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BERGHEM-BRESA: CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA?
GORI PENSI AI 3000 MORTI DI COVID19 E AL CAOS
PSEUDOTURISTICO CHE INVADE LA CITTÀ
Due notizie odierne che riguardano la città. I sindaci di Bergamo e
Brescia hanno deciso di candidare le due città quali “capitali italiane
della cultura” per l'anno del signore 2023 e –seconda notizia-
all'altezza dell'ingresso nel parcheggio di via Astino verà creata a
spese della MIA una rotonda in modo che sia attivabile iol controllo
elettronico degli accessi “oltre” via Astino verso città alta.
A titolo informativo. Giorgio Gori è stato rieletto sindaco della città
nel 2019 e quindi nel 2023 sarà al penultimo anno del secondo mandato.
Emilio de Bono sindaco di Brescia è stato rieletto nel 2018 e quindi
nel 2023 sarà all'ultimo anno del mandato. Entrambi non potranno più
presentarsi come candidati sindaci. Chi ci vuole leggere qualcosa di
malizioso in queste coincidenze temporali, libero di sbizzarrirsi .
Naturalmente non vediamo nulla di male nell'idea che Bergamo assieme a
Brescia si candidino a “capitali italiane della cultura” per l'anno del
signore 2023 anche se –adesso ci riferiamo solo a Bergamo dal momento
che in tema non ci siamo informati su Brescia- vediamo che Gori non
abbia riflettuto abbastanza bene su quel che va predicando da un paio
di mesi.
Gori fa finta di non capire un fatto semplice che lui stesso sta
sottolineando –senza nemmeno accorgersi- da due tre mesi. Se
l'aeroporto di Bergamo porta in città Bergamo bassa e soprattutto
Città Alta non meno di due tre milioni di passeggeri che la visitano
anche solo “per attraversamento” in attesa del successivo volo aereo,
non deve meravigliarsi se la pandemia da covid 19 ha ramazzato
brutalmente in provincia di Bergamo 3060 persone e ci dovrebbero
essere anche i 2450 defunti della Provincia di Brescia (anche se l'ATS
provinciale ha smesso di comunicare questa informazione…?).
(...)
QUELLI CHE NON RIUSCIRANNO A RIPARTIRE
Non è una possibilità. È una certezza. La rabbia generata dalla
disperazione economica esploderà, non serve un indovino. Basta mettere
l'orecchio a terra come si faceva al principio, quando non c'era
internet e nemmeno il telefono, quando per capire si doveva ascoltare
ed erano chiari anche i suoni portati dal vento: la moltitudine di chi
non ha più niente da perdere è già in marcia. Basta leggere con qualche
attenzione le brevi di cronaca, cercare i video di chi con voce rotta
racconta storie su Facebook. Un assalto a un bancomat, una due dieci
vetrine spaccate per portar via quelle tre cose rimaste dentro. Un
negoziante che prende a martellate il suo locale, una madre di tre
figli che non potrà tornare al lavoro e promette: domani mi incateno
con loro davanti alla scuola. È una certezza, ed è per questo che più
che offensivo è sospetto il grande esercizio di disciplina al quale da
tre mesi siamo sottoposti come scolari terrorizzati dall'intervista
all'accigliato virologo di prima mattina, dal nuovo decreto annunciato
per le otto di sera, no le otto e mezza, forse le nove. State fermi.
Ora vi diciamo noi come fare. I campi sportivi sì ma dopo
l'allenamento, la doccia no, le chiese va bene ma le scuole non se ne
parla, i teatri figuriamoci. Il bagno in mare certo, purché mai da
fermi. Fate come vi diciamo, e se non vi sembra logico non importa: da
grandi capirete.
Intanto, mettete la mascherina: che se avrete disubbidito e poi vi
ammalate sarà stata colpa vostra. No, i tamponi e i test no, che
c'entra. Isolare solo le zone ancora a rischio e liberare le altre
nemmeno, che idea balorda. La app per tracciare i contatti? Ah già, la
app. Dove sarà la pratica, chi la seguiva? Ma ora attenti, perché vi
spieghiamo il nuovo decreto Rilancio che distribuisce soldi a tutti,
poi più avanti faremo un nuovo decreto – presto: massimo giugno, al più
tardi i primi di luglio tanto che avete da fare.
(...)
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PDF: 11,5Mb
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BERGHEM-BRESA: CAPITALI ITALIANE DELLA CULTURA?
