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PER CONTE L'ITALIA IL 5 MAGGIO O LA VA O LA SPACCA
Il mitico dottre Albino Bordogna che aveva i capelli neri e ricci come
un marocchino) maestro elementare laureato in veterinaria, che andava
in giro gran figo a visitare le vacche col galletto beige con la
ruota di scorta, quando mi madre si lamentò perché “faceva vedere” a
fecondare artificialmente le mucche anche da noi ragazzini alle scuole
medie, le rispose che “tutti i dottori sono uomini ma non tutti gli
uomini sono dottori” vale a dire che scuola e vita bisogna saperle
sempre coniugare.
Certo è che leggere l’ultimo DPCM del 26 aprile emesso dall’avv. Conte
PdC e non cavarci come funzionerà il mondo dopo il 04 maggio
preso atto che saremo a sessanta giorni e passa di quarantena per un
pezzo del Paese: i ragazzi delle scuole diciamo fino ai 18 anni e le
famiglie che hanno i figli a scuola e i genitori a lavorare, si
conclude che di pratica l’esercito di gruppi di studio ordinati
dal governo (dicono siano 15) non c’hanno preso granche.
Intanto tutta la masnada di cooperative onlus privati oratori che
già divoravano grandissima parte delle spese comunali nei c.d. piani
del diritto allo studio non stanno in mano perché quello che perderanno
per la chiusura delle scuole -c’è da scommettere- saranno proprio loro
che scodelleranno ai nostri amministratori le “soluzioni” al problema.
Il silenzio del governo in tema fa il loro gioco e non è detto che ci
sia qualche freno sotterraneo di queste lobby proprio perché non
arrivino soluzioni salvo poi dover prendere per buono le uniche che ci
sono. Vedremo.
Indubbiamente perdere quasi 30mila italiani (con grande sollievo
dell’INPS e delle ASST-ATS: ma non si può dire) è stato dolorosissimo
con grande scorno delle imprese funebri che non hanno lucrato
mediamente gli 8mila euro a cranio per defunto ma tra qualche anno
quinquennio decennio misureremo l’entità del danno subito dalle
generazioni che hanno perduto sostanzialmente un anno scolastico.
Non bastasse quello inflitto dalla scuola a tempo pieno che ormai serve
sostanzialmente a foraggiare l’occupazione per delle coop onlus e
professori che altrimenti non saprebbero che fare altrimenti, e tanto
li nessuno controlla il risultato. Controllo già difficile cogli
insegnanti ufficiali.
Credo sia pericolosissimo interrompere per così tanto tempo e tutti
insieme lezioni convivenza obbedienza confronto com’è comunque
una classe scolastica. Dove -per quello che ricordo dei miei anni
alle elementari ed alle medie- la parte migliore e formativa non era
sapere rispondere alle domande nelle interrogazioni o fare buoni
compiti in classe ma era soprattutto lo stare insieme. Dove il ragazzo
di famiglia ricca veniva a scuola d’inverno già con le braghe lunghe di
lana, il risvolto in fondo e la riga perfetta mentre la
maggioranza di noi aveva braghe corte o braghe lunghe ritagliate da
quelle dei nostri padri e zii perché non c’era la stoffa per fare tutte
braghette lunghe. A distanza di dieci anni dalla guerra – al tempo-
alcuni di noi avevano ancore le braghe grigioverdi ritagliate da ex
braghe militari d’antan. Avevamo solo due libri –il sussidiario e il
libro di lettura- e due soli quaderni, esternamente identici: copertina
nera corrugata, pagine interne di carta giallina e bordi rosso vivo.
Ancora alle medie tutto era essenziale:un libro o due per materia e un
solo quaderno secondo la materia. Perfino le “scarpe da ginnastica”
erano le stesse: delle superga colore verde militare prodotte dalla
stessa fabbrica che le forniva all’esercito.
Scrive Arianna Cavallo.
E così dieci milioni di bambini e ragazzi – non 30mila morti!- non sono
coinvolti dalla "fase 2", con gravi conseguenze per loro e le loro
famiglie: e le discussioni su cosa fare al governo sono appena
iniziate. I bambini e ragazzi di tutto il paese sono isolati in casa da
due mesi in una fase centrale del loro sviluppo psicofisico: rischiano
di esserlo ancora a lungo e risentirne profondamente. Senza contare
che, come ha ricordato lo stesso De Cristofaro, la didattica a distanza
«non è riuscita a coprire tutto»: secondo i dati del ministero
dell’Istruzione (Miur) non ha raggiunto il 20 per cento degli studenti.
