A GUARDARE ALLE COLLINE PAGINA 1220 DEL 30 APRILE 2020
























































Di cosa parliamo in questa pagina.



















CONTE GETTA NELLA MISCHIA ALTRI 4,5 MILIONI DI ITALIANI IL 4 MAGGIO
SENZA PENSARE AI TRASPORTI, ALLA SCUOLA E AL COMMERCIO.
ERA MEGLIO FAR PARTIRE ANCHE DIVERSI SETTORI MA PER
ZONE  RISTRETTE  E QUINDI CONTROLLABILI ANZICHÉ GETTARE
TUTTO IL PAESE NELLA FAUCI DEL COVID19
Repubblica del 25 aprile: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tre delle regioni con il più alto numero di contagi ma anche con il più alto numero di aziende che hanno comunicato alle prefetture la ripresa o la continuazione dell'attività.
Il monitoraggio effettuato dal ministero dell'Interno e pubblicato oggi sul sito del Viminale rivela che sono state 192.443 le aziende che, al 24 aprile, hanno presentato la comunicazione alle prefetture per poter continuare a lavorare in quanto funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività non sospese oppure perché di rilevanza strategica per l'economia nazionale.
Di queste, Il maggior numero di comunicazioni è stato presentato in Lombardia (23%), Veneto (16,4%) ed Emilia Romagna (16,4%). Seguono nel centro Italia Toscana (7,9%) e Lazio (4,5%), mentre nelle regioni meridionali Puglia (3,7%) e Campania (2%).
Ma di queste solo 2.631 (il 2,3 per cento) è stato sospeso. Le verifiche da parte di task force appositamente costituite in prefettura hanno riguardato 116.237 comunicazioni .
(...)

SE I VESCOVI FILOLEGHISTI CONTESTANO
L’AVVOCATO DEVOTO DI PADRE PIO
IL PAPA LI BACCHETTA
Pare proprio che vi sia un forte disorientamento nel mondo cattolico negli ultimi mesi ed anni. Succede quando la crisi economica fa stringere i borsellini delle perpetue generose?. Qualche settimana or sono la Chiesa non aveva profferito verbo davanti al lockdown che praticamente svuotava le chiese e rendeva impossibile celebrare la messa coi fedeli presenti. Abbiamo visto tutti in televisone  Papa Bergoglio solo in Piazza san Pietro a celebrare il venerdì santo e quella cerimonia resterà nella storia unica. In settimana il PdC, notissimo fedele e ammiratore di Padre Pio, ha emanato l'ennesimo DPCM dove tra l'altro si regola la “fase due” e permette i funerali, con la presenza dei parenti stretti e con il limite di 15 persone che devono osservare tutte le disposizioni previste per la sicurezza. I vescovi hanno reagito duramente, accusando il governo di aver violato la libertà di culto.
(...)

DUE DEPUTATI PD BERGAMASCHI
VOGLIONO LA GIORNATA DELLA MEMORIA
DELLE VITTIME DEL COVID19
Oggi in Parlamento a qualcuno dev'essere scoppiato qualcosa nella testa. I deputati Pd bergamaschi Maurizio Martina ed Siena Carnevali hanno  presentato una proposta di legge (Atto Camera 2480) perché si istituisca la "Giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus" .
Propongono che il 18 marzo di ogni anno sia dedicato al ricordo di chi ha perso la vita in questa tragica pandemia che ha sconvolto l'Italia e il mondo intero perché nessuno potrà mai scordare le immagini strazianti dei mezzi militari incolonnati nella nostra terra, a Bergamo, una delle città più martoriate. Proprio per non dimenticare coloro che hanno perso la vita, è doveroso istituire il 18 marzo, giorno in cui i mezzi militari hanno lasciato la città per la prima volta con quelle sessantacinque salme, la "Giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus”.
Manca poco che propongano anche l'edificazione di un nuovo “Altare della Patria” su design di un archistar –meglio ancora se femmina per stare nel politicamente corretto- dedicato al “Primo Caduto Ignoto” del covid19. Ovviamente scoppierà la solita bega tra bergamaschi bresciani milanesi cremonesi e piacentini ma basterà l'intervento del noto avvocato di Volturara Appulaacomporre la polemica.
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le immagini sottostanti possono essere abbastanza grandi: pazienza!

































































































































































































