GORI PENSI AI 3000 MORTI DI COVID19 E AL CAOS
PSEUDOTURISTICO CHE INVADE LA CITTÀ
Due notizie odierne che riguardano la città. I sindaci di Bergamo e
Brescia hanno deciso di candidare le due città quali “capitali italiane
della cultura” per l'anno del signore 2023 e –seconda notizia-
all'altezza dell'ingresso nel parcheggio di via Astino verà
creata a spese della MIA una rotonda in modo che sia attivabile iol
controllo elettronico degli accessi “oltre” via Astino verso città alta.
A titolo informativo. Giorgio Gori è stato rieletto sindaco della città
nel 2019 e quindi nel 2023 sarà al penultimo anno del secondo mandato.
Emilio de Bono sindaco di Brescia è stato rieletto nel 2018 e quindi
nel 2023 sarà all'ultimo anno del mandato. Entrambi non potranno più
presentarsi come candidati sindaci. Chi ci vuole leggere qualcosa di
malizioso in queste coincidenze temporali, libero di sbizzarrirsi .
Naturalmente non vediamo nulla di male nell'idea che Bergamo
assieme a Brescia si candidino a “capitali italiane della cultura” per
l'anno del signore 2023 anche se –adesso ci riferiamo solo a Bergamo
dal momento che in tema non ci siamo informati su Brescia-
vediamo che Gori non abbia riflettuto abbastanza bene su quel che va
predicando da un paio di mesi.
Gori fa finta di non capire un fatto semplice che lui stesso sta
sottolineando –senza nemmeno accorgersi- da due tre mesi. Se
l'aeroporto di Bergamo porta in città Bergamo bassa e
soprattutto Città Alta non meno di due tre milioni di passeggeri che la
visitano anche solo “per attraversamento” in attesa del successivo volo
aereo, non deve meravigliarsi se la pandemia da covid 19 ha ramazzato
brutalmente in provincia di Bergamo 3060 persone e ci
dovrebbero essere anche i 2450 defunti della Provincia di Brescia
(anche se l'ATS provinciale ha smesso di comunicare questa
informazione…?).
Naturalmente solo chi legge in malafede può dire che colleghiamo
direttamente i visitatori della città come dei potenziali untori
ma è evidente che questo enorme rimescolamento di persone proveniente
da tutto il mondo, non è una frittata pacifica. Anche Linate e Malpensa
sono aeroporti di transito ma non nella dimensione del Caravaggio:
probabile che nei due aeroporti milanesi solo il 5% dei passeggeri
trascorra qualche ora in città per visitarla mentre da noi siamo a
percentuali opposte se non addirittura al 100% di tutti quelli in
transito per cambiare rotta.
Se per la difesa dal covid 19 ci viene consigliato-imposto
(1)lavatevi speso le mani (2) indossate la mascherina
(3)mantenete la distanza interpersonale chissà quanti passeggeri
hanno attraversato la nostra città quali portatori sani (e non) del
virus.
Gori ha sostanzialmente un'idea bottegaia della città: quel che è buono
per i bottegai albergatori B&B crea ricchezza nella città e quindi
la sua rielezione è garantita. Il suo “sistema” va bene per i
negozianti, per chi affitta a prezzi esosi i locali, a chi ha
occupazione a basso costo o in nero ed anche a chi –occupati in nero-
trovano soddisfazione immediata in caso di necessità momentanea. Mica
per nulla il capogruppo della sua rappresentanza consigliare è proprio
un ristoratore di città alta.
La seconda notizia riguarda la creazione della rotonda all'ingresso del
parcheggio di via Astino. Si legga l'articolo allegato. Noi abbiamo già
scritto e continueremo a scrivere che l'operazione Astino è stata una
frode ai cittadini perché sostanzialmente con MOLTISSIMO
denaro pubblico (della MIA, della Regione e del Comune) si è
tolto dagli impicci un debito per la società privata che era
proprietaria dell'immobile (terreni e convento e cascine), si è
caricato il tutto sulla groppa del pubblico (anche la MIA è una società
che istituzionalmente deve fare pubblico beneficio) e adesso va solo a
beneficio dei pochi operatori che affittano gli spazi nel convento. La
questione è che il ricavato dell'affitto degli spazi è del tutto minimo
rispeto agli investimenti fatti dalla MIA e dagli altri enti pubblici.
Immediatamente ci verrà contestato: allora volevate che l'insieme
crollasse?. La risposta è perfino banale: se davvero l'operazione
Astino da un solido e consistente beneficio per la MIA (come prevede il
suo statuto) come mai il vecchio proprietario non ha fatto lo stesso?.
