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CENTO ANNI OR SONO SI INSEDIAVA A CURNO LA STAZIONE DI MAISCOLTURA
Bisognerebbe fare una ricerca nell’archivio notarile per capire di chi
fosse lo spazio occupato dal 1920 dalla “maiscoltura” per capire le
ragioni per cui venne proprio impiantata a Curno. I direttori della
stazione fino al Fenaroli non capivano granche di maiscoltura dal
momento che i loro interessi erano troppo estesi e variabili per
concludere qualcosa e soprattutto asserviti alla politica del regime
fascista (portavano tutti il “balores”) salvo cominciare a recuperare e
conservare il germoplasma delle varietà di granoturco coltivato in
Italia. Ma lo scopo all’origine non era quello di preservarlo per il
futuro bensì quello di cercare le varietà che giudicava più produttive
e adattabili. La conservazione del germoplasma é lo scopo della
stazione di Stezzano nata nel ’68.
Wiki ricorda che nell'ottobre del 1920 sorse la Stazione sperimentale
di maiscoltura di Curno, di cui fu immediatamente nominato direttore
Zapparoli, allievo dell'agronomo Ottavio Munerati. Egli divenne ben
presto l'uomo del granoturco, come lo chiamavano con confidenza gli
agricoltori, per il suo sapere e per le spiccate doti di bontà d'animo,
di semplicità, di praticità e di onestà. Zapparoli diede un forte
impulso alle attività di ricerca genetica ed agronomica e promosse
attività di miglioramento delle varietà locali in tutta l'Italia
settentrionale e centrale. Sviluppò linee isogeniche dalle più
pregevoli popolazioni locali di mais, che impiegò poi per costituire
varietà sintetiche per produrre incroci inter-varietali. Inoltre mise a
punto la tecnica agronomica richiesta per la loro coltivazione. Una
tecnica comunque assai arretrata.
(...)
NUOVO REGOLAMENTO SENZA PASSAGGIO IN CONSIGLIO COMUNALE?
Il Comune ha pubblicato ieri all'albo pretorio il Regolamento di
assistenza economica adottato come modello operativo nell'ambito
territoriale di Dalmine per l'attuazione del piano di zona del sistema
integrato di interventi e servizi sociali che comprende i comuni di
Azzano S.Paolo, Boltiere, Ciserano, Comun Nuovo, Curno, Dalmine,
Lallio, Levate, Mozzo, Osio Sopra, Osio Sotto, Stezzano, Treviolo,
Urgnano, Verdellino, Verdello e Zanica.
Già era stata pubblicata, il 18 maggio c.a. la delibera di consiglio
comunale del 20 dicembre 2019 (le date sono corrette: sei mesi dopo…)
di approvazione dello stesso regolamento. Stesso nel senso che dovrebbe
indirizzare la soluzione dei medesimi problemi.
(...)
CURNO IL PAESE BELLO DA VIVERE.
DALLA DISCARICA DI VIA TOSCANA
ALLE DUE IN VIA BREMBO
POI QUELLA DI VIA EUROPA
ADESSO DUE IN VIA LECCO
Qui ragazzi, bisogna tira giù Maria Assunta dal campanile e
portarla a fare un giro per il paese perché l'é prope scalognat.
La telenovela dello pseudo potenziamento del tratto della Dalmine-Almè
dal quadrifoglio di Curno sull'asse interurbano a Valbrembo, dopo gli
arricchimenti (di puntate) subiti per la c.d Rotonda delle Cornelle tra
Mozzo e Valbrembo nonché la tragicomica vicenda del Riolo (il torrente
tra Valbrembo e Mozzo che sfocia nella Quisa) che ha determinato gli
imponenti lavori in corso (e i conseguenti aumenti dei costi) ha
sbattuto addosso a Curno due colline(tte) di terreno di scavo per
eseguire le opere, collinette collocate nei lobi est del quadrifoglio
su via Lecco. L'insieme è abbastanza straniante anche perché queste
collinette franeranno in buona parte sulle strade e quindi il Comune di
Curno, proprietario di via Lecco, dovrà darsi da fare.
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CENTO ANNI OR SONO SI INSEDIAVA A CURNO LA STAZIONE DI MAISCOLTURA
Bisognerebbe fare una ricerca nell’archivio notarile per capire di chi
fosse lo spazio occupato dal 1920 dalla “maiscoltura” per capire le
ragioni per cui venne proprio impiantata a Curno. I direttori della
stazione fino al Fenaroli non capivano granche di maiscoltura dal
momento che i loro interessi erano troppo estesi e variabili per
concludere qualcosa e soprattutto asserviti alla politica del regime
fascista (portavano tutti il “balores”) salvo cominciare a recuperare e
conservare il germoplasma delle varietà di granoturco coltivato in
Italia. Ma lo scopo all’origine non era quello di preservarlo per il
futuro bensì quello di cercare le varietà che giudicava più produttive
e adattabili. La conservazione del germoplasma é lo scopo della
stazione di Stezzano nata nel ’68.
