A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1229DEL 19 MAGGIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















BERGHEM-BRESA: CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA?
GORI PENSI AI 3000 MORTI DI COVID19 E AL CAOS
PSEUDOTURISTICO CHE INVADE LA CITTÀ
Due notizie odierne che riguardano la città. I sindaci di Bergamo e Brescia hanno deciso di candidare le due città quali “capitali italiane della cultura” per l'anno del signore 2023 e –seconda notizia- all'altezza dell'ingresso nel parcheggio di via Astino verà  creata a spese della MIA una rotonda in modo che sia attivabile iol controllo elettronico degli accessi “oltre” via Astino verso città alta.
A titolo informativo. Giorgio Gori è stato rieletto sindaco della città nel 2019 e quindi nel 2023 sarà al penultimo anno del secondo mandato. Emilio de Bono sindaco di Brescia è stato rieletto nel 2018 e quindi nel 2023 sarà all'ultimo anno del mandato. Entrambi non potranno più presentarsi come candidati sindaci. Chi ci vuole leggere qualcosa di malizioso in queste coincidenze temporali, libero di sbizzarrirsi .
Naturalmente non vediamo nulla di male nell'idea  che Bergamo assieme a Brescia si candidino a “capitali italiane della cultura” per l'anno del signore 2023 anche se –adesso ci riferiamo solo a Bergamo dal momento che in tema non  ci siamo informati su Brescia- vediamo che Gori non abbia riflettuto abbastanza bene su quel che va predicando da un paio di mesi.
Gori fa finta di non capire un fatto semplice che lui stesso  sta sottolineando –senza nemmeno accorgersi- da  due tre mesi. Se l'aeroporto di  Bergamo  porta in città  Bergamo bassa e soprattutto Città Alta non meno di due tre milioni di passeggeri che la visitano anche solo “per attraversamento” in attesa del successivo volo aereo, non deve meravigliarsi se la pandemia da covid 19 ha ramazzato brutalmente in provincia di Bergamo  3060 persone e  ci dovrebbero essere anche i 2450 defunti della Provincia di Brescia  (anche se l'ATS provinciale ha smesso di comunicare questa informazione…?).
(...)

QUELLI CHE NON  RIUSCIRANNO A RIPARTIRE
Non è una possibilità. È una certezza. La rabbia generata dalla disperazione economica esploderà, non serve un indovino. Basta mettere l'orecchio a terra come si faceva al principio, quando non c'era internet e nemmeno il telefono, quando per capire si doveva ascoltare ed erano chiari anche i suoni portati dal vento: la moltitudine di chi non ha più niente da perdere è già in marcia. Basta leggere con qualche attenzione le brevi di cronaca, cercare i video di chi con voce rotta racconta storie su Facebook. Un assalto a un bancomat, una due dieci vetrine spaccate per portar via quelle tre cose rimaste dentro. Un negoziante che prende a martellate il suo locale, una madre di tre figli che non potrà tornare al lavoro e promette: domani mi incateno con loro davanti alla scuola. È una certezza, ed è per questo che più che offensivo è sospetto il grande esercizio di disciplina al quale da tre mesi siamo sottoposti come scolari terrorizzati dall'intervista all'accigliato virologo di prima mattina, dal nuovo decreto annunciato per le otto di sera, no le otto e mezza, forse le nove. State fermi. Ora vi diciamo noi come fare. I campi sportivi sì ma dopo l'allenamento, la doccia no, le chiese va bene ma le scuole non se ne parla, i teatri figuriamoci. Il bagno in mare certo, purché mai da fermi. Fate come vi diciamo, e se non vi sembra logico non importa: da grandi capirete.
Intanto, mettete la mascherina: che se avrete disubbidito e poi vi ammalate sarà stata colpa vostra. No, i tamponi e i test no, che c'entra. Isolare solo le zone ancora a rischio e liberare le altre nemmeno, che idea balorda. La app per tracciare i contatti? Ah già, la app. Dove sarà la pratica, chi la seguiva? Ma ora attenti, perché vi spieghiamo il nuovo decreto Rilancio che distribuisce soldi a tutti, poi più avanti faremo un nuovo decreto – presto: massimo giugno, al più tardi i primi di luglio tanto che avete da fare.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!































































































































































































































BERGHEM-BRESA: CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA?
