A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1242 DEL 20GIUGNO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.




















CENTO ANNI OR SONO SI INSEDIAVA A CURNO LA STAZIONE DI MAISCOLTURA
Bisognerebbe fare una ricerca nell’archivio notarile per capire di chi fosse lo spazio occupato dal 1920 dalla “maiscoltura” per capire le ragioni per cui venne proprio impiantata a Curno. I direttori della stazione fino al Fenaroli non capivano granche di maiscoltura dal momento che i loro interessi erano troppo estesi e variabili per concludere qualcosa e soprattutto asserviti alla politica del regime fascista (portavano tutti il “balores”) salvo cominciare a recuperare e conservare il germoplasma delle varietà di granoturco coltivato in Italia. Ma lo scopo all’origine non era quello di preservarlo per il futuro bensì quello di cercare le varietà che giudicava più produttive e adattabili. La conservazione del germoplasma é lo scopo della stazione di Stezzano nata nel ’68.
Wiki ricorda che nell'ottobre del 1920 sorse la Stazione sperimentale di maiscoltura di Curno, di cui fu immediatamente nominato direttore Zapparoli, allievo dell'agronomo Ottavio Munerati. Egli divenne ben presto l'uomo del granoturco, come lo chiamavano con confidenza gli agricoltori, per il suo sapere e per le spiccate doti di bontà d'animo, di semplicità, di praticità e di onestà. Zapparoli diede un forte impulso alle attività di ricerca genetica ed agronomica e promosse attività di miglioramento delle varietà locali in tutta l'Italia settentrionale e centrale. Sviluppò linee isogeniche dalle più pregevoli popolazioni locali di mais, che impiegò poi per costituire varietà sintetiche per produrre incroci inter-varietali. Inoltre mise a punto la tecnica agronomica richiesta per la loro coltivazione. Una tecnica comunque assai arretrata.
(...)

NUOVO REGOLAMENTO SENZA PASSAGGIO IN CONSIGLIO COMUNALE?
Il Comune ha pubblicato ieri all'albo pretorio il Regolamento di assistenza economica adottato come modello operativo nell'ambito territoriale di Dalmine per l'attuazione del piano di zona del sistema integrato di interventi e servizi sociali che comprende i comuni di Azzano S.Paolo, Boltiere, Ciserano, Comun Nuovo, Curno, Dalmine, Lallio, Levate, Mozzo, Osio Sopra, Osio Sotto, Stezzano, Treviolo, Urgnano, Verdellino, Verdello e Zanica.
Già era stata pubblicata, il 18 maggio c.a. la delibera di consiglio comunale del 20 dicembre 2019  (le date sono corrette: sei mesi dopo…) di approvazione dello stesso regolamento. Stesso nel senso che dovrebbe indirizzare la soluzione dei medesimi problemi.
(...)

CURNO IL PAESE BELLO DA VIVERE.
DALLA DISCARICA DI VIA TOSCANA
ALLE DUE IN VIA BREMBO
POI QUELLA DI VIA EUROPA
ADESSO DUE IN VIA LECCO
Qui ragazzi, bisogna tira giù Maria Assunta dal campanile e  portarla a  fare un giro per il paese perché l'é prope scalognat.
La telenovela dello pseudo  potenziamento del tratto della Dalmine-Almè dal quadrifoglio di Curno sull'asse interurbano a Valbrembo, dopo gli arricchimenti (di puntate) subiti per la c.d Rotonda delle Cornelle tra Mozzo e Valbrembo nonché la tragicomica vicenda del Riolo (il torrente tra Valbrembo e Mozzo che sfocia nella Quisa) che ha determinato gli imponenti lavori in corso (e i conseguenti aumenti dei costi) ha sbattuto addosso a Curno due colline(tte) di terreno di scavo per eseguire le opere, collinette collocate nei lobi  est del quadrifoglio su via Lecco. L'insieme è abbastanza straniante anche perché  queste collinette franeranno in buona parte sulle strade e quindi il Comune di Curno, proprietario di via Lecco, dovrà darsi da fare.


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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!



