Seconda contestazione: il beneficio ambientale della destinazione del
territorio. Questa è una autentica balla dal momento che passare dalla
semplice monocoltura a prato ( anche solo come giardino aperto al
pubblico) all'attuale sistema che prevede di riversare sui campo enormi
quantità di gasolio (per il funzionamento delle macchine operatrici)
per le varie operazioni dimostrano l'esatto contrario. Che dire poi
dell'orto della nonna che funziona da IMBROGLIO nei confronti del
consumatore. Il quale vede la lattuga coltivata in un modo ed immagina
che lo stesso accada con quella che compra in busta al
supermercato. Che è tutt'altra roba: non velenosa ma che non ha nulla
in comune con quella che cresce nella valle della biodiversità.
Così l'operazione Astino oltre ad avere liberato il privato di una
grande croce, ha caricato sui cittadini una quantità di spese enormi
senza alcun beneficio dal momento che ad Astino ci guadagnano solo i
ristoratori che aprono bottega. Senza contare che l'impatto delle
enormi lavorazioni agrarie (un grave compattamento del suolo e la
conseguente riduzione dell'assorbimento delle acque meteoriche) ed
edilizie che negli ultimi anni sono state caricate sulla valle sono
state –assieme alla fognatura comunale dai colli- uno dei motivi degli
allagamenti del quartiere per arrivare all'assurdo delle vasche di
laminazione i cui costi ricadranno sugli abitanti attraverso le
bollette del consorzio di bonifica.
Buonsenso semmai consigliava di dare alla vecchia proprietà la
possibilità di ristrutturare e restaurare gli immobili con una
destinazione mista più o meno come prevista adesso e nel contempo
trasformare tutta la campagna in un parco pubblico distribuendo
ragionevolmente degli orti sull'insieme. Poi bisognava avere il
coraggio che tutta via Astino da via Madonna del Bosco fino al
convento venisse ristrutturata con una pavimentazione naturale, un
viale di piante nobili e riservarla esclusivamente a pedoni ed abitanti
senza possibilità di salire-scendere in città alta dal convento in su.
Il parcheggio si poteva fare all'incrocio delle due vie, magari
abbassandone il livello e creando delle colline e piantumazioni che
nascondevano ed ombreggiavano. Un intervento soft che sarebbe costo
pochissimo alla comunità (MIA, Comune, Regione, Stato) e senza
far perdere valore economico al convento, riservava ai cittadino un
godimento enorme dell'intero comparto. La soluzione che hanno
scelto sostanzialmente ha sottratto tutto il comparto ai cittadini
tranne la microscopica valle della biodiversità e il “buono” è stato
ristrutturato a spese pubbliche e va a beneficio di pochissimi
ristoratori. Che è poi la politica di Gori ed ella sua maggioranza per
Bergamo e Città Alta.
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QUELLI CHE NON RIUSCIRANNO A RIPARTIRE
Non è una possibilità. È una certezza. La rabbia generata dalla
disperazione economica esploderà, non serve un indovino. Basta mettere
l'orecchio a terra come si faceva al principio, quando non c'era
internet e nemmeno il telefono, quando per capire si doveva ascoltare
ed erano chiari anche i suoni portati dal vento: la moltitudine di chi
non ha più niente da perdere è già in marcia. Basta leggere con qualche
attenzione le brevi di cronaca, cercare i video di chi con voce rotta
racconta storie su Facebook. Un assalto a un bancomat, una due dieci
vetrine spaccate per portar via quelle tre cose rimaste dentro. Un
negoziante che prende a martellate il suo locale, una madre di tre
figli che non potrà tornare al lavoro e promette: domani mi incateno
con loro davanti alla scuola. È una certezza, ed è per questo che più
che offensivo è sospetto il grande esercizio di disciplina al quale da
tre mesi siamo sottoposti come scolari terrorizzati dall'intervista
all'accigliato virologo di prima mattina, dal nuovo decreto annunciato
per le otto di sera, no le otto e mezza, forse le nove. State fermi.
Ora vi diciamo noi come fare. I campi sportivi sì ma dopo
l'allenamento, la doccia no, le chiese va bene ma le scuole non se ne
parla, i teatri figuriamoci. Il bagno in mare certo, purché mai da
fermi. Fate come vi diciamo, e se non vi sembra logico non importa: da
grandi capirete.
Intanto, mettete la mascherina: che se avrete disubbidito e poi vi
ammalate sarà stata colpa vostra. No, i tamponi e i test no, che
c'entra. Isolare solo le zone ancora a rischio e liberare le altre
nemmeno, che idea balorda. La app per tracciare i contatti? Ah già, la
app. Dove sarà la pratica, chi la seguiva? Ma ora attenti, perché vi
spieghiamo il nuovo decreto Rilancio che distribuisce soldi a tutti,
poi più avanti faremo un nuovo decreto – presto: massimo giugno, al più
tardi i primi di luglio tanto che avete da fare.