CONTE GETTA NELLA MISCHIA ALTRI 4,5 MILIONI DI ITALIANI IL 4 MAGGIO
SENZA PENSARE AI TRASPORTI, ALLA SCUOLA E AL COMMERCIO.
ERA MEGLIO FAR PARTIRE ANCHE DIVERSI SETTORI MA PER
ZONE  RISTRETTE  E QUINDI CONTROLLABILI ANZICHÉ GETTARE
TUTTO IL PAESE NELLA FAUCI DEL COVID19
Repubblica del 25 aprile: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, tre delle regioni con il più alto numero di contagi ma anche con il più alto numero di aziende che hanno comunicato alle prefetture la ripresa o la continuazione dell'attività.
Il monitoraggio effettuato dal ministero dell'Interno e pubblicato oggi sul sito del Viminale rivela che sono state 192.443 le aziende che, al 24 aprile, hanno presentato la comunicazione alle prefetture per poter continuare a lavorare in quanto funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività non sospese oppure perché di rilevanza strategica per l'economia nazionale.
Di queste, Il maggior numero di comunicazioni è stato presentato in Lombardia (23%), Veneto (16,4%) ed Emilia Romagna (16,4%). Seguono nel centro Italia Toscana (7,9%) e Lazio (4,5%), mentre nelle regioni meridionali Puglia (3,7%) e Campania (2%).
Ma di queste solo 2.631 (il 2,3 per cento) è stato sospeso. Le verifiche da parte di task force appositamente costituite in prefettura hanno riguardato 116.237 comunicazioni .
Per permettere la rapida ripresa delle attività economico-produttive, è stata prevista una procedura semplificata, che fa affidamento sul senso di responsabilità dei singoli imprenditori e che consente l'immediato avvio dell'attività con la preventiva comunicazione al prefetto che è chiamato a verificarne i presupposti.
Oggi martedi 29 aprile Vittorio Colao sul Corriere: «Dal 4 maggio rimettiamo al lavoro quattro milioni e mezzo di Italiani, tra costruzioni, manifattura, servizi collegati, ovviamente nel rispetto dei protocolli. Molti sono già partiti lunedì, anche se questo nella comunicazione si è un po' perso. Ne rimangono due milioni e 700 mila, più la pubblica amministrazione. È una base per poter fare una riapertura pro­gressiva e completa. Sarà un test importante. Dipenderà dai buoni comportamenti. Un'aper­tura a ondate permette di verificare la robu­stezza del sistema».
Infine nella “Valutazione di politiche di riapertura utilizzando contatti sociali e rischio di esposizione professionale” si legge in conclusione:
Essendo le stime attuali di R0 comprese nel range di valori tra R0=0.5 e R0=0.7, ed essendo evidente dalle simulazioni che se R0 fosse anche di poco superiore a 1 (ad esempio nel range 1.05-1.25) l'impatto sul sistema sanitario sarebbe notevole, è evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto.
Per questa ragione appare raccomandabile la sperimentazione delle misure (magari considerando una riapertura parziale delle attività lavorative, es. 50%) per un arco di tempo di almeno 14 giorni accompagnata al monitoraggio dell'impatto del rilascio del lockdown sulla trasmissibilità di SARS-CoV-2. In particolare, il modello evidenzia come sia ipotizzabile attivare i seguenti settori ATECO a patto che vengano adottate tutte le misure di distanziamento sociale e di igiene personale ed ambientale:
1. settore manifatturiero;
2. settore edilizio;
3. settore commercio correlato alle precedenti attività e con, in fase iniziale, l'esclusione delle situazioni che generano forme di aggregazioni (es. mercati e centri commerciali);
4. trasporto locale correlato alle attività di cui ai punti 1, 2 e 3.
Il modello assume come presupposti che:
1. vengano mantenute tutte le attività in smart working e/o lavoro agile;
2. le attività scolastiche rimangano nella situazione attuale;
3. le attività di aggregazione sono interdette.
Si ritiene inoltre che sia possibile consentire attività fisica su base individuale (o dove necessario intrafamiliare) inclusi bambini ed anziani, alle persone in prossimità della loro residenza purchè effettuate con distanziamento sociale e non consentendo in alcun modo l'aggregazione sociale.
Infine va ricordato che queste misure possono essere adottate solo in presenza di sistemi di monitoraggio della circolazione dell'infezione e sorveglianza attiva.
Brutalmente secondo quel documento se si aprissero tutte le attività il Paese si troverebbe con 430mila ricoveri nelle terapie intensive da  maggio a dicembre mentre “aprendo” secondo il programma suggerito (e adottato) al Governo nelle terapie intensive ci sarebbero appena 411 casi fino alla fine dell'anno, con un picco di 144 all'8 agosto.
Leggendo il documento appare evidente l'”ospedale-dipendenza” di tutti i ragionamenti dal momento che il problema starebbe nella disponibilità-occupazione di posti in terapia intensiva piuttosto che –magari…- dei morti. Numero che è sempre superiore vista l'accertata  sostanziale differenza tra i morti denunciati dalla anagrafi comunali e quelli comunicati dagli ospedali alla Protezione Civile.

Alla fine del ragionamento degli scienziati e del governo nei primi quindici giorni post 04 maggio, tranne le scuole,  il commercio  e il turismo-ristorazione e i trasporti per il resto è una sorta di liberi tutti e che dio ci protegga.

