A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1221 DEL 02 MAGGIO 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















FASE2 PER LA SCUOLA? DOPPI TURNI, DOPPIO DI INSEGNANTI
SABATO E DOMENICA A SCUOLA, NIENTE TEMPO PIENO
SPORT DUE VOLTE ALLA SETTIMANA, COMPITI A CASA
METÀ ORARIO DI LAVORO A UN GENITORE
I principali problemi della Fase2 sono la scuola e i trasporti pubblici che essendo fisicamente immodificabili, per mantenere la distanza tra le persone bisognerà ridurre la con-presenza nelle stesse in spazi fisici come le aule o le vetture. Assieme alla decisione di sopportare qualche rischio da tenere sotto controllo più del resto: un maggiore affollamento e  quindi la dotazione di mascherine che non siamo puramente di facciata. Perlomeno delle FP2 che filtrano il 92% verso l'sterno e verso chi le indossa.
Dimezzare e controllare l'accesso dei passeggeri sui mezzi pubblici si può fare benissimo anche con qualche ammennicolo elettronico applicato presso le porte – vale a dire dei contatori che calcolano quanti salgono e quanti scendono (già immaginano l'Arcuri alle prese di questa app…)- e la chiusura automatica delle porte magari non a scatto tipo cesoia come sono adesso.
Poi i mezzi pubblici potrebbero essere dotati di nebulizzatori a bassissimo dosaggio negli impianti di areazione in modo da mantenere migliori condizioni in funzione del carico di passeggeri.
Indubbiamente non è una soluzione totale ma avrebbe dei costi sopportabili per le aziende di trasporto –la soluzione potrebbe essere unica a livello nazionale- e senza rendere necessario un massiccio acquisto di vetture.
Va da se che  un sistema del genere, se bene implementato, potrebbe consentire un controllo prossimo ai 99% del possesso del titolo di viaggio dei passeggeri visto che fare dialogare il cellulare con un rilevatore sul bus consente le verifica e l'eventuale addebito del costo della corsa (su un credito o sulla bolletta dell'acqua o della luce…).
(...)

CARO CONTE, NON SARÀ COLPA
DEI CITTADINI SE L’EPIDEMIA
RICOMINCERÀ DI NUOVO
Possiamo anche ammettere che allo scoppio della pandemia l’Italia non disponesse nei magazzini 180 milioni di mascherine fatte con la carta da culo (le c.d. chirurgiche) vale a dire tre mascherine a testa (necessarie per una-due settimane) per ciascun sfigato nato sotto lo stellone. Possiamo anche ammettere che gli ospedali disponessero solo di 5.324 posti in terapia intensiva e 2.974 nei reparti di malattie infettive e altrettanti respiratori (2018). Non fosse altro che nessuno ha spiegato alla casalinga di Voghera e a suo marito da Valbondione che queste macchine e questi materiali non si possono mantenere in magazzino indefinitivamente in attesa di un utilizzo potenziale visto che ogni cinque anni bisogna cambiarli con macchine e materiali più moderni. E pantalone li dovrà pagare.
Possiamo anche ammettere che il governo si circondi di consulenti preparati per affrontare i diversi aspetti e problemi che pone questa nuova e improvvisa pandemia e a noi cittadini semplici importa  zero sapere chi sia stato il paziente zero, l’uno, il due ecc.: non incolpiamo nessuno perché sappiamo benissimo che poteva capitare a ciascuno di  noi.
(...)

UNA NUOVA DEMOCRATURA
La sindaca Gamba è abituata a dare i (suoi) numeri senza mai spiegarli. Senza mai illustrare come lei e la sua maggioranza li interpretano con la sola eccezione che… due è minore di tre. Fatto che conoscono anche ai bambini di tre anni. Quando sommerge i malcapitati consiglieri (e i due gatti-cittadini che frequentano le sedute consigliari) delle sue centinaia di slides per illustrare le ventiquattro variazioni di bilancio cui ormai ci ha abituati nessuno si aspetti una valutazione che non siano di mera aritmetica e riferimento a un documento programmatico che l'è come la pel di bale. Ci può stare di tutto e niente: se lo copiano-incollano da comune a comune.
Anche in occasione di questa pandemia ha dimenticato di dialogare coi propri cittadini fatto salve la ripetizione delle solite giaculatorie primo novecento: lavatevi e le mani e non slimonatevi tra di voi. Che erano le raccomandazioni che ci faceva pure il maestro Ghislotti in prima elementare nel lontano 1953, quando la sindaca fortunatamente non era nemmeno nata e c'erano ancora dei bambini (e degli adulti) che morivano a raffica di gastroenterite e (un po' meno) di tifo.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!


