GORI PENSI AI 3000 MORTI DI COVID19 E AL CAOS
PSEUDOTURISTICO CHE INVADE LA CITTÀ
Due notizie odierne che riguardano la città. I sindaci di Bergamo e Brescia hanno deciso di candidare le due città quali “capitali italiane della cultura” per l'anno del signore 2023 e –seconda notizia- all'altezza dell'ingresso nel parcheggio di via Astino verà  creata a spese della MIA una rotonda in modo che sia attivabile iol controllo elettronico degli accessi “oltre” via Astino verso città alta.
A titolo informativo. Giorgio Gori è stato rieletto sindaco della città nel 2019 e quindi nel 2023 sarà al penultimo anno del secondo mandato. Emilio de Bono sindaco di Brescia è stato rieletto nel 2018 e quindi nel 2023 sarà all'ultimo anno del mandato. Entrambi non potranno più presentarsi come candidati sindaci. Chi ci vuole leggere qualcosa di malizioso in queste coincidenze temporali, libero di sbizzarrirsi .
Naturalmente non vediamo nulla di male nell'idea  che Bergamo assieme a Brescia si candidino a “capitali italiane della cultura” per l'anno del signore 2023 anche se –adesso ci riferiamo solo a Bergamo dal momento che in tema non  ci siamo informati su Brescia- vediamo che Gori non abbia riflettuto abbastanza bene su quel che va predicando da un paio di mesi.
Gori fa finta di non capire un fatto semplice che lui stesso  sta sottolineando –senza nemmeno accorgersi- da  due tre mesi. Se l'aeroporto di  Bergamo  porta in città  Bergamo bassa e soprattutto Città Alta non meno di due tre milioni di passeggeri che la visitano anche solo “per attraversamento” in attesa del successivo volo aereo, non deve meravigliarsi se la pandemia da covid 19 ha ramazzato brutalmente in provincia di Bergamo  3060 persone e  ci dovrebbero essere anche i 2450 defunti della Provincia di Brescia  (anche se l'ATS provinciale ha smesso di comunicare questa informazione…?).
Naturalmente solo chi legge in malafede può dire che colleghiamo direttamente i visitatori  della città come dei potenziali untori ma è evidente che questo enorme rimescolamento di persone proveniente da tutto il mondo, non è una frittata pacifica. Anche Linate e Malpensa sono aeroporti di transito ma non nella dimensione del Caravaggio: probabile che nei due aeroporti milanesi solo il 5% dei passeggeri trascorra qualche ora in città per visitarla mentre da noi siamo a percentuali opposte se non addirittura al 100% di tutti quelli in transito per cambiare rotta.
Se per la difesa dal covid 19  ci viene consigliato-imposto (1)lavatevi speso  le mani (2) indossate la mascherina (3)mantenete la distanza interpersonale chissà quanti passeggeri  hanno attraversato la nostra città quali portatori sani (e non) del virus.
Gori ha sostanzialmente un'idea bottegaia della città: quel che è buono per i bottegai albergatori B&B crea ricchezza nella città e quindi la sua rielezione è garantita. Il suo “sistema” va bene per i negozianti, per chi affitta  a prezzi esosi i locali, a chi ha occupazione a basso costo o in nero ed anche a chi –occupati in nero- trovano soddisfazione immediata in caso di necessità momentanea. Mica per nulla il capogruppo della sua rappresentanza consigliare è proprio un ristoratore  di città alta.



La seconda notizia riguarda la creazione della rotonda all'ingresso del parcheggio di via Astino. Si legga l'articolo allegato. Noi abbiamo già scritto e continueremo a scrivere che l'operazione Astino è stata una frode ai cittadini perché sostanzialmente con  MOLTISSIMO  denaro pubblico (della MIA, della Regione e del Comune)  si è tolto dagli impicci un debito per la società privata che era proprietaria dell'immobile (terreni e convento e cascine), si è caricato il tutto sulla groppa del pubblico (anche la MIA è una società che istituzionalmente deve fare pubblico beneficio) e adesso va solo a beneficio dei pochi operatori che affittano gli spazi nel convento. La questione è che il ricavato dell'affitto degli spazi è del tutto minimo rispeto agli investimenti fatti dalla MIA e dagli altri enti pubblici.