Wiki ricorda che nell'ottobre del 1920 sorse la Stazione sperimentale
di maiscoltura di Curno, di cui fu immediatamente nominato direttore
Zapparoli, allievo dell'agronomo Ottavio Munerati. Egli divenne ben
presto l'uomo del granoturco, come lo chiamavano con confidenza gli
agricoltori, per il suo sapere e per le spiccate doti di bontà d'animo,
di semplicità, di praticità e di onestà. Zapparoli diede un forte
impulso alle attività di ricerca genetica ed agronomica e promosse
attività di miglioramento delle varietà locali in tutta l'Italia
settentrionale e centrale. Sviluppò linee isogeniche dalle più
pregevoli popolazioni locali di mais, che impiegò poi per costituire
varietà sintetiche per produrre incroci inter-varietali. Inoltre mise a
punto la tecnica agronomica richiesta per la loro coltivazione. Una
tecnica comunque assai arretrata.
La stazione di maiscoltura sotto la direzione dello Zapparoli ed anche
di Fenaroli fece tante di quelle “cappellate” che riuscì a fare
affamare gli agricoltori italiani e gli italiani in genere. Infatti
stimolarono la coltivazione di varietà locali di granoturco (lo
Zapparoli in particolare) che avevano uno stelo molto sottile, molto
lungo (fino a tre metri), con una pannocchia molto piccola, di
pochi ranghi e poche cariossidi e per di più poco nutriente per
le persone.
Dopo quasi 15 anni di regolare tran tran quando nel 1935 all’Italia
fascista vengono imposte le sanzioni economiche , gli “errori” si
accentuano. Allora andava in voga la cimatura del granoturco,
lavorazione che prevedeva di tagliare la parte di pianta del mais al di
sopra della pannocchia una volta che era stata fecondata. La cima
veniva data come alimento fresco o essicato alle vacche. Quindi serviva
come alimento estivo per conservare il fieno per l’inverno. Le
varietà create e propagandate dalla stazione fino a dopo il 1945-‘50
avevano il gravissimo difetto di allettare al più debole colpo di
vento e quindi i temporali facevano strage delle piantagioni. Insomma
avevano in mano un cereale prodigioso che in gran parte –per
l’allettamento precoce- finiva inutilizzato . Nemmeno arrivarono a
capire che il mais non si poteva piantare in successione sulle
marcite. Non compresero nemmeno il problema della densità e nemmeno (lo
intuirono, però) quello della qualità alimentare della granella.
Purtroppo ancora nel 1955 a Curno si seminava il mais ideato e
suggerito dalla stazione e il seme non era prodotto da stazioni
controllate ma ciascun contadino utilizzava parte del raccolto
precedente. Un suicido agronomico ed alimentare. Nonostante la
presenza in paese della “maiscoltura” i contadini curnesi
ne avevano probabilmente poca stima in quanto si affidavano ancora alle
pratiche colturali ed alle varietà passate che modernizzare la
produzione.
Il primo mais ibrido da seme USA venne piantato (1960) a Curno da un
coltivatore che veniva dalla Valle Seriana (a Curno nel dopo 2.a
guerra arrivarono tre famiglie coltivatrici dalla ValSeriana e tre
dalla ValBrembana) con semente della SIVAM acquistata assieme a quella
dell’azienda agricola che c’era nel manicomio di Borgo Palazzo. I
fondatori della SIVAM erano in buona parte professori universitari
“concorrenti” del Fenatroli. Quando i contadini locali videro quelle
pannocchie lunghe mezzo metro e grosse come un le braccia di un
boscaiolo ne rubarono parecchie immaginando che seminandolo
avrebbero ottenuto anche loro un buon risultato. Non sapevano che alla
seconda semina, quella varietà di disfaceva.
Comunque impararono anche loro a comprare seme certificato, a
coltivarlo come si doveva, a concimarlo correttamente, a NON cimarlo.
Bisognò arrivare ai tardi anni ’70 ma nel frattempo c’era in agguato
una ditta di Mozzo che inquinando l’acqua della roggia Curna
convinse i curnesi che era meglio il commerciale che mungere le
vacche.
A distanza di cento anni dalla creazione-fondazione della prima
stazione di maiscoltura italiana varrebbe la pena che il Comune si
muovesse per celebrarla (visto che c’è anche un auditorium) ma
dubitiamo che questo consiglio comunale sappia il significato
storico politico ed economico costituito sia dalla stazione di
maiscoltura che dal mais.
