto in diretta il Requiem di Donizetti ed ho due sole versioni di quest'opera: un vinile acquistato usato sulla bancarella del TopAudio (c'erano ancora le lire: 32mila lire) e un cd allegato a un quotidiano. Ovviamente firmati da un Ildebrando Pizzetti il primo e da Gavazzeni il secondo. Recentemente la registrazione l'avevo sentita il Venerdì Santo (10 aprile 2020) quando la Fondazione Teatro Donizetti e il festival Donizetti Opera con il Comune di Bergamo resero omaggio alle vittime della pandemia che così duramente stava colpendo la popolazione mondiale e in particolare il territorio bergamasco, rendendo disponibile sui vari canali social istituzionali (Facebook, YouTube, sito etc) la registrazione audio della Messa di Requiem di Gaetano Donizetti nell'esecuzione realizzata nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo nel 2017. Sul podio dell'Orchestra Donizetti Opera, il direttore bergamasco Corrado Rovaris, insieme a Carmela Remigio (soprano), Chiara Amarù (mezzosoprano), Juan Francisco Gatell (tenore), Andrea Concetti e Omar Montanari (bassi). Il Coro Donizetti Opera era diretto da Fabio Tartari; l'organista era Marco Cortinovis.

Quindi domenica sera ben piantato davanti a un TV da 75 pollici- mica paglia in 4k!- a casa di compagni di sventura (nel senso che due su quattro siamo stati beccati dal covid19 fin dai primi di febbraio) ad assistere a questo generale lavacro delle nostre colpe. Nostre in quanto bergamaschi, piuttosto da improbabili infettati e poi altrettanto improbabili untori al tempo: 6 febbraio.
L'insieme ci è parso un eccellente spot pubblicitario turistico di Bergamo anche se gli inserti prettamente da agenzia turistica sono stati pietosi come qualità cinematografica e almeno un paio non erano del territorio bergamasco. Insomma Gori ci sa fare nella promozione turistica degli affari dei propri elettori. Tremenda la bruttezza degli interni della chiesa  nuova del cimitero ed altrettanto orribile il monumentale che –chissà perché- la mano di Pirovano ricorda qualcosa di mezzo tra le piramidi e babilonia. Ho un reperto di questo progetto: una riproduzione cianografica originale delle facciate acquistata su una bancarella sul Sentierone. I bergamaschi quando c'è da fare soldi vendono anche la nonna salvo poi commuoversi.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



