SUI MAGREDI DEL BREMBO
DI RIPRODUZIONE FLORISTICA
(PROTETTA)


IL CONTENUTO DELLE INTERCETTAZIONI E'
SIGNIFICATIVO


































































































































































































CENTO ANNI OR SONO SI INSEDIAVA A CURNO LA STAZIONE DI MAISCOLTURA
Bisognerebbe fare una ricerca nell’archivio notarile per capire di chi fosse lo spazio occupato dal 1920 dalla “maiscoltura” per capire le ragioni per cui venne proprio impiantata a Curno. I direttori della stazione fino al Fenaroli non capivano granche di maiscoltura dal momento che i loro interessi erano troppo estesi e variabili per concludere qualcosa e soprattutto asserviti alla politica del regime fascista (portavano tutti il “balores”) salvo cominciare a recuperare e conservare il germoplasma delle varietà di granoturco coltivato in Italia. Ma lo scopo all’origine non era quello di preservarlo per il futuro bensì quello di cercare le varietà che giudicava più produttive e adattabili. La conservazione del germoplasma é lo scopo della stazione di Stezzano nata nel ’68.
Wiki ricorda che nell'ottobre del 1920 sorse la Stazione sperimentale di maiscoltura di Curno, di cui fu immediatamente nominato direttore Zapparoli, allievo dell'agronomo Ottavio Munerati. Egli divenne ben presto l'uomo del granoturco, come lo chiamavano con confidenza gli agricoltori, per il suo sapere e per le spiccate doti di bontà d'animo, di semplicità, di praticità e di onestà. Zapparoli diede un forte impulso alle attività di ricerca genetica ed agronomica e promosse attività di miglioramento delle varietà locali in tutta l'Italia settentrionale e centrale. Sviluppò linee isogeniche dalle più pregevoli popolazioni locali di mais, che impiegò poi per costituire varietà sintetiche per produrre incroci inter-varietali. Inoltre mise a punto la tecnica agronomica richiesta per la loro coltivazione. Una tecnica comunque assai arretrata.
La stazione di maiscoltura sotto la direzione dello Zapparoli ed anche di Fenaroli  fece tante di quelle “cappellate” che riuscì a fare affamare gli agricoltori italiani e gli italiani in genere. Infatti stimolarono la coltivazione di varietà locali di  granoturco (lo Zapparoli in particolare) che avevano uno stelo molto sottile, molto lungo (fino a tre metri), con una pannocchia  molto piccola, di pochi ranghi e poche cariossidi e per di più poco nutriente  per le persone.
Dopo quasi 15 anni di regolare tran tran quando nel 1935 all’Italia fascista vengono imposte le sanzioni economiche , gli “errori” si accentuano. Allora andava in voga la cimatura del granoturco, lavorazione che prevedeva di tagliare la parte di pianta del mais al di sopra della pannocchia una volta che era stata fecondata. La cima veniva data come alimento fresco o essicato alle vacche. Quindi serviva come alimento  estivo per conservare il fieno per l’inverno. Le varietà create e propagandate dalla stazione fino a dopo il 1945-‘50 avevano il gravissimo difetto di allettare al  più debole colpo di vento e quindi i temporali facevano strage delle piantagioni. Insomma avevano in mano un cereale prodigioso che in gran parte –per l’allettamento precoce- finiva inutilizzato . Nemmeno arrivarono a capire che il mais non si poteva  piantare in successione sulle marcite. Non compresero nemmeno il problema della densità e nemmeno (lo intuirono, però) quello della qualità alimentare della granella.
Purtroppo ancora nel 1955 a Curno si seminava il mais ideato e suggerito dalla stazione e il seme  non era prodotto da stazioni controllate ma ciascun contadino utilizzava parte del raccolto precedente. Un suicido agronomico ed alimentare. Nonostante la presenza  in paese della “maiscoltura” i contadini  curnesi ne avevano probabilmente poca stima in quanto si affidavano ancora alle pratiche colturali ed alle varietà passate che modernizzare la produzione.
Il primo mais ibrido da seme USA venne piantato (1960) a Curno da un coltivatore che veniva dalla Valle Seriana  (a Curno nel dopo 2.a guerra arrivarono tre famiglie coltivatrici dalla ValSeriana e tre dalla ValBrembana) con semente della SIVAM acquistata assieme a quella dell’azienda agricola che c’era nel manicomio di Borgo Palazzo. I fondatori della SIVAM erano in buona parte professori universitari “concorrenti” del Fenatroli. Quando i contadini locali videro quelle pannocchie lunghe  mezzo metro e grosse come un le braccia di un boscaiolo  ne rubarono parecchie immaginando che seminandolo avrebbero ottenuto anche loro un buon risultato. Non sapevano che alla seconda semina, quella varietà di disfaceva.
Comunque impararono anche loro a comprare seme certificato, a coltivarlo come si doveva, a concimarlo correttamente, a NON cimarlo. Bisognò arrivare ai tardi anni ’70 ma nel frattempo c’era in agguato una ditta di Mozzo che inquinando l’acqua della roggia Curna convinse  i curnesi che era meglio il commerciale che mungere le vacche.