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NUOVO REGOLAMENTO SULLE CONCESSIONE DEGLI AIUTI ALLE FAMIGLIE SENZA PASSAGGIO IN CONSIGLIO COMUNALE?
Il Comune ha pubblicato ieri all'albo pretorio il Regolamento di
assistenza economica adottato come modello operativo nell'ambito
territoriale di Dalmine per l'attuazione del piano di zona del sistema
integrato di interventi e servizi sociali che comprende i comuni di
Azzano S.Paolo, Boltiere, Ciserano, Comun Nuovo, Curno, Dalmine,
Lallio, Levate, Mozzo, Osio Sopra, Osio Sotto, Stezzano, Treviolo,
Urgnano, Verdellino, Verdello e Zanica.
Già era stata pubblicata, il 18 maggio c.a. la delibera di consiglio
comunale del 20 dicembre 2019 (le date sono corrette: sei mesi
dopo…) di approvazione dello stesso regolamento. Stesso nel senso che
dovrebbe indirizzare la soluzione dei medesimi problemi.
Poi si vanno a leggere i due documenti e la prima cosa che balza
all'occhio è che mentre nel documento approvato a dicembre c'era
scritto che “Lo strumento dell'intervento economico è da intendersi
come uno dei dispositivi per sostenere livelli di vita dignitosi dei
cittadini. Si individua nell' assistente sociale comunale la
figura professionale competente e capace nell'accogliere la persona ed
il suo bisogno, valutarne la pertinenza e complessità nonché
formulare un progetto individualizzato concordato e condiviso con il
cittadino. Attiene al ruolo dell'assistente sociale valutare
l'opportunità di attivare interventi di natura economica e di
monitorare il progetto” questa affermazione scompare nella versione
pubblicata ieri. Versione che non si comprende se sia stata approvata
dal consiglio comunale o che senso-valore abbia adesso.
Leggendo il documento vi si trovano indicazioni ovvie e
scontate ma quello che manca completamente sono due aspetti
a nostro avviso.
Il primo è che questo processo appare sempre come casuale, nel senso
che “se succede qualcosa” basta rivolgersi al comune che si procede.
Insomma non è un welfare di sistema ma del tutto casuale “derivato” a
integrare quello nazionale.
Il secondo aspetto è che nella versione approvata dal consiglio
comunale tutta l'opera zione era sotto l'ESCLUSIVA supervisione
del dirigente dei servizi sociali MA non c'era indicazione su chi
doveva fare i controlli. Vale a dire che se controllo ci doveva essere,
questo accadeva solo a posteriori per intervento della magistratura.
Hai voglia!.
Parte la “finzione” per cui formalmente la politica non ci metterebbe naso cui nesusno proprio ci crede.
La versione attuale prevede che “le richieste pervenute vengono
prese in esame dall'Ufficio Servizi Sociali che individua gli
interventi più rispondenti al bisogno dell'interessato e avvia una
valutazione sociale attraverso colloqui, visite domiciliari ed ogni
altra attività specifica della professione dell'assisten te sociale”.
Che sostanzialmente non cambia granmche ma è SIGNIFICATIVO che sia
stata tolta proprio l'indicazione precisa: “Si individua nell'
assistente sociale comunale la figura professionale competente e capace
nell'accogliere la persona ed il suo bisogno, valutarne la
pertinenza e complessità nonché formulare un progetto individualizzato
concordato e condiviso con il cittadino”.
Noi restiamo del parere che il Comune dovrebbe da un lato dare un
proprio criterio di accesso ai servizi in modo che ciascun cittadino
che abbia bisogno sappia quanto-cosa può ottenere e a quali condizioni.
Insomma sapere prima cosa-quanto (non spaccando il centesimo) si
può ottenere anziché giocarsela al lotto.
Per esempio in primis non mantenere i classici cinque scaglioni di
reddito attuali ma scalarli a mille euro ciascuno. Per poi inserire i
costi di accesso ai servizi comunali costruiti in base al reddito
famigliare con maggiore precisione. Ragione per cui l'addizionale
comunale irpef si modula meglio proprio in funzione di una scala più
corretta.
Infine occorre che esista qualcuno che, magari anche a campione,
verifichi le determinazioni dell'ufficio, prima che per controllo, per
dare migliori indicazioni nell'intervento.
Ci sono i calcolatori (e i cellulari…) e questo dovrebbe bastare a gestire le operazioni senza troppe complicazioni.