MEDELLIN


MEDELLIN





































































































































































































FASE2 PER LA SCUOLA? DOPPI TURNI, DOPPIO DI INSEGNANTI
SABATO E DOMENICA A SCUOLA, NIENTE TEMPO PIENO
SPORT DUE VOLTE ALLA SETTIMANA, COMPITI A CASA
METÀ ORARIO DI LAVORO A UN GENITORE
I principali problemi della Fase2 sono la scuola e i trasporti pubblici che essendo fisicamente immodificabili, per mantenere la distanza tra le persone bisognerà ridurre la con-presenza nelle stesse in spazi fisici come le aule o le vetture. Assieme alla decisione di sopportare qualche rischio da tenere sotto controllo più del resto: un maggiore affollamento e  quindi la dotazione di mascherine che non siamo puramente di facciata. Perlomeno delle FP2 che filtrano il 92% verso l'sterno e verso chi le indossa.
Dimezzare e controllare l'accesso dei passeggeri sui mezzi pubblici si può fare benissimo anche con qualche ammennicolo elettronico applicato presso le porte – vale a dire dei contatori che calcolano quanti salgono e quanti scendono (già immaginano l'Arcuri alle prese di questa app…)- e la chiusura automatica delle porte magari non a scatto tipo cesoia come sono adesso.
Poi i mezzi pubblici potrebbero essere dotati di nebulizzatori a bassissimo dosaggio negli impianti di areazione in modo da mantenere migliori condizioni in funzione del carico di passeggeri.
Indubbiamente non è una soluzione totale ma avrebbe dei costi sopportabili per le aziende di trasporto –la soluzione potrebbe essere unica a livello nazionale- e senza rendere necessario un massiccio acquisto di vetture.
Va da se che  un sistema del genere, se bene implementato, potrebbe consentire un controllo prossimo ai 99% del possesso del titolo di viaggio dei passeggeri visto che fare dialogare il cellulare con un rilevatore sul bus consente le verifica e l'eventuale addebito del costo della corsa (su un credito o sulla bolletta dell'acqua o della luce…).

Per la scuola già immaginiamo la levata di scudi degli insegnanti davanti all'idea di dividere il proprio orario nelle due mezze giornate (che poi se sono bravi decidono se stare solo da una parte: ma abbiamo dei dubbi in merito)  e poi aggiungervi magari anche il sabato e la domenica mattina.
Non c'è molto da fare se vogliamo dimezzare la con-presenza degli allievi nelle aule. Che poi comporta anche qualche rischio che comunque con adeguati DPI-FP2 si può anche correre, così come si può anche accettare che in mensa  non adottino il dpi al momento del pranzo.
Evidente che con questo allargamento orizzontale dell'orario scolastico bisogna aumentare il numero di insegnanti e quindi della spesa pubblica statale che però potrebbe essere anche in parte supportata da una sostanziale compressione dei piani del diritto allo studio limitandoli solo all'essenziale.
Oltre che dei costi di mantenimento degli edifici.

I problemi maggiori ci sono per quelli fino ai sei anni che per ovvie ragioni non possono sopportare una divisione così radicale della propria giornata e quindi più che porsi il problema di aumentare il numero di scuole  c'è il problema economico per le famiglie… che è davvero enorme.

L'ultimo problema sta nel fatto che per implementare queste poche idee ormai non c'è più tempo  visto che il Paese è in balia di un governo che sta su con le stanghe, di una ministra che cura di più i propri labbroni che il proprio ministero e di costi che –appena chi di dovere annusa l'orientamento- provvede subito a mazzualare addosso a Comuni e genitori. Dimenticando i mille sindacati della scuola che pure vorranno dire la loro sul destino del milione di addetti.

CARO CONTE, NON SARÀ COLPA
DEI CITTADINI SE L’EPIDEMIA
RICOMINCERÀ DI NUOVO
Possiamo anche ammettere che allo scoppio della pandemia l’Italia non disponesse nei magazzini 180 milioni di mascherine fatte con la carta da culo (le c.d. chirurgiche) vale a dire tre mascherine a testa (necessarie per una-due settimane) per ciascun sfigato nato sotto lo stellone. Possiamo anche ammettere che gli ospedali disponessero solo di 5.324 posti in terapia intensiva e 2.974 nei reparti di malattie infettive e altrettanti respiratori (2018). Non fosse altro che nessuno ha spiegato alla casalinga di Voghera e a suo marito da Valbondione che queste macchine e questi materiali non si possono mantenere in magazzino indefinitivamente in attesa di un utilizzo potenziale visto che ogni cinque anni bisogna cambiarli con macchine e materiali più moderni. E pantalone li dovrà pagare.
Possiamo anche ammettere che il governo si circondi di consulenti preparati per affrontare i diversi aspetti e problemi che pone questa nuova e improvvisa pandemia e a noi cittadini semplici importa  zero sapere chi sia stato il paziente zero, l’uno, il due ecc.: non incolpiamo nessuno perché sappiamo benissimo che poteva capitare a ciascuno di  noi.