A distanza di cento anni dalla creazione-fondazione della prima stazione di maiscoltura italiana varrebbe la pena che il Comune si muovesse per celebrarla (visto che  c’è anche un auditorium) ma dubitiamo che questo consiglio comunale  sappia il significato storico politico ed economico costituito sia dalla stazione di maiscoltura che dal mais.


NUOVO REGOLAMENTO SULLE CONCESSIONE DEGLI AIUTI ALLE FAMIGLIE SENZA PASSAGGIO IN CONSIGLIO COMUNALE?
Il Comune ha pubblicato ieri all'albo pretorio il Regolamento di assistenza economica adottato come modello operativo nell'ambito territoriale di Dalmine per l'attuazione del piano di zona del sistema integrato di interventi e servizi sociali che comprende i comuni di Azzano S.Paolo, Boltiere, Ciserano, Comun Nuovo, Curno, Dalmine, Lallio, Levate, Mozzo, Osio Sopra, Osio Sotto, Stezzano, Treviolo, Urgnano, Verdellino, Verdello e Zanica.
Già era stata pubblicata, il 18 maggio c.a. la delibera di consiglio comunale del 20 dicembre 2019  (le date sono corrette: sei mesi dopo…) di approvazione dello stesso regolamento. Stesso nel senso che dovrebbe indirizzare la soluzione dei medesimi problemi.
Poi si vanno a leggere i due documenti e la prima cosa che balza all'occhio è che mentre nel documento approvato a dicembre c'era scritto che “Lo strumento dell'intervento economico è da intendersi come uno dei dispositivi per sostenere livelli di vita dignitosi dei cittadini.  Si individua nell' assistente sociale comunale la figura professionale competente e capace nell'accogliere la persona ed il suo  bisogno, valutarne la pertinenza e complessità nonché formulare un progetto individualizzato concordato e condiviso con il cittadino. Attiene al ruolo dell'assistente sociale valutare l'opportunità di attivare interventi di natura economica e di monitorare il progetto” questa affermazione scompare nella versione pubblicata ieri. Versione che non si comprende se sia stata approvata dal consiglio comunale o che senso-valore abbia adesso.
Leggendo il documento vi si trovano indicazioni ovvie e scontate   ma quello che manca completamente sono due aspetti a nostro avviso.
Il primo è che questo processo appare sempre come casuale, nel senso che “se succede qualcosa” basta rivolgersi al comune che si procede. Insomma non è un welfare di sistema ma del tutto casuale “derivato” a integrare  quello nazionale.
Il secondo aspetto è che nella versione approvata dal consiglio comunale tutta l'opera zione  era sotto l'ESCLUSIVA supervisione del dirigente dei servizi sociali MA non c'era indicazione su chi doveva fare i controlli. Vale a dire che se controllo ci doveva essere, questo accadeva solo a posteriori per intervento della magistratura. Hai voglia!.
Parte la “finzione” per cui formalmente  la politica non ci metterebbe naso cui nesusno proprio ci crede.
La versione attuale prevede che  “le richieste pervenute vengono prese in esame dall'Ufficio Servizi Sociali che individua gli interventi più rispondenti al bisogno dell'interessato e avvia una valutazione sociale attraverso colloqui, visite domiciliari ed ogni altra attività specifica della professione dell'assisten te sociale”. Che sostanzialmente non cambia granmche ma è SIGNIFICATIVO che sia stata tolta proprio l'indicazione precisa: “Si individua nell' assistente sociale comunale la figura professionale competente e capace nell'accogliere la persona ed il suo  bisogno, valutarne la pertinenza e complessità nonché formulare un progetto individualizzato concordato e condiviso con il cittadino”.

Noi restiamo del parere che il Comune dovrebbe da un lato dare un proprio criterio di accesso ai servizi in modo che ciascun cittadino che abbia bisogno sappia quanto-cosa può ottenere e a quali condizioni. Insomma sapere prima cosa-quanto (non spaccando il centesimo)  si può ottenere anziché giocarsela al lotto.
Per esempio in primis non mantenere i classici cinque scaglioni di reddito attuali ma scalarli a mille euro ciascuno. Per poi inserire i costi di accesso ai servizi comunali costruiti in base al reddito famigliare con maggiore precisione. Ragione per cui l'addizionale comunale irpef si modula meglio proprio in funzione di una scala più corretta.
Infine occorre che esista qualcuno che, magari anche a campione, verifichi le determinazioni dell'ufficio, prima che per controllo, per dare migliori indicazioni nell'intervento.
Ci sono i calcolatori (e i cellulari…) e questo dovrebbe bastare a gestire le operazioni senza troppe complicazioni.