A mio avviso tutto il ragionamento messo in piedi dal nucleo di professori è uno dei classici compiti scolastici che servono a ottenere un buon voto dall'insegnante ma non dicono se l'allievo abbia o meno imparato e compreso la situazione.
Una analisi del genere doveva partire dall'esame dal “contributo” che davano allo scarso rallentamento della discesa verso l'R0 da parte di quelle 192.443 le aziende che, al 24 aprile, hanno presentato la comunicazione alle prefetture per poter continuare a lavorare.
Aziende maggiormente dislocate in Lombardia (23%), Veneto (16,4%) ed Emilia Romagna (16,4%), nel centro Italia Toscana (7,9%) e Lazio (4,5%), mentre nelle regioni meridionali Puglia (3,7%) e Campania (2%).
Depurando queste informazioni da dati delle RSA e quella fascia di persone disabili che sono quelle maggiormente difficili da garantire era possibile capire la dislocazione delle stesse e quindi quali settori – fin da lunedì 27 (l'altro ieri) era possibile  farli ripartire.
Bastava fare ripartire dalla Toscana-Marche in su per esempio i trasporti col solo obbligo dei DPI e con una verifica a fine turno della T personale, valutare in tempo reale l'andamento della situazione per decidere se proseguire o attuare un blocco.
In alcune regioni –p.e. Veneto-Friuli  si poteva anche far partire il commercio al minuto ovviamente sempre con una rigido controllo sulla febbre, sugli eventuali esiti in corso e sul distanziamento sociale al di fuori dei mezzi di trasporto.
Il tutto accompagnata da una intensa campagna di  tamponi per coprire nello spazio di una settimana tutta la popolazione delle regioni.

Il programma messo in atto dal governo per la Fase2 da una parte è rischioso-pericoloso perché “sbatte” in faccia al covid19 altri 4,5 milioni di persone che sommate a quelle che già circolano col solo obbligo dei DPI e della distanza intrapersonale  fanno una massa critica troppo grande e troppo diffusa  quindi del tutto incontrollabile: potrebbero scatenare decine di zone rosse. Dall'altra non tengono conto del fatto che siccome di questo covid19 non si conosce cosa riserverà ai “guariti” oppure a quelli  solo “sintomatici” che non hanno sviluppato e non sono mai nemmeno stati scoperti perché il sistema sanitario NON vuole e NON riesce a farci i tamponi, meglio sarebbe procedere a stanarlo per gradi anziché consegnarli tutta una nazione.
Comunque la situazione è che a distanza di due mesi dal lockdown e tre mesi dalla comparsa del paziente1 TUTTO ruota ancora attorno all'idea che certe pratiche che costano e fanno soldi vanno avanti e si mantiene una discreta dose di casino perché quel mercato non declini mentre un'azione decisa per capire chi è chi non è non viene messa in pratica.
Pare che  questi tamponi e relativi laboratori siano come l'araba fenice.

SE I VESCOVI FILOLEGHISTI CONTESTANO
L’AVVOCATO DEVOTO DI PADRE PIO
IL PAPA LI BACCHETTA
Più cattolici del Papa.
Pare proprio che vi sia un forte disorientamento nel mondo cattolico negli ultimi mesi ed anni. Succede quando la crisi economica fa stringere i borsellini delle perpetue generose?. Qualche settimana or sono la Chiesa non aveva profferito verbo davanti al lockdown che praticamente svuotava le chiese e rendeva impossibile celebrare la messa coi fedeli presenti. Abbiamo visto tutti in televisone  Papa Bergoglio solo in Piazza san Pietro a celebrare il venerdì santo e quella cerimonia resterà nella storia unica. In settimana il PdC, notissimo fedele e ammiratore di Padre Pio, ha emanato l'ennesimo DPCM dove tra l'altro si regola la “fase due” e permette i funerali, con la presenza dei parenti stretti e con il limite di 15 persone che devono osservare tutte le disposizioni previste per la sicurezza. I vescovi hanno reagito duramente, accusando il governo di aver violato la libertà di culto. Il governo non governa la liturgia. Vescovi e sacerdoti avevano pensato che la liturgia fosse competenza della Chiesa e non del governo. Il governo, in effetti, non dovrebbe dire –dicono i vescovi- quali liturgie celebrare, ma stabilire le regole che valgono per tutti e quindi anche per le liturgie. Il governo, tutt'al più, se proprio avesse voluto dare indicazioni specifiche per le manifestazioni religiose, avrebbe dovuto dire che si possono tenere riunioni solo fino a quindici persone, con mascherine, con distanze di sicurezza, eccetera eccetera. Poi tocca ai vescovi decidere quali cerimonie fare, dove e quando e toccherà agli iman decidere come e quando tenere le riunioni di preghiera per i musulmani.
Conclude mons. Alberto Carrara del Collegio S. Alessandro da cui esce la crema della dirigenza cattolica provinciale-diocesana: “A pensar male si fa peccato ma si indovina. A questo punto è lecito pensar male. Si fa peccato, diceva Andreotti, ma si indovina. L'opinione ha provato una profonda commozione di fronte ai molti morti anonimi, ai camion militari che portavano via centinaia di morti. Il governo si è commosso di fronte alla commozione dei cittadini e ha deciso, benignamente, di concedere i funerali. Solo quelli. I funerali fanno opinione, le messe no. Ci chiediamo, sommessamente: non è che per fare il beau geste il presidente del consiglio ha aggiunto una nuova mansione alle molte che già ha e si è autoproclamato ministro del culto?”.
E' arrivata la bacchettata di Papa Bergoglio. «Obbedienza alle disposizioni». Con tre parole pronunciate ieri mattina durante la messa a Santa Marta, il papa rimette in riga la Conferenza episcopale italiana e getta acqua sulle fiamme della polemica attizzata dai vescovi contro il governo che non ha ancora dato il via libera alle messe con la partecipazione dei fedeli.
«IN QUESTO TEMPO, nel quale si incomincia ad avere disposizioni per uscire dalla quarantena – ha detto papa Francesco prima di cominciare la celebrazione –, preghiamo il Signore perché dia al suo popolo, a tutti noi, la grazia della prudenza e della obbedienza alle disposizioni, perché la pandemia non torni».