L’altro ieri il presidente del consiglio Conte nel suo (consueto) messaggio serale (per rovinarci la cena e la nottata) ha ammonito il popolo bove che l’epidemia potrebbe ripartire. Una balla grande come una casa. L’epidemia è tuttora in corso, non c’è un solo indizio empirico che sia finita, quindi la prima cosa che doveva dirci è che loro, politici, adesso hanno cambiato idea. Ci ha fatto credere che prima avremmo fermato l’epidemia, e poi avremmo riaperto. Invece ora ci dice che riapre ad epidemia in corso, esponendo tutti noi a rischi drammatici. Bene. Bravi. L’inganno più grande è scaricare su di noi, comuni cittadini, la responsabilità di impedire una nuova esplosione del contagio. Troppo comodo. Questo lo potreste dire se, in questi mesi, ci aveste messi in condizione di difenderci. Se, dopo settimane e settimane in cui siamo stati dimenticati nelle nostre case (o nelle nostre residenze per anziani), senza assistenza, senza mascherine, senza tamponi, ora foste in grado di dirci: state tranquilli, ora le mascherine ci sono per tutti, ora un tampone non ve lo negheremo più, ora i medici vi verranno a trovare a casa quando state male. Invece su tutto questo non una parola, non un numero. Poi arriva quello puina bagnada di Arcuri che confessa o denuncia che le regioni hanno imboscato 40milioni di mascherine anziché distribuirle. Come se distribuire le mascherine fosse lanciare una manciata di coriandoli: costano pochi centesimi a produrle e costano  dieci volte tanto  a distribuirle. Chi paga la distribuzione? Il prevosto (se nel frattempo non è morto di covid19)?.
Per non parlare dei tamponi, che avete negato negato negato e disincentivato in tutti i modi, nascondendovi – finché vi è stato possibile – dietro le direttive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E ora che l’OMS ha fatto macchina indietro, e invita a fare tamponi (“test, test, test”), perché continuate a farne così pochi? Non lo sapete che i paesi in cui la conta dei morti è meno drammatica sono quelli che hanno puntato sui tamponi di massa? Quanti dati, quante analisi, quanti grafici dobbiamo darvi per convincervi che le cose stanno così? Ah, già: non volete seguire l’esempio del Veneto.
Dopo due mesi tutti gli italiani dai 13 anni in avanti dovevano già avere provato due tamponi.
Tra parentesi. Non avete nemmeno comunicato quanto costino i tamponi e gli esami sierologici e ci scommettiamo che domani la solita Milena Gabanelli rivelerà che ci sono costi del tutto sballati da una regione all’altra. Il federalismo all’italiana condito da tangentopoli?.