ECO DI BERGAMO 30 GIUGNO


ECO DI BERGAMO 01 LUGLIO












































































































































































































L'AVEVANO NOTATO TUTTI
NESSUNO L'AVEVA CAPITO
Il lettore volenteroso che abbia voglia di leggere i due articoli di Isaia Invernizzi pubblicati su L'Eco del 30 giugno e del primo luglio (che riportiamo nelle pagine in testa) e si legga anche quello dal Corriere di Armando Di Landro del primo luglio si pone la domanda su chi abbia ciurlato nel manico. Infatti nel primo articolo di Invernizzi sono stati resi pubblici solo oggi (30.06.20) nei documenti che Ats Bergamo e Asst Bergamo Est hanno fornito al consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta, autore di una richiesta di accesso agli atti relativi all'ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano lombardo. Numeri che mostrano con chiarezza l'impennata di polmoniti «sconosciute» già lo scorso dicembre. E ancora più marcata tra gennaio e febbraio prima di domenica 23, giorno in cui il coronavirus è stato individuato ufficialmente in provincia di Bergamo. Prima dei due pazienti scoperti ad Alzano c'erano stati molti ricoveri con diagnosi in codice 486: «polmonite, agente non specificato». Centodieci tra novembre e il 23 febbraio, giorno in cui al conto si è aggiunto la voce «polmonite da Sars- coronavirus associato». Una crescita netta. Dalle 18 di novembre si passa alle 40 di dicembre, più del doppio. E a gennaio se ne aggiungono altre 52. Da marzo in poi i casi si moltiplicano in modo esponenziale.
Le polmoniti sconosciute non sono un unicum dell'ultimo inverno. Come si può osservare dagli stessi dati resi noti da Ats, i codici 486 ci sono sempre stati nell'ospedale di Alzano Lombardo. Ma dall'andamento mensile l'anomalia è chiara, così come è chiara dal confronto tra i ricoveri del 2019 e quelli del 2018: 196 polmoniti non riconosciute nel 2018, ben 256 tra gennaio e dicembre 2019. Il 30% in più, a emergenza ancora molto lontana. Ed è bene specificare che questi numeri ufficiali contemplano solo i ricoveri, non i semplici accessi al pronto soccorso (esclusi da questa statistica), né tanto meno le diagnosi di polmonite fatte dai medici. È logico pensare che, con tutti i dati a disposizione, l'allarme sarebbe stato ancor più lampante. Fine della lunga citazione.
Il primo luglio arrivano i dati dell'ATS: «Nessun sospetto» È questa la tesi dell'Agenzia di tutela della salute di Bergamo che ieri ha pubblicato i dati relativi all'andamento delle polmoniti virali in tutti gli ospedali della provincia di Bergamo dal 2017 fino a febbraio 2020. Con questa nota Ats ha voluto integrare e approfondire i dati forniti nei giorni scorsi al consigliere regionale di Azione Niccolò Carretta in merito alle polmoniti da «Agente non riconosciuto», quindi sospette, all'interno dell'ospedale di Alzano Lombardo. . I nuovi dati forniti da Ats comprendono tutte le polmoniti virali registrate ad Alzano (non solo i casi sospetti) ed evidenziano comunque una crescita netta nei primi mesi dell'anno, ma secondo Ats «le variazioni, comparate con i trend storici a partire dal 2017, non forniscono elementi sistematici per affermare l'evidenza della presenza di ricoveri per polmoniti “COVID-like” di rilevante entità nei mesi di dicembre-2019 e gennaio-2020. L'importante aumento di ricoveri per le tipologie di polmoniti è chiaramente presente nei mesi di marzo ed aprile (coerentemente con l'andamento epidemico generale)».
Lo stesso vale per i dati dei ricoveri di tutti gli ospedali bergamaschi, che Ats ha deciso di pubblicare in modo aggregato, senza le distinzioni tra i vari presidi. In questo caso «il grafico, basato sulla tracciatura del trend mensile mostra chiaramente l'innalzamento fuori scala dei mesi di marzo e aprile 2020 (rispettivamente 3.954 e 3.154 ricoveri). La media mensile dei ricoveri nei mesi precedenti, a partire dall'1 gennaio del 2017, è pari a 320».
Sempre secondo Ats è chiaro l'effetto di stagionalità: «È rilevante verificare come sia presente un chiaro effetto di stagionalità (molto noto in letteratura) in tutti e tre gli anni pre 2020 analizzati». Prosegue Invernizzi: Per avere un quadro molto più preciso di quello che stava accadendo sul territorio però mancano ancora dati fondamentali: gli accessi al pronto soccorso, esclusi dai numeri pubblicati da Ats, le richieste di radiografie e tac al torace e di tac prescritte dai medici di famiglia, il consumo di farmaci antibiotici utilizzati nelle complicanze batteriche di polmoniti virali. Sono variabili che saranno indagate a fondo da Ats, come annunciato nella stessa nota di ieri. Un punto molto importante soprattutto dopo le tante testimonianze dei medici di famiglia che soprattutto in Valle Seriana avevano evidenziato la presenza di polmoniti «strane» fin da dicembre.

In attesa di ulteriori sviluppi e saltando ogni discussione sull'attività istruttoria della magistratura osservando i grafici forniti dall'ATS ci si rende conto di come in certi periodi (sempre gli stessi) i pazienti afflitti da problemi  inseriti come codici 480-485-486 ricoverati  ad Alzano mostrassero una maggiore incidenza come si rileva dall'ampiezza del grafico tre sul due: del dato locale sul dato provinciale).
Adesso  varrebbe la pena che l'ATS rendesse noto anche quante sono le persone per classi di età che si sono vaccinate contro l'influenza e come si rapportano le densità dei grafici con la mortalità subita sia ad Alzano che nel contesto provinciale.
Insomma nonostante siamo arrivati ad una situazione di sostanziale controllo della pandemia e siano trascorsi cinque mesi, per adesso non si ha un quadro perfettamente esaminato e studiato del tragico evento.