Manca infine in questa operazione una lettura politica da parte dell'amministrazione dell'insieme delle spese & investimento perché finora è solo un fatto ragionieristico ed emotivo. Questo deve essere fatto dalla politica ma anche da un soggetto esterno che ne valuti l'efficacia reale rispetto agli indirizzi del consiglio comunale ed eventualmente suggerire anche quelli. Ovviamente magari scegliendo professionisti qualificati e non come quelli che preparano mega piani per poi verificare che non valgono nemmeno la carta consumata per stamparli visto che le aziende  concorrenti manco li prendono in considerazione.
Morale della questione: NON c'è TRASPARENZA nella spesa sociale. Un paese ha bisogno anche di avere una sua immagine e questa gliela può dare solo la politica. Quando la sindaca scrive che la spesa sociale del comune arriva a 1,4 milioni non dubitiamo che i suoi conteggi  corrispondano al vero. La questione è che la coesione sociale si costruisce quando i cittadini hanno l'immagine corretta del loro stare assieme, piuttosto che le spese per l'ultima pizzata. Ma dubitiamo che questo consiglio comunale comprende la faccenda.


CURNO IL PAESE BELLO DA VIVERE.
DALLA DISCARICA DI VIA TOSCANA
A QUELLE IN VIA BREMBO
POI QUELLA DI VIA EUROPA
ADESSO DUE IN VIA LECCO
Qui ragazzi, bisogna tira giù Maria Assunta dal campanile e  portarla a  fare un giro per il paese perché l'é prope scalognat.
La telenovela dello pseudo  potenziamento del tratto della Dalmine-Almè dal quadrifoglio di Curno sull'asse interurbano a Valbrembo, dopo gli arricchimenti (di puntate) subiti per la c.d Rotonda delle Cornelle tra Mozzo e Valbrembo nonché la tragicomica vicenda del Riolo (il torrente tra Valbrembo e Mozzo che sfocia nella Quisa) che ha determinato gli imponenti lavori in corso (e i conseguenti aumenti dei costi) ha sbattuto addosso a Curno due colline(tte) di terreno di scavo per eseguire le opere, collinette collocate nei lobi  est del quadrifoglio su via Lecco. L'insieme è abbastanza straniante anche perché  queste collinette franeranno in buona parte sulle strade e quindi il Comune di Curno, proprietario di via Lecco, dovrà darsi da fare. Azzarola l'ass. Conti che nella vicenda aveva tenuto una condotta  la più defilata possibile (basta vedere  come sistemano la nuova strada  nella parte ovest tra via Lecco e via Brembo…) adesso si trova a gestire una rogna che mette in contrapposizione il Comune retto da una compagine col CSX maggiore azionista elettorale e la Provincia governata da un pateracchio pressoche identico se non peggiore.
Curno non è quindi SOLO un paese bello da vivere ma adesso ha anche un altro record (gli altri record sono la fuga di due aziende metalmeccaniche leader mondiali ed una marea di centri commerciali in crisi) ma anche quello di avere BEN DUE collinette realizzate per la creazione di due arterie stradali. La prima collinetta è quella su cui poggia Via Toscana creata nel 1920 quando per tracciare la tranvia da Ponte a Bergamo scavarono la trincea di via Lecco dalle Crocette fino al Cascinetto. I carrellini portavano la terra scavata a formare quella collinetta poi riempita di lussuose villette negli anni '60.
Adesso i maxi sottopassi  della c.d. Rotonda delle Cornelle hanno costretto a creare le due collinette-discariche su metà del quadrifoglio con via Lecco. Pare che la cosa non sia gradita nemmeno alla sindaca Gamba ma tanto dovrà mettersi il cuore in pace perché così fanno quelli che comandano davvero.

Nel frattempo –oltre alle collinette- Giove pluvio ha scaricato uno stravento che ha fatto allagare (di nuovo) il sottopasso di via Europa sempre con questa Dalmine-Almè. I motivi dell'allagamento sono banali: le pompe istallate non bastano a levare l'acqua che piove e toccherebbe al comune potenziarle ma in cinque anni non hanno trovato come fare. Forse stanno studiando di affidare lo sgombero delle acque a una coop di giovini disoccupati curnesi muniti di giubbino disegnato ad hoc. Chissà. Come non esistono degli stradini comunali che tengono puliti gli scarichi.

Nel frattempo – oltre le collinette e l'allagamento di via Europa-  qualche burlone ha cambiato le date di apertura del sottopasso di via Brembo sempre con quella maledetta Dalmine-Alme spostandolo avanti di ben due mesi. Ovvia la reazione delle persone. Si scopre che qualche ora dopo lo scoppio del petardo  il solito burlone ha  corretto la data  di apertura riportandola a quella originale di metà luglio.
Insomma la telenovela riserva sempre qualche episodio.