Il ministero ha cercato di ovviare, in parte, investendo 70 milioni di
euro per comprare tablet da dare in comodato d’uso per gli studenti. Di
queste difficoltà risentono soprattutto i bambini più piccoli, quelli
che vanno dagli 0 ai 6 anni, e gli studenti della scuola primaria, che
non sono in grado di fare didattica a distanza in modo autonomo e hanno
bisogno dell’aiuto dei genitori, che non sempre sono in grado di
seguirli se lavorano da casa. Tenere le scuole chiuse ancora a lungo,
senza sostituirle con strutture dove i bambini possano essere accolti
all’esterno della famiglia, rischia di aggravare le disuguaglianze e
peggiorare le situazioni più difficili, dalle esigenze dei bambini
disabili a quelli che vivono situazioni di disagio e violenza
domestica.
Questo abbandono dei minori al loro destini malamente o malaccortamente
accuditi da chi capita per caso o per primo secondo le intelligenze
nazionali si scontra col problema del distanziamento sociale che agli
occhi dei vecchi professoroni sembra essere l’unico sistema per
scongiurare la diffusione della pandemia. Salvo poi che vanno in
televisione a declamare a decine e decine che – numero ufficiali ed
ufficiosi alla mano- se già gli adulti infettati sono meno dell’1%
della popolazione- i bambini hanno una innata difesa dal covid19. Gli
stronzetti semmai lo attaccherebbero ai nonni mandandoli al creatore:
in Lombardia i morti di covid19 sono stati l’1,23% della popolazione
contro uno 0,022% del Veneto (al 20 aprile 20).
Della pandemia ormai sono chiari tre aspetti. Primo: seppure
sommariamente le infezioni gravi e le morti per covid19 derivano
soprattutto dalle concentrazioni di anziani (RSA+Ospedali) e in seconda
occasione il contatto personale. Secondo: persone in età fino alla
maturità e in buone condizioni fisiche l’hanno sopportata quasi tutte.
Terzo: la mancanza di DPI é stata una delle maggiori concause di
diffusione della pandemia. Quarto: dopo due mesi non abbiamo i DPI di
ricambio per gli addetti (2-3 al giorno?) e nemmeno quelli per i
cittadini: almeno uno per settimana!.
In cascata ne sono derivati tutti i gravissimi problemi:
sostanzialmente il sistema socio sanitario ha mandato al macello
infermieri e medici che quelli loro affidati mentre i burocrati di
ministero ISS PC e regioni si sparavano sul fonte decine di bolle
papali.
Davanti a questo disastro stampa e televisione non dicono che “ quasi
200mila aziende hanno continuato a lavorare nonostante il lockdown
poiché “funzionali” alla filiera delle attività essenziali. Circa un
quarto in Lombardia, oltre il 50 per cento nelle regioni più colpite. I
dati forniti dalle prefetture al Viminale tracciano la mappa di quelle
fabbriche sono rimaste aperte e di quelle che, una volta controllate,
sono risultate fuori regola e per questo hanno dovuto richiudere i
cancelli e hanno subito un provvedimento di sospensione.
In totale nelle prefetture sono arrivate 192.443 richieste che, con la
procedura snellita, hanno subito potuto riaprire. Il 55,8% delle
domande è arrivato da tre regioni: Lombardia (23%), Veneto e Emilia
Romagna (16,4%). In altre parole, le tre più colpite e anche le più
produttive del Nord. Al centro le maggiori richieste sono arrivate da
Toscana (7,9%) e Lazio (4,5%), mentre nelle regioni meridionali prima è
la Puglia (3,7%) seguita dalla Campania (2%).
Le verifiche condotte fino al 24 aprile hanno riguardato 116.237
comunicazioni ed hanno portato all’adozione di 2.631 (2,3%)
provvedimenti di sospensione. Per permettere la rapida ripresa delle
attività economico-produttive, sottolinea il Viminale che ha pubblicato
i dati sul sito del ministero, è stata prevista una procedura
semplificata “che fa affidamento sul senso di responsabilità dei
singoli imprenditori”.
Ecco perché –davanti a un paese che già funziona al 40% e non riesce ad
accelerare più di tanto verso l’erRezerO, la fase due così come
l’hanno concepita sia i professoroni e in dipendenza la politica (o
viceversa: chissà?) è qualcosa di errato tardivo e zoppicante ed anche
pericoloso.
Come scommettere se farà più danno una diga qualora si rompesse di colpo anziché cominciasse a perdere per polle.