DUE DEPUTATI PD BERGAMASCHI
VOGLIONO LA GIORNATA DELLA MEMORIA
DELLE VITTIME DEL COVID19
Oggi in Parlamento a qualcuno dev'essere scoppiato qualcosa nella testa. I deputati Pd bergamaschi Maurizio Martina ed Siena Carnevali hanno  presentato una proposta di legge (Atto Camera 2480) perché si istituisca la "Giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus" .
Propongono che il 18 marzo di ogni anno sia dedicato al ricordo di chi ha perso la vita in questa tragica pandemia che ha sconvolto l'Italia e il mondo intero perché nessuno potrà mai scordare le immagini strazianti dei mezzi militari incolonnati nella nostra terra, a Bergamo, una delle città più martoriate. Proprio per non dimenticare coloro che hanno perso la vita, è doveroso istituire il 18 marzo, giorno in cui i mezzi militari hanno lasciato la città per la prima volta con quelle sessantacinque salme, la "Giornata nazionale in memoria delle vittime del Coronavirus”.
Manca poco che propongano anche l'edificazione di un nuovo “Altare della Patria” su design di un archistar –meglio ancora se femmina per stare nel politicamente corretto- dedicato al “Primo Caduto Ignoto” del covid19. Ovviamente scoppierà la solita bega tra bergamaschi bresciani milanesi cremonesi e piacentini ma basterà l'intervento del noto avvocato di Volturara Appulaacomporre la polemica.

Che dire? Se uno non venisse da una famiglia con un nonno paterno massacrato a bastonate dai fascisti proprio perché era un cattolico seguace della Rerum Novarum e il padre staffetta giellina col capoluogo lombardo in sovrappiù fortunato perché tutti gli zii che fecero la seconda guerra tornarono (quasi) interi dal fronte o dalla prigionia, vedere mettere sullo stesso piano i “caduti della prima guerra mondiale, quelli per la guerra di Liberazione” sullo steso piano dei morti per il covid19 che –senza offesa per nessuno- è una delle tante malattie del benessere goduto eccessivamente negli anni in cui  è arrivata pare una grossa bestemmia.
Una enorme bestemmia. Gli onorevoli Martina e Carnevali dovrebbero vergognarsi per tre motivi. Il primo perché hanno governato (anche loro) facendo tagli alla sanità favorendone la massiccia privatizzazione con la sostituzione del personale pubblico con quello privato anche nei nosocomi. Il secondo perché bastava un minimo di testa  per allestire un  camion frigorifero addobbato ad hoc per il trasporto delle salme alla cremazione anziché una sfilata di megautocarri per portare pochi quintali di materiale. Una inutile esibizione di forza degna delle baionette mussoliniane.  Il terzo per il parcheggio delle salme in una chiesa sostanzialmente abbandonata perché usata neanche tutti i giorni.  I morti di covid19 non sono vittime di un terremoto o di una alluvione o di una guerra. Sono morti come esito di una vita non proprio esemplare nella custodia- se vogliamo fare i cristiani più cristiani del Papa- nel custodire quel bene che Dio ci ha dato: la vita e la salute.
Quindi per favore, lasciate stare quella parola davvero “sacra” che sono i “caduti”.
I morti anche col covid19 sono morti normali ammazzati prima di tutto dall'eccesso di benessere male sfruttato.