Finora è accertato che nessun tampone sia stato effettuato all'ospedale di Alzano, fino al 23 febbraio, quando ormai si erano rotti gli argini di regole e norme, dopo l'esplosione del primo caso a Codogno. Eppure, i dati riportati dall'Ats nella risposta al consigliere Carretta indicano che ad Alzano i pazienti ricoverati per polmoniti con «agente non specificato» alla fine del 2019 erano stati il 30% in più dell'anno prima (256 contro 196) e che l'impennata era dovuta in particolare ai mesi da novembre in poi. 110 casi in tre mesi, da inizio novembre a fine gennaio, 52 solo nel primo mese di quest'anno. Quindi in ospedale potevano drizzare le orecchie davanti a questi numeri strani o eccessivi.
Il fatto è che una prima circolare ministeriale, a fine gennaio, aveva introdotto (il tamponamento) in realtà un criterio più generale, per «persone che manifestano un decorso clinico o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato senza tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è stata identificata un'altra eziologia che spiega pienamente la situazione clinica». Ma la validità di queste indicazioni era durata solo cinque giorni, dal 22 al 27 di quel mese. Nei documenti successivi trasmessi dal ministero alla Regione e quindi a tutti gli ospedali, si puntava infatti in modo esclusivo su criteri che rimandavano sempre e comunque alla Cina.
A questo punto sorge la domanda “in che misura i medici e i direttori sanitari degli ospedali potevano trasgredire alle circolari ministeriali?”  Per rispondere a questa domanda che la Procura di Bergamo ha ingaggiato, a fianco del virologo Andrea Crisanti, il direttore sanitario dell'azienda ospedaliera di Padova (sede universitaria), Daniele Donato. Perché il punto, sulle origini dell'epidemia da coronavirus in Valle Seriana e poi in tutta la provincia di Bergamo, sta proprio lì ed è già noto: i tamponi che non si facevano perché i documenti del ministero disponevano di procedere con quel tipo di accertamento solo se venivano riscontrate, nei pazienti, storie di viaggi in Cina o contatti con persone che erano state in quel paese.

Insomma ad Alzano non c'è stata una infermiera curiosa e coraggiosa  come Annalisa Malara, l'anestesista di turno la notte in cui Mattia, il “paziente 1”, fu portato in ospedale. Fu lei, di fronte alla situazione critica del 38enne, a pensare all'impossibile: a quel Covid-19 che tante vittime mieteva in Cina ma che qui sembrava solo una minaccia lontana. E che invece circolava già in Italia. Quella diagnosi, permise di salvare la vita di Mattia e rese nota al mondo la tragedia: il covid19 c'era in Italia.

FATTA UNA MESSA
ADESSO SIAMO A POSTO
E' la seconda volta che ascolto in diretta il Requiem di Donizetti ed ho due sole versioni di quest'opera: un vinile acquistato usato sulla bancarella del TopAudio (c'erano ancora le lire: 32mila lire) e un cd allegato a un quotidiano. Ovviamente firmati da un Ildebrando Pizzetti il primo e da Gavazzeni il secondo. Recentemente la registrazione l'avevo sentita il Venerdì Santo (10 aprile 2020) quando la Fondazione Teatro Donizetti e il festival Donizetti Opera con il Comune di Bergamo resero omaggio alle vittime della pandemia che così duramente stava colpendo la popolazione mondiale e in particolare il territorio bergamasco, rendendo disponibile sui vari canali social istituzionali (Facebook, YouTube, sito etc) la registrazione audio della Messa di Requiem di Gaetano Donizetti nell'esecuzione realizzata nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo nel 2017. Sul podio dell'Orchestra Donizetti Opera, il direttore bergamasco Corrado Rovaris, insieme a Carmela Remigio (soprano), Chiara Amarù (mezzosoprano), Juan Francisco Gatell (tenore), Andrea Concetti e Omar Montanari (bassi). Il Coro Donizetti Opera era diretto da Fabio Tartari; l'organista era Marco Cortinovis.

Quindi domenica sera ben piantato davanti a un TV da 75 pollici- mica paglia in 4k!- a casa di compagni di sventura (nel senso che due su quattro siamo stati beccati dal covid19 fin dai primi di febbraio) ad assistere a questo generale lavacro delle nostre colpe. Nostre in quanto bergamaschi, piuttosto da improbabili infettati e poi altrettanto improbabili untori al tempo: 6 febbraio.
L'insieme ci è parso un eccellente spot pubblicitario turistico di Bergamo anche se gli inserti prettamente da agenzia turistica sono stati pietosi come qualità cinematografica e almeno un paio non erano del territorio bergamasco. Insomma Gori ci sa fare nella promozione turistica degli affari dei propri elettori. Tremenda la bruttezza degli interni della chiesa  nuova del cimitero ed altrettanto orribile il monumentale che –chissà perché- la mano di Pirovano ricorda qualcosa di mezzo tra le piramidi e babilonia. Ho un reperto di questo progetto: una riproduzione cianografica originale delle facciate acquistata su una bancarella sul Sentierone. I bergamaschi quando c'è da fare soldi vendono anche la nonna salvo poi commuoversi.

