|
|
L'AVEVANO NOTATO TUTTI
NESSUNO L'AVEVA CAPITO
Il lettore volenteroso che abbia voglia di leggere i due articoli di
Isaia Invernizzi pubblicati su L'Eco del 30 giugno e del primo luglio
(che riportiamo nelle pagine in testa) e si legga anche quello dal
Corriere di Armando Di Landro del primo luglio si pone la domanda su
chi abbia ciurlato nel manico. Infatti nel primo articolo di Invernizzi
sono stati resi pubblici solo oggi (30.06.20) nei documenti che Ats
Bergamo e Asst Bergamo Est hanno fornito al consigliere regionale di
Azione Niccolò Carretta, autore di una richiesta di accesso agli atti
relativi all'ospedale Pesenti Fenaroli di Alzano lombardo. Numeri che
mostrano con chiarezza l'impennata di polmoniti «sconosciute» già lo
scorso dicembre. E ancora più marcata tra gennaio e febbraio prima di
domenica 23, giorno in cui il coronavirus è stato individuato
ufficialmente in provincia di Bergamo. Prima dei due pazienti scoperti
ad Alzano c'erano stati molti ricoveri con diagnosi in codice 486:
«polmonite, agente non specificato». Centodieci tra novembre e il 23
febbraio, giorno in cui al conto si è aggiunto la voce «polmonite da
Sars- coronavirus associato». Una crescita netta. Dalle 18 di novembre
si passa alle 40 di dicembre, più del doppio. E a gennaio se ne
aggiungono altre 52. Da marzo in poi i casi si moltiplicano in modo
esponenziale.
Le polmoniti sconosciute non sono un unicum dell'ultimo inverno. Come
si può osservare dagli stessi dati resi noti da Ats, i codici 486 ci
sono sempre stati nell'ospedale di Alzano Lombardo. Ma dall'andamento
mensile l'anomalia è chiara, così come è chiara dal confronto tra i
ricoveri del 2019 e quelli del 2018: 196 polmoniti non riconosciute nel
2018, ben 256 tra gennaio e dicembre 2019. Il 30% in più, a emergenza
ancora molto lontana. Ed è bene specificare che questi numeri ufficiali
contemplano solo i ricoveri, non i semplici accessi al pronto soccorso
(esclusi da questa statistica), né tanto meno le diagnosi di polmonite
fatte dai medici. È logico pensare che, con tutti i dati a
disposizione, l'allarme sarebbe stato ancor più lampante. Fine della
lunga citazione.
Il primo luglio arrivano i dati dell'ATS: «Nessun sospetto» È questa la
tesi dell'Agenzia di tutela della salute di Bergamo che ieri ha
pubblicato i dati relativi all'andamento delle polmoniti virali in
tutti gli ospedali della provincia di Bergamo dal 2017 fino a febbraio
2020. Con questa nota Ats ha voluto integrare e approfondire i dati
forniti nei giorni scorsi al consigliere regionale di Azione Niccolò
Carretta in merito alle polmoniti da «Agente non riconosciuto», quindi
sospette, all'interno dell'ospedale di Alzano Lombardo. . I nuovi dati
forniti da Ats comprendono tutte le polmoniti virali registrate ad
Alzano (non solo i casi sospetti) ed evidenziano comunque una crescita
netta nei primi mesi dell'anno, ma secondo Ats «le variazioni,
comparate con i trend storici a partire dal 2017, non forniscono
elementi sistematici per affermare l'evidenza della presenza di
ricoveri per polmoniti “COVID-like” di rilevante entità nei mesi di
dicembre-2019 e gennaio-2020. L'importante aumento di ricoveri per le
tipologie di polmoniti è chiaramente presente nei mesi di marzo ed
aprile (coerentemente con l'andamento epidemico generale)».