Manca infine in questa operazione una lettura politica da parte
dell'amministrazione dell'insieme delle spese & investimento perché
finora è solo un fatto ragionieristico ed emotivo. Questo deve essere
fatto dalla politica ma anche da un soggetto esterno che ne valuti
l'efficacia reale rispetto agli indirizzi del consiglio comunale ed
eventualmente suggerire anche quelli. Ovviamente magari scegliendo
professionisti qualificati e non come quelli che preparano mega piani
per poi verificare che non valgono nemmeno la carta consumata per
stamparli visto che le aziende concorrenti manco li prendono in
considerazione.
Morale della questione: NON c'è TRASPARENZA nella spesa sociale. Un
paese ha bisogno anche di avere una sua immagine e questa gliela può
dare solo la politica. Quando la sindaca scrive che la spesa sociale
del comune arriva a 1,4 milioni non dubitiamo che i suoi conteggi
corrispondano al vero. La questione è che la coesione sociale si
costruisce quando i cittadini hanno l'immagine corretta del loro stare
assieme, piuttosto che le spese per l'ultima pizzata. Ma dubitiamo che
questo consiglio comunale comprende la faccenda.
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CURNO IL PAESE BELLO DA VIVERE.
DALLA DISCARICA DI VIA TOSCANA
A QUELLE IN VIA BREMBO
POI QUELLA DI VIA EUROPA
ADESSO DUE IN VIA LECCO
Qui ragazzi, bisogna tira giù Maria Assunta dal campanile e
portarla a fare un giro per il paese perché l'é prope scalognat.
La telenovela dello pseudo potenziamento del tratto della
Dalmine-Almè dal quadrifoglio di Curno sull'asse interurbano a
Valbrembo, dopo gli arricchimenti (di puntate) subiti per la c.d
Rotonda delle Cornelle tra Mozzo e Valbrembo nonché la tragicomica
vicenda del Riolo (il torrente tra Valbrembo e Mozzo che sfocia nella
Quisa) che ha determinato gli imponenti lavori in corso (e i
conseguenti aumenti dei costi) ha sbattuto addosso a Curno due
colline(tte) di terreno di scavo per eseguire le opere, collinette
collocate nei lobi est del quadrifoglio su via Lecco. L'insieme è
abbastanza straniante anche perché queste collinette franeranno
in buona parte sulle strade e quindi il Comune di Curno, proprietario
di via Lecco, dovrà darsi da fare. Azzarola l'ass. Conti che nella
vicenda aveva tenuto una condotta la più defilata possibile
(basta vedere come sistemano la nuova strada nella parte
ovest tra via Lecco e via Brembo…) adesso si trova a gestire una rogna
che mette in contrapposizione il Comune retto da una compagine col CSX
maggiore azionista elettorale e la Provincia governata da un
pateracchio pressoche identico se non peggiore.
Curno non è quindi SOLO un paese bello da vivere ma adesso ha anche un
altro record (gli altri record sono la fuga di due aziende
metalmeccaniche leader mondiali ed una marea di centri commerciali in
crisi) ma anche quello di avere BEN DUE collinette realizzate per la
creazione di due arterie stradali. La prima collinetta è quella su cui
poggia Via Toscana creata nel 1920 quando per tracciare la tranvia da
Ponte a Bergamo scavarono la trincea di via Lecco dalle Crocette fino
al Cascinetto. I carrellini portavano la terra scavata a formare quella
collinetta poi riempita di lussuose villette negli anni '60.
Adesso i maxi sottopassi della c.d. Rotonda delle Cornelle hanno
costretto a creare le due collinette-discariche su metà del
quadrifoglio con via Lecco. Pare che la cosa non sia gradita nemmeno
alla sindaca Gamba ma tanto dovrà mettersi il cuore in pace perché così
fanno quelli che comandano davvero.
Nel frattempo –oltre alle collinette- Giove pluvio ha scaricato uno
stravento che ha fatto allagare (di nuovo) il sottopasso di via Europa
sempre con questa Dalmine-Almè. I motivi dell'allagamento sono banali:
le pompe istallate non bastano a levare l'acqua che piove e toccherebbe
al comune potenziarle ma in cinque anni non hanno trovato come fare.
Forse stanno studiando di affidare lo sgombero delle acque a una coop
di giovini disoccupati curnesi muniti di giubbino disegnato ad hoc.
Chissà. Come non esistono degli stradini comunali che tengono puliti
gli scarichi.
Nel frattempo – oltre le collinette e l'allagamento di via
Europa- qualche burlone ha cambiato le date di apertura del
sottopasso di via Brembo sempre con quella maledetta Dalmine-Alme
spostandolo avanti di ben due mesi. Ovvia la reazione delle persone. Si
scopre che qualche ora dopo lo scoppio del petardo il solito
burlone ha corretto la data di apertura riportandola a
quella originale di metà luglio.
Insomma la telenovela riserva sempre qualche episodio.
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