Noi bergamaschi siamo descritti con le scarpe grosse e il cervello fino ma va detto senza troppe finzioni che questo macello ce lo siamo meritati. Ce lo siamo tirati addosso contenti e felici mentre ci pavoneggiavamo –e ci pavoneggiamo ancora adesso!- di avere la sanità migliore del Paese se non dell'Europa. La sanità lombarda è stata da sempre uno dei crogioli dove è maturata la corruzione in regione e nonostante la condanna subita dal suo principale autore, i bergamaschi  manco c'hanno pensato di tenere lontane almeno per un turno chi aveva le mani in pasta del macello.
Noi abbiamo la convinzione che ci fosse stato Gori presidente della Regione al posto di Fontana il macello del covid19 sarebbe stato esattamente lo stesso.
Nemmeno crediamo che Gori Misiani Martina Carnevali e tutto il centrosinistra  bergamasco e lombardo a Roma fossero convinti di dichiarare all'istante la zona rossa nei tre comuni della ValSeriana: a noi bergmaschi se ci chiudono fabbrica   laboratorio bottega siamo morti. Ammazzati prima del covid19.
L'unica differenza che ha fatto la pandemia tra nord e sud consiste nel fatto che i quattro precetti: lavarsi le mani, quarantena ferrea, mascherina, distanziamento sono stati adottati in massa dappertutto appena  ordinati e quindi chi aveva meno infezione in giro , s'è salvato meglio dei nostri.
Poi da bravi bergamaschi  lombardi ci siamo preoccupati di allestire due altri (inutili) ospedali nelle due fiere –sai che soddisfazione stare sulle prime pagine quando mezzo mondo facevoa lo stesso!?- anziché preoccuparci di allestire laboratori laboratori laboratori per eseguire gli esami dei prelievi e scoprire il più velocemente possibile untori e infetti.
Se non altro perché siamo una decina di milioni ufficialmente e sicuramente almeno undici milioni da testare.
Neanche terminata la retorica del bergamasco  bravo muratore che mette in piedi un ospedale da campo in sette giorni – venti milioni per nemmeno venti ammalati- non poteva mancare la retorica del dipendente pubblico “eroe” visto che ormai abbiamo perso l'etica del “fare il nostro dovere” ed abbiamo appreso l'altra che “lo stato di deve aiutare”. Era ovvio che nord e sud si sarebbe omogeneizzato nel bene e nel malcostume.
Perché mentre per gran parte del Paese scattava la cassa integrazione e poi il peggio, a lamentarsi  sono stati proprio i dipendenti pubblici mettendo insieme chi s'è messo in smart working (con internet a 1,5 Mb/sec…) e chi s'era trovato sommerso da migliaia di malati moribondi.
Vero che poi in queste situazioni abbiamo l'onestà capacità volontà in gran parte di forzare tutto  per risolvere la situazione e quindi gli ospedali sono stati in buona parte organizzativamente ribaltati nella parte necessaria MA nel frattempo abbiamo dimenticato i disabili, i malati di cancro insomma altri cittadini che probabilmente sono diventati e diventeranno vittime indirette del covid19.
Abbiamo reagito bruscamente da una parte e purtroppo ne abbiamo dimenticate altre che stavano ben peggio delle prime.

Finalmente adesso col Requiem di Donizetti in diretta col 12,3% di share ci siamo mondati da ogni colpa. Adesso possiamo ripartire  ma anche questa è una mezza bugia. Abbiamo celebrato tutti i riti necessari per cancellare le nostre colpe, la nostra scarsa avvedutezza elettorale, la nostra innata doppiezza “fate quel che dico e non quel che faccio”, facciamo finta che i due ospedali da campo siano due accidenti che va bene- succede  nel casino di quei giorni, facciamo finta che non sappiamo se dovremo raddoppiare i letti in terapia intensiva o tutto tornerà come prima; facciamo finta che la macchina che produce i dottori degli ospedali sia differente da quella che produce i dottori sul territorio e quindi avanti perdio! tanto alla fine della fiera noi in banca c'abbiamo un bel po' di soldini e quindi rimediamo sempre a tutto.