Lo stesso vale per i dati dei ricoveri di tutti gli ospedali
bergamaschi, che Ats ha deciso di pubblicare in modo aggregato, senza
le distinzioni tra i vari presidi. In questo caso «il grafico, basato
sulla tracciatura del trend mensile mostra chiaramente l'innalzamento
fuori scala dei mesi di marzo e aprile 2020 (rispettivamente 3.954 e
3.154 ricoveri). La media mensile dei ricoveri nei mesi precedenti, a
partire dall'1 gennaio del 2017, è pari a 320».
Sempre secondo Ats è chiaro l'effetto di stagionalità: «È rilevante
verificare come sia presente un chiaro effetto di stagionalità (molto
noto in letteratura) in tutti e tre gli anni pre 2020 analizzati».
Prosegue Invernizzi: Per avere un quadro molto più preciso di quello
che stava accadendo sul territorio però mancano ancora dati
fondamentali: gli accessi al pronto soccorso, esclusi dai numeri
pubblicati da Ats, le richieste di radiografie e tac al torace e di tac
prescritte dai medici di famiglia, il consumo di farmaci antibiotici
utilizzati nelle complicanze batteriche di polmoniti virali. Sono
variabili che saranno indagate a fondo da Ats, come annunciato nella
stessa nota di ieri. Un punto molto importante soprattutto dopo le
tante testimonianze dei medici di famiglia che soprattutto in Valle
Seriana avevano evidenziato la presenza di polmoniti «strane» fin da
dicembre.
In attesa di ulteriori sviluppi e saltando ogni discussione
sull'attività istruttoria della magistratura osservando i grafici
forniti dall'ATS ci si rende conto di come in certi periodi (sempre gli
stessi) i pazienti afflitti da problemi inseriti come codici
480-485-486 ricoverati ad Alzano mostrassero una maggiore
incidenza come si rileva dall'ampiezza del grafico tre sul due: del
dato locale sul dato provinciale).
Adesso varrebbe la pena che l'ATS rendesse noto anche quante sono
le persone per classi di età che si sono vaccinate contro l'influenza e
come si rapportano le densità dei grafici con la mortalità subita sia
ad Alzano che nel contesto provinciale.
Insomma nonostante siamo arrivati ad una situazione di sostanziale
controllo della pandemia e siano trascorsi cinque mesi, per adesso non
si ha un quadro perfettamente esaminato e studiato del tragico evento.
Finora è accertato che nessun tampone sia stato effettuato all'ospedale
di Alzano, fino al 23 febbraio, quando ormai si erano rotti gli argini
di regole e norme, dopo l'esplosione del primo caso a Codogno. Eppure,
i dati riportati dall'Ats nella risposta al consigliere Carretta
indicano che ad Alzano i pazienti ricoverati per polmoniti con «agente
non specificato» alla fine del 2019 erano stati il 30% in più dell'anno
prima (256 contro 196) e che l'impennata era dovuta in particolare ai
mesi da novembre in poi. 110 casi in tre mesi, da inizio novembre a
fine gennaio, 52 solo nel primo mese di quest'anno. Quindi in ospedale
potevano drizzare le orecchie davanti a questi numeri strani o
eccessivi.
Il fatto è che una prima circolare ministeriale, a fine gennaio, aveva
introdotto (il tamponamento) in realtà un criterio più generale, per
«persone che manifestano un decorso clinico o inaspettato, soprattutto
un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato senza
tener conto del luogo di residenza o storia di viaggio, anche se è
stata identificata un'altra eziologia che spiega pienamente la
situazione clinica». Ma la validità di queste indicazioni era durata
solo cinque giorni, dal 22 al 27 di quel mese. Nei documenti successivi
trasmessi dal ministero alla Regione e quindi a tutti gli ospedali, si
puntava infatti in modo esclusivo su criteri che rimandavano sempre e
comunque alla Cina.