La faccenda cambia aspetto (in peggio) quando veniamo a sapere che la macchina dell'emergenza Coronavirus ha sfornato, in Italia, già 1.500 nomine. Commissari, esperti, consulenti in movimento da mesi, con ruolo spesso inutili o sovrapposti, e figli di una profilerazione di strutture, sia a livello statale che regionale. Basti pensare che, da gennaio a oggi, sono stati 17 gli organismi coinvolti a livello nazionale nella gestione della crisi, ai quali però vanno sommati 16 task force e 19 unità di crisi costituite dai governatori.
Sono 1.466 gli incarichi censiti, in strutture nazionali e locali. La maggior parte (676) assegnati da aziende o enti sanitari, vengono poi le Regioni (442), quindi gli organismi statali (274 nomine) e le prefetture (114).
Dal 31 gennaio, quando è stato dichiarato lo stato di emergenza per il Covid solo a livello nazionale sono stati emanati 200 atti di vario genere: 22 dpcm di Conte, poi decreti ministeriali, ordinanze, circolari, decreti legge e altro. "Un aspetto centrale - è scritto nella relazione è che l'emergenza sta riducendo lo spazio per il dibattito sulle decisioni che vengono prese. Decisioni che hanno serie implicazioni su alcune delle libertà fondamentali dei cittadini, tra cui la libertà di spostamento. Gli atti emanati da protezione civile, ministero della salute, regioni e governo sono prese in deroga all'attuale normativa, con un coinvolgimento del parlamento che fino ad oggi è stato minimo".
Poi se andiamo a leggere da dove provengono in massima parte i componenti   di questi comitati sono al 90% nati al di sotto del Po, hanno frequentato  università del centro sud, in massima parte sono usciti dalla scuola media dell’bbligo e del tempo prolungato e sono “uomini dell’apparatik”. Si: uomini vale a dire maschi coi testicoli visto che ormai da settimane è attiva una polemica non sulla “scarsa” presenza femminile negli organismi c.d.- scientifici.
Di oggi la lettera di protesta delle«Top Italian Scientists»: Vorremmo portare all’attenzione delle Istituzioni e della pubblica opinione la mancanza di donne nelle commissioni tecniche nominate dal governo a supporto della gestione della pandemia di Covid-19. Che siano presenti entrambi i generi negli organismi che prendono decisioni rilevanti a livello scientifico, sanitario, sociale ed economico dell’intera popolazione è una questione di democrazia e civiltà. Ma riteniamo che sia ancora più importante porre in evidenza come la scarsa presenza femminile in tali commissioni denoti, in maniera più grave, una scarsa attenzione al merito e alle competenze. E’ infatti evidente che la società italiana è ricca di competenze femminili di primissimo livello in tutti i campi, non ultimo quello medico¬scientifico. E avanti con questo tono educato e fermo.
Ma tanto alla compagine governativa e ai loro colleghi maschi non sfiora nemmeno l’anticamera del cervello l’idea di  combinare le commissioni metà e metà. Non per una questione di genere ma di rispetto delle conoscenze. Non fosse altro che altrimenti il gran numero di maschi scienziati e professoroni che finalmente hanno l’occasione di tener banco nei talkshow, non se la lasciano scappare.

La certezza è che se un terzo di quei 1466 incarichi censiti fossero stati assegnati  a delle casalinghe di Voghera, a delle casalinghe del Vomero o friulane oppure della Kalsa palermitana adesso non partiremmo con principio che “o la va o la spacca”. Adesso quasi tutti i negozi aperti disporrebbero di mascherine anche da comprare a 50cent al pezzo. Adesso tutti gli italiani avrebbero fatto almeno un tampone e un prelievo di sangue.
La questione è che la politica tratta ancora il popolo come fosse un branco di bovi da illuminare (la lampada sotto il moggio), salare (il sale che da sapore  e conserva la vita) , seminare di lievito (che  ne fa cescere il buono dentro di loro) per trarli dalle caverne mentre del popolo bove pochi vanno da padre Pio, moltissimi vanno all’università  e non fanno i bibitari allo stadio. La stragrande maggioranza lavora sotto padrone – che è una bella scuola di vita- e non arriva a fare il ministro della salute  dopo avere sempre mangiato pane e politica.

Le casalinghe di Voghera,quelle del Vomero o friulane  e quelle della Kalsa avrebbero messo a ferro e fuoco il paese senza troppi sermoni serali e pur rispettando le osservazioni degli scienziati, avrebbero fatto RIpartire l’Italia non di  botto ma l’avrebbero fato GIA’ muovere per settori da due settimane per verificare… l’effetto che fa e trarre la debita lezione.
Dicendo con coraggio sincerità onestà: italiani, proviamo a ripartire così e vediamo  se possiamo accelerare. Non  l’ ”io” e il “voi”. Ma il “noi”. Un tendere la mano e ripartire non un minacciare: se fallisce sono cazzi vostri.


UNA NUOVA DEMOCRATURA
La sindaca Gamba è abituata a dare i (suoi) numeri senza mai spiegarli. Senza mai illustrare come lei e la sua maggioranza li interpretano con la sola eccezione che… due è minore di tre. Fatto che conoscono anche ai bambini di tre anni. Quando sommerge i malcapitati consiglieri (e i due gatti-cittadini che frequentano le sedute consigliari) delle sue centinaia di slides per illustrare le ventiquattro variazioni di bilancio cui ormai ci ha abituati nessuno si aspetti una valutazione che non siano di mera aritmetica e riferimento a un documento programmatico che l'è come la pel di bale. Ci può stare di tutto e niente: se lo copiano-incollano da comune a comune.
Anche in occasione di questa pandemia ha dimenticato di dialogare coi propri cittadini fatto salve la ripetizione delle solite giaculatorie primo novecento: lavatevi e le mani e non slimonatevi tra di voi. Che erano le raccomandazioni che ci faceva pure il maestro Ghislotti in prima elementare nel lontano 1953, quando la sindaca fortunatamente non era nemmeno nata e c'erano ancora dei bambini (e degli adulti) che morivano a raffica di gastroenterite e (un po' meno) di tifo.