Non solo perché la volontà di correre dietro alle mille esigenze
ricattatorie dei mille settori della società alla fine fa
sempre dimenticare qualcosa e qualcuno. Il DPCM 26 aprile sembra una
mega ricetta per mille portate ed alla fine manca sempre –ovvio!-
qualche ingrediente.
A parte il fatto di non avere voluto verificare cosa succedeva quanto a
propagazione di infezioni in quel 40% della società che ancora
funzionava: l’hanno lasciata cuocere nel suo brodo senza domandarsi
cosa facesse e cosa gli succedesse.
Già nella settimana 17-26 aprile si potevano far partire –in
aggiunta a quel che già funzionava- qualche migliaio di addetti in vari
settori non necessariamente scelti in base agli ateco ma perché già
organizzati- ovviamente con tutte le necessarie precauzioni esattamente
come accadrà il 05 maggio- e quindi già adesso e a fine di questa
settimana avremmo avuto i risultati se la faccenda funzionava oppure
bisognava tirare i remi in barca.
Avremmo guadagnato due settimane anziché trovarci al venti maggio magari sull’orlo di un secondo disastro.
Annunciato a piena voce dai professori.
Invece il governo dei competenti e dei quindici comitati ha deciso che
dal 5 maggio si verificherà se la diga tiene oppure viene già tutto col
rischio che occorra anche chiudere una parte di quel 40% che ancora
funziona. Della serie : o la va o la spacca.
Geniale. Speriamo.
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CONTE AL NORD
Blitz del Presidente del Consiglio Conte, forse per sfuggire al
lockdown romano, a Milano Bergamo Brescia e nella bassa Lombardia
e Piacenza. E’ la prima volta che questo PdC viene al nord a incontrare
sul posto sindaci governatori rappresentanze delle associazioni
imprenditoriali e sociali. S’è giustificato del ritardo: «Sono venuto
ora perché prima sarei stato d'intralcio». Sono quasi due anni che
l’avvocato pugliese “intralcia” l’Italia .
Davanti a tavolini improvvisati rubati dagli anticamera di
prefetture e comuni –li avranno almeno disinfettati con alcol?-
ha risposto alle domande dei giornalisti e pareva uno di quei
rappresentanti appena scesi dal treno cui hanno rubato la valigia di
cartone col campionario di calze con la cucitura dietro. A un certo
punto s’è pure seccato con una giornalista impertinente: «Quando
governerà lei, scriverà lei i decreti».
Osservando il linguaggio del corpo come appare nelle foto dell’incontro
col sindaco di Milano Sala e col presidente della regione Fontana si
intuiscono forse molte più cose che dalle parole. Un Sala che spiega e
argomenta e un Fontana che – che cazzo fai a Roma?- con un Conte
contrito e compunto che si domanda: che ci faccio qui? Chi me
l’ha fatto fare?.
L’unica informazione che ha dato riguarda la mancata
dichiarazione della zona rossa nelle bassa Valle Seriana.
Leggiamola: «Nel momento stesso in cui c’è stata la zona rossa
assolutamente l’abbiamo considerata, abbiamo cercato di esaminare
meglio le ragioni, sulla base del contagio, che appariva già diffuso,
non solo nei due comuni, ma anche a Bergamo e in tutta la Lombardia. A
quel punto abbiamo chiesto un approfondimento al Comitato scientifico.
Il giorno 5 marzo è arrivata la relazione e il 6 mi sono precipitato in
Protezione civile a discutere quale fosse la soluzione migliore e il 7
abbiamo deciso per estendere la zona rossa a tutta la regione». Se non
sbagliamo il conto sono tre giorni di ritardo. Va bene, cosa sono tre
giorni di ritardi per della gente meridionale abituata a frequentare
solo i palazzi ministeriali? Un’inezia di fronte all’eternità. Cui sono
passati qualche centinaia di morti:però.
Il tardivo blitz di Conte al Nord, che peraltro arriva molto
tardi anche rispetto alla promessa del Presidente della repubblica di
venire a Bergamo per la re-inaugurazione del Donizetti e in omaggio al
martirio della sua popolazione non cura l’offesa della presenza
di un governo a Roma composto soltanto da personalità del Sud.
Ecco il gotha di chi conta nel e assieme al governo Conte due ai tempi del covid19:
Domenico Arcuri, laurea in economia e commercio, grand commis dello
Stato, classe 1963, calabrese di Melito Porto Salvo (comune attualmente
commissariato per mafia), neo commissario per l’emergenza.