A questo punto sorge la domanda “in che misura i medici e i direttori
sanitari degli ospedali potevano trasgredire alle circolari
ministeriali?” Per rispondere a questa domanda che la Procura di
Bergamo ha ingaggiato, a fianco del virologo Andrea Crisanti, il
direttore sanitario dell'azienda ospedaliera di Padova (sede
universitaria), Daniele Donato. Perché il punto, sulle origini
dell'epidemia da coronavirus in Valle Seriana e poi in tutta la
provincia di Bergamo, sta proprio lì ed è già noto: i tamponi che non
si facevano perché i documenti del ministero disponevano di procedere
con quel tipo di accertamento solo se venivano riscontrate, nei
pazienti, storie di viaggi in Cina o contatti con persone che erano
state in quel paese.
Insomma ad Alzano non c'è stata una infermiera curiosa e
coraggiosa come Annalisa Malara, l'anestesista di turno la notte
in cui Mattia, il “paziente 1”, fu portato in ospedale. Fu lei, di
fronte alla situazione critica del 38enne, a pensare all'impossibile: a
quel Covid-19 che tante vittime mieteva in Cina ma che qui sembrava
solo una minaccia lontana. E che invece circolava già in Italia. Quella
diagnosi, permise di salvare la vita di Mattia e rese nota al mondo la
tragedia: il covid19 c'era in Italia.
|
|
FATTA UNA MESSA
ADESSO SIAMO A POSTO
E' la seconda volta che ascolto in diretta il Requiem di Donizetti ed
ho due sole versioni di quest'opera: un vinile acquistato usato sulla
bancarella del TopAudio (c'erano ancora le lire: 32mila lire) e un cd
allegato a un quotidiano. Ovviamente firmati da un Ildebrando Pizzetti
il primo e da Gavazzeni il secondo. Recentemente la registrazione
l'avevo sentita il Venerdì Santo (10 aprile 2020) quando la Fondazione
Teatro Donizetti e il festival Donizetti Opera con il Comune di Bergamo
resero omaggio alle vittime della pandemia che così duramente stava
colpendo la popolazione mondiale e in particolare il territorio
bergamasco, rendendo disponibile sui vari canali social istituzionali
(Facebook, YouTube, sito etc) la registrazione audio della Messa di
Requiem di Gaetano Donizetti nell'esecuzione realizzata nella Basilica
di Santa Maria Maggiore a Bergamo nel 2017. Sul podio dell'Orchestra
Donizetti Opera, il direttore bergamasco Corrado Rovaris, insieme a
Carmela Remigio (soprano), Chiara Amarù (mezzosoprano), Juan Francisco
Gatell (tenore), Andrea Concetti e Omar Montanari (bassi). Il Coro
Donizetti Opera era diretto da Fabio Tartari; l'organista era Marco
Cortinovis.
Quindi domenica sera ben piantato davanti a un TV da 75 pollici- mica
paglia in 4k!- a casa di compagni di sventura (nel senso che due su
quattro siamo stati beccati dal covid19 fin dai primi di febbraio) ad
assistere a questo generale lavacro delle nostre colpe. Nostre in
quanto bergamaschi, piuttosto da improbabili infettati e poi
altrettanto improbabili untori al tempo: 6 febbraio.
L'insieme ci è parso un eccellente spot pubblicitario turistico di
Bergamo anche se gli inserti prettamente da agenzia turistica sono
stati pietosi come qualità cinematografica e almeno un paio non erano
del territorio bergamasco. Insomma Gori ci sa fare nella promozione
turistica degli affari dei propri elettori. Tremenda la bruttezza degli
interni della chiesa nuova del cimitero ed altrettanto orribile
il monumentale che –chissà perché- la mano di Pirovano ricorda qualcosa
di mezzo tra le piramidi e babilonia. Ho un reperto di questo progetto:
una riproduzione cianografica originale delle facciate acquistata su
una bancarella sul Sentierone. I bergamaschi quando c'è da fare soldi
vendono anche la nonna salvo poi commuoversi.