La pandemia ha scatenato dal presidente del consiglio  una serie di DPCM che hanno bloccato  gran parte del Paese. Ci si aspettava che la sindaca –ovviamente in accordo con la propria maggioranza- PARLASSE alle categorie più colpite assicurando per esempio i negozi e le attività che non s'erano potute svolgere che le tasse comunali erano sospese per i periodi fissati dai decreti governativi ed anche per un congruo periodi post (lungo per esempio la metà del periodo di chiusura) per favorirne la ripartenza. Lo stesso doveva essere comunicato ai genitori che hanno i figli a scuola in merito alle tariffe pagate e da pagare.

E così come il governo Conte ha abbandonato il Paese nell'incertezza sul futuro fatti salve la quarantena ed una tribolata distribuzione di soldi –non ancora arrivati a tutti-  anche la sindaca Gamba ha lasciato le categorie produttive del paese nella più completa incertezza quando –proprio perché un sindaco è una autorità che ha poteri quasi regali in ordine al governo del comune-  doveva se non promettere, perlomeno fare dei ragionamenti ed ascoltare.
Tra l'altro  pare che nel periodo di quarantena siano arrivati ben tre assegnazioni di fondi di cui uno* molto sostanzioso, poi uno un po' minore e infine  la regalia della Protezione Civile Nazionale. Ci si aspettava che sulla pagina web del comune comparissero queste notizie e invece silenzio. Forse non l'ha comunicato nemmeno alle minoranze e i cittadini l'hanno letto – chi l'ha cercato e l'ha trovato- sul bugiardino.

In questi momenti nelle famiglie “civili” i genitori parlano coi figli delle ristrettezze economiche e dei problemi che ci sono, se non altro per adeguare il bilancio famigliare alla riduzione di lavoro e di reddito e spiegarlo o concordare coi figli il nuovo bilancio.
Invece la sindaca tace.
Tace sui temi e problemi fondamentali mentre invece è  molto loquace su tutte le minuzie oratoriane che combina assieme alla sua giunta ed ai pochi volontari che l'attorniano.
I giornali consegnati gratis a casa. La spesa consegnata gratis a casa. I medicinali consegnati gratis a casa. I prelievi? Chissà. Boh. Se c'è qualche bottegaio da far guadagnare c'è il volontario ad hoc,se invece non c'è qualcuno che ci guadagna, nisba.

Non solo quello però.
Per esempio il CVI23 di via Abruzzi è chiuso da due mesi e nei restanti sei o sette mesi era stato gestito dal Comune  a cui gli eventuali utenti dovevano rivolgersi per la prenotazione e il pagamento dell'uso degli impianti.
Ci si aspettava che amministrazione TRASPARENTE rendesse noto  almeno ogni semestre gli incassi per l'uso di ciascun impianto e le spese sostenute per il loro funzionamento e invece non si sa nulla.
Siamo come nella Cina o in nord Corea.
Sono arrivati al Comune circa 40mila euro della protezione Civile da distribuire alle famiglie per via della pandemia. Probabile che quella somma si sia incrementata da versamenti di fondi o buoni spesa di privati e aziende del posto. Ci si attendeva che una amministrazione TRASPARENTE rendesse noto gli incassi dalla protezione civile e dalle imprese e privati locali e i criteri della distribuzione: un numero di tot euro alle famiglie di 5 persone, un numero di tot euro alle famiglie di 4 persone, ecc. e invece nonostante la distribuzione sia finita (doveva essere fatta entro il 15 aprile) NON si vede alcun resoconto.
Come non sono stati resi noti nemmeno le modalità di distribuzione materiale delle somme: se sulla carta sanitaria, se materialmente con buoni stampati ad hoc dal comune. Fatto salvo che si sa che sono buoni da 25 euro: come fatti apposta per creare casino ai single ed ai negozianti.

Questo malcostume  di non dialogare e informare la popolazione sulla sostanza dei problemi e di intrattenere invece a raffica la popolazione sulle stupidate – vedi la pantomina sulle mascherine – rivela in termini attuali – una cultura politica propria di una “democratura”.
Va bene così.