Così poi senza più burocrazia, in agosto, vedrete che tutte le vostre
domande andranno a buon fine e arriveranno i soldi, non ci saranno
hacker maligni che bloccano il sito dell'Inps, e poi intanto saranno
riaperte le scuole, ma solo alcune non tutte, ora poi per i criteri la
ministra vedrà, vi farà sapere.
Intanto sono raddoppiati, oggi, ora, i nuovi poveri in fila alla
Caritas, centuplicati i lavoratori a contratto a progetto o come
caspita adesso si chiamano che certo, se il negozio è chiuso, il
ristorante può tenere quattro tavoli anziché quaranta, se l'azienda ha
ridotto del 70 per cento la produzione come facciamo a riprendervi,
siamo tutti nella stessa barca. Non esattamente. Siamo tutti nella
stessa tempesta. A dirigere il traffico un governo che sta in piedi
solo grazie al virus, una maggioranza di diversi che tirano la fune
ciascuno dalla sua parte, per il suo calcolo. E se il calcolo è quello
di essere visibili un momento, nel terrore della scomparsa, allora
strillano: facciamo saltare tutto. Ma non salta, non salta. Perché poi
chi li rielegge, chi glieli assicura i posti in Parlamento.
Non c'è un disegno strategico, non c'è una visione del futuro in questa sfornata di decreti cotti al ritmo del pane.
Quali sono le priorità? L'industria? L'agricoltura? La filiera del turismo, il made in Italy la moda la cultura? L'arte?
L'arte che non ci fa solo divertire, presidente: muove miliardi e
genera lavoro per milioni di persone in un Paese che non ha il
petrolio, ha la lirica. Non ha le piantagioni di mais, ha il teatro San
Carlo e il Colosseo. E quali sono le tutele per chi a un certo punto
dovrà ricominciare a pagare l'affitto e il mutuo sospesi, e i libri di
scuola. Servono tutele diverse per problemi diversi, perché
l'uguaglianza non è fare la stessa cosa con tutti – l'Irap, per dire –
ma è calibrare le misure ai bisogni.
Molti anni fa, nel 2011, alla vigilia dell'esplosione del Movimento
cinque stelle, in politica avevo raccolto una serie di storie di
frustrazione, delusione, rabbia: stavano generando il tempo che sarebbe
di lí a poco arrivato.
Avevo parlato in quell'occasione con Remo Bodei, filosofo, che aveva
scritto un saggio sull'ira. «L'episodio che scatena la rabbia è quasi
sempre irrilevante. È un sentimento agglutinante che trae origine non
dall'ultima ma da tutte le frustrazioni subite, le attese tradite, le
speranze malpagate. È come un imbuto che convoglia episodi avvenuti nel
tempo». Poi mi aveva detto un'altra cosa molto bella, che vorrei
condividere ancora: «Ragione e passione non sono logica e assenza di
logica: sono logiche diverse. Quella delle passioni è simbolica, da
symballein , congiungere. Unisce ciò che è separato. Quella della
ragione è analitica e diabolica – da diaballein , dividere». Nessuna
politica è efficace se non sa unire e dividere: coniugare ragione e
passione. Infine: «Il populismo si nutre della rabbia in folle: la
rabbia che gira a vuoto». Ecco. La rabbia in folle. E troppe volte, nel
passato, a grandi momenti di rabbia hanno fatto seguito grandi
repressioni. Troppe leggi speciali abbiamo già conosciuto. Troppi
uomini nuovi, che avessero le corna da Asterix sul cappello, la
cassaforte nelle ville, un palco da cui gridare vaffanculo o un video
da postare cantando in karaoke, e poi i pallidi epigoni a sinistra, che
è stato sempre più difficile chiamare sinistra.
L'ultima volta che ho intervistato Margherita Hack, ci ripenso spesso
in questi tempi in cui gli scienziati hanno preso il posto del resto
giá vuoto degli statisti, una persona dal pubblico le chiese: c'è la
possibilità che un asteroide colpisca la terra? «Non è una possibilità,
gli è una certezza», rispose lei in quel suo fiorentino dolce. E quali
sarebbero le conseguenze? «Nulla. La distruzione del genere umano ».
Non è un asteroide, è un virus. Paralisi economica, povertá.
È una tempesta di decreti-meteorite. Gli è una certezza.
Concita De Gregorio
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