Noi bergamaschi siamo descritti con le scarpe grosse e il cervello fino
ma va detto senza troppe finzioni che questo macello ce lo siamo
meritati. Ce lo siamo tirati addosso contenti e felici mentre ci
pavoneggiavamo –e ci pavoneggiamo ancora adesso!- di avere la sanità
migliore del Paese se non dell'Europa. La sanità lombarda è stata da
sempre uno dei crogioli dove è maturata la corruzione in regione e
nonostante la condanna subita dal suo principale autore, i
bergamaschi manco c'hanno pensato di tenere lontane almeno per un
turno chi aveva le mani in pasta del macello.
Noi abbiamo la convinzione che ci fosse stato Gori presidente della
Regione al posto di Fontana il macello del covid19 sarebbe stato
esattamente lo stesso.
Nemmeno crediamo che Gori Misiani Martina Carnevali e tutto il
centrosinistra bergamasco e lombardo a Roma fossero convinti di
dichiarare all'istante la zona rossa nei tre comuni della ValSeriana: a
noi bergmaschi se ci chiudono fabbrica laboratorio bottega
siamo morti. Ammazzati prima del covid19.
L'unica differenza che ha fatto la pandemia tra nord e sud consiste nel
fatto che i quattro precetti: lavarsi le mani, quarantena ferrea,
mascherina, distanziamento sono stati adottati in massa dappertutto
appena ordinati e quindi chi aveva meno infezione in giro , s'è
salvato meglio dei nostri.
Poi da bravi bergamaschi lombardi ci siamo preoccupati di
allestire due altri (inutili) ospedali nelle due fiere –sai che
soddisfazione stare sulle prime pagine quando mezzo mondo facevoa lo
stesso!?- anziché preoccuparci di allestire laboratori laboratori
laboratori per eseguire gli esami dei prelievi e scoprire il più
velocemente possibile untori e infetti.
Se non altro perché siamo una decina di milioni ufficialmente e sicuramente almeno undici milioni da testare.
Neanche terminata la retorica del bergamasco bravo muratore che
mette in piedi un ospedale da campo in sette giorni – venti milioni per
nemmeno venti ammalati- non poteva mancare la retorica del dipendente
pubblico “eroe” visto che ormai abbiamo perso l'etica del “fare il
nostro dovere” ed abbiamo appreso l'altra che “lo stato di deve
aiutare”. Era ovvio che nord e sud si sarebbe omogeneizzato nel bene e
nel malcostume.
Perché mentre per gran parte del Paese scattava la cassa integrazione e
poi il peggio, a lamentarsi sono stati proprio i dipendenti
pubblici mettendo insieme chi s'è messo in smart working (con internet
a 1,5 Mb/sec…) e chi s'era trovato sommerso da migliaia di malati
moribondi.
Vero che poi in queste situazioni abbiamo l'onestà capacità volontà in
gran parte di forzare tutto per risolvere la situazione e quindi
gli ospedali sono stati in buona parte organizzativamente ribaltati
nella parte necessaria MA nel frattempo abbiamo dimenticato i disabili,
i malati di cancro insomma altri cittadini che probabilmente sono
diventati e diventeranno vittime indirette del covid19.
Abbiamo reagito bruscamente da una parte e purtroppo ne abbiamo dimenticate altre che stavano ben peggio delle prime.
Finalmente adesso col Requiem di Donizetti in diretta col 12,3% di
share ci siamo mondati da ogni colpa. Adesso possiamo ripartire
ma anche questa è una mezza bugia. Abbiamo celebrato tutti i riti
necessari per cancellare le nostre colpe, la nostra scarsa avvedutezza
elettorale, la nostra innata doppiezza “fate quel che dico e non quel
che faccio”, facciamo finta che i due ospedali da campo siano due
accidenti che va bene- succede nel casino di quei giorni,
facciamo finta che non sappiamo se dovremo raddoppiare i letti in
terapia intensiva o tutto tornerà come prima; facciamo finta che la
macchina che produce i dottori degli ospedali sia differente da quella
che produce i dottori sul territorio e quindi avanti perdio! tanto alla
fine della fiera noi in banca c'abbiamo un bel po' di soldini e quindi
rimediamo sempre a tutto.
|
|
|