Immediatamente  ci verrà contestato: allora volevate che l'insieme crollasse?. La risposta è  perfino banale: se davvero l'operazione Astino da un solido e consistente beneficio per la MIA (come prevede il suo statuto) come mai il vecchio proprietario non ha fatto lo stesso?.
Seconda contestazione: il beneficio ambientale della destinazione del territorio. Questa è una autentica balla dal momento che passare dalla semplice monocoltura a prato ( anche solo come giardino aperto al pubblico) all'attuale sistema che prevede di riversare sui campo enormi quantità di gasolio (per il funzionamento delle macchine operatrici) per le varie operazioni dimostrano l'esatto contrario. Che dire poi dell'orto della nonna che funziona da IMBROGLIO nei confronti del consumatore. Il quale vede la lattuga coltivata in un modo ed immagina che lo stesso accada con quella che compra  in busta al supermercato. Che è tutt'altra roba: non velenosa ma che non ha nulla in comune con quella che cresce nella valle della biodiversità.
Così l'operazione Astino oltre ad avere liberato il privato di una grande croce, ha caricato sui cittadini una quantità di spese enormi senza alcun beneficio dal momento che ad Astino ci guadagnano solo i ristoratori che aprono bottega. Senza contare che l'impatto delle enormi lavorazioni agrarie (un grave compattamento del suolo e la conseguente riduzione dell'assorbimento delle acque meteoriche) ed edilizie che negli ultimi anni sono state caricate sulla valle sono state –assieme alla fognatura comunale dai colli- uno dei motivi degli allagamenti del quartiere per arrivare all'assurdo delle vasche di laminazione i cui costi ricadranno sugli abitanti attraverso le bollette del consorzio di bonifica.
Buonsenso semmai  consigliava di dare alla vecchia proprietà la possibilità di ristrutturare e restaurare gli immobili con una destinazione mista più o meno come prevista adesso e nel contempo trasformare tutta la campagna in un parco pubblico distribuendo ragionevolmente degli orti sull'insieme. Poi bisognava avere il coraggio che tutta via Astino  da via Madonna del Bosco fino al convento venisse ristrutturata con una pavimentazione naturale, un viale di piante nobili e riservarla esclusivamente a pedoni ed abitanti senza possibilità di salire-scendere in città alta dal convento in su. Il parcheggio si poteva fare all'incrocio delle due vie, magari  abbassandone il livello e creando delle colline e piantumazioni che nascondevano ed ombreggiavano. Un intervento soft che sarebbe costo pochissimo alla  comunità (MIA, Comune, Regione, Stato) e senza far perdere valore economico al convento, riservava ai cittadino un godimento  enorme dell'intero comparto. La soluzione che hanno scelto sostanzialmente ha sottratto tutto il comparto ai cittadini tranne la microscopica valle della biodiversità e il “buono” è stato ristrutturato a spese pubbliche e va a beneficio di  pochissimi ristoratori. Che è poi la politica di Gori ed ella sua maggioranza per Bergamo e Città Alta.

QUELLI CHE NON  RIUSCIRANNO A RIPARTIRE
Non è una possibilità. È una certezza. La rabbia generata dalla disperazione economica esploderà, non serve un indovino. Basta mettere l'orecchio a terra come si faceva al principio, quando non c'era internet e nemmeno il telefono, quando per capire si doveva ascoltare ed erano chiari anche i suoni portati dal vento: la moltitudine di chi non ha più niente da perdere è già in marcia. Basta leggere con qualche attenzione le brevi di cronaca, cercare i video di chi con voce rotta racconta storie su Facebook. Un assalto a un bancomat, una due dieci vetrine spaccate per portar via quelle tre cose rimaste dentro. Un negoziante che prende a martellate il suo locale, una madre di tre figli che non potrà tornare al lavoro e promette: domani mi incateno con loro davanti alla scuola. È una certezza, ed è per questo che più che offensivo è sospetto il grande esercizio di disciplina al quale da tre mesi siamo sottoposti come scolari terrorizzati dall'intervista all'accigliato virologo di prima mattina, dal nuovo decreto annunciato per le otto di sera, no le otto e mezza, forse le nove. State fermi. Ora vi diciamo noi come fare. I campi sportivi sì ma dopo l'allenamento, la doccia no, le chiese va bene ma le scuole non se ne parla, i teatri figuriamoci. Il bagno in mare certo, purché mai da fermi. Fate come vi diciamo, e se non vi sembra logico non importa: da grandi capirete.
Intanto, mettete la mascherina: che se avrete disubbidito e poi vi ammalate sarà stata colpa vostra. No, i tamponi e i test no, che c'entra. Isolare solo le zone ancora a rischio e liberare le altre nemmeno, che idea balorda. La app per tracciare i contatti? Ah già, la app. Dove sarà la pratica, chi la seguiva? Ma ora attenti, perché vi spieghiamo il nuovo decreto Rilancio che distribuisce soldi a tutti, poi più avanti faremo un nuovo decreto – presto: massimo giugno, al più tardi i primi di luglio tanto che avete da fare.
Così poi senza più burocrazia, in agosto, vedrete che tutte le vostre domande andranno a buon fine e arriveranno i soldi, non ci saranno hacker maligni che bloccano il sito dell'Inps, e poi intanto saranno riaperte le scuole, ma solo alcune non tutte, ora poi per i criteri la ministra vedrà, vi farà sapere.
Intanto sono raddoppiati, oggi, ora, i nuovi poveri in fila alla Caritas, centuplicati i lavoratori a contratto a progetto o come caspita adesso si chiamano che certo, se il negozio è chiuso, il ristorante può tenere quattro tavoli anziché quaranta, se l'azienda ha ridotto del 70 per cento la produzione come facciamo a riprendervi, siamo tutti nella stessa barca. Non esattamente. Siamo tutti nella stessa tempesta. A dirigere il traffico un governo che sta in piedi solo grazie al virus, una maggioranza di diversi che tirano la fune ciascuno dalla sua parte, per il suo calcolo. E se il calcolo è quello di essere visibili un momento, nel terrore della scomparsa, allora strillano: facciamo saltare tutto. Ma non salta, non salta. Perché poi chi li rielegge, chi glieli assicura i posti in Parlamento.
Non c'è un disegno strategico, non c'è una visione del futuro in questa sfornata di decreti cotti al ritmo del pane.
Quali sono le priorità? L'industria? L'agricoltura? La filiera del turismo, il made in Italy la moda la cultura? L'arte?
L'arte che non ci fa solo divertire, presidente: muove miliardi e genera lavoro per milioni di persone in un Paese che non ha il petrolio, ha la lirica. Non ha le piantagioni di mais, ha il teatro San Carlo e il Colosseo. E quali sono le tutele per chi a un certo punto dovrà ricominciare a pagare l'affitto e il mutuo sospesi, e i libri di scuola. Servono tutele diverse per problemi diversi, perché l'uguaglianza non è fare la stessa cosa con tutti – l'Irap, per dire – ma è calibrare le misure ai bisogni.
Molti anni fa, nel 2011, alla vigilia dell'esplosione del Movimento cinque stelle, in politica avevo raccolto una serie di storie di frustrazione, delusione, rabbia: stavano generando il tempo che sarebbe di lí a poco arrivato.
Avevo parlato in quell'occasione con Remo Bodei, filosofo, che aveva scritto un saggio sull'ira. «L'episodio che scatena la rabbia è quasi sempre irrilevante. È un sentimento agglutinante che trae origine non dall'ultima ma da tutte le frustrazioni subite, le attese tradite, le speranze malpagate. È come un imbuto che convoglia episodi avvenuti nel tempo». Poi mi aveva detto un'altra cosa molto bella, che vorrei condividere ancora: «Ragione e passione non sono logica e assenza di logica: sono logiche diverse. Quella delle passioni è simbolica, da symballein , congiungere. Unisce ciò che è separato. Quella della ragione è analitica e diabolica – da diaballein , dividere». Nessuna politica è efficace se non sa unire e dividere: coniugare ragione e passione. Infine: «Il populismo si nutre della rabbia in folle: la rabbia che gira a vuoto». Ecco. La rabbia in folle. E troppe volte, nel passato, a grandi momenti di rabbia hanno fatto seguito grandi repressioni. Troppe leggi speciali abbiamo già conosciuto. Troppi uomini nuovi, che avessero le corna da Asterix sul cappello, la cassaforte nelle ville, un palco da cui gridare vaffanculo o un video da postare cantando in karaoke, e poi i pallidi epigoni a sinistra, che è stato sempre più difficile chiamare sinistra.
L'ultima volta che ho intervistato Margherita Hack, ci ripenso spesso in questi tempi in cui gli scienziati hanno preso il posto del resto giá vuoto degli statisti, una persona dal pubblico le chiese: c'è la possibilità che un asteroide colpisca la terra? «Non è una possibilità, gli è una certezza», rispose lei in quel suo fiorentino dolce. E quali sarebbero le conseguenze? «Nulla. La distruzione del genere umano ».
Non è un asteroide, è un virus. Paralisi economica, povertá.
È una tempesta di decreti-meteorite. Gli è una certezza.

Concita De Gregorio