Angelo Borrelli, classe 1964 da Santa Cosma e Damiano di Latina,
commercialista capo del Dipartimento della Protezione Civile.
Roberto Speranza, classe 1979, da Potenza, laureato in scienze politiche, ministro della salute.
Roberto Gualtieri, classe 1966, Roma, laurea il lettere e storia, ministro dell’economia e finanze.
Giuseppe Conte, classe 1964, da Volturara Appula, Foggia ,
avvocato, presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica
Italiana dal 1º giugno 2018.
Sergio Mattarella, classe 1941, Palermo, avvocato, presidente della repubblica.
E mettiamoci anche Mario Draghi, classe 1947, di Roma, penultimo
presidente della Banca Centrale Europea dato come il potenziale futuro
PdC di una improbabile ammucchiata da destra a sinistra.
Questa eccessiva presenza di uomini del sud dentro il governo e
l’assenza pressoché totale di uomini del nord nelle VERE leve di
governo da il segno del dissenso e delle difficoltà della parte più
importante del paese – sia come popolazione che come PiL- a dare un
indirizzo e una mano al futuro dell’Italia. Cassintegrati contro,
partite iva contro, industriali contro, perfino i parroci contro per
non dire le famiglie con o senza reddito e coi figli che non
sanno dove collocare. Al Nord non basta un blitz notturno e
improvvisato del governo Conte 2. Al nord il governo Conte 2 non è
stato bocciato soltanto dalle regioni governate dalla Lega e dal
Centrodestra – è un fatto scontato- ma sostanzialmente quasi
tutte le categorie economiche e sociali… non sanno che farsene di
questo ometto che scrive centomila parole di un dpcm ma non ha ne la
cultura ne l’abilità politica di parlare al cuore ed alla testa della
popolazione. Un governo che arriva sempre e soltanto in ritardo su ogni
problema anziché anticipare la soluzione che è quel che il
cittadino chiede appunto a un governante.
E’ appunto solo un rappresentate di calze con la cucitura dietro che
balbetta di avere perso perfino la valigia del campionario mentre
il paese si interroga che direzione andare.
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BILANCIO 2020: UN RIBALTONE
Chissà che ribaltone provocherà nel bilancio comunale la pandemia
in corso combinata con la lentezza e ottusità di un Parlamento
–non si tratta solo del governo, ormai- che non sa che indicazioni dare
ne a livello operativo ne a livello di conti e finanziamenti agli enti
locali.
Per esempio i 600 mila euro del piano del diritto allo studio spalmati
in massima parte in nove mesi non ne spenderanno gran parte visto che
saltano 4-5 mesi finali più tutta la parte estiva che pur non entrando
nel PdS ha a che fare coi ragazzi della scuola dell'obbligo.
C'è da sperare che i genitori siano rimborsati delle quote versate e
non godute così come c'è da sperare che le scuole da zero a sei
anni se la sbrighino da sole a quadrare i propri conti
esattamente come tocca alle imprese che hanno dovuto abbassare la
saracinesca.
C'è da scommettere che per puro pegno elettorale la giunta Gamba,
purtroppo seguendo il cattivo esempio del sindaco-segretario
provinciale PD, prosegua nel finanziare sia le scuole materne e i nidi
private con la finta di qualche corso estivo fatto in maniera
raccogliticcia visto che la società è abbastanza scossa anche se il
mainstream vuole trasmettere l'idea che esisterebbe un'Italia che
resiste ed ha superato la prova del fuoco. Infatti li vedi imbustare le
mascherine senza guanti e portare la spesa e il giornale ai vecchietti.
Quelli sani compresi.
Sarà interessante vedere la reazione dei costruttori che hanno iniziato
la costruzione della mezza dozzina di condominietti che hanno reso
tanti soldini di oneri al comune: abbastanza probabile che chiudano in
massima parte e magari chiedano indietro i soldi degli oneri.
Facile immaginare che non si apra il cantiere della ditta di
filtri aria e non prosegua nemmeno quello del centro commerciale.
Poi ci sono le mancate entrate comunali dal momento che i negozianti e
le imprese non possono pagare le tasse per i mesi costretti alla
chiusura ed anche la tassa delle rumenta dovrà essere rivista dal
momento che se non lavori non consegni nemmeno quella e quindi il
comune non può chiedere compenso.
Vero che al comune sono arrivati i 70mila euro che il Viminale ha
ripartito dai 500 milioni di euro stanziati dalla legge di bilancio
2020 a favore di tutti i Comuni ma non fanno fare salti di gioia.
